Eugenio Corecco un Vescovo e la sua Chiesa: Volume 2
Maria madre del signore
Capitoli
Ci ritroviamo quest’oggi in un’area della città di Lugano in cui ci possiamo considerare come gli eredi spirituali di quelle monache agostiniane che qui avevano il loro monastero passando, per secoli in questa città, una vita nella preghiera, nella contemplazione e nella pratica delle opere di carità nei confronti della cittadinanza.
Questa eredità è stata raccolta, dopo l’incameramento di questi beni da parte dello Stato, dalla Confraternita dell’Immacolata, che ha riscattato quest’area, costruito questa chiesa e, in occasione dell’Anno Mariano, ha preso l’iniziativa di restaurarla.
Non ci troviamo certo in un luogo comune, ma profondamente marcato dalla fede cristiana, e ci ritroviamo per una delle feste più care al popolo cristiano, quella dell’Immacolata Concezione, per riaffermare la nostra volontà di fede, di riscoprire la nostra adesione al Signore e la nostra devozione alla Madonna che oggi celebriamo secondo il mistero della sua vita, cioè il fatto di essere stata preservata dal peccato originale.
Se vogliamo capire il significato di questa festa dobbiamo rileggere il testo della lettera di San Paolo agli Efesini: un testo sul quale è facile sorvolare senza capirne la profondità. <<Fratelli, benedetto sia Dio Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo>>: il Padre che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale dandoci Cristo, che è il Figlio incarnato nella storia. <<In nome di Cristo, il Padre ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi>>. (Ef 1, 4-5)
Siamo stati voluti, scelti, pensati, amati dal Padre attraverso Cristo in cui tutte le cose sono state fatte”, afferma nel prologo del suo Vangelo San Giovanni; siamo stati voluti, amati personalmente, ognuno di noi; non siamo una massa di gente, ma persone precise, volute, amate, suscitate alla vita.
<<In lui ci ha scelti e prima della creazione del mondo>> significa che siamo radicati in Dio prima ancora della creazione del mondo, prima della nascita corporale. Noi siamo dentro il Mistero di Dio in modo profondissimo fin dall’eternità. E questo ci dà la misura della nostra dignità umana, dell’amore e dell’affetto che il Signore ha avuto da sempre, prima ancora della creazione del mondo, per la nostra persona che porta un nome, che ha un’identità, un volto, una storia, una vocazione.
Apparteniamo a Dio da sempre, non siamo il risultato di un caso semplicemente biologico, ma siamo il frutto di un amore di Dio che ci ha accolti individualmente prima ancora che avvenisse la creazione del mondo.
In Lui ci ha scelti <<per essere santi e immacolati davanti a Lui>>: questa é la radice della Festa e del Mistero dell’Immacolata Concezione.
La Madonna, Maria di Nazareth, è l’unica persona nella quale questo piano di Dio si è realizzato completamente. È una persona che è nata corporalmente nella storia, come noi, per essere santa, e, essendo immacolata, preservata dal peccato originale.
Nella Madonna si è ripetuto quello che è avvenuto per i progenitori Adamo ed Eva, che non sono nati da uomo, sono stati creati direttamente da Dio santi e immacolati.
Ma il peccato di origine ha sconvolto questo piano del Signore di parteciparsi, di dare a noi la stessa Sua esistenza, il Suo stesso esistere nel tempo e nella storia. Il peccato originale ha reso l’uomo peccatore.
La Madonna è l’unica persona in cui Dio ha voluto realizzare questo Suo piano originario, che è dentro nel cuore e nella mente, nell’affetto di Dio fin dall’eternità, prima ancora della creazione del mondo.
Se riuscissimo, anche solo per un istante, a capire questa paternità profonda, ricca di affetto di Dio nei nostri confronti, è come se acquistassimo una coscienza di noi stessi più grande, un rispetto per le nostre persone, per il nostro destino, per le altre persone molto più grande, perché ci accorgeremmo di appartenere a Dio prima della creazione del mondo.
Questo é il Mistero di Dio manifestato nei nostri confronti, che avvolge tutto il nostro vivere, che consiste poi nel nostro tentativo di capirlo, di vivere nella nostra persona questo progetto di Dio su di noi, che ci ha voluti per essere santi e immacolati e totalmente rivolti a Lui, così come le Monache agostiniane hanno tentato di fare vivendo in modo santo totalmente rivolte al Signore, quasi immacolate.
Maria è l’unica persona che é stata sottratta al destino provocato dalla libertà di Adamo ed Eva che, dice il primo testo, hanno disobbedito.
<<Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?>> È stato un peccato attraverso il quale l’uomo ha cercato di sottrarsi a questo piano di Dio, si é dimenticato di essere radicato nel Mistero di Dio fin dall’Eternità per diventare autonomo e gestire in modo indipendente la propria vita.
E anche noi abbiamo continuamente questa tentazione e questa inclinazione a gestire noi, in modo autonomo, la nostra vita, i nostri rapporti, la nostra famiglia, la nostra professione, non più consapevoli del legame che ci unisce a Colui che ci ha pensati, amati e creati prima della fondazione del mondo.
La Madonna, Maria di Nazareth, ha collaborato alla restaurazione del piano di Dio; anche noi abbiamo restaurato questa chiesa, riparato qualcosa che era caduco. La Madonna ha collaborato al rinnovo del Piano di Dio in Cristo, che è morto ed è risorto, per salvarci da questa tragedia che ci ha separati da Dio, attraverso la sua obbedienza. Ha collaborato al perdono della disobbedienza di Adamo ed Eva, che si sono sottratti nelle loro intelligenze e nella loro libertà al piano di Dio, commettendo il peccato originale, che ci é trasmesso, direi, in modo ereditario, così come i figli portano in loro stessi le tracce dei loro genitori.
Gesù Cristo attraverso il suo sacrificio personale sulla Croce e attraverso la Risurrezione ha restaurato questo piano iniziale di Dio. Ed per questo che da sempre la Chiesa ha venerato la Madonna, perché ha visto e compreso in Lei il modello di quello che noi dobbiamo compiere nella vita.
Abbiamo bisogno continuamente di restaurare la nostra esistenza e c’è sempre tempo per questa impresa. Non é certo l’età quella che ci può impedire di cambiare il cuore e la mente. Il Signore ci dà la possibilità in ogni tempo di cambiare. E se ci riuniamo oggi per inaugurare questo fatto materiale del restauro di una chiesa dedicata alla Madonna Immacolata, di una chiesa che ha la sua origine in un Monastero di donne che hanno scelto la vita contemplativa, nella carità e nella verginità consacrata, è per tentare anche noi di pensare che il Signore ci cambia in ogni tempo.
Cogliamo questo insegnamento di Maria, la Madre del Signore, perché ci è proposta come modello di esistenza, non perché siamo chiamati a fare le stesse cose, ma perché con Lei siamo invitati a dire il nostro “sì” al Signore, a dare la nostra vita un profondo significato di obbedienza, perché il male entra in noi come é entrato nei progenitori, attraverso l’orgoglio e la disobbedienza a Dio.
Disobbedire a Dio vuol dire gestire la propria vita come se non appartenessimo al Padre fin dall’eternità; è come se non ci accorgessimo di essere stati scelti, voluti prima della creazione del mondo per essere santi. Santi vuol dire pieni di fede e immacolati davanti a Lui.
Cari confratelli nel sacerdozio, care suore, cari sorelle e fratelli in Cristo, rileggiamo assieme l’episodio di Cana, cercando di correggerne l’immagine spesso banale e distorta che di esso abbiamo.
Fino a quel momento Gesù aveva raccolto attorno a sé alcuni primi discepoli, ma non si era ancora manifestato nella sua divinità.
In Cana di Galilea, scrive l’evangelista S. Giovanni, «Gesù diede inizio ai suoi miracoli: manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui». Ha scelto un momento centrale della vita umana per manifestarsi: quello in cui un uomo e una donna si sposano e la gente fa una grande festa.
L’episodio si pone nel cuore stesso del momento più fondamentale e ricorrente della nostra esperienza umana. Cristo innesta la sua Salvezza nell’atto umano più vibrante di emozioni e di responsabilità. La Redenzione di Cristo tocca l’uomo nell’espressione più profonda di se stesso, quella dell’amore tra l’uomo e la donna. Incide nella sostanza della nostra umanità e delle vicende più intime del nostro destino terreno.
Quel Cristo che ha cambiato l’acqua in vino a Cana, compiendo un gesto sul quale non è permesso equivocare in modo superficiale, è lo stesso Cristo che nell’ultima cena, prima della sua passione, morte e risurrezione, trasformerà il vino in sangue. In quel gesto di Cristo a Cana è prefigurata come nella sua radice la stessa Eucarestia che stiamo celebrando in questo momento: momento centrale della nostra esperienza cristiana. È il Sacramento nel quale si realizza e nel quale viviamo tutta la Chiesa.
Per noi cristiani, l’episodio di Cana non ha carattere solo circostanziale e sporadico. Ha un valore pedagogico di carattere universale. In esso possiamo scoprire tre indicazioni fondamentali per vivere la nostra fede. Sono indicazioni che dobbiamo saper cogliere con lucidità, qui, ai piedi della Madonna dei Miracoli, che ci è tanto cara, nell’atto conclusivo dell’Anno Mariano. Un anno intero dedicato alla riflessione e alla preghiera, con l’obiettivo di meglio comprendere il significato che la Madre di Dio ha per il nostro modo di vivere la fede in Gesù Cristo.
La prima indicazione ci viene dal miracolo in quanto tale. Maria di Nazareth si rivolge a Gesù, non perché si aspetta un prodigio – non ne aveva infatti ancora compiuti – ma nella speranza che Gesù trovi una via d’uscita dalla situazione di imbarazzo degli sposi, rimasti senza vino. Gesù viene incontro al bisogno di quella gente, probabilmente povera, compiendo un miracolo, con il quale però, manifestando la gloria della sua divinità, aiuta i primi discepoli che lo accompagnavano a credere veramente in Lui.
I miracoli non sono mai fini a se stessi. Ciò che il Signore in essi intende, come primo obiettivo, è la crescita della nostra fede. I miracoli, come tutte le altre grazie implorate dal Signore, dalla Madonna o dai Santi, ci sono concessi perché diventino inizio di una nostra conversione personale e collettiva. È per questa stessa ragione che la Madonna si manifesta, di tanto in tanto, a noi, nel mondo, nella sua corporeità. Anche l’apparizione e la guarigione miracolosa avvenute qui a Morbio su questa collina nel 1594 sono state l’inizio di un movimento di conversione per innumerevoli fedeli. È stato un fatto determinante per mantenere viva la fede in questa nostra terra.
Su questo significato dei miracoli, cari fedeli, dobbiamo riflettere. Se vogliamo vivere bene la nostra fede, non possiamo permetterci di pregare per ottenere grazie o miracoli, senza avere, contemporaneamente, anche il desiderio di convertirci nel nostro cuore.
Oltre che per i nostri desideri personali, corporali e spirituali i miracoli avvengono per aiutarci a crescere nella nostra fede: ad essere più forti nella fede. Ciò che conta, più di tutto, non sono le grazie e le guarigioni, che spesso cerchiamo di ottenere in modo addirittura sproporzionato al nostro bisogno reale, ma la nostra conversione. La nostra fede non tollera sotterfugi. I doni di Dio ci sono dati per la salvezza globale della nostra persona; ci impegnano al cambiamento della nostra vita.
L’episodio di Cana ci fa perciò riflettere, prima di tutto, sul nostro modo di pregare e di essere pellegrini, qui, alla Madonna del Sasso, a Lourdes, a Medjugorie, a Fatima e in mille altri posti di devozione e penitenza. Il Signore ci aiuta nei nostri bisogni e desideri, magari anche futili, ma per convertirci a Lui. A Cana manifestò la Sua gloria, perché i discepoli credessero in Lui.
La seconda indicazione di Cana è quella sul ruolo assunto da Maria, la Madre di Gesù. Maria è la prima ad accorgersi dell’imbarazzo degli sposi e si fa carico di essi. Questo sguardo di Maria per il bisogno dei poveri e il suo istintivo sentimento che il Figlio deve sapere di questo sono molto indicativi.
L’episodio di Cana è il momento in cui si manifesta anche la forza di intercessione della Madonna. A Cana è iniziata la devozione di tutta la cristianità per lei. Maria si affida al Figlio con fiduciosa speranza. Lascia libero il Figlio e nello stesso tempo impone maternamente il suo desiderio. È come se forzasse la mano, superando ogni esitazione di Gesù, che la tratta anche severamente: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora. La Madre dice ai servi: fate quello che vi dirà».
Dal livello del progetto redentivo, dal programma con il quale Gesù intendeva realizzare nel tempo la sua missione, che era il piano della giustizia di Dio, Maria si insinua nel piano più profondo della Sua misericordia.
Gesù, in quel momento, ha praticato e vissuto il quarto comandamento: «Onora il padre e la madre». Come avrebbe potuto il Figlio di Dio, che aveva onorato in ogni cosa il Padre, venendo al mondo, per compiere la volontà del Padre, come avrebbe fatto il Figlio di Dio a non onorare allo stesso modo la sua Madre terrena? Gesù, che si inchina davanti all’intercessione della Madre, ci fa capire, oltre alla sua forza quale nostra Ausiliatrice, cosa significhi onorare nostro padre e nostra madre. È una lezione che tutti dobbiamodi nuovo imparare, noi che viviamo in una cultura che ha distrutto la famiglia e la religiosità dei rapporti familiari.
Il rapporto tra Gesù e sua Madre, cari fedeli, non è cambiato dopo la Risurrezione di Cristo e l’Assunzione in cielo anima e corpo di Maria Vergine. Si è solo ulteriormente intensificato, come si intensificherà il rapporto reciproco tra noi cristiani quando entreremo definitivamente nella comunione dei santi; comunione alla quale affermiamo di credere: «Credo nella comunione dei santi».
Maria di Nazareth ha il potere di Madre per intercedere per noi, ma la finalità ultima della sua intercessione è la nostra conversione a Cristo. A Cana, Maria rappresenta tutta la Chiesa, che, come Lei, ha il compito di intercedere per noi. Non diciamo prima della Comunione eucaristica: «Signore, non guardare alle nostre colpe personali, ma alla fede della tua Chiesa»?
II terzo elemento di Cana è l’indicazione lasciataci da Maria: «Fate quello che vi dirà».
Tutto l’affetto e il sentimento di Maria per quei primi uomini e quelle prime donne che avevano seguito Gesù, per quei primissimi cristiani, si sono manifestati in queste parole: «Seguite il Figlio di Dio e mettete in pratica quello che vi dirà».
Questa indicazione è data da quella donna che aveva già detto il suo «sì» personale all’angelo Gabriele; che aveva compiuto con totale docilità il disegno di Dio sulla sua persona; che aveva accettato la vocazione assegnatale dal Signore.
Le tappe di questa docilità si erano realizzate, via via, nella scelta di Betlemme, al posto di Nazareth, come luogo per mettere alla luce Gesù; nella fuga in Egitto; nell’episodio del Tempio di Gerusalemme, quando Gesù aveva dodici anni; saranno portate a compimento con la sua presenza ai piedi della Croce e nell’accogliere Giovanni, che rappresentava tutti noi cristiani, come Suo figlio.
Nel momento in cui Cristo inizia la sua predicazione pubblica, Maria ha dato a noi – e a tutti gli uomini – una nuova regola di comportamento: «Fate quello che vi dirà». Non è una raccomandazione di valore solo contingente e circostanziale. Non valeva solo per Cana. Vale in assoluto: è la regola fondamentale del cristiano. Come Cristo ci ha insegnato a pregare il Padre perché avvenga la sua volontà, Maria ci indica il Figlio, che è il volto umano del Padre sulla Terra, come punto di riferimento per la nostra esistenza. Maria ci mostra, ci indica, ci insegna Cristo come persona centrale del nostro destino umano.
A Locarno abbiamo aperto l’Anno Mariano nel segno dell’affermazione che Maria di Nazareth è la figura perfetta di ogni credente. Ha vissuto, infatti, tutta l’esistenza protesa a capire il mistero della sua vocazione ed a seguire Gesù il Cristo, che lei stessa aveva generato, come figlio dei Padre. Ha creduto in Lui come Salvatore e Redentore del mondo.
Al termine di questo Anno Mariano, che ci ha visti protesi in una tensione straordinaria per capire anche noi che Lei è la figura in cui dobbiamo riconoscerci e rispecchiarci come credenti, Maria di Nazareth ci dà un’indicazione precisa: «Fate quello che vi dirà».
Vivete la vita come risposta alla vocazione di credere nella persona di Cristo come Redentore dell’uomo e della vostra persona. Seguite Cristo senza lasciarvi determinare dal mondo. Senza vivere in una posizione di subordinazione culturale e pratica alla mentalità dominante della società moderna.
Fedeli cristiani, questo Cristo, oggi, dobbiamo reincontrarlo tutti, perché l’abbiamo già incontrato nel Battesimo. Ciò che determina, infatti, il valore della nostra vita è la risposta che personalmente, e tutti assieme, diamo a questa vocazione. Dobbiamo reimparare a vivere la vita a partire dalla vocazione alla fede, che è stata posta da Dio dentro di noi.
Per questo, come risultato dell’Anno Mariano, abbiamo deciso di celebrare un primo anno dedicato alla riscoperta, da parte di tutti, della nostra vocazione cristiana. Una ripresa delle vocazioni sacerdotali e religiose non è possibile se, prima, noi tutti fedeli, preti, religiosi e laici, non prendiamo collettivamente coscienza della nostra vocazione cristiana: la vocazione che è comune a tutti e che è quella di seguire e fare ciò che Cristo ci indica di fare: «Fate quello che vi dirà».
Lasciando questa Eucarestia conclusiva dobbiamo partire con l’intenzione di comunicare agli altri queste cose. La nuova evangelizzazione del mondo e della nostra società proposta a tutti dalla Chiesa universale, attraverso il Papa, quale compito e responsabilità di questa vigilia del terzo millennio, ha come fondamento la riscoperta da parte di tutti noi del fatto che il senso della vita consiste nella risposta che diamo, nella fede, alla nostra vocazione personale. Essere missionari nel mondo coincide con il saper dire queste cose agli altri, ai nostri mariti, alle nostre mogli, ai nostri figli, alle persone amiche, alla vicina di casa, ai colleghi di lavoro, ai nostri fedeli nelle parrocchie e nei movimenti ecclesiali.
La Chiesa ci aiuta a capire cosa e come dobbiamo fare per seguire Cristo. La Madonna dei Miracoli, in cui si è manifestata Maria di Nazareth, ci lascia oggi, come eredità, questo motto per la nostra vita: «Fate quello che vi dirà».
È però la Chiesa che traduce concretamente, e in modo corrispondente alla cultura e ai bisogni del nostro tempo, questa regola di vita, con indicazioni dottrinali e pratiche.
Per udire cosa Cristo ci dice di fare nel profondo del nostro cuore dobbiamo imparare nuovamente ad ascoltare la voce della Chiesa. Essa ha ricevuto dal Signore il mandato di comunicare al mondo il suo Vangelo, ed essa sola lo può fare senza falsificazioni.
Cari cristiani, dobbiamo imparare di nuovo, sull’esempio di Maria, figura perfetta di ogni credente, ad ascoltare la Chiesa e il suo magistero. Il primo passo della nostra obbedienza a Cristo sta nel rimetterci in posizione di attenzione e di ascolto interiore per gli insegnamenti e le indicazioni concrete della Chiesa, di quella universale e di quella particolare, in cui siamo chiamati a vivere. Con tanta superficialità e ingenuità prestiamo invece ascolto alla voce dei mass-media e all’opinione dominante, da essi creata. Chi di noi, infatti, si preoccupa ancora di leggere i documenti del magistero e li considera lettura fondamentale per la propria vita? Leggiamo tutto, eccetto le Encicliche papali e le Lettere pastorali. Al loro posto leggiamo le critiche provenienti da qualsiasi voce estranea alla Chiesa o stonata nella Chiesa stessa.
La prima solidarietà con Cristo, e tra di noi, sta nella nostra obbedienza comune e cordiale alle indicazioni della Chiesa. La Chiesa è la nostra prima dimora, è il luogo dove possiamo riscoprire la nostra identità cristiana e ricostituire la presenza di Cristo nel mondo.
Cari sorelle e fratelli in Cristo; oltre a dedicare alcuni anni alla nostra riscoperta personale del fatto che la vita cristiana consiste essenzialmente nella risposta che diamo alla nostra vocazione (lavoro che dobbiamo fare tutti assieme se desideriamo veramente un riaffermarsi vigoroso del fenomeno delle vocazioni speciali, al sacerdozio e alla vita consacrata), oltre a questo lavoro comune e capillare, dovremo impegnarci tutti assieme a rifare la nostra catechesi: gli adulti prima di tutti. Incomincerà quest’anno il primo ciclo di catechesi preannunciato con la Lettera pastorale Siate forti nella Fede. Il ciclo globale sarà dedicato al Credo e quest’anno affronteremo il primo articolo dello stesso, che recita: «Credo in Dio Padre, creatore del cielo e della terra». Se Dio ci ha creati vuol dire che ci ha chiamati all’esistenza, vuole dire che già la nostra vita in quanto tale è una risposta a questa chiamata. Partecipare alla catechesi degli adulti è un atto di obbedienza a quanto Cristo ci dice di fare, attraverso la nostra Chiesa particolare.
Ma prima di concludere questo Anno Mariano, che potrebbe essere stato decisivo per la nostra vita e per il nostro destino, desidero farvi due ultime raccomandazioni.
Riprendiamo la recita dell’Angelus a mezzogiorno e la recita del Rosario. Il Rosario non è un rito familiare riservato ad una società povera, religiosa e senza divertimenti; non è una preghiera che esprime una cultura contadina o artigianale, del tempo in cui le famiglie, alla fine della giornata, potevano sedersi in cerchio a pregare, gustando un momento di unità. Oggi il tempo per guardare la TV nelle nostre famiglie lo troviamo, ma è un momento che invece di unirci ci divide.
Riprendiamo, perciò, questa preghiera, personalmente, in famiglia e nelle parrocchie. È una preghiera rivolta a Maria, che attraverso la meditazione dei misteri ci induce a pensare a Cristo suo Figlio. È un’occasione per capire e mettere in pratica quello che Lui ci dirà di fare.
«Fate quello che vi dirà». Se chiudiamo questo Anno Mariano portando nel cuore questa regola di vita, dettataci da Maria di Nazareth in Cana di Galilea, non sarà stato un anno della vita speso inutilmente.
«La Chiesa venera Maria di Nazareth perché è stata colei che ha permesso alla Parola di Dio di manifestarsi all’uomo. Dio non è un oggetto che può essere raggiunto dall’uomo, di propria iniziativa e con le proprie forze. Possiamo conoscere il mistero trinitario di Dio solo se Lui stesso si rende accessibile.
Maria di Nazareth è stata Colei che ha reso possibile il mistero dell’Incarnazione nel quale la Parola di Dio si è resa visibile. Nel prologo del suo Vangelo san Giovanni
scrive, infatti, che il Verbo si è fatto carne ed abitò tra noi e noi abbiamo visto la sua gloria. Nessuno ha mai visto Dio, ma Cristo, che è in seno al Padre, ce lo ha rivelato (cfr. 1, 13-18). Maria è stata colei che ha permesso questa manifestazione totale di Dio, in quel Figlio, che l’uomo ha potuto sentire, vedere con i propri occhi, contemplare e ha potuto toccare con le sue mani (cfr. 1Gv 1, 1).
Perché ciò avvenisse era indispensabile che qualcuno dicesse un “sì” incondizionato, permettendo alla Parola, al Verbo, di prendere posto in una creatura umana, per incarnarsi in lei, come un figlio si forma in una madre.
Nessuna persona umana sarebbe stata capace di dire questo “sì”, perché nessuno di noi è capace di dire un “sì” incondizionato a Dio. Il consenso perfetto è per noi irraggiungibile a causa delle conseguenze del peccato originale, che portiamo nel nostro cuore.
Perché la Madonna potesse pronunciare questo “sì” è stata preservata dal peccato originale. La Parola di Dio non avrebbe potuto incarnarsi in un cuore che si fosse aperto a Dio solo per metà.
Un figlio si nutre della sostanza stessa della madre. Se il “sì” di Maria fosse stato un “sì” condizionato, quello di una persona compromessa dalla colpa originale e perciò
anche dal peccato personale, l’incarnarsi del Verbo in lei sarebbe stata un atto di violenza. La maternità della Madonna avrebbe assunto uno dei tanti significati mitologici di cui è piena la letteratura mondiale. Una congiunzione di Dio con gli uomini di cui parlano molte storie
religiose dell’umanità.
Ma proprio queste mitologie ci fanno capire che l’umanità è sempre stata implicitamente cosciente che la sola possibilità per conoscere Dio, nella sua verità, era quella di diventare uomo, venendo alla luce attraverso una madre.
La Madonna sta perciò all’inizio della storia della salvezza. La nostra salvezza personale dipende totalmente dal “sì” che lei ha pronunciato. Il posto di Maria nel cristianesimo non è uguale a quello del Salvatore, perché la salvezza viene da Cristo e da Cristo solo. Maria rimane dalla nostra parte, dalla parte di quelli che credono alla Parola che si è rivelata; dalla parte di quelli che pregano e aderiscono alla volontà di Dio.
Tuttavia, il suo posto viene prima di quello che noi occupiamo, perché la sua posizione è singolarissima. Il suo rapporto con il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo è stato unico, poiché lei sola è stata la Madre del Salvatore.
Non dovremmo mai banalizzare o svuotare di significato questa singolarità dalla Madonna, perché nessun altro potrà condividere con lei il suo posto nell’economia della redenzione. Non è semplicemente una Santa tra gli altri Santi, fosse pur la più grande, perché è la Madre di Cristo e come Madre di Cristo è la Madre di Dio. Ha generato il suo Creatore.
La Chiesa, cioè la comunità dei credenti di tutti i tempi, ha scelto come preghiera, con cui rivolgersi a Maria di Nazareth, le stesse parole contenute nella Bibbia. La prima parte dell’Ave Maria, che è il nocciolo della devozione mariana cristiana e il nocciolo della preghiera del rosario, è un intreccio delle parole stesse, che l’angelo Gabriele ed Elisabetta hanno rivolto a Maria.
«Ti saluto o Maria, piena di grazia, il Signore è con te». Quando ripetiamo queste parole affermiamo la priorità di Maria su tutte le altre creature. È piena di grazia ed il Signore è con lei, perché è stata preservata dal peccato, così da essere in grado di dire un sì incondizionato a Dio.
Per questo “sì”, che ha reso accessibile il mistero della Trinità all’uomo, tutta l’umanità la dirà beata e dirà benedetto il frutto del suo seno. Lo aveva già intuito quella donna del popolo, che alzò la voce mentre Gesù predicava alla folla: «Beato il ventre che ti ha portato ed il seno che ti ha allattato».
Ma questo fatto è vero ed è stato possibile solo perché Maria di Nazareth, anche se giovanissima, aveva saputo pronunciare un “sì” così incondizionato che nessun’altra persona umana avrebbe saputo esprimere. La sua fede è stata così grande da superare quella di tutti. Questa è stata la precisazione sulla fede che, rispondendo alla donna che aveva gridato dal mezzo della gente, Gesù ha voluto portare: «Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica». (Lc 11, 27-28)
Nel Vangelo c’è un altro episodio che ci fa capire che la Madonna ci precede tutti, per la sua fede totale. È stato in un momento drammatico della sua vita pubblica, riferito dall’evangelista Marco.
Gesù, dopo aver lasciato la casa paterna di Nazareth, sceglie tra i giovani i dodici Apostoli, chiamandoli a seguirlo e a imitarlo. È un fatto strano che crea scalpore nei villaggi della Galilea, ma molti altri incominciano a seguirlo, fino a non trovare più modo e tempo di prendere cibo, come annota S. Marco.
A Gerusalemme i capi religiosi sono sconcertati e temono disordini. Mandano in Galilea una delegazione di scribi a interrogarlo, e questi cercano di screditare il fatto, sentenziando che Gesù è posseduto dal demonio.
Anche i parenti di Gesù si fanno inquieti e trepidano per lui: hanno l’impressione che sia «fuori di sé». Vorrebbero che finisse questa sua impresa e tornasse a Nazareth.
Mentre Gesù sta predicando a Cafarnao, nella casa di Pietro e Andrea che lo ospitavano, arriva sua madre, accompagnata da parenti e cugini, che non osano entrare e lo mandano a chiamare. Qualcuno gli dice: «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli sono fuori e ti cercano». Gesù, guardando la gente seduta attorno a lui, esclama: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?… Chi fa la volontà di Dio, questi è mio fratello, sorella e madre». (Mc 3, 13-35)
La Madonna è grande, non solo e non tanto per il fatto fisico di aver generato Gesù nella carne, ma per il “sì” incondizionato che ha saputo dire al Padre. Senza questo atto di fede non avrebbe mai potuto diventare madre di Dio. Noi diventiamo fratelli e sorelle di Cristo, e tra di noi, solo
nella misura in cui anche noi crediamo veramente in Lui.
Maria, tuttavia, è e rimane la madre. Nel rapporto umano questo è il fatto, in cui si realizza il massimo della compenetrazione e della dipendenza tra due persone. Nell’«Ave Maria» diciamo, perciò: «Tu sei benedetta fra tutte le donne». Maria è la creatura che ci precede tutti, e rimane ineguagliabile.
Ciò perché è madre di Cristo, capo del Corpo mistico, che è la Sua Chiesa e a cui noi apparteniamo, che Maria è anche madre nostra. Ed è perché è madre nostra che nell’«Ave Maria» le diciamo ancora, come diremmo ad ogni madre: «prega per noi peccatori».
Non sapremo mai dire un “sì” incondizionato al Signore, come quello di Maria, pronunciato all’inizio della sua vita a Nazareth, nella grotta dove l’angelo Gabriele l’ha incontrata; ai piedi della croce, dove ci è stata donata da Cristo come madre, nella persona di Giovanni che rappresentava tutti noi credenti: «Figlio ecco tua madre»; pronunciato nel cenacolo il giorno di Pentecoste, dove i discepoli e gli Apostoli si erano riuniti attorno a Lei, in preghiera, ad attendere lo Spirito Santo.
Quello stesso Spirito Santo che l’aveva resa madre ha generato, con Lei, in quel momento, la comunità di tutti i credenti che è la Chiesa. La Chiesa è la comunità cui noi apparteniamo e nella quale abbiamo ricevuto assieme la missione di rigenerare continuamente la presenza di Cristo nel mondo.
Di questa madre di Cristo, che ha accompagnato il formarsi della prima comunità ecclesiale della storia, abbiamo bisogno anche noi che abbiamo ricevuto il compito di predicare ovunque Cristo a tutte le genti (Mt. 28,18-20).
Abbiamo bisogno della sua intercessione di madre in continuazione, lungo l’arco di tutta la vita: «adesso e nell’ora della nostra morte».
Adesso, ossia in ogni istante della nostra vita, durante la quale rimaniamo imbrigliati nella nostra fragilità umana, e in quell’ora nella quale, in un trapasso doloroso e beato, ci troviamo nella condizione di dover pronunciare, finalmente, il nostro “sì” incondizionato a Dio: nell’ora della nostra morte.
Noi viviamo in vista di quell’ora. Come credenti ci prepariamo a quell’ora, nella quale, messi alle strette, siamo più che mai incapaci di prestare il nostro consenso a Dio, con le nostre sole forze. È il momento nel quale il Padre ci fa ritornare a Lui.
In quell’ora saremo fortunati se potremo contare sull’aiuto e l’intercessione di Maria di Nazareth; della Madonna delle Grazie, che il suo “sì” l’ha saputo e potuto dire effettivamente.
È per questo motivo che la Chiesa ci invita, oggi, a riprendere la pratica della recita del santo rosario quotidiano, poiché in esso, oltre a prendere coscienza del fatto che Maria è il modello perfetto di ogni credente, e perciò modello per nostra vita di tutti i giorni, è anche colei che ci aiuterà a dire al Signore il nostro “sì” più decisivo: quello «dell’ora della nostra morte».
Ritengo molto bello l’esserci trovati tutti assieme oggi, provenienti da diverse realtà della nostra Diocesi, perché questo é il punto dove ha avuto inizio la nostra storia comune. In questa grotta, davanti a noi, in questo umilissimo abitacolo tra le rocce, é avvenuto il Fatto che ha dato inizio alla nostra redenzione. Perciò é un momento molto significativo trovarci a celebrare l’Eucarestia e a pregare tutti, assieme, perché sottolinea il fatto della nostra unità.
Di fronte a questo luogo proviamo un sentimento di stupore in quanto esiste una sproporzione immensa tra la pochezza e la povertà di questa grotta, e la piccolezza della ragazza che vi ha vissuto, e la grandezza incommensurabile del Mistero che qui si é compiuto.
Non possiamo non restare meravigliati del fatto che il Signore abbia scelto una creatura umilissima e una circostanza priva assolutamente di significato davanti agli occhi del mondo, per mettersi in contatto, assumendola, con la nostra umanità, con tutto il genere umano, quindi anche con noi, instaurando quel rapporto sviluppatosi come storia e fatto della nostra salvezza.
Il fatto che più mi colpisce é pensare alla profonda interiorità con la quale Maria di Nazareth, una ragazza di solo 17 anni, ha saputo vivere la Sua vocazione. Perciò proprio di fronte a questa interiorità, dobbiamo capire che la nostra vita non vale per quello che facciamo; ma per quanto é dentro il nostro cuore; vale per l’interiorità con la quale viviamo la nostra esistenza. E grazie alla segreta attesa vissuta da Maria, all’intima profondità interiore con la quale ha saputo attendere che qualche cosa accadesse; grazie al modo con il quale ha vissuto l’avvenimento dell’incontro con Dio dentro il suo cuore, che é stato possibile per Lei diventare la Madre di Dio. Il fatto che La rende grande, sopra tutte le donne, non é tanto quello di essere stata Madre di Dio, perché questo é dipeso dalla volontà del Padre – é Lui che la rese madre – bensì é l’umiltà del Suo spirito, della Sua libertà offerta, con la quale ha saputo accettare l’evento preparatole dal Padre già prima della creazione del mondo. Questa ragazza così umile così intensamente viva nel suo cuore, tanto da non essercene stata un’altra simile per profondità di abbandono in Dio, ha rappresentato tutta l’umanità, quindi anche noi. Perciò io penso che se tornassimo a casa portando dentro di noi un po’ della sua consapevolezza interiore, faremmo un grandissimo passo avanti nella nostra vita. Perché è dentro l’interiorità della nostra esistenza che possiamo dire il nostro “sì” al Signore; é dentro il segreto del nostro cuore, é dentro l’intenzione ultima della nostra anima e della nostra mente che giochiamo la nostra vita. Non sono di certo i fatti esterni che la rendono valida, bensì é nell’intenzione profonda con la quale viviamo, che la nostra esistenza si valorizza e diventa feconda.
Di fronte alla. Madonna ci rendiamo immediatamente conto di quanto noi, pur realizzando mille cose anche buone, pur pregando, pur celebrando, possiamo ancora essere superficiali. Pertanto è nella nostra intima, totale adesione al Signore che si verifica, si realizza il nostro vero rapporto on Lui e si attua il nostro destino nel bene e nel male.
Oggi noi, specialmente i giovani, posti di fronte al problema dell’avvenire, della vocazione, dobbiamo chiedere alla Madonna di renderci attenti, di aiutarci a capire il valore della libera e consapevole interiorità del cuore. Ciò che veramente ha valore per la nostra vita é la profondità del nostro spirito e la nostra intenzione ultima.
Prego perché tutti quanti possiamo tornare a casa con dentro l’immagine di questa ragazza, diventata Madre di Dio e, attraverso Cristo, Madre di noi tutti, la quale nell’intimo del Suo cuore si é donata totalmente al Signore. Se ricevessimo oggi la grazia di consacrare tutta la nostra vita al Signore, allora oggi si compirebbe, in modo definitivo, la salvezza dentro la nostra persona.