Pellegrinaggio a RE – 7.10.2017

Memoria della Beata Vergine Maria del Rosario

Un centinaio di persone si sono radunate nel Santuario della Madonna del Sangue a Re a pochi chilometri dal confine svizzero, nell’incantevole Val Vigezzo. Un pellegrinaggio, presieduto da P. Mauro Giuseppe Lepori – abate generale dei Cistercensi – in un luogo caro al Vescovo Eugenio.  Un drappello di circa venti persone hanno percorso a piedi il tragitto da Camedo (confine Italo-Svizzero) fino al Santuario. Tre ore di cammino in amicizia baciati da un splendido sole autunnale.

Per me e per tutti

P. Mauro, durante la S. Messa celebrata alla mattina nel Santuario della Madonna del Sangue, ci ha ricordato che «Maria, ad ogni tappa del suo cammino, ad ogni mistero gioioso, luminoso, doloroso e glorioso del Rosario, ci insegna che ciò che risponde alla nostra domanda e alla sete del nostro cuore, è sempre una risposta per tutti.

Accogliere coscientemente questo “per me e per tutti” della risposta di Dio al nostro desiderio è la maturità cristiana, è la santità. La maturità della preghiera e della vita cristiana è la memoria del “per voi e per tutti” del Sangue versato da Cristo: “Questo è il calice del mio Sangue (…) versato per voi e per tutti per la remissione dei peccati. Fate questo in memoria di me”».

«L’intercessione della Madonna ci ottiene spesso il sollievo delle nostre sofferenze – continua l’abate – molto più frequentemente Maria ci ottiene la grazia di vivere le nostre prove e sofferenze unendole al patire e morire di Cristo per la Redenzione del mondo. È questo che il Vescovo Eugenio ha chiesto e ottenuto dalla Madre di Dio, anche pellegrinando in questo Santuario. È questo che chiedeva alla preghiera del Rosario nella quale amava coinvolgere i suoi amici».

P. Lepori ha concluso l’omelia ricordando un episodio personale con l’amico Vescovo: «Alla fine di uno degli ultimi Rosari che ho pregato con lui, camminando faticosamente avanti e indietro nel corridoio della Curia, all’atto di restituirgli il rosario che mi aveva dato all’inizio, mi disse: “Tienilo pure!”. Forse non ho ancora capito abbastanza che non mi lasciava un oggetto, un ricordo, ma l’eredità di una fedeltà alla preghiera con Maria che dà senso, conforto e fecondità a tutta la nostra vita».

La rinascita dell’Azione Cattolica

Dopo il consueto pranzo in comune, ospitati per l’occasione nella Casa Cuore Immacolato di Maria dei “Silenziosi Operai della Croce”, nel pomeriggio hanno preso la parola per un momento di testimonianze: Carmen Pronini, don Carmelo Andreatta, Manuel Milani e Wilma Mottini. In vista del sinodo 2018 sui giovani, indetto da Papa Francesco, si è voluto approfondire la rinascita dell’Azione Cattolica operata dal Vescovo Eugenio andando all’origine di quell’impeto di rinnovamento.

Carmen ci ha ricordato che fu «al pellegrinaggio ad Einsiedeln del maggio 1988 che Mons. Corecco ebbe quell’intuizione che fece scattare l’idea di una ripresa dell‘A.C. All’uscita del Santuario qualcuno intonò l’inno dell’allora Gioventù Cattolica Ticinese, “Primavera del Ticino”, e fu subito un canto corale.

Mons. Vescovo rimase sorpreso e commosso. Scoprì che l’A.C. era ancora nel cuore di molti. Come del resto aveva già constatato che una larga porzione degli adulti e anziani presenti alle celebrazioni liturgiche domenicali e agli appuntamenti diocesani, si era formata tra le file dell’A.C.».

L’8 ottobre 1989 si concretizzò l’idea del congresso diocesano «che l’ha rilanciata non solo come struttura ma nello spirito delle origini».

Duemila persone, un numero oltre ogni più ottimistica previsione, si raccolse al Palazzo dei Congressi di Lugano. Corecco diede le linee guida puntando sulla formazione di un solido gruppo di giovani che seguì personalmente.

Carmen inoltre ricorda con commozione l’ultimo pellegrinaggio alla Salette con i giovani nel giugno del 1994. «In quell’occasione ho sentito ancor più quanto forte e profondo fosse il suo amore per quei giovani, quei ragazzi. Alla Salette lasciò loro quasi un testamento: “Sapete che la mia situazione di salute è a rischio. Pregate perché il Signore mi dia salute se lui vorrà, ma soprattutto che mi conceda di morire con fede, perché quello della morte è il momento più importante della vita. Voi dovete essere la Chiesa che continua, in comunione non solo con me, ma anche con gli altri Vescovi che verranno.”»

Umile e infaticabile

Don Carmelo, braccio destro del Vescovo Eugenio in qualità di assistente dei giovani di A.C. ha fissato alcuni punti della sua personalità e della sua opera educativa.

Insegnava ai giovani a “stare in piedi”. In un intervento Corecco disse: “Quando uno è chiamato si sveglia! Noi siamo stati risvegliati alla vita, all’esistenza. Pensate come viviamo banalmente, in rapporto a questa nostra realtà. E’ difficile tenere il livello di quello che siamo. E’ difficile ed è possibile solo se ci aiutiamo…

Siamo chiamati a tenere in piedi gli altri. Ma se vogliamo essere testimoni dobbiamo saper stare in piedi noi”.

Questo si traduceva in una passione incondizionata per Cristo e di pari passo per la Chiesa. Non mancava occasione per “esserci” con tutto se stesso, con la sua straordinaria umanità radicata in una fede forte e coinvolgente. “Esserci” senza se e senza ma.

lnfaticabile perché era urgente “non perdere tempo”. “Vedi Carmelo – mi confessò un giorno – se potessi io farei soltanto questo! lncontrarmi coi giovani per stare con loro! È troppo importante!” È bastato questo per indicarmi la Strada! “Stare coi giovani”.

Umile. Corecco ti coinvolgeva e sentivi che anche il tuo pensiero in un qualche modo era espresso “dentro” i suoi interventi! Per me, giovane prete, era una novità! “Mi è capitato questo… Cosa ne dici?”; in Curia dove, anche a ore impossibili, mi chiamava per discutere; all’Ospedale San Giovanni: “Vieni, dobbiamo lavorare!”; prima della Santa Messa alla Salette (dopo una notte di sofferenze): “Cosa dire ai Giovani adesso? Leggiamo insieme, prepariamoci”. È stato un Vescovo-Padre e un fratello allo stesso tempo.

Fermo nelle cose fondamentali. Il Vescovo Eugenio vedeva chiaro! Una cosa che lo addolorava era il fatto che spesso ci si lasciava imbrigliare da questioni caratteriali che impedivano di tenere sempre “il punto”: crescere nella fede per diffondere il Vangelo! Lì, dentro questa prospettiva, dovevano risolversi subito le questioni personali… Cristo è ciò che ci deve stare più a Cuore. E in Lui guardare a tutto, superando personalismi, attaccamenti e quant’altro…

Vere amicizie

Manuel, nella rinata A.C., ha trovato un gruppo di veri amici (giovani coetanei e sacerdoti) autenticamente e efficacemente presenti nel cammino non sempre facile verso una maturità umana e cristiana. La fede trasmessa dai genitori è diventata, in questa compagnia, scelta personale di vita. Le giornate mondiali della gioventù indette da Giovanni Paolo II sono stati momenti di grazia che hanno confermato e rafforzato questo percorso di fede, che continua e si approfondisce. Confrontato da tempo con la Croce della malattia, ha ripreso in mano la testimonianza di come il Vescovo Corecco ha vissuto gli ultimi anni della sua vita accogliendo e accettando il cammino difficile della sofferenza. Soprattutto questo richiamo all’accettazione è diventato un faro nei momenti attuali di difficoltà. La mossa della libertà che cambia tutto.

Formazione e fedeltà

Wilma, leventinese come don Eugenio, ha aderito alla rinata A.C. fin dall’inizio. «Cammino costante e lavoro impegnativo ma compiuto nella gioia e soprattutto nella certezza che l’amore di Dio ci avvolge e ci accompagna. […] A volte ci si incontrava ogni 15 giorni per i corsi di formazione e per ritiri spirituali. Il Vescovo Corecco puntava sulla formazione delle coscienze, sull’impegno e sulla fedeltà a partecipare agli incontri. Sull’importanza di incontrarsi regolarmente a pregare sia a livello diocesano che parrocchiale. […] In lui ho incontrato un maestro ma ho trovato anche un amico che sicuramente mi accompagnerà nel quotidiano di oggi e di domani». Wilma ha raccontato come in questo incontro tutte le ferite della vita, anche quelle che sembrano archiviate, trovino la possibilità di essere veramente risanate ed anche della speranza che accompagna la fatica della sofferenza presente.

Gratitudine e responsabilità

P. Mauro ha concluso il momento pomeridiano ringraziando chi ha testimoniato la ricchezza dell’incontro con Corecco perché ascoltando era evidente che «tante iniziative del Vescovo Eugenio si sono solo apparentemente addormentate. Infatti c’è una vita che soggiace, c’è una corrente che continua a scorrere e noi siamo responsabili che la sorgente si faccia vedere. […] Dobbiamo prendere come compito quello ri-comprendere che l’incontro travolgente con don Eugenio ci dà una responsabilità missionaria, una responsabilità per la tutta Chiesa che è sempre più urgente».

La tirannia del tempo ha impedito di dare la parola ad altre persone, che erano pronte a raccontare la loro testimonianza su di un incontro che continua nel presente ed illumina ogni giornata. Anzi, come ben ha detto Manuel a proposito delle meditazioni sulla sofferenza, tante parole del vescovo Eugenio, ascoltate con attenzione, custodite nella memoria ma piuttosto ostiche da capire, proprio ora nell’esperienza della vita diventano chiare. Per tutto e per tutti ci sarà spazio nel prossimo bollettino