La grazia di una vita
L’EPISCOPATO
Capitoli
1.1. Una scelta «dall’alto»
Un anno intero doveva trascorrere tra l’accettazione delle dimissioni di mons. Ernesto Togni e la nomina di Eugenio Corecco a vescovo di Lugano. Questa lunga dilazione era attribuita ad una sorta di braccio di ferro tra Giovanni Paolo II e la maggioranza delle persone consultate dal Nunzio, che propendeva per altri candidati[1]. Così almeno secondo il sentire dell’opinione pubblica ticinese, per la quale non ci fu alcun dubbio che Eugenio Corecco fosse diventato vescovo di Lugano per volontà di Giovanni Paolo II, che respinse una dopo l’altra le terne di nomi che gli venivano sottoposte fintanto che non vi trovò il nome di Corecco: allora lo scelse[2]. Corecco non aveva desiderato la carica, anzi la prospettiva di diventare vescovo – e l’intenzione di papa Wojtyła non gli era ignota – lo angustiava[3], ma egli visse questo cambiamento come una nuova chiamata del Signore, dirà: «non bisogna anteporre i nostri programmi a quelli del Signore»[4]. Questa posizione di affidamento era indispensabile per affrontare il nuovo incarico con libertà e responsabilità, in un clima in cui gli auguri di rito non riuscivano a nascondere del tutto timori e sospetti[5]. A chi soleva guardare alla Chiesa soprattutto in termini di fazioni appariva ovvio che Giovanni Paolo II aveva voluto mettere sulla cattedra di Lugano un «suo uomo», per poter in qualche modo influire sulla Conferenza dei Vescovi svizzeri e forse anche sulla Facoltà di teologia di Friburgo, sempre critica verso il magistero romano, soprattutto nella sua sezione di lingua tedesca, ed incline a dar voce agli esponenti della teologia della liberazione. E, se era del tutto evidente, che Eugenio Corecco intendeva seguire con tutta la sua persona il magistero papale, come del resto faceva don Giussani, il cui rapporto con Giovanni Paolo II si andava sempre più approfondendo anche a livello personale con conseguente crescita esponenziale della simpatia del Papa per il movimento di CL, questa non era per il nuovo vescovo di Lugano una scelta di parte, ma la ovvia espressione della sua fedeltà alla Chiesa6. Negli anni del suo episcopato egli avrebbe condiviso il dileggio riservato a Giovanni Paolo II ed al suo insegnamento, dalle conseguenze spesso impopolari. Neppure tra i religiosi ed i presbiteri ticinesi sarebbero mancati i corifei di una sorta di teologia del dissenso, talvolta apparentemente fine a sé stessa, i quali, partecipando agli organismi diocesani, avrebbero fatto soprattutto opera di ostruzione nei confronti delle proposte del vescovo, accusato di autorita-rismo e di incapacità di dialogo.
1.2. «Accetto con entusiasmo…»[7]
Salta all’occhio, sia nei commenti dei giornali ticinesi alla scelta papale sia dalle interviste, il profondo divario tra l’interesse di commentatori e giornalisti, più o meno benevoli, e la posizione di Corecco[8]. Attorno alla sua nomina si focalizzavano attese inesorabilmente ancorate al livello politico: si temeva, rispettivamente si auspicava, un giro di vite nel senso conservatore, e questo a causa dell’appartenenza a Comunione e Liberazione, verso cui sulla stampa ticinese si sprecavano giudizi di integrismo, chiusura, destrismo[9] (e le categorie di destra e sinistra erano allora nel loro pieno vigore). Si sottolineava che CL era una sorta di agguerrita milizia a disposizione di Giovanni Paolo II e non riconosceva nessun’altra autorità[10]. Era quasi scontato contrapporre la mite figura di Ernesto Togni, il parroco, uomo del dialogo e dell’apertura, a quella di Eugenio Corecco, il professore, descritto come barricato nelle sue certezze ed incline ad imporre la propria volontà[11]. Se i parroci temevano che avrebbe dato poco peso alle parrocchie per interessarsi solo dei movimenti[12], il mondo politico si chiedeva soprattutto quali correnti avrebbe sostenuto all’interno del Partito Popolare Democratico (PPD) o dell’Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese (OCST) e quale sarebbe stato il suo influsso sul Giornale del Popolo, di cui come vescovo sarebbe stato l’editore e la cui linea politica ed ecclesiale era ritenuta da tutti in rotta di collisione con le sue convinzioni. Gli ambienti di sinistra paventavano cambiamenti, che erano invece auspicati dagli ambienti di destra. Il vescovo eletto rispondeva alle domande portando il discorso ad un altro livello. Si preoccupava soprattutto di comunicare che per lui si trattava di aderire al disegno di Dio sulla sua persona. Al giornalista del Giornale del Popolo, che gli chiedeva con quale spirito rientrava in Ticino per assumere la responsabilità più alta della diocesi, Corecco rispondeva: «Con molto entusiasmo. Non perché sono contento a mio uso e consumo ma perché nella vita ho sempre fatto tutto con molto entusiasmo, che in fondo vuol dire dedizione totale. Capisco che mi è data la possibilità di una seconda esistenza. L’avere una possibilità di questa portata è un dono di Dio». E poi esprimeva la sua volontà di servire la Chiesa ticinese, di cui intendeva ascoltare i bisogni senza anteporvi un programma pastorale allestito a tavolino (lo annunciava comunque per il mese di settembre): «un programma di lavoro salta fuori da due componenti: da quello che una persona è e dalle esigenze oggettive. L’importante è non perdersi in astrazioni»[13]. Il riferimento alla elezione episcopale come risposta ad una chiamata di Dio echeggiava chiaramente nel suo commento al vangelo del giovane ricco, trasmesso dalla TSI sabato 26 giugno: «Non vi è nessuno che abbia abbandonato la sua casa, il suo campo, la moglie, i fratelli, i genitori o i figli per me, che non riceva il centuplo, già in questa vita, e, nel tempo futuro, anche la vita eterna. Questa esperienza di un distacco che gratifica del centuplo, non è solo per chi è chiamato al sacerdozio o alla vita religiosa, ma è possibile indistintamente per tutti i cristiani. Tutti, per appartenere a Cristo, dobbiamo lasciare qualche cosa. Chi una cosa, chi un’altra, qualcuno magari tutto […]. Abbandonare vuol dire, come minimo, affermare in tutti i nostri rapporti con cose, situazioni e persone, la priorità di Dio»[14]. Dopo oltre un anno di illazioni più o meno gratuite sulla futura nomina episcopale, gli stava a cuore ripristinare il significato di questo ministero. Nel linguaggio semplice e familiare che caratterizza l’allocuzione dal monastero benedettino di Claro, dove trascorse i giorni di ritiro in preparazione alla consacrazione, o nel linguaggio squisitamente teologico dell’omelia alla S. Messa di consacrazione, Corecco esplicitò il carattere della funzione episcopale nella Chiesa, la cui natura è di essere una comunione, in cui ciascuno ha un posto ed una responsabilità da svolgere e non può esser sostituito da nessun altro: «Esiste infatti un rapporto di mutua complementarità tra la responsabilità del fedele laico e la ministerialità del fedele che riceve il sacramento dell’ordine sacro. Quando il laico non assume la propria responsabilità, secolare ma cristiana nei confronti del mondo, dello stato culturale, sociale e politico della società umana, e quando i ministri ordinati non assumono la responsabilità della Parola e del Sacramento in funzione dell’unità di tutti i fedeli, il rapporto di immanenza tra i fedeli si rompe e si rompe la comunione. Quando i laici e i ministri ordinati non si lasciano giudicare dalla presenza profetica dei religiosi e delle religiose e quando questi ultimi non assumono la responsabilità di dare una testimonianza chiara e radicale della loro vocazione, la comunione nella Chiesa si appiattisce in un rapporto di forza, senza significati spirituali». La funzione del vescovo è garantire l’immanenza della Chiesa locale – unico ambito in cui il fedele può vivere la fede – nella Chiesa universale. Il vescovo non è il fondamento della Chiesa, come non lo è il papa, perché l’unico fondamento è Cristo, ma ne è il garante[15].
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[1] Cfr. ad esempio M. Fazioli, Color viola , in Il Dovere, 13 giugno 1986, 3; ed espli citamente conferma don Pierangelo Regazzi, arciprete di Bellinzona, che a suo tempo si lamentò con il Nunzio perché il Papa non aveva tenuto conto delle preferenze espresse, cfr. P. Regazzi, Corecco viveva una piena comunione con Roma , in Bollettino Amici 11/XX (settembre 2016) 93-98.
[2] La procedura di nomina del vescovo di Lugano segue un iter che comporta la consultazione da parte del Nunzio di un certo numero di personalità, laiche ed ecclesiastiche, alle quali si chiede di indicare nomi di possibili candidati. Le persone interpellate sono invitate alla massima discrezione e solo il Nunzio dovrebbe sapere chi è stato consultato e quale parere ha espresso. In un secondo tempo, compone la terna di nomi da sottoporre alla Congregazione dei Vescovi, la quale propone il suo parere al Santo Padre per la scelta definitiva. L’unica condizione vincolante è che il candidato sia ticinese, almeno come origine . Nel caso dell’elezione di Corecco , la consultazione fu più ampia del solito e venne interpellata la totalità del clero, così almeno asseriva Il Dovere, 7 giugno 1986, 1.
[3] «Sono stranamente angosciato per l’eventualità che succeda qualcosa a Lugano. Ho dentro una resistenza folle e vorrei che non succedesse nulla. […] certo, se proprio capitasse a me sarà un segno della volontà del Signore che dovrò accettare. Ciò non elimina però la paura che ho dentro. È come se avessi perso l’abituale allegria; vivo come colpito da qualche cosa in profondità. Prego ma con una forma di disperazione dentro. Ti scrivo perché so che pregherai per me. Ho bisogno di capire, comunque le cose vadano, cosa vuole il Si gnore da me» (29 luglio 1985), cit. in M. G. Lepori, Testimonianza al Meeting di Rimini, 23
[4] 2006 , in Bollettino Amici 8/XIV (gennaio 2010) 24 (versione completa già in ibid . 2/II [dicembre 1997] 98: «Evidentemente non è che non sia ambizioso ma non ho certo l’ambizione della “gestione del potere” che mi fa paura e che sento come un’insidia molto difficile da superare»); cfr. anche ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 16 dicembre 1985, in una lunga risposta ad un signore di Imola, a proposito di una trasmissione televisiva alla quale partecipò con il regista polacco Krzysztof Zanussi, padre Ernesto Balducci e Giovanni Franzoni, scrive: «Mi chiede pure se il mio circola tra i nomi dei candidati all’episcopato, non lo è per mia aspirazione».4 Corecco a Gazebo, 24 dicembre 1992; la nomina episcopale coglieva Corecco nel pieno della sua carriera scientifica, come annotava nelle note biografiche l’articolista del Corriere del Ticino, 7 giugno 1986, 1: Nominato il vescovo: è don Eugenio Corecco : la sua carriera di professore l’aveva portato ad insegnare, oltre che a Friburgo e a Milano, alla Facoltà teologica protestante di Ginevra, a Varsavia, Cracovia, Parigi, Salamanca, Graz, Perugia e da ultimo a Yaoundé in Camerun, senza contare il soggiorno negli USA.
[5] Così ad esempio S. Caratti, Sicuro interprete di dottrina , in Corriere del Ticino, 7 giugno 1986, 1 e 2: esprime l’auspicio che il nuovo vescovo «ponga il centro della sua attività nelle “cose sacre” con quel distacco dalle “cose terrene” che non è lontananza dai problemi concreti, ma consapevolezza delle opportune distinzioni […] della necessaria au tonomia che nelle “cose terrene” ha la società civile ed anche – come ha ben riconosciuto il Concilio Vaticano II – lo stesso laicato cattolico, ormai uscito di minorità»; dal canto suo L. Sandri, Anche l’appartenenza di Corecco a «CL» ha pesato sulla scelta di papa Wojtyła , in Corriere del Ticino, 9 giugno 1986, 2, chiamava il vescovo eletto a rendere ragione nel ministero del suo pensiero sul ruolo dei laici espressi nel suo ultimo saggio pubblicato da Concilium (cfr. E. Corecco , Fondamenti ecclesiologici del nuovo Codice di diritto canonico , in Concilium . Rivista internazionale di teologia 3 [1986] 339-351).
[6] Come ebbe a dire nell’intervista del dicembre 1992, egli avrebbe seguito allo stesso modo qualunque Papa. La sintonia che sentiva con Giovanni Paolo II non era infatti il fondamento della sua fedeltà a lui; cfr. Corecco a Gazebo, 24.12.1992.
[7] Giornale del Popolo, 9 giugno 1986, 3: titolo della pagina.
[8] Particolarmente attenti a questo divario sono i redattori di Popolo e Libertà, cfr. i contributi di G. M. Pusterla, S. Snider e F. Nuzzo sui numeri del 9 giugno e 10 giugno 1986.
[9] Cfr. Quando lo Spirito Santo vola con il pilota automatico , in Libera Stampa, 9 giugno 1986, 4; e soprattutto Habemus episcopum (a firma vac ), in Libera Stampa, 10 giugno 1986, 2, cui fece seguito una vibrata protesta a proposito della schematica collocazione politica di CL a destra di Alberto Gandolla , su Libera Stampa, 16 giugno 1986, 2.
[10] Quando lo Spirito Santo vola con il pilota automatico , 4.
[11] G. Casella, La scelta del vescovo , in Gazzetta ticinese, 9 giugno 1986, 1s.
[12] Questa ad esempio la preoccupazione di don Pierangelo Regazzi allora parroco di Cademario, cfr. sopra n. 1.
[13] Giornale del Popolo, 9 giugno 1986, 3: Accetto con entusiasmo questo dono di Dio (intervista di Fiorenzo Dell’Era); per la profondità teologica di questa impostazione, del resto evocata nelle omelie iniziali, cfr. D. Horak , Potere e corresponsabilità negli studi di Eugenio Corecco , in J. L. Arrieta – G. P. Milano (a cura di), Metodo, fonti e soggetti del diritto canonico , Città del Vaticano 1999, 253-262.
[14] In Siate forti nella fede , Lugano 1995, 92s.
[15] Dall’Omelia del 29 giugno 1986, in Giornale del Popolo, 30 giugno 1986, 1 e 4.
1.1. I presbiteri: il suo «piano pastorale» ed il loro coinvolgimento
Prendendo possesso della sua diocesi, Corecco confermava tutte le cariche, ad eccezione di quella di Azzolino Chiappini, vicario generale di mons. Togni, che aveva chiesto di essere esonerato (ma che ricevette ad tempus tutte le facoltà necessarie a quell’ufficio) e nominava don Patrizio Foletti segretario vescovile[16]. Si diede un’estate di tempo per impostare il suo governo e chiarire le sue priorità, anzi la sua priorità, che era la rievangelizzazione lanciata da Giovanni Paolo II sull’onda del Sinodo 1985, convocato a vent’anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II. In altri termini era la riproposta della fede come incontro personale con Cristo. Emergeva già chiaramente dalle interviste rilasciate in giugno, che Corecco non intendeva limitare il suo compito al consolidamento del fronte di quanti avevano fatto della fede il proprio partito, la parte da cui stare, senza però mettere in discussione i fondamenti della propria vita, che seguiva spesso criteri e pratiche uguali a quelli di chi non si considerava credente[17]. All’incidenza della fede sulla vita avrebbe dedicato la sua prima lettera pastorale Siate forti nella fede[18], che desiderava fosse letta con attenzione da tutti e che divenisse oggetto di riflessione comunitaria, nell’ambito dei vicariati e/o delle parrocchie[19]. Da questo desiderio sarebbe nata la proposta della Scuola della Fede. Era essenziale la collaborazione di tutti i parroci, anche di quelli che lo sentivano lontano. Corecco voleva tentare di colmare la distanza, che la lontananza fisica dal Ticino (ma non mai dai problemi della sua diocesi) e, più probabilmente, l’appartenenza a Comunione e Liberazione avevano creato. Chiese a don Corrado Cortella di diventare il suo vicario generale. Don Cortella aveva allora 75 anni e si schermiva («è tempo per me di andare in pensione»), ma Corecco non demordeva: «Lei conosce i preti, i preti la conoscono e si fidano di lei». E Cortella accettò[20]. Lo legava a Corecco una profonda sintonia, confermata dalla collaborazione con persone di CL nell’ambito della Caritas, ed una simpatia umana, che aveva coltivato facendogli spesso visita a Friburgo, quando le sue responsabilità di direttore della Caritas lo portavano da quelle parti[21]. Il vescovo voleva però superare anche di persona l’estraneità: propose ai presbiteri un pellegrinaggio ad Ars e 43 sacerdoti accettavano l’invito[22], partecipando con lui all’intensa e orante meditazione sul sacerdozio che il 6 ottobre Giovanni Paolo II, nel corso del suo viaggio pastorale in Francia, offriva a tutti i presbiteri e seminaristi di Francia e del mondo[23]. Lo stesso anno il vescovo pubblicava, sul Monitore ecclesiastico, il suo saggio Sacerdozio e presbiterio nel CJC[24]. Partendo dall’insegnamento del Concilio Vaticano II (in particolare dalla Lumen Gentium), Corecco sottolineava innanzitutto la funzione apostolica dello stato di vita dei sacerdoti e la capacità propria di questa condizione, con i suoi obblighi e doveri, di condurre alla santità, vincendo la tentazione di un dualismo (per altro piuttosto diffuso), secondo il quale il prete nell’esercizio delle sue funzioni spenderebbe la propria ricchezza spirituale, che dovrebbe poi ricostituire tramite momenti di ritiro individuale. Parimenti intendeva ricuperare la pregnanza teologica e storica del termine presbiterio, una parola il cui significato, per la maggior parte delle persone inclusi i presbiteri, si era ristretto a denominare un certo spazio all’interno delle chiese. Il concetto di presbiterio invece racchiudeva in sé tutta la portata della corresponsabilità del vescovo e dei presbiteri a proposito della Chiesa loro affidata e tutto il fondamento dell’unità tra di loro, elemento essenziale per la verità e la fecondità della missione di ciascuno25. A partire da quel mese di ottobre Corecco inaugurò una serie di appuntamenti regolari: ogni lunedì predicava una mattinata di ritiro ai presbiteri di uno o due dei sei vicariati della diocesi, creando così l’opportunità di un incontro mensile con tutti[26]. Anche in questo ambito Corecco insisteva sul concetto teologico di presbiterio, invitando ad uscire da una concezione individualistica di vocazione e missione[27]. Corecco non intendeva certo limitarsi ad un insegnamento accademico e ben presto egli avrebbe non solo posto il clero di fronte alle conseguenze di questa realtà, ma anche valorizzato le iniziative che miravano ad intensificare la vita comune, approvando ad esempio gli statuti della Fraternità presbiterale S. Filippo Neri[28]. Dopo 8 anni di episcopato, avrebbe dedicato la sua ultima lettera pastorale alla presentazione delle «zone pastorali»[29], un tentativo sperimentale di risposta alle mutate condizioni socio-economiche della popolazione ticinese, con lo scopo di meglio adempiere al compito dell’evangelizzazione. Si trattava di una nuova struttura destinata a favorire la collaborazione tra i parroci e tra i parroci ed i fedeli laici, chiamati a costituire un Consiglio pastorale di zona, superando, senza cancellarlo, l’ambito della parrocchia. Non era certo solo questione di ovviare alle conseguenze della scarsità di vocazioni sacerdotali, anche perché grazie alla sua apertura, Corecco aveva fatto sì che il clero ticinese potesse avvalersi della collaborazione di sacerdoti polacchi, rumeni, latino-americani e provenienti da Africa e Asia, ma era soprattutto questione di proporre un modello ecclesiale più dinamico e soprattutto comunionale. A proposito del Consiglio pastorale di zona, il vescovo precisava che «con la partecipazione del clero locale e di tutte le forze laiche disponibili presenti sul territorio, diventa lo strumento indispensabile per iniziare». E ribadiva per fugare ogni ambiguità: «non è la pratica di regole formali della democrazia, in quanto tale, in seno a questi Consigli che darà un contributo reale alla nuova evangelizzazione, bensì la volontà di comunione, l’adesione alla Chiesa, l’assunzione della presenza nel territorio come compito imprescindibile della vocazione cristiana, la passione per la diffusione tra gli uomini della verità fondamentale che Dio ci ha rivelato: vale a dire l’annuncio che la Salvezza della nostra vita viene da Cristo»[30]. L’impostazione pastorale del Vescovo Eugenio non mancò nel tempo di suscitare interesse in altre diocesi, limitrofe e non solo limitrofe, dove egli fu invitato a parlare ai presbiteri[31].
1.2. Le prime decisioni: il comunicato stampa del 13 marzo 1987
Il 13 marzo 1987 Corecco sorprendeva l’opinione pubblica con le prime decisioni: un comunicato stampa annunciava la costituzione di una Commissione diocesana per i mass-media, presieduta da Alberto Lepori, con il compito di promuovere la presenza ecclesiale in questo settore, la sostituzione del direttore del Giornale del Popolo Silvano Toppi con Filippo Lombardi, la richiesta – con lettera del 10 marzo – a tutto il clero della diocesi di mettere a disposizione il proprio mandato entro la Pasqua e l’apertura di un Liceo Diocesano nello stabile del Collegio Pio XII a Breganzona (già Ginnasio diocesano fino al giugno 1984), affidato alla direzione di don Arturo Virilli, superiore dei Padri Salesiani di Lugano[32].
Due di queste decisioni – la richiesta delle dimissioni dei presbiteri e soprattutto l’allontanamento di Toppi – erano tali da suscitare bufera. Corecco deve aver pensato che tanto valeva annunciarle insieme, affrontando un’unica burrasca.
1.2.1. Le dimissioni del clero
Questa sorprendente richiesta al clero era stata introdotta da un ampio testo, con abbondanti riferimenti ai decreti conciliari, al Motu Proprio di Paolo VI del 6 agosto 1966 a proposito delle dimissioni dei vescovi al compimento dei 75 anni, alle norme riprese nel CIC ed alla prassi della Conferenza dei Vescovi Svizzeri (CVS). Si giustificava con la necessità di meglio conoscere e meglio utilizzare le risorse presenti, tenendo conto anche dei cambiamenti derivati dallo spostamento della popolazione verso i centri. Ma il desiderio del vescovo era quello di introdurre il principio della nomina ad tempus, che sperava avesse «una profonda ripercussione sulla coscienza che tutti membri del presbiterio hanno di sé stessi e della loro missione»[33]. Il 13 aprile, nell’omelia della Messa crismale del suo primo Giovedì Santo da vescovo, occasione ovviamente privilegiata per parlare al clero, scelse di commentare la lettera che Giovanni Paolo II aveva indirizzato ai presbiteri meditando la preghiera di Gesù nel Getzemani. Corecco iniziava però proponendo una riflessione sul sacerdozio, quello comune dei fedeli e quello ministeriale, sul fondamento dell’uno e dell’altro e sul rapporto tra le due forme. Premeva al vescovo mettere in rilievo la particolare assimilazione a Cristo del presbitero in grazia del sacramento dell’Ordine e la funzione di servizio di questa sua consacrazione: tutti i battezzati erano chiamati allo stesso destino, la donazione di sé a Cristo, ma i presbiteri, con il loro ministero, assicuravano ai fedeli la verità della loro donazione: «La totalità della donazione soggettiva del cristiano al Padre nell’amore, per essere garantita nella sua autenticità, ha bisogno dell’autorità oggettiva che lo può richiamare all’obbedienza alla Parola predicata con autorità; obbedienza alla presidenza della celebrazione dell’eucaristia; obbedienza al potere pastorale che si esprime nella sacra potestas […]. Questa autorità ha una funzione non di dominio, ma di servizio, quello appunto di rappresentare Cristo come Capo, in funzione dell’unità della Chiesa»[34]. «L’unità in Cristo dei due elementi del sacerdozio, quello soggettivo e quello oggettivo, trova un riscontro analogico nel fatto che il sacerdozio comune dei fedeli continua sussistere nel ministro ordinato […]. Questa continuazione del sacerdozio comune anche nel sacerdozio ministeriale ha come scopo di impedire che il ministro ordinato possa credersi dispensato dal realizzare nella sua persona l’esigenza della donazione di sé stesso nell’amore al Padre, sull’esempio di Cristo, che la realizza fin dall’eternità. Anche noi presbiteri, come tutti i fedeli, dobbiamo realizzare in noi stessi l’aspetto del sacerdozio comune, che nella sua sostanza consiste nell’oblazione e nel dono della nostra persona a Cristo. Se dovessimo rinunciare a questa ascesi personale, di donazione a Cristo, creeremmo in noi una profonda spaccatura. La nostra persona sarebbe divisa in sé stessa e il nostro sacerdozio ministeriale si trasformerebbe in dominio sugli altri»[35]. Da qui la «necessità strutturale»[36] della preghiera per il presbitero. «In Cristo, il compimento del passaggio dal sacerdozio soggettivo […] al sacerdozio oggettivo, avviene per l’interposizione della preghiera del Getzemani»[37]. «Partecipi del sacerdozio (oggettivo) di Cristo, che è imprescindibilmente connesso con il suo sacrificio, anche noi sacerdoti e presbiteri dobbiamo porre alla base della nostra esistenza sacerdotale la pietra angolare della preghiera. Essa ci permette di sintonizzare la nostra esistenza: quella di uomini battezzati, chiamati a offrire sé stessi a Dio in forza del sacerdozio comune che determina in modo primario la nostra posizione di fedeli, con il “servizio sacerdotale” ministeriale»[38]. È la preghiera la fonte esistenziale dell’unità nella persona e tra le persone, la preghiera «profonda ed organica», come raccomanda il Papa. «Cari fratelli nel sacerdozio, solo attraverso la testimonianza del fatto che nella nostra persona si realizza l’unità delle due dimensioni del sacerdozio di Cristo possiamo diventare segno della presenza di Cristo nel mondo, di quel Cristo il cui sacerdozio è unico e uno»[39]. Alla fine di aprile, nel rinnovare l’invito ai presbiteri a partecipare con lui ad un pellegrinaggio in Terra Santa, egli informava che «dei 191 sacerdoti cui l’invito [alla rinuncia] era diretto, 161 hanno a tutt’oggi risposto: 151 hanno accettato, 10 o hanno detto di no o rinviano a più tardi la decisione, riaffermando comunque la loro promessa di obbedienza […]. Sono cosciente che per tutti l’essere stati confrontati con questa procedura è stato un sacrificio non indifferente: un atto di gratuità e di fiducia interiore non solo nei confronti del Vescovo, ma anche nei confronti della Diocesi, in quanto permette di introdurre il principio della nomina ad tempus. Ogni gesto di gratuità implica un abbandono più grande di sé stessi al Signore. Chi non si è sentito di accettare l’invito non deve in nessun modo ritenersi giudicato. I motivi di ciascuno possono essere stati validi»[40].
1.2.2. Il Giornale del Popolo
La sostituzione di Silvano Toppi provocò un autentico terremoto sia nell’opinione pubblica sia nella redazione del Giornale del Popolo, che in maggioranza condivideva una linea di pensiero in forte sintonia con la sinistra dal punto di vista politico, e, dal punto di vista teologico, con i cosiddetti cattolici del dissenso, più meno legati alla teologia della liberazione, sempre più chiaramente condannata dal dicastero romano preposto alla dottrina, ora affidato a Joseph Ratzinger. Da notare che la stessa conferenza dei Vescovi dell’America Latina, a partire dall’incontro di Puebla (1979), aveva preso le distanze dall’analisi marxista senza rinunciare all’«opzione privilegiata per i poveri». Che le linee di pensiero che caratterizzavano le posizioni politiche ed ecclesiali del Giornale del Popolo di Toppi fossero incompatibili con l’insegnamento di Corecco era evidente allo stesso Direttore, che, fin dal mese di gennaio 1987, si era dichiarato disposto a farsi da parte per non intralciare i piani del Vescovo ed a concordare quindi con lui i tempi e le modalità della sua uscita di scena[41]. Ci furono alcuni incontri, presente un legale scelto da Toppi per vegliare sui suoi interessi[42], tuttavia, quando la decisione divenne pubblica, il Direttore uscente contribuiva alla polemica parlando di «fatto compiuto» e di operazioni condotte «a sua insaputa»[43], negava di aver mai dato volontariamente le dimissioni[44]; mentre la redazione stigmatizzava il comportamento del Vescovo, appellandosi ad una precedente sentenza, emanata in occasione di un litigio tra un redattore e la direzione del Corriere del Ticino, che riconosceva alla redazione il diritto di essere consultata in caso di cambiamenti. Di tale sentenza, né Toppi, né il suo legale, né il Vescovo sembrano essere stati a conoscenza al momento delle loro trattative. Con la Lettera aperta del Vescovo al Direttore, pubblicata sul Giornale del Popolo del 20 marzo 1987, Corecco prendeva su di sé l’intera responsabilità del licenziamento ed esprimeva pubblicamente le sue ragioni. Senza difendere ad oltranza il suo modo di procedere, invitava a tenere conto degli statuti del giornale, forse invecchiati e non più attuali, ma pur sempre giuridicamente validi. Nel 1990 egli sarebbe ritornato sui contenuti di questa lettera e di un’altra che scrisse ai redattori il 10 aprile[45], integrandoli con gli statuti bacciariniani ed i suggerimenti della Commissione diocesana delle comunicazioni sociali, per ridefinire la linea editoriale del giornale della diocesi, la cui necessità si imponeva perché «non c’è nulla dell’esperienza umana che il cristiano non sia chiamato a giudicare in coscienza ed in libertà, a considerare nella prospettiva della fede»[46]. Dalla Sinistra la decisione del Vescovo venne letta come un attentato alla libertà di stampa e come segno inequivocabile dell’autoritarismo e della mancanza di dialogo che avrebbe caratterizzato l’episcopato. Forti di questa convinzione, molti abbonati del Giornale del Popolo rinunciarono al loro abbonamento, aggravando una situazione finanziaria già piuttosto compromessa, perché Toppi, con le sue indubbie capacità professionali, nel dare stile e prestigio alla testata, poco sembra essersi curato dei mezzi a disposizione[47]. Anche 14 redattori diedero le dimissioni in segno di solidarietà con l’ex-direttore e alcuni di loro, qualche mese dopo, entravano con entusiasmo nella redazione del nuovo giornale fondato da Toppi. Il Quotidiano iniziava la sua breve avventura in un’aura di eroismo, sostenuto dalla generosità di amici, intellettuali e persone sinceramente convinte che si stavano impegnando per salvaguardare un prezioso spazio di libertà[48]. Solo i fogli di destra, in particolare Gazzetta Ticinese misero in forte dubbio la carica ideale di Toppi e dei suoi. Occorre infatti ricordare che il clamoroso «licenziamento» era avvenuto in un infuocato momento di campagna elettorale per le elezioni cantonali, ed il Giornale del Popolo di Toppi si era fatto protagonista di una «crociata denigratoria» nei confronti di candidati della destra e del PPD[49]. La mossa del Vescovo venne dunque intesa come dettata dalla necessità di bloccare queste manovre. L’accordo prevedeva che Toppi rimanesse fino alla fine di giugno: durante questi mesi il giornale mantenne un tono fortemente polemico nei confronti della decisione del Vescovo e tale sarebbe stato il carattere costante del Il Quotidiano. In una intervista a Weltwoche, Silvano Toppi lamentava la persecuzione che in Ticino colpiva inesorabilmente chi aspirava alla libertà di parola e parlava apertamente di «prefascismo»[50].
Da parte sua, in occasione dell’ampia intervista rilasciata a Fiorenzo Dell’Era dopo un anno di episcopato, Corecco diceva chiaramente che la polemica intorno al Giornale del Popolo aveva una volta di più rivelato «una grande incomprensione della posta in gioco a livello culturale, religioso e pastorale» inerente a quella questione[51]. Nella seduta del Consiglio del Clero del 16 marzo 1988 e alla presenza del nuovo direttore Filippo Lombardi, Alberto Lepori, presidente della Commissione per i mass-media, avrebbe riportato le conclusioni sostanzialmente positive del bilancio della sua commissione sui primi mesi di nuova direzione, sia a proposito del gradimento da parte dei lettori sia a proposito della qualità dell’informazione. Non sarebbero mancate alcune osservazioni critiche e l’invito ad una maggiore collaborazione con personalità cattoliche, specialmente ticinesi[52]. Malgrado questo, ancora nella stessa seduta, un prete membro del Consiglio del Clero sferrava un attacco frontale al vescovo proprio a proposito del Giornale del Popolo[53].
1.3. Il Consiglio del Clero
Entro l’anno dalla sua nomina, era obbligatorio per il vescovo provvedere alla costituzione del Consiglio del Clero (CC), destinato a rimanere in carica per quattro anni, fino quindi al 1991. Corecco vi pose mano quando il termine stava per scadere. Membri di diritto erano il vicario generale, i vicari foranei ed il rettore della comunità teologica di Friburgo, 12 presbiteri dovevano essere eletti dal clero in ragione di due per vicariato, due erano i rappresentanti dei religiosi ed altri due membri erano di nomina vescovile[54]. Fin da subito però, il vescovo annunciava l’intenzione di affiancare a questo consiglio un’altra assemblea, il Consiglio pastorale diocesano (CPD), aperto ai laici ed alle forze vive della Chiesa[55]. Secondo lo statuto, il Consiglio del Clero aveva il compito di collaborare con il Vescovo nel lavoro pastorale e nell’amministrazione della diocesi. A partire dal 15 giugno 1987, data della prima riunione, nei quattro anni della sua attività e nelle sue 16 sedute[56], il Consiglio ebbe ad occuparsi di alcuni grandi temi, quali quello della catechesi degli adulti, del finanziamento della diocesi, della pastorale del sacramento della Confermazione e della visita pastorale, dell’apertura dell’Istituto Accademico di Teologia e del rientro del Seminario in Ticino[57]. Lavorò inoltre, più brevemente, su numerose altre tematiche, suggerite talvolta dall’attualità: il cambiamento di alcuni giorni festivi[58], l’introduzione di una giornata di preghiera per la «Chiesa che soffre», la bozza del documento della CVS (Conferenza dei Vescovi Svizzeri) sull’accompagnamento ai morenti (che suscitò perplessità tali, per cui il documento venne «congelato»), l’attività del Giornale del Popolo e della Commissione mass-media, la pubblicità dei lavori dello stesso CC, la creazione del Liceo diocesano a Lucino, la destinazione futura dello stabile dell’ex-seminario S. Carlo di Besso, la situazione della Comunità teologica di Friburgo ed il prospettato trasferimento della stessa a Lugano, la formazione permanente del clero e la minaccia della rimozione dei crocefissi dalle aule scolastiche, l’introduzione dell’imposta di culto, l’eventuale erezione della parrocchia di Solduno. Per quattro volte il CC venne riunito insieme al CPD, elaborando nel primo incontro le proprie osservazioni sul testo preparatorio al Sinodo dei Vescovi sulla formazione dei sacerdoti, inviate in seguito alla CVS; nella seconda riunione, oltre alla pastorale della Cresima, si parlò del diaconato permanente e naturalmente anche della Scuola della fede. Al termine del primo quadriennio, nella sua relazione sull’attività complessiva, don Foletti avrebbe riferito di un giudizio positivo su queste riunioni congiunte e dell’auspicio che la collaborazione fosse intensificata. Non poteva evitare di menzionare le tensioni che avevano frequentemente attraversato diverse sessioni del CC, al punto da dover dedicare un incontro all’esame della modalità di lavoro. Egli riteneva però che ci fosse modo di sperare che questi problemi fossero in via di soluzione. A smentire ogni eccessivo ottimismo, nella discussione successiva non erano poche le voci contrarie alle riunioni congiunte con il CPD e che sollecitavano una definizione delle competenze del CC[59].
1.3.1. La Scuola della Fede
Affrontando quindi i suoi compiti, Corecco aveva dapprima sottoposto al neo-costituito Consiglio del Clero il progetto di catechesi degli adulti, nel quale ogni parrocchia si sarebbe dovuta impegnare, secondo le direttive e con i materiali di lavoro elaborati dall’Ufficio catechistico diocesano, affidato tuttora a don William Volonté, come fin dalla sua costituzione all’epoca del vescovo Martinoli. Don Volonté, dopo la nomina di Corecco, era diventato il responsabile di Comunione e Liberazione. La comune appartenenza facilitava senz’altro la sintonia degli intenti, ma altrettanto alimentava il sospetto che si volesse privilegiare sempre e comunque, e fors’anche imporre a tutti, l’esperienza di un determinato movimento. Il progetto di catechesi degli adulti, che aveva come oggetto i contenuti della prima lettera pastorale, prese il nome di Scuola della Fede e venne presentato nel dettaglio in occasione della seconda riunione[60]. Nella sua introduzione Corecco sottolineava la pertinenza dell’iniziativa con l’invito del Sinodo straordinario tenuto a Roma nel 1985, a vent’anni dal Concilio, che l’aveva caldamente raccomandata[61]. Anche in questa circostanza, Corecco non mancava di ripetere che «occorre far capire alla gente che non si tratta solo di conoscere dei contenuti, ma di aderire al fatto cristiano, alla persona di Cristo, attraverso l’adesione ad una comunità, perché lo specifico dell’esperienza cristiana è l’adesione ad un fatto storico». Acutamente faceva osservare che «se vogliamo ricuperare la generazione dei più giovani, dobbiamo ricuperare la generazione dei genitori, proprio perché i giovani sono cambiati, non sono più in conflitto con la famiglia come vent’anni fa». Di seguito don Volonté presentava le grandi linee del progetto, al successo del quale era indispensabile che collaborassero i presbiteri e gli animatori mobilitati in loro aiuto. Anche lui, cui spettava il compito di entrare nel concreto della proposta, ancorava l’impresa al magistero di Giovanni Paolo II: «Noi non possiamo darci pace se non risolviamo il problema della catechesi degli adulti. Occorre infatti riconoscere con franchezza che senza la partecipazione di una comunità cristiana adulta, cresciuta nella Parola, nella celebrazione del memoriale di Cristo e nella testimonianza della carità, è un’utopia pensare di evangelizzare il mondo contemporaneo. Una comunità cristiana senza catechesi degli adulti è un grembo sterile esposto al rischio di farsi deformatore della coscienza dei giovani e dei fanciulli»[62]. Proseguiva proponendo il lavoro sulla lettera pastorale – «si potrebbe anche cambiare il tema, ma l’impianto rimarrebbe. Questo tema è però interessante per l’approccio antropologico»[63] – inteso a «risanare il divorzio tra fede e vita»[64] e indirizzandosi agli adulti, ovvero a persone capaci di impegno ed adesione veramente responsabili. Per non intralciare i piani dei vicariati, che erano già definiti, la prima fase del lavoro, tra dicembre 1987 e gennaio 1988, sarebbe consistita in una verifica nell’ambito del Consiglio del Clero e nella comunicazione del progetto da parte dei Vicari foranei nei rispettivi Vicariati; dal mese di gennaio 1988 sarebbe iniziata la cooptazione, da parte dei parroci o degli stessi vicari foranei, dei laici in qualità di animatori. Il lavoro informativo sarebbe stato supportato dalla stampa cattolica. Dal febbraio al giugno 1988 si sarebbe tenuta la preparazione vera e propria, sotto forma di scuola destinata ai laici, ma aperta ai presbiteri, con due sedi una nel Sopra e l’altra nel Sottoceneri. A questi corsi avrebbero dovuto partecipare i membri del costituendo Consiglio Pastorale, in ragione di una o due persone per parrocchia, associazione, movimento, confraternita o associazione religiosa. I temi proposti, tratti dalla lettera pastorale, erano: 1. il divorzio tra fede e vita, 2. la perdita del senso religioso (parlare di Dio oggi), 3. l’uomo principale via della Chiesa (cap. 14 della Redemptor hominis) e 4. l’urgenza della nuova evangelizzazione per il III millennio. La terza fase, a partire dal mese di giugno fino al dicembre 1988 sarebbe stata quella dell’avvio dei gruppi nelle parrocchie, con incontri regionali ai quali sarebbe stato presente il vescovo. A fianco di queste fasi, si pensava anche ad alcune iniziative diocesane: un raduno giovanile a fine anno scolastico e un convegno-festa per l’Avvento 1988, conclusivo dell’attività annuale. Di seguito, si apriva un ampio dibattito, tanto sul tema proposto quanto sulla modalità della sua realizzazione, dal quale emerse una forte difficoltà da parte del Consiglio a far proprie le finalità del vescovo e la propensione, tutto sommato, a salvaguardare ampi spazi di iniziativa personale, ritenuti più convincenti, mentre Corecco aveva fortemente sottolineato il valore missionario e persuasivo dell’unità. Al termine dell’animata discussione, si potevano considerare acquisiti alcuni punti: premesso che i tempi di lavoro avrebbero dovuto essere ampliati, si sarebbe lavorato sulla lettera pastorale e si sarebbe data la priorità alla formazione degli animatori, mentre si rimaneva aperti sui contenuti della terza fase, ovvero quella degli incontri regionali e parrocchiali[65]. Si iniziò quindi con queste premesse e nella terza seduta del Consiglio, del 16 marzo 1988, si annunciava l’avvio della Scuola della Fede, offerta ai laici impegnati[66]. Una prima valutazione di questa impresa si ebbe nell’ambito del Consiglio Pastorale Diocesano, nella primavera del 1989, quando i tempi erano giudicati maturi per esaminare un lavoro, al quale avevano aderito attivamente circa la metà delle parrocchie, tanto che il Vescovo lodava esplicitamente la disponibilità dei parroci. Con toni più o meno ottimistici, il bilancio segnalava quasi ovunque la difficoltà a coinvolgere persone non già impegnate nelle attività parrocchiali e ad uscire da vecchi schemi, che relegavano i laici ad un ruolo passivo, malgrado la seconda lettera pastorale di Corecco dedicata proprio all’annuncio cristiano[67]. Il giudizio finale concordava sulla necessità di continuare l’esperienza, sviluppando nuovi strumenti e modalità. Era infatti sentita la necessità di persone disponibili ad aiutare là dove era necessario e si chiedeva al vescovo di sostenere il lavoro inserendo testi brevi ed incisivi nei bollettini parrocchiali[68]. Sempre a conferma della promettente mobilitazione dei laici che si stava verificando, nel corso della stessa seduta Corecco annunciava che nel mese di ottobre si sarebbe tenuto un congresso di Azione Cattolica «nella prospettiva di ridare un posto ed un senso di appartenenza, prima di tutto alla loro storia, a molte persone, che hanno compiuto un lungo itinerario ininterrotto da un ventennio, nell’Azione Cattolica»[69]. Di fronte al sincero interesse di molti laici impegnati ad approfondire ed ampliare la conoscenza dei contenuti della fede, il Vescovo andava persuadendosi che un eventuale istituto universitario o Facoltà di Teologia avrebbe risposto ad un’esigenza largamente diffusa.
1.3.2. La catechesi per la Cresima
Un tema che occupò a lungo il Consiglio del Clero fu quello della pastorale della Cresima[70], un punto nodale che riguardava sì i ragazzi, ma anche gli adulti. Da anni questo sacramento era diventato di fatto quello del congedo dalla pratica religiosa. Molte furono le proposte per sanare questa situazione e passavano dall’anticipare l’età per l’ammissione alla Cresima al suo rinvio, previa una lunga ed impegnativa catechesi. Corecco sottolineava, anche in questa circostanza, il ruolo essenziale degli adulti, cioè della famiglia, chiamata ad assumere con serietà il desiderio e l’impegno che i ragazzi crescessero con un’educazione cristiana. Da queste lunghe discussioni, su di un tema che meritò di essere trattato in una lettera pastorale[71], Corecco avrebbe proposto una soluzione pratica sostanzialmente equilibrata e flessibile[72]. In seguito egli avrebbe legato l’ammissione alla catechesi preparatoria all’iscrizione dei Cresimandi all’istruzione religiosa scolastica, sollecitando pressantemente i genitori a scegliere con serietà la vita di fede, di nuovo anche con una lettera pastorale[73]. Corecco aveva infatti portato a termine un’importante trattativa con il Dipartimento della Pubblica Educazione perché era indispensabile aggiornare lo statuto dell’ora di religione[74]. In una società secolarizzata ed indifferente, l’obbligatorietà di questo insegnamento, seppure con facoltà di dispensa, era diventata anacronistica. Tuttavia Corecco non voleva ridurre l’insegnamento religioso alla condizione di una delle tante materie opzionali proposte dagli istituti e gli interessava che genitori ed allievi prendessero posizione in merito[75]. Ottenne dunque che questa materia fosse offerta a tutti e che ciascuno dovesse esprimere esplicitamente la sua scelta. Gli stava anche a cuore il miglioramento dello statuto dei docenti di religione e del loro trattamento economico, che restava a carico dello Stato, mentre i programmi, la scelta degli insegnanti e loro formazione rimanevano compito dell’autorità religiosa, tramite l’Ufficio catechistico diocesano..
Corecco diede sempre particolare importanza al momento della Cresima, un evento che, ai suoi occhi, riguardava tutta la parrocchia chiamata ad accompagnare questi ragazzi che sceglievano la vita cristiana. Conferire il sacramento di persona, riservare un momento in questa occasione per incontrare, insieme ai cresimandi ed alle loro famiglie, convivialmente, almeno i catechisti e/o il consiglio parrocchiale, i preti del circondario o anche le autorità era per lui una priorità[76]. Corecco non mise in programma nessuna vista pastorale, ma incontrò assiduamente il suo popolo, appunto anche attraverso le Cresime. Quando la somma degli impegni ed i problemi di salute gli resero problematici gli spostamenti ci tenne comunque ad incontrare i cresimandi, li convocava in curia oppure organizzava incontri[77]; gli ultimi due erano in agenda anche quando era al termine della sua vita terrena e le sue condizioni di salute erano tali che dovette farsi sostituire dal Vicario generale[78]. La raccolta delle lettere post mortem rivela quanto questa disponibilità di Corecco fosse occasione per i ragazzi per aprirsi ad un rapporto personale con il Signore e come non fosse difficile per loro confidare al vescovo quello che scoprivano nel loro cuore[79].
1.3.3. Il clero dissenziente e la teologia della liberazione in Ticino
Come era emerso fin dall’affronto del tema della Scuola della Fede, il rapporto di Corecco con il Consiglio del Clero non fu mai facile e con il procedere della sua attività episcopale, le sue iniziative, talvolta così coraggiose da sembrare quasi temerarie, offrivano continui spunti di un confronto, che scadeva talvolta a semplice polemica. In realtà il punto dolente era lo stesso che percorreva tutta la Chiesa e sarebbe culminato con la «Dichiarazione di Colonia» del gennaio 1989, che rifiutava la necessità di piegarsi ad un’obbedienza, essendo impossibile stabilire un’ortodossia[80];
emergeva quindi la pretesa di essere Chiesa e veritieri interpreti del Concilio a partire dalle proprie priorità e le difficoltà di Corecco erano le stesse che incontrava Giovanni Paolo II, il cui insegnamento era accolto con insofferenza, talvolta molto esplicita. Nella seduta dell’11 settembre 1989[81], quando all’ordine del giorno del Consiglio del Clero figurava solo l’introduzione di una giornata di preghiera per la Chiesa perseguitata, Corecco apriva il dialogo riproponendo il contenuto della sua omelia all’ultima ordinazione presbiterale, nella quale, facendo riferimento a Geremia 1,4-9; Efesini 1,3-4 e 2 Corinti 4,1-2, aveva riproposto natura e significato della vocazione al sacerdozio. Le nuove ordinazioni riguardavano tutti i presbiteri ed altrettanto valeva per ogni indicazione data dal Vescovo in quella circostanza. Corecco ricordava che la dinamica della vocazione, per sua natura, era risposta ad una chiamata, ad un fatto che precedeva ogni pensiero ed immaginazione, come ogni sacerdote sapeva. La chiamata ne aveva determinato il destino e ne aveva reso profezia la vita, ma occorreva che questa profezia fosse interiorizzata, come potentemente già affermato da Paolo VI (Enchiridion Vaticanum 2, 217). L’annunzio pubblico era annunzio di una persuasione profonda, di una professione di fede che implicava l’«adesione esistenziale a Dio, testimonianza di quello che viviamo dentro la nostra persona, non solo di ciò che ha elaborato il nostro pensiero». Il secondo rilievo riguardava la dimensione di servizio della vocazione, data per costruire il corpo di Cristo, vocazione al presbiterio, ovvero ad un destino legato sacramentalmente ad altre persone, che si concretizzava in una Chiesa particolare con il Vescovo. «A differenza di Geremia, nel Nuovo Testamento non si diventa profeti soli. Siamo chiamati a servire (cfr. Giovanni 13,12-17). Il servizio è la condizione per non appropriarci della vocazione come fatto proprio. Il vero peccato è sciupare la verità di quello che siamo e la grazia che ci è stata data prima dei secoli: è importante nella vita consegnare sé stessi a questo progetto. Il vero peccato sta nel non vivere la vocazione che abbiamo ricevuto. Dice Guardini in Appunti per un’autobiografia: “Io sedetti dinanzi al mio tavolino, e il mio pensiero procedette: dare la mia anima – ma a chi? Chi è in grado di chiedermela? Di chiedermela in modo, che tuttavia non sia ancora io che la prenda in mano? Non semplicemente ‘Dio’, poiché quando l’uomo vuole avere a che fare soltanto con Dio, allora dice ‘Dio’ e intende sé stesso. Deve perciò esserci una istanza oggettiva, che possa tirar fuori la mia risposta da ogni nascondiglio dell’affermazione di sé. Ma tale istanza è soltanto una e unica: la Chiesa cattolica nella sua autorità e precisa determinatezza. La questione del conservare o dare la propria anima viene decisa in ultima analisi non dinanzi a Dio, ma dinanzi alla Chiesa”». La discussione che ne seguì documentava una grande difficoltà ad accogliere questo pensiero, come proprio della Chiesa cattolica e non come opinione personale e/o pretesa del Vescovo. Preoccupazioni relative al dialogo, ritenuto impossibile a partire da queste premesse, accuse di autoritarismo, non sempre larvate, domande circa la collegialità, che sarebbe risultata compromessa, rivelavano nella maggior parte dei presenti una concezione di libertà e di fecondità strettamente coincidenti con i concetti di autonomia e di espressione individualistica. Le indicazioni del Vescovo erano tacciate di costrizioni tali da ridurre il sacerdote a puro esecutore di ordini. In realtà, nella diocesi di Lugano, non mancavano presbiteri per i quali né queste indicazioni né quelle dottrinali dei dicasteri romani costituivano una norma da seguire. Ben lo sapevano i membri del Consiglio del Clero, tra i quali figuravano due dei redattori responsabili di Messaggero, il nuovo nome della rivista dei Cappuccini del Convento della Madonna del Sasso sopra Locarno, che in quegli anni faceva da cassa di risonanza ai teologi svizzeri del dissenso ed alla teologia della liberazione[82]. Eppure queste persone si ritenevano limitate nell’espressione e pensavano che questa situazione dovesse essere pubblicamente denunciata[83]. Qualcuno obiettava al vescovo di insistere troppo sull’istituzione dimenticando i carismi; altri lo accusavano di camminare solo con chi era d’accordo con lui. Si lamentava l’assenza di un piano pastorale e, all’osservazione che un piano pastorale era in atto, si ribadiva che era calato dall’alto, che non era stato fatto dal Consiglio. Alla fine il vero scoglio del dialogo si rivelò essere il legame di Corecco con Comunione e Liberazione, movimento che, a detta dei malcontenti, non poteva essere criticato senza aver l’aria di criticare il Vescovo[84]. Toccò a don Giuseppe Torti ricordare a tutti che nessun movimento era stato intralciato. Nel seguito del dibattito, il problema si configurava come suscitato dall’attitudine dei movimenti, considerati refrattari a muoversi in modo organico rispetto alle parrocchie, si trattava quindi della reale e diffusa difficoltà a far collaborare istituzione e carisma. Due cose però Corecco non poteva tacere: che la tanto lamentata assenza di dialogo e collaborazione non poteva descrivere l’esperienza che si stava facendo nel Consiglio Pastorale Diocesano, nel quale erano rappresentati, oltre alle parrocchie, ben 19 tra gruppi, associazioni e movimenti, e che nessuno poteva identificare la sua persona con il movimento di CL. L’anno seguente[85], agli eventuali don Sandro Bonetti lamentava la scarsa adesione dei sacerdoti alle iniziative proposte per l’anno delle Vocazioni ed il Vescovo si faceva interprete del disagio del Centro diocesano per le Vocazioni che «è composto da molte persone, ma il giudizio è che stentano a trovare una collaborazione da parte del clero. Se questo è vero naturalmente è grave». Interveniva don Angelo Crivelli facendo notare che i presbiteri non si sentivano investiti a sufficienza della formazione del ministero presbiterale[86]; di seguito don Pierangelo Regazzi, con un’interpellanza, sollecitava informazioni sulla Commissione di gestione delle congrue dei sacerdoti:
«L’ultima nota della Curia Vescovile concernente questo fondo gli è sembrata avere un tono ricattatorio»[87].
1.4. Il Consiglio pastorale diocesano
Nel mese di ottobre 1987 Eugenio Corecco si era assentato dalla diocesi per partecipare al Sinodo romano sulla vocazione e missione dei laici nella Chiesa (1-31 ottobre 1987) e aveva scelto di farsi presente ai Ticinesi tramite una regolare corrispondenza sul Giornale del Popolo[88]. Con molto humour ed uno stile semplice e spigliato, riferiva puntualmente dei lavori in corso, senza tacere della presenza di fazioni all’interno dell’assemblea, delle incertezze e difficoltà – ricorreva ad esempio come un ritornello la constatazione che ancora non c’era una definizione del laico in positivo e non soltanto in negativo – a voler mostrare che questa era la Chiesa, varia, complessa, difettosa, ma al lavoro, senza scandalo per il fatto di dover camminare, di non essere ancora arrivata. Queste interessanti cronache non facevano però trapelare quanto fosse significativo il suo contributo alla riflessione sinodale[89]. Cosciente dell’importanza dei laici nella Chiesa, diede corpo all’idea di costituire un Consiglio pastorale diocesano, la cui effettiva realizzazione avvenne nella tarda primavera del 1988[90], frutto del lavoro di una commissione ad hoc[91]; nel gennaio 1988 i suoi statuti ed i regolamenti di procedura erano stati sottoposti al Consiglio del Clero[92], mentre il Vescovo illustrava ai fedeli, con una lettera pastorale, il significato di questa assemblea[93]. A comporla furono chiamati, oltre alle persone nominate dalle parrocchie[94], 6 rappresentanti del clero, 6 dei religiosi (2 per i religiosi e 4 per le religiose), ed i rappresentanti di ben 19 realtà: Neo-catecumenali, Rinnovamento nello Spirito, Confraternite riunite, Gruppi di preghiera di padre Pio, Unione cattolica femminile ticinese (UFCT), Volontarie Vincenziane, Focolari, Terz’Ordine Francescano, Lega delle Maestre Cattoliche, Ospitalità diocesana ticinese Nostra Signora di Lourdes, Collegio Papio, Associazione ticinese dei Volontari della Sofferenza, Consiglio centrale ticinese delle Società di S. Vincenzo de’ Paoli, Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (ACLI), Comunione e Liberazione, Federazione Docenti Ticinesi (FDT), Solidarietà Terzo Mondo/Volontari della Svizzera italiana,
Associazione Esploratori Cattolici (AEC) e Liceo Diocesano. A questa assemblea, che iniziava la sua attività il 23 maggio 1988[95], vennero sottoposti gli stessi temi del Consiglio del Clero: la Scuola delle Fede, il finanziamento della diocesi, la catechesi per la Cresima ed anche il tema del diaconato permanente, di grande attualità sia per la diminuzione del numero di sacerdoti sia per le infinite discussioni intorno al loro celibato, condizione a cui si imputava la responsabilità della scarsità di vocazioni. Nella primavera del 1989, dopo quasi un anno di attività, su Dialoghi[96] Enrico Morresi offriva una prima valutazione critica. Avendo come termine di paragone il suo personale giudizio dell’attività e del ruolo svolto dal Sinodo 72[97], l’autore notava elementi positivi e negativi. Positiva la massiccia presenza dei laici, ormai in netta maggioranza, ma negativa la loro dispersione, la mancanza di una comune crescita di cultura e di fede per «formare uno schieramento». Avrebbero potuto fare eccezione i ciellini, ma erano minoritari. Difficoltà ad intendersi, ma una buona disponibilità del vescovo all’ascolto («il Vescovo dimostra uno stile di presenza molto apprezzabile, franchezza ma anche disponibilità all’ascolto, alla ricerca comune»). Anche il primo oggetto di lavoro – la proposizione della fede – incontrava l’approvazione di Morresi, perché «consente di essere propositivi ma anche concreti, perché ogni capitolo dell’esame dell’attuale situazione in Diocesi avviene a partire da rapporti molto espliciti sull’esistente». Negativo il disinteresse che circondava i lavori del Consiglio pastorale, grazie anche all’assenza della stampa incluso il Giornale del Popolo, disinteresse che neppure la mattinata di studio sull’insegnamento religioso nelle scuole era riuscita a vincere, malgrado la vasta cerchia di persone cui era stata proposta. Forse il tema dei progetti immobiliari e finanziari della diocesi avrebbe incontrato maggior successo: questa la stoccata finale di una penna certamente non solita ad adulare Corecco. L’autore sarebbe comunque tornato su questo problema con un’interpellanza al Consiglio pastorale[98]. Un precedente articolo di Morresi[99] aveva però dato lo spunto per proporre un momento di riflessione sul lavoro interno al Consiglio pastorale e «prendendo l’avvio da questa proposta viene decisa una giornata di ritiro (domenica 15 ottobre 1989), di cui monsignor Vescovo sottolinea l’importanza: “dobbiamo dare l’esempio, come Consiglio pastorale, di questa giornata di ritiro”»[100].
1.5. Il problema del finanziamento della diocesi e la revisione della legge civile ecclesiastica
Il problema del finanziamento della diocesi fu una delle priorità dell’episcopato di Corecco, anche per le pressioni crescenti che provenivano dal resto della Svizzera[101].
1.5.1. La situazione precedente
La situazione giuridico-finanziaria della diocesi era frutto in parte della legislazione ottocentesca di stampo anticlericale ed in parte della legge civile-ecclesiastica del 1886, che invece era assai favorevole alla libertà della Chiesa. Alla legislazione ostile alla Chiesa apparteneva la legge che creava un ente civile, il Consiglio parrocchiale, a cui era affidata l’amministrazione dei beni della parrocchia nonché la nomina del parroco[102]. L’auspicio che questa legge costituisse una fase intermedia, necessaria perché i beni passassero in proprietà dello stato, non si realizzò e l’amministrazione rimase nelle mani dei parrocchiani; circa la nomina del parroco in molti casi si raggiunse un accordo con le autorità ecclesiastiche, che rispettarono questo privilegio, grazie alla sostanziale volontà comune al popolo credente, al clero locale ed alle autorità ecclesiastiche di evitare uno stato di scisma[103]. Grazie anche a questa tradizione, la legge civile-ecclesiastica del 1886, promulgata dal parlamento cantonale dopo la vittoria dei Conservatori, non ebbe bisogno di essere preceduta da alcun accordo formale di tipo concordatario con le autorità ecclesiastiche, ma solo da intense consultazioni informali con l’amministratore apostolico ed i suoi delegati[104], miranti ad assicurare l’effettiva libertà della Chiesa. La nuova legge non limitò i compiti dei Consigli parrocchiali, ma sottomise le loro decisioni al vaglio dell’amministratore apostolico[105]. A partire dunque dal 1886 la Chiesa godette di un riconoscimento pubblico, implicito ma stabile e ancorato nella Costituzione del Cantone per quanto riguardava l’amministrazione apostolica, mentre i soli Consigli parrocchiali godevano dello statuto di entità di diritto pubblico[106]. Una delle conseguenze di questa particolare situazione fu la marcata disparità tra le parrocchie dal punto di vista economico, dovuta non solo alla diversità dell’ammontare dei beni, per lo più provenienti da pie donazioni, ma anche ai diversi contratti stipulati con le autorità comunali, per cui in alcune parrocchie era quasi vigente l’imposta di culto, in altre no. Nella maggior parte dei casi però il parroco era stipendiato dai comuni sulla base delle sue prestazioni nella scuola come catechista. Negli anni ’70, un progetto di radicale riforma della Costituzione ticinese, che avrebbe completamente superato il confessionismo ottocentesco (poi intaccato dalla parziale riforma del 1975, che riconosceva alla Confessione riformata uno statuto pari a quello della Chiesa cattolica), che avrebbe conformato la carta ticinese alla libertà di coscienza, garantita dalla Costituzione federale[107] e permesso l’introduzione del diritto della Chiesa cattolica di prelevare imposte di culto, si arenò a livello della Costituente, per i contrasti insorti tra i partiti a proposito della legge elettorale[108]. La diocesi continuò a soffrire della cronica mancanza di risorse, che tanto aveva preoccupato soprattutto mons. Vincenzo Molo e mons. Aurelio Bacciarini[109], ed a dipendere largamente dal sostegno delle altre diocesi svizzere.
1.5.2. Le proposte al clero ed alle parrocchie
Questa la situazione con cui il Vescovo Corecco era confrontato e, a i suoi occhi, non era più tollerabile[110]. Già nel febbraio 1987 proponeva di costituire un nuovo fondo diocesano per il sostentamento del clero ed invitava ogni parrocchia ad alimentarlo sulla base della propria capacità finanziaria e della propria consistenza numerica[111]. Il 19 dicembre convocava in riunione plenaria al Palazzo dei Congressi di Lugano i Consigli parrocchiali, che accoglievano ampiamente l’invito. L’intento era di informarli anche a proposito della situazione giuridica della diocesi, in modo che tutti, constatando la varietà dei regimi giuridici in vigore in Svizzera ed in Europa, potessero rendersi conto della riformabilità di quello che reggeva la Chiesa ticinese. Le difficoltà economiche erano per Corecco non solo un problema ma anche un’occasione privilegiata per far crescere la coscienza ecclesiale del clero e dei fedeli: «Fino ad oggi dipendiamo totalmente per la compensazione dalla Svizzera interna. E questo mi sembra intollerabile, perché non siamo più poveri degli altri Cantoni. Siamo nella media dei cantoni svizzeri, e abbiamo stipendi che sono un terzo rispetto a molte chiese cantonali. Non possiamo più dipendere in questo modo. Dobbiamo avere un minimo di dignità con noi stessi. Dobbiamo avere dignità di rapporto con i nostri preti»[112]. Nella discussione che seguì l’esposizione di Corecco, i membri dei Consigli convenuti a Lugano espressero a più riprese la loro soddisfazione per essere stati interpellati sul problema e si dimostrarono disponibili a collaborare con il vescovo: in conclusione la risposta dei Consigli parrocchiali alla convocazione di Corecco fu abbastanza confortante, tanto dal punto di vista numerico quanto dal punto di vista della disponibilità ad entrare in argomento[113]. Alcuni giorni dopo, il 21 dicembre 1987, le risorse della diocesi ed il trattamento economico dei presbiteri erano sottoposti all’attenzione del Consiglio del Clero. La dipendenza della chiesa ticinese dagli aiuti del Fondo di solidarietà tra i sacerdoti in Svizzera e della «Missione interna» era chiaramente quantificata: il Ticino consumava i 2/3 del Fondo di solidarietà e un buon 18% dei contributi annuali della «Missione interna», per un ammontare di più di mezzo milione di franchi (550.000). Anche in questo consesso al Vescovo premeva trovare una soluzione non soltanto finanziaria, ma capace di far crescere la coscienza comunionale dei suoi presbiteri. Dopo aver accennato al percorso storico-giuridico già presentato ai Consigli parrocchiali, Corecco esponeva quelle che ai suoi occhi erano le due vie che si potevano prendere: da una parte si trattava di intavolare trattative per una nuova legge che regolasse i rapporti tra Chiesa e Stato, visto che quella in vigore datava ormai dal 1886 e, pur avendo avuto enormi meriti, non era adeguata alle nuove necessità. E, a questo proposito, di nuovo esponeva il ventaglio delle diverse leggi civili-ecclesiastiche in vigore in Europa e in Svizzera. Dall’altra parte proponeva ai presbiteri, come già aveva fatto con le parrocchie, un nuovo modo di pensarsi e di gestire le proprie entrate, ovvero avviare una visione più comunitaria anche delle risorse finanziarie. Cassa comune del clero, contributo parrocchiale alla diocesi in ragione di una modica cifra a testa per ogni fedele (2,5 FRS), erano proposte considerate praticabili e volte ad una migliore distribuzione delle risorse, alla costituzione di un solido fondo pensionistico ed anche alla crescita della coscienza ecclesiale. Corecco aveva ben presenti le difficoltà di non pochi presbiteri, che prestavano servizio in diverse parrocchie ed il cui reddito risultava spezzettato e talvolta incerto. Egli proponeva che fosse la Curia ad incassare le varie prebende, corrispondendo al sacerdote uno stipendio adeguato. Una certa centralizzazione era proposta anche per il fondo pensioni, che prevedeva un periodo di congelamento del capitale di pensionamento, tra i 65 ed i 75 anni di età[114]. In sintesi gli premeva risanare le situazioni di grande penuria (a cominciare da quella del vescovo emerito Giuseppe Martinoli), fare ordine in una situazione eccessivamente variegata, e, se possibile, ottenere dallo Stato un trattamento migliore della Chiesa, ma soprattutto e come sempre far crescere il senso di appartenenza al presbiterio.
Di questo ampio progetto, nuovo dal punto di vista pratico e motivato sul piano teologico, la stampa ostile sottolineò soprattutto – e talvolta esclusivamente – l’aspetto dell’accentramento in Curia di alcune entrate e soprattutto il blocco e l’eventuale gestione centralizzata del capitale pensionistico, trovando in queste misure conferma dell’autoritarismo di Corecco[115]. Qualche foglio si meravigliava dell’arrendevolezza del clero e si chiedeva se Corecco avrebbe ottenuto anche la resa dei consiglieri di stato on. Giuseppe Buffi e on. Claudio Generali (preposti rispettivamente al dipartimento dell’educazione e delle finanze)[116]. Il tema del finanziamento ritornava nell’ordine del giorno della seduta del Consiglio del Clero del 16 marzo 1988. Don Walter Fontana e mons. Giuseppe Bonanomi si incaricavano di chiarire gli intenti dell’amministrazione della diocesi, volti ad assicurare a tutto il clero un trattamento dignitoso ed omogeneo. Per la soluzione dei problemi concreti legati all’attuazione di questo principio, peraltro unanimemente accettato, per la difficoltà a districarsi in una materia complessa, di cui già si era discusso nei Vicariati, veniva decisa la costituzione di una commissione ad hoc, che avrebbe fornito le sue proposte entro giugno[117]. Nella stessa seduta Corecco era chiamato a giustificare la sua iniziativa di creare un Liceo Diocesano, mentre le finanze della diocesi erano così precarie. Nella sua risposta il vescovo non poteva se non ribadire la necessità di offrire un liceo cattolico anche nel Sottoceneri[118]. Perplessità suscitavano anche le trattative in atto a proposito di un affitto allo stato dello stabile dell’ex-seminario di S. Carlo a Lugano/Besso, avvisaglia di un ben più feroce attacco al vescovo sulla gestione dei beni della diocesi e degli enti religiosi[119]. Tuttavia nella sua seduta del 5 dicembre, il Consiglio del Clero approvava gli ultimi dettagli concernenti i due nuovi fondi, ovvero quello delle Attività diocesane e quello delle Congrue dei sacerdoti che divennero operativi, sebbene non ancora in modo ottimale, a partire del 1989[120]. In ambedue i casi era stato svolto un grandissimo lavoro organizzativo ed era stata attivata una intensa collaborazione con i consigli parrocchiali[121].
1.5.3. Le proposte allo stato: la revisione della legge civile-ecclesiastica
Negli anni di episcopato di Corecco si era aperta (anzi riaperta) anche una interessante trattativa tra Stato e Chiesa per una nuova legge civi le-ecclesiastica. Oltre alla questione del finanziamento, l’istituzione della diocesi di Lugano nel 1971, gli auspici dei Sinodo 72 circa l’ammissione dei credenti stranieri agli stessi diritti dei cittadini svizzeri in materia di partecipazione agli organismi parrocchiali, così come alcuni cambiamenti intervenuti a livello nella legislazione cantonale e soprattutto la modifica dell’art. 1 della Carta costituzionale approvata nel 1975 rendevano necessaria una riforma. Riprendendo appunto la sollecitazione del Sinodo 72, da parte della Chiesa, l’istanza era quella di «rimodellare – almeno in parte – la struttura delle corporazioni parrocchiali nel pieno rispetto delle strutture proprie e specifiche della Chiesa cattolica così come esse erano state delineate dal Concilio Vaticano II»[122]. Il 12 settembre 1988 il Dipartimento dell’Interno conferiva ad uno speciale gruppo di lavoro il mandato per uno studio preliminare sull’eventualità di revisione della legge sulla libertà della Chiesa cattolica: degli otto membri la metà era nominata dal Dipartimento e l’altra metà dalla Curia, oltre a questi era designato un segretario. Il primo passo fu l’audizione del direttore del Dipartimento on. Pietro Martinelli e del vescovo Corecco, che ribadiva la necessità di adeguare la nuova legge ai contenuti ecclesiologici del Concilio Vaticano II e del nuovo Codex Juris Canonici del 1983. Si augurava «che la nuova legge fosse più flessibile, dotata di un solido apparato di principi fondamentali ma non eccessivamente minuziosa, ciò anche con l’evidente intendimento di lasciare la Chiesa ticinese maggiormente libera di organizzarsi secondo la normativa canonica […] (il Vescovo) insistette inoltre in maniera molto puntuale sulla necessità di risolvere in modo chiaro e giuridicamente soddisfacente la questione del finanziamento della Chiesa cattolica»[123]. La commissione valutò diversimodelli di relazione giuridica, scartando non solo le soluzioni separatistiche, notoriamente non gradite al popolo[124], ma anche l’idea di una Chiesa cantonale cattolica (sul modello di quanto esisteva in alcuni cantoni di lingua tedesca), perché in contrasto con la struttura organizzativa prevista dal diritto canonico ed estranea alla tradizione locale. Non si volle neppure rinunciare alle strutture ecclesiali di tipo democratico, care al popolo ticinese, conferendo personalità di diritto pubblico alla Chiesa cattolica nel suo insieme. Nemmeno la soluzione concordataria appariva opportuna, perché avrebbe richiesto tempi troppo lunghi e, da ultimo, una legge, scaturita dall’intesa tra Consiglio di Stato ed Ordinario diocesano, venne considerata soluzione troppo verticistica. Si optò quindi per la proposta di conferire lo status di «persona giuridica di diritto pubblico» alla confessione di maggioranza con una serie di raccomandazioni al legislatore, in vista di un aggiornamento del linguaggio della legge e del riconoscimento giuridico della diocesi. Si affrontò ampiamente la questione del finanziamento, proponendo l’istituzione dell’obbligo legale per le parrocchie di contribuire alle spese diocesane, l’introduzione a fianco dell’imposta parrocchiale di quella diocesana (solo per le persone giuridiche), la creazione di un fondo diocesano per il restauro delle chiese, nonché la rivalutazione dell’assegno cantonale alla diocesi «in considerazione della funzione sociale da essa svolta in molti settori della vita ticinese»[125]. Non si giunse a nulla. In quegli stessi anni infatti le forze politiche ticinesi decisero di impegnarsi in un nuovo progetto di Costituente, che avrebbe ridisegnato in maniera profonda l’assetto politico del cantone ed il tema della legge civile-ecclesiastica sarebbe quindi venuto a far parte di un nuovo testo fondamentale, la cui prima bozza, agli occhi di Corecco, si rivelò piuttosto deludente. Infatti, a suo giudizio la questione dello status giuridico della Chiesa cattolica ed il ruolo della religione e del fenomeno religioso in genere erano trattati in modo tale da ridurne la rilevanza, mentre altri articoli introducevano un’impropria democratizzazione[126]. Iniziò dunque una fase di stallo, aggravato dall’emergere delle lacune giuridiche del sistema di finanziamento in vigore. Nel 1991, chiamato a pronunciarsi sui ricorsi presentati contro le decisioni del Consiglio parrocchiale di Lugano relativamente all’imposta parrocchiale del 1989, il Tribunale amministrativo giudicò che l’art. 273 della legge tributaria del 1976, che aveva cercato di conservare la consuetudine delle leggi precedenti[127], era una base giuridica insufficiente per il prelievo dell’imposta di culto e per di più era illegittimo, perché si poneva in contrasto con la riforma costituzionale votata dal popolo ticinese, che aveva riconosciuto anche alla Chiesa evangelica riformata lo statuto di diritto pubblico, mentre tale articolo non le riconosceva il diritto di riscuotere imposte di culto[128]. La questione apriva una nuova frattura nei rapporti tra Stato e Chiesa; Corecco reagì con grande disappunto, prospettando l’immagine di una Chiesa oggetto di scambio tre le forze politiche e penalizzata da «un regime finanziario che non ha ancora superato i limiti strutturali dell’epoca agricola»[129]. Di fronte all’eventualità che le corporazioni parrocchiali fossero private di ogni finanziamento, Corecco radunò più volte i Consigli parrocchiali[130] ed il legislativo si attivò alla ricerca di una soluzione che garantisse almeno lo status quo, obiettivo che fu raggiunto grazie ad un decreto legislativo presentato dal Consiglio di Stato, che regolamentava finalmente l’imposta di culto, sebbene con una «soluzione improvvisata, […] prodotto di una mediazione tra le varie forze politiche […], uno strumento provvisorio per sopperire alle loro necessità finanziarie»[131].
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[16] Monitore ecclesiastico (1986) 334.
[17] Così nell’ampia intervista a Fiorenzo Dell’Era ad un anno dalla nomina: La fede cristiana come criterio di vita , in Giornale del Popolo, 5 giugno 1987, 7.
[18] Pubblicata in occasione della Pasqua, aprile 1987; per un ampio commento, cfr. G. Borgonovo, Fides et Communio, la dimensione ecclesiale della persona nelle Lettere pastorali di
[19] E. mons. Eugenio Corecco, Vescovo di Lugano , in Bollettino Amici 2/II (dicembre 1997) 53-68.19 Cfr. l’intervista su Giornale del Popolo, 5 giugno 1987, 7; e la sollecitazione in calce alla lettera ai presbiteri del 27 aprile 1987, in Monitore ecclesiastico (1987) 197; egli stesso si presta per degli incontri, cfr. Monitore ecclesiastico (1988) 228: il 16 marzo a Morcote incontra la Confraternita del Santissimo Sacramento sul tema della lettera pastorale; il 20 marzo tiene un simile incontro nelle parrocchie di Lamone e di Sementina.
[20] Così nel suo dialogo con don Patrizio Foletti e Rita Monotti, 9 maggio 1999, cfr.
[21] Foletti, In memoria di mons. Cortella , in Bollettino Amici 6/VII (luglio 2004) 7-15, 10; nomina annunciata sul Monitore ecclesiastico (1986) 335.21 Cfr. Foletti , In memoria di mons. Cortella , 9.
[22] Cfr. Cronaca di ottobre , in Monitore ecclesiastico (1986) 467.
[23] Il testo fu pubblicato su Monitore ecclesiastico (1986) 418434.
[24] Ibid ., 526-543. A proposito di questo saggio, cfr. in ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 17 febbraio 1987, il messaggio di ringraziamento di mons. Gilberto Agustoni, che ha tratto grande utilità dalla sua lettura nello svolgimento dei suoi compiti.
[25] Monitore ecclesiastico (1986) 529536.
[26] Cfr. ibid ., 468: il 20 ottobre a Tavernola (Como) per i presbiteri del Mendrisiotto ed il 27 a Claro (Casa Nazareth) per i presbiteri dei vicariati del Bellinzonese e delle Tre Valli. Mese dopo mese la Cronaca diocesana del Monitore ecclesiastico annota il ritmo regolare degli incontri dall’ottobre 1986 al febbraio 1987. Questi riprendono nella primavera del 1988, con il ritmo di due serie di ritiri all’anno fino al 1992, quando l’insorgere della malattia introduce pause forzate. Il ritmo verrà ripristinato appena possibile anche se la Cronaca diocesana non parlerà più di mattinate di ritiro ma semplicemente di incontri.
[27] Testimonianza di don Carlo Scorti, arciprete di Riva San Vitale, 25 maggio 2016.
[28] Decreto di erezione, 8 agosto 1990, cfr. Monitore ecclesiastico (1990) 295 e ibid. , 480-485: Statuto approvato dall’Assemblea generale il 3 giugno 1990, con le firme del Moderatore della Fraternità don Sandro Fovini e del Provveditore della Fraternità don Claudio Mottini; e cfr. anche il messaggio di vicinanza e gratitudine inviato a nome dei 40 preti diocesani suoi membri, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: 16 febbraio 1995.
[29] Presentate nella sua decima lettera pastorale datata al 4 novembre 1994, cfr. Giornale del Popolo, 5 novembre 1994, 1 e 26; e Il Lavoro, 18 novembre 1994, 3: le 256 parrocchie della diocesi erano raggruppate in 29 zone pastorali. Nel Vicariato del Luganese, con 42 parrocchie, erano costituite 4 zone; nel Malcantone e Vedeggio, con 36 parrocchie, 6
[30] nel Mendrisiotto, con 34 parrocchie, 5 zone; nel Locarnese, con 72 parrocchie, 7 zone; nel Bellinzonese, con 21 parrocchie, 4 zone e nelle Tre Valli, con 49 parrocchie, 3 zone; a proposito di questa organizzazione, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: 20 novembre 1994, in una lettera a mons. E. Togni, missionario a Barranquilla, Corecco scrive: «Ti raggiungerà senza dubbio la lettera pastorale sulle zone. Cosa succederà realmente non lo so, mi basta che succeda un 50%. La cosa più precaria è la distribuzione territoriale, ma questo è stato fatto totalmente dal “basso” non dall’“alto”. Grazie per ogni parola che mandi al Signore in mio favore. Saluta tutti con affetto».30 Giornale del Popolo, 5 novembre 1994, 26.
[31] Cfr. Monitore ecclesiastico (1992) 26: il 21 gennaio, a Luino, alla Casa Fonteviva presenta la sua pastorale al clero del decanato di Luino; ibid. 1989, 312: il 31 maggio interviene al Bigorio alla Sessione della Commissione di pianificazione pastorale della CVS, proponendo alcune riflessioni sulla pastorale della Diocesi di Lugano; ibid. (1991) 49: il 21 febbraio parla al Centro Papa Luciani di Santa Giustina Bellunese, tenendo due conferenze per il clero della diocesi di Belluno-Feltre; ibid. (1991) 49: il 26 febbraio è a Busto Arsizio, dove tiene una conferenza nell’ambito degli incontri di Quaresima per le parrocchie del decanato: Il cristiano sale luce e lievito della società ; ibid. (1991) 181: il 5 settembre, alla vigilia dell’ordinazione presbiterale tiene una conferenza a Villasanta (Milano), parrocchia di uno degli ordinandi, sul tema Al servizio di Cristo e della Chiesa: i sì e i no dei giovani di oggi (da
[32] che già nel 1983 aveva tenuto una conferenza a Massagno, parrocchia d’origine di don Patrizio Foletti, in occasione della sua ordinazione sacerdotale, cfr. Giornale del Popolo, 23 marzo 1983, 9); ibid. (1991) 564: il 5 dicembre a Parma inaugura l’anno accademico con la S. Messa e una conferenza sull’evangelizzazione nel mondo di oggi; ibid. (1992) 239: il 28 aprile a Pella (Novara) partecipa ad un incontro d’aggiornamento sulla nuova evangelizzazione dei missionari italiani in Svizzera.32 Monitore ecclesiastico (1987) 125: 13 marzo.
[33] Invito al presbiterio , in Monitore ecclesiastico (1987) 115-117: 10 marzo 1987.
[34] Omelia per la S. Messa crismale del Giovedì Santo, in Monitore ecclesiastico (1987) 186-191, 188.
[35] Ibid. , 188s.
[36] Ibid. , 189.
[37] Ibid. , 190.
[38] Dall’Omelia di Giovanni Paolo II, cit. in Monitore ecclesiastico (1987) 190.
[39] Omelia per la S. Messa crismale del Giovedì santo, in Monitore ecclesiastico (1987) 190.
[40] Così nella lettera del 27 aprile 1987, in Monitore ecclesiastico (1987) 196s.; significativo che la redazione della rivista Dialoghi , di solito fortemente critica verso Corecco, non abbia polemizzato sulla richiesta di dimissioni, cfr. Dialoghi 96/XIX (aprile 1987) 2:
[41] comunicato della Curia si legge pure che il vescovo intende procedere ad una più efficace ridistribuzione dei ministeri e dei mandati. Una razionalizzazione dell’impiego del personale disponibile potrebbe essere opportuna: troppo tempo si è lasciato trascorrere, da quando la crisi del clero cominciò a farsi sentire anche nel Ticino, senza far nulla oppure operando con dei palliativi e mezze misure».41 Cfr. S. Toppi, Cronaca di una partenza annunciata , in Giornale del Popolo, 10 marzo 1987, 1 e 7.
[42] Cfr. Vicenda «Giornale del Popolo » : la Curia precisa, il chiarimento del vicario generale Corrado Cortella , in Popolo e Libertà, 18 marzo 1987, 8, dove si citano gli incontri del 13 febbraio, 5 marzo e 10 marzo; cfr. anche ACorecco Lugano, Agenda 1987: alle date indicate.
[43] Così in una reazione tanto tardiva quanto scandalizzata, cfr. Terremoto in diocesi ed il corsivo Malo Modo , in Dialoghi 96/XIX (aprile 1987) 1, che faceva oscure allusioni al fatto che era «in gioco il rispetto del contratto collettivo dei giornalisti», questione che nessuno dei diretti interessati aveva mai sollevato; l’agenda di Corecco registra ancora tre incontri con l’avvocato, chiamato da Toppi a difesa dei suoi interessi (cfr. ACorecco Lugano, Agenda 1987: 13 marzo, 17 marzo e 15 aprile).
[44] In effetti i termini, usati da Toppi nella sua lettera al Vescovo del 27 gennaio 1987, di cui ampi passaggi sono citati da don Cortella in Vicenda «Giornale del Popolo»: la Curia precisa , sono passibili di diversa interpretazione: quella della Curia era di «volontarie dimissioni»; meno ambigue le decisioni legate agli incontri del 13 febbraio e del 10 marzo, in cui Silvano Toppi concordava il tenore del comunicato del 13 marzo, ed ancor meno il fatto che il 5 marzo abbia firmato il conteggio di liquidazione, allestito in base alla data di partenza. In tutti questi atti Toppi era assistito dal suo avvocato.
[45] Non resa pubblica sul giornale.
[46] Così in Linea editoriale del “Giornale del Popolo” , in E. W. Volonté (a cura di), Un Vescovo e la sua Chiesa , vol. 2, Siena 2005, 84-95, 86: con riferimento a Giornale del Popolo, 24 ottobre 1987, 1 e 14s. (e non 21 marzo 1987).
[47] La situazione del giornale era strutturalmente deficitaria, tuttavia sotto la direzione di mons. Leber ogni anno generose donazioni sollecitate dal Direttore pareggiavano il bilancio (testimonianza del signor Aristide Cavaliere, 10 maggio 2014).
[48] Il Quotidiano uscirà dal 18 novembre 1987 al 7 maggio 1989, quando dovrà cessare le pubblicazioni per mancanza di denaro; cfr. M. Martinelli (a cura di), Il Quotidiano. Un’utopia giornalistica raccontata dai protagonisti , Bellinzona 1989.
[49] Così La morale o l’amorale? , in Gazzetta Ticinese, 31 marzo 1987, 13s., che ricorda l’appoggio offerto dal Giornale del Popolo a Politica Nuova (il periodico del PSA) a proposito della denuncia contro la Fulcro SA, nel cui Consiglio di amministrazione sedevano Franco Masoni e Giovanni Casella, esponenti di primo piano del PLR, che sarebbe stata interessata al commercio di armi e soprattutto la campagna denigratoria contro Fulvio Caccia, candidato al Consiglio di Stato per il PPD, «commissionata» dallo stesso Toppi al corrispondente da Zurigo del giornale; inoltre vari commenti politici avevano attizzato le divergenze in casa liberale, in cui, contro l’ala «destra» del partito (rappresentata da Franco Masoni, Giovanni Casella e altri), l’ala «sinistra» (Salvioni, Camponovo, Carlo Speziali)
[50] per favorire l’entrata nel Consiglio di Stato di un membro del PSA, al posto dell’esponente del PST, come di fatto sarebbe avvenuto con l’elezione di Pietro Martinelli al posto di Rossano Bervini; cfr., a questo proposito, F. Masoni, Q uale diagnosi per il PSA , in Gazzetta Ticinese, 18 marzo 1987, 1s.50 Così nella sintesi pubblicata su Gazzetta Ticinese, 27 marzo 1987, 2; ed il tono persecutorio dominava anche nello scritto di congedo: cfr. S. Toppi, Oggi lascio il giornale , in Giornale del Popolo, 30 maggio 1987, 1 e 3.
[51] Giornale del Popolo, 5 giugno 1987, 7: l’intervista La fede cristiana come criterio di vita .
[52] Seduta ordinaria del Consiglio del Clero 16 marzo 1988, in Monitore ecclesiastico (1988) 252s.
[53] AVescLugano, Fondo CC/CPD, Periodo 1987-1991: seduta del 16 marzo 1988.
[54] Così nel Monitore ecclesiastico (1987) 231.
[55] V. sotto, § 2.5.
[56] Cfr. la relazione di don Patrizio Foletti per la prima riunione del nuovo Consiglio, 21 ottobre 1991, in AVescLugano, Fondo CC /CPD, Periodo 1987-1991.
[57] Corecco lo propone alla riflessione del Consiglio nel 1991, cfr. Monitore ecclesiastico (1991) 17: comunicato stampa della sessione del 21 gennaio 1991.
[58] Ad es. il Venerdì Santo come festa civile invece della solennità di san Giuseppe.
[59] Cfr. in AVescLugano, Fondo CC/CPD, Periodo 1987-1991, 21 ottobre 1991, 5: interventi critici di Bonetti, Regazzi e Caldelari.
[60] AVescLugano, Fondo CC/CPD, Periodo 1987-1991, vol. 13, verbale della II sessione, 21 dicembre 1987.
[61] Messaggio al Popolo di Dio, 7 dicembre 1985.
[62] Giovanni Paolo II ai Vescovi del Piemonte, 3 novembre 1984, cit. da don Volonté, cfr. AVescLugano, Fondo CC/CPD, Periodo 1987-1991, verbale del 21 dicembre 1987, 3.
[63] Ibid.
[64] Ibid.
[65] Ibid. , 4s.; cfr. anche Contoreso della Seduta straordinaria del Consiglio del Clero , 16 marzo 1988, in Monitore ecclesiastico (1988) 252: «sul secondo argomento ha riferito il direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, don Willy Volonté. Ha presentato il progetto di organizzazione del piano di catechesi diocesana. Il progetto – articolato in tre parti e cioè: scuola diocesana di catechesi, scuola della fede e credere oggi – è stato sostanzialmente accettato. Da approfondire, con verifica sulla realtà concreta, le modalità di attuazione, sia per quanto riguarda i contenuti, che la durata e le sedi dei corsi».
[66] Cfr. verbale in AVescLugano, Fondo CC/CPD, Periodo 1987-1991, vol. 13.
[67] II lettera pastorale: Annunciate il Vangelo , Quaresima 1989.
[68] Cfr. verbale della IV seduta del Consiglio Pastorale Diocesano, 4 marzo 1989, in AVescLugano, Fondo CC/CPD, Periodo 1987-1991: incompleto.
[69] Ibid.
[70] AVescLugano, Fondo CC/CPD, Periodo 1987-1991: sedute del 30 gennaio 1989; 10 aprile 1989; 12 marzo 1990, nel corso della quale si formano dei gruppi di lavoro per approfondire le proposte divergenti; 28 maggio 1990: si decide di dedicare al tema una lettera pastorale; 15 settembre 1990: seduta congiunta del CC e del CPD.
[71] Preparazione e celebrazione del sacramento della Confermazione , Lettera pastorale, Quaresima 1991.
[72] Così don Pierangelo Regazzi, in P. Regazzi, Corecco viveva una piena comunione con Roma , in Bollettino Amici 11/XX (settembre 2016) 93-98, 96.
[73] L’insegnamento religioso nelle scuole: lettera aperta a tutti i genitori , Lettera pastorale, Quaresima 1993; pubblicata anche sul Giornale del Popolo , 6 marzo 1993, 15-18. Era stato approvato un nuovo statuto dell’ora di religione e questo scritto di Corecco suscitò un’eco vasta e positiva, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1991-1993: 12 maggio 1993: don Sandro Vitalini scrive: «Ma già l’ultima lettera pastorale ed altri tuoi interventi mi hanno colpito in un modo che non so descrivere […]». Don Vitalini data il suo scritto al 12 giugno 1993, ma si tratta di una svista, perché scrive a seguito del «tuo articolo di oggi sul giornale su Madre Teresa». Tale articolo fu pubblicato sul Giornale del Popolo, 12 maggio 1993, 1 e 5; inoltre, cfr. in ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: 10 febbraio 1994, scrive mons. Alvaro del Portillo: «mi hanno informato della sua bellissima lettera pastorale ed anche del suo positivo intervento in televisione […]».
[74] Cfr. Monitore ecclesiastico (1993) 752-758: Convenzione sull’organizzazione dell’insegnamento religioso e sullo statuto dell’insegnante di religione, 2 marzo 1993.
[75] Nel corso del mese di marzo, il Giornale del Popolo riferiva puntualmente dei numerosi incontri che il nuovo direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, don Claudio Laim, andava tenendo in molte parti del Ticino sull’importanza di questa scelta; per un intervento autorevole all’inizio della lunga trattativa con le autorità civili, cfr. P. G. Grampa, Per una formazione integrale dell’uomo , in Giornale del Popolo, 19 dicembre 1987, 32; e soprattutto cfr. L’insegnamento religioso nelle scuole. Lettera aperta a tutti i genitori , Lettera pastorale della Quaresima 1993, in Monitore ecclesiastico (1993) 836-850.
[76] ACorecco Lugano, Agenda 1987: nel mese di maggio sono 4 le cresime amministrate, cui fa seguito un incontro; e tra settembre e novembre altre 4; inoltre nel marzo del 1987 in occasione di una celebrazione a Monte Carasso aveva voluto incontrare i cresimandi, i loro genitori e padrini (cfr. Monitore ecclesiastico [1987] 126: 20 marzo); ACorecco Lugano, Agenda 1988: si afferma questo metodo: tra febbraio e giugno in 7 occasioni Corecco coglie l’opportunità della Cresima per incontrare le persone impegnate nelle parrocchie in cui si reca, nell’ultima parte dell’anno sono registrati 8 incontri; ibid. , Agenda 1989: tra febbraio e giugno 6 incontri, 8 nella seconda parte dell’anno; ibid. , Agenda 1990: 9 tra febbraio e giugno, 5 tra ottobre e dicembre; ibid. , Agenda 1991: 9 tra febbraio e giugno, 6 tra ottobre e dicembre; ibid. , Agenda 1992: 2 in marzo e maggio, poi iniziano i problemi di salute; ibid. , Agenda 1993: sono annotate 5 Cresime con incontri tra marzo e giugno e altre 6 tra settembre e dicembre; soprattutto all’inizio l’impegno delle cresime era percepito da Corecco con una certa fatica, così traspare in una lettera ad un amico del 3 gennaio 1987, cfr. M. G. Lepori, «Farsi ricostituire dallo Spirito Santo». Lettere di Eugenio Corecco ai contemplativi , in Bollettino Amici 2/II (dicembre 1997) 69-110, 99.
[77] ACorecco Lugano, Agenda 1994: Corecco amministra il sacramento o incontra i cresimandi ancora sei volte; ma cfr. anche prima il 9 novembre 1993, aveva incontrato i genitori dei cresimandi della parrocchia di Gerra Piano e l’11 novembre i cresimandi ed i membri dei gruppi giovanili del Centro parrocchiale di Locarno, cfr. Monitore ecclesiastico (1993) 1215.
[78] Monitore ecclesiastico (1994) 162: 16 marzo: mons. Vicario generale incontra tutti i cresimandi dell’anno 1993/1994 del Sottoceneri; ibid. , 162: 23 marzo: all’ExpoCentro di Bellinzona incontra quelli del Sopraceneri.
[79] Si veda, a questo proposito, il carteggio con C. P., lettere del 5 settembre 1993 e 14 agosto 1994; e con S. B., ibid. : 11 ottobre 1989, «S., è così bello per un vescovo ricevere un augurio come il tuo. Ti ricordo e ti benedico assieme a tutti»; 17 giugno 1990, «Carissima S., grazie e grazie per il tuo biglietto con l’immagine che ti piace così tanto e veneri. È un segno che il Signore è dentro nel tuo cuore e vuole tutti i giorni la tua risposta. Cerca che non sia lasciato senza dirgli qualche cosa. Ogni parola che diciamo al Signore Gesù è come fargli un bacio e un abbraccio grande. Anch’io ti abbraccio nel Signore»; 8 settembre 1992,
[80] carissima, mi hai scritto un biglietto fantastico alla vigilia della tua Cresima. Era quasi la vigilia della mia seconda operazione ed è per questo che non sono più riuscito a risponderti. Sono felicissimo di vedere che tieni il tuo cuore aperto al Signore. Tutti dobbiamo aprire il nostro cuore alla Sua presenza. Ed è la cosa più bella che possiamo fare. Tu ci stai provando e lo sai. Il Signore ti vuole molto bene. Sai che è sempre lì pronto ad accoglierti. Vorrei tanto che capissi tutte queste cose, perché diventeresti adulta di colpo, pur restando una ragazza della tua età».80 Cfr. sotto, § 6.2.
[81] Verbale, in AVescLugano, Fondo CC/CPD, Periodo 1987-1991, vol. 13.
[82] Si trattava di un giovane cappuccino e di don Pierangelo Regazzi. La collaborazione di Pierangelo Regazzi alla rivista francescana data almeno dal 1988 e forse da prima, mentre quella del giovane frate a partire dal 1991. Con la rubrica Chiesa nel Mondo , curata da Regazzi e da Andrea Schnöller, un altro cappuccino, Messaggero – riferendo i giudizi di Adista e de Il Regno, che erano quasi le uniche fonti citate in quello che avrebbe voluto essere una sorta di notiziario della situazione della Chiesa universale – perseguiva una costante critica delle decisioni dei dicasteri romani e del magistero di Giovanni Paolo II.
[83] Cfr. intervista del giovane cappuccino a Bruno Giussani su Eco di Locarno, 2 settembre 1989, 10; interpellato a proposito di queste dichiarazioni durante la seduta del CC, si augurava di «non aver detto nulla di offensivo».
[84] Sulla centralità di questa obiezione, cfr. Eco di Locarno, 2 settembre 1989, 10: alla domanda su come vede la Chiesa oggi in Ticino, così risponde il giovane frate: «Mi pare di vivere un momento molto difficile, a causa dei conflitti interni. Da una parte ci sono i movimenti, in particolare Comunione e Liberazione, che si afferma, che non ha nessuna paura di dire che c’è, di farsi vedere, di farsi notare. Ciò ha portato ad una polarizzazione,
[85] una strana polarizzazione, perché dall’altra parte non c’è praticamente alcun gruppo o movimento che faccia perlomeno un po’ da contrappeso a CL. E questo non può esserci per il fatto che il Vescovo stesso si identifica con CL. Oggi – ed è questo che mi sembra molto pericoloso – andare contro CL vuol dire andare contro il Vescovo. Mentre CL con tutti meriti che ha è pur sempre un movimento all’interno della Chiesa, con determinate scelte, con determinate opzioni. Penso che avrebbe bisogno, proprio come movimento, di vivere in una situazione di dialogo e di dibattito, mentre da noi non c’è dibattito. Guardiamo chi si è pronunciato contro CL: soprattutto le forze laiche e non già le forze del campo cattolico che non condividono lo stile di certe opzioni di CL. Ma perché non lo fanno? Credo, fondamentalmente, a causa di questa identificazione Vescovo-CL. E tutto ciò mi sembra estremamente paralizzante per la Chiesa in Ticino».85 AVescLugano, Fondo CC/CPD, Periodo 1987-1991, vol. 13: verbale della dodicesima sessione del CC, 12 marzo 1990 (verbalista don Patrizio Foletti).
[86] Ibid. , 5: «Crivelli A.: sottolinea come i presbiteri non si sentano investiti a sufficienza nella questione della formazione al ministero presbiterale».
[87] Ibid.
[88] Lettere dal Sinodo dei Vescovi: scritti pastorali , autunno 1987; pubblicate in prima istanza nella pagina Presenza del Giornale del Popolo, 6 ottobre 1987, 27; 14 ottobre 1987, 7; 20
[89] 1987, 27; 27 ottobre 1987, 27.89 Cfr. sotto, § 3.2.
[90] La prima seduta si tenne il 23 maggio 1988; per gli antefatti: cfr. Lettera di Sua Eccellenza mons. Eugenio Corecco per la costituzione del Quinto Consiglio Pastorale Diocesano , datata 7 gennaio, memoria di san Raimondo di Peñafort, letta nelle chiese, cfr. Giornale del Popolo, 7 gennaio 1988, 7 e ibid. , 25 gennaio 1988, 5; e Decreto per la nomina dei membri del V Consiglio Parrocchiale (sic!) Diocesano , periodo 1988-1991, in Monitore ecclesiastico (1988) 19-21.
[91] Cfr. ad esempio la riunione del 13 novembre 1987 presso la Casa S. Pio X a Lugano.
[92] Cfr. Cronaca diocesana , in Monitore ecclesiastico (1988) 22: 18 gennaio.
[93] Il Consiglio Pastorale Diocesano : lettera pastorale, gennaio 1988.
[94] In ragione di un delegato ogni 2000 abitanti, cfr. Decreto per la nomina dei membri del V Consiglio Parrocchiale , 19-21: 19 gennaio 1988.
[95] AVescLugano, Fondo CC/CPD, Periodo 1987-1991: verbale della prima seduta, 23 maggio 1988.
[96] E. Morresi , Il timido avvio del Consiglio pastorale , in Dialoghi 106/XXI (aprile 1989) 1 e 4.
[97] Ibid. : «finita certo l’illusione che in qualche modo un organismo rappresentativo della Diocesi potesse funzionare come un parlamento, esercitando un’influenza effettiva sul governo della Chiesa locale».
[98] AVescLugano, Fondo CC/CPD, Periodo 1987-1991, vol. 1988-1991: 17 marzo
[99] Si allude probabilmente a L’acqua di Colonia non va giù , in Dialoghi 105/XXI (febbraio 1989) 1s.: con riferimento alla Dichiarazione di Colonia firmata anche da don Oliviero Bernasconi e da Alberto Bondolfi, pubblicata alle pagine 7 e 8.
[100] AVescLugano; Fondo CC/CPD, Periodo 1987-1991, vol. 1988-1991: seduta del 4 marzo 1989: l’intervento di Rodolfo Schnyder, che propone la giornata di riflessione, stabilita al 15 ottobre.
[101] AVescLugano, Fondo CC/CPD, Periodo 1991-1995, verbale della prima sessione, 21 ottobre 1991: relazione di don Patrizio Foletti, 3; e cfr. anche sotto, il § 6.
[102] Cfr. V. Pacillo, Stato e Chiesa cattolica nella Repubblica e Cantone Ticino. Profili giuridici comparati , Lugano 2009, 88: legge del giugno 1854; per le intenzioni ostili, cfr. A. Moretti, La Chiesa ticinese nell’Ottocento. La questione diocesana (1803-1884), Locarno 1985, 80s.
[103] Moretti, La Chiesa ticinese , 170172.
[104] Pacillo, Stato e Chiesa , 92s.; da parte della Chiesa le trattative furono condotte da Vincenzo Molo, allora arciprete di Bellinzona, che sarebbe succeduto a mons. Lachat.
[105] Ibid. , 95104.
[106] Cfr. anche E. Corecco, Esposto di Monsignor Eugenio Corecco, Vescovo di Lugano, Lugano 20 gennaio 1987 : conferenza pubblica per Coscienza Svizzera al Palacongressi di Lugano, 6 (copia in ACorecco, Lugano, Scat. 5, nr. 27).
[107] Così Pacillo, Stato e Chiesa , 111, che pone però il problema dell’imposta di culto; cfr. anche la lettera di mons. Martinoli a Corecco, che gli anticipava l’intenzione di avvalersi di lui su questo tema, in AVescLugano, Fondo Vescovi, Corecco, Scat. Mr. Corecco: 13 maggio 1975.
[108] Pacillo, Stato e Chiesa , 108.
[109] Per mons. Vincenzo Molo, amministratore apostolico dal 1887 al 1904, cfr. HS I/6, 251-255; e per mons. Aurelio Bacciarini, 1917-1935, cfr. HS I/6, 259-264: istituì una Cassa del Clero per il sostentamento dei presbiteri anziani, ovvero che avevano superato il limite del pensionamento collocato ai 75 anni d’età.
[110] AVescLugano, Fondo CP/CPD, fasc. Documentazione: trascrizione dell’incontro con i Consigli parrocchiali, 19 dicembre 1987, Palazzo dei Congressi, Lugano; ma un richiamo ad una maggiore autonomia sarebbe venuto anche dagli organismi centrali della Chiesa svizzera, cfr. AVescLugano, Fondo CC/CPD, Periodo 1991-1995, verbale della prima sessione, 21 ottobre 1991, relazione di don Patrizio Foletti, 1.
[111] Cfr. Circolare alle parrocchie, in Monitore ecclesiastico (1987) 124.
[112] AVescLugano, Fondo CP/CPD, fasc. Documentazione: trascrizione dell’incontro con i Consigli parrocchiali, 19 dicembre 1987, Palazzo dei Congressi, Lugano, 7.
[113] Ibid. , 7-10: così emerge dalla discussione; e lo rilevava anche il Corriere del Ticino, 21 dicembre 1987, 9: L’impegno delle parrocchie per i preti .
[114] Così anche Corriere del Ticino, 17 dicembre 1987, 9, di cui una fotocopia è in AVescLugano, Fondo Consiglio del Clero e Consiglio Pastorale Diocesano, fasc. Documentazione, allegato alla trascrizione dell’incontro con i Consigli parrocchiali del 19 dicembre 1987.
[115] Cfr. Quotidiano, 18 dicembre 1987, 6: un corsivo, Diocesi e paura della democrazia , a firma Daniele Leoni (alias Silvano Toppi) sottolineava pesantemente che i consigli parrocchiali erano stati consultati, ma senza esser prima stati adeguatamente informati, senza aver potuto prendere visione della necessaria documentazione; a proposito di una eventuale revisione della legge civile-ecclesiastica paventava una svolta autoritaria e anti-democratica, rivendicando il diritto di farsi interprete del Concilio Vaticano II e di ritenere che la diocesi avesse problemi più gravi di quello finanziario; e cfr. ancora Quotidiano, 20 dicembre 1987, 6: Alfredo Carcano, Si comincia con la congrua ma si mira molto in alto . I preti sono come le mamme tali restano per sempre ; di seguito Ecco perché ci vuole un fondo comune diocesano .
[116] Cfr. Politica Nuova 27-30, 3 luglio 1987, 8: Buffi e Generali cederanno a Corecco? , l’articolista accusa Corecco di manovrare per creare posti di lavoro come insegnanti di religione per i ciellini, riservando a loro i migliori stipendi, grazie all’accentramento in curia dei salari degli insegnanti.
[117] Cfr. Seduta ordinaria del Consiglio del Clero, 16 marzo 1988 , in Monitore ecclesiastico (1988) 252s.; nella sessione del 23 novembre 1992, mons. Bonanomi poteva comunicare che la dipendenza dal fondo «Solidarietà dei sacerdoti in Svizzera» era diminuita, grazie al «Fondo conguaglio congrue» introdotto nel 1988; osservava però che questo secondo fondo non era ancora sufficientemente alimentato, cfr. Monitore ecclesiastico (1992) 593.
[118] AVescLugano, Fondo CC/CPD, Periodo 1987-1991: seduta del 16 marzo 1988.
[119] Ibid. ; per la campagna stampa contro Corecco, cfr. sotto, § 5.2.
[120] AVescLugano Fondo CC/CPD, Periodo 1991-1995, verbale della prima sessione, 21 ottobre 1991, relazione di don Patrizio Foletti, 3.
[121] Ibid. : ringraziamenti puntuali vanno a don Giuseppe Bonanomi, cancelliere, e a don Walter Fontana, che si erano assunti l’aspetto organizzativo del lavoro.
[122] Cfr. Pacillo, Stato e Chiesa , 112.
[123] Ibid. , 113: con riferimento alle carte nell’archivio privato di Libero Gerosa.
[124] Ibid ., 109s.
[125] Ibid. , 116s.
[126] Cfr. la lettera indirizzata da Corecco all’on. Pietro Martinelli, capo del Dipartimento degli Interni, il 3 gennaio 1988, pubblicata integralmente dal Il Mattino della Domenica, 30 novembre 1997, in occasione della votazione sulla revisione della Costituzione cantonale.
[127] Pacillo, Stato e Chiesa , 118-120: per la descrizione dell’ iter consuetudinario e per gli articoli di legge che hanno trattato del finanziamento.
[128] Ibid. , 120s.; per uno scritto molto chiaro sulla situazione giuridica e per un’esplicitazione del pensiero di Corecco sull’imposta di culto, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1991-1993: 20 novembre 1991, la risposta di Corecco ad una lettera della signora R. Z. di Dongio.
[129] Ibid. , 121: con riferimento ad un’intervista rilasciata a Gazzetta Ticinese, 24 dicembre 1990, 26 . L’intervista è però introvabile. Corecco aveva usato questa espressione nel corso della conferenza per il Rotary Club «Crisi della modernità e Chiesa ticinese», il 2 aprile 1990, cfr. Giornale del Popolo, 12 aprile 1990, inserto, in ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990 (anche Scat. 6, inc. 44, doc. 9); cfr. anche Gazzetta Ticinese, 4 aprile 1990, 4: servizio sulla conferenza a firma N. A.
[130] Monitore ecclesiastico (1991) 14: il 19 gennaio 1991 a Lugano nella Sala S. Pio X incontra i Consigli parrocchiali delle parrocchie che emettono l’imposta di culto per studiare la recente comunicazione del Consiglio di Stato sull’insufficienza legislativa in materia; ibid. , 135: 16 marzo, al Palacongressi riunione con i delegati delle parrocchie per una valutazione della «crisi»; ibid. , 187: il 22 aprile: al Cittadella assemblea del clero diocesano sul problema del finanziamento; ibid. , 564: il 14 dicembre nella chiesa di S. Nicolao incontro con i consigli parrocchiali promosso dal Comitato di coordinamento, presenti il Vescovo ed alcuni esperti, per studiare ulteriori passi da intraprendere nella vertenza.
[131] Cfr. Pacillo, Stato e Chiesa , 121. In precedenza l’autore ha fatto una precisa disanima dell’origine dell’imposta parrocchiale e dell’incidente giuridico che ha messo in rilievo le carenze legislative (cfr. ibid. , 118-120); per gli echi sulla stampa ed il regime di provvisorietà, cfr. Giornale del Popolo, 16 dicembre 1991, 1 e 11, che riferisce della convocazione del Comitato di coordinamento dei Consigli parrocchiali alla presenza del Vescovo, il 14 dicembre, per prendere atto della decisione provvisionale del Tribunale cantonale
1.1. Il Liceo Diocesano
È la prima delle opere realizzate da Eugenio Corecco quasi di impeto, visto che la nuova scuola iniziava la sua attività nel settembre del 1987[132]. Nel contesto già burrascoso di quell’anno, l’impresa aveva suscitato perplessità e preoccupazioni soprattutto finanziarie, sebbene Corecco avesse deciso di insediare la nuova scuola nello stabile, da tempo deserto, del Collegio Pio XII, una villa nobiliare ricevuta in dono dal vescovo Angelo Jelmini, il quale, adibendola a seminario minore, vi aveva aggiunto un’ala di aule scolastiche, indispensabili al vecchio e nuovo scopo. Poco interessato a sterili concorrenze, chiedeva ai Salesiani di assumere la direzione del Liceo Diocesano[133]. Per Corecco era impegno prioritario arricchire l’offerta della scuola cattolica, affiancando al Papio di Ascona un altro liceo nel Sottoceneri. Nell’ampia riflessione, proposta in una conferenza all’università di Parma il 5 maggio 1991[134], avrebbe individuato «l’essenza della modernità […] nel presupposto aprioristico che la novità coincide con la verità»[135]. Da qui, a suo giudizio, il successo delle ideologie che tra Otto e Novecento avevano preteso di plasmare un ordine sociale, politico, economico e culturale radicalmente nuovo. Il fallimento storico delle ideologie, prima di quelle nazi-fasciste, poi il collasso del comunismo ed infine la crisi di un certo capitalismo, avviava l’epoca della post-modernità, caratterizzata da un vuoto ideologico, ai suoi occhi un tempo favorevole per una nuova evangelizzazione, «dove il contenuto prioritario dell’evangelizzazione non deve essere quello della morale, bensì quello della fede»[136]. Occorreva «provocare i fedeli ad un paragone e a un confronto tra i contenuti della fede e la loro vita personale e sociale e con i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita della società»[137]. Tale era la sfida educativa che toccava alla scuola cattolica, di fronte alla quale egli offriva la sua compagnia agli insegnanti: partecipava ai plenum e proponeva momenti di riflessione[138], tutte occasioni per lui di indicare con chiarezza il loro compito «un insegnante è in posizione di moralità nella misura in cui riconosce questo ethos, cioè riconosce che il suo primo compito è la ricerca della Verità per l’uomo ed il suo destino. […] Educare è comunicare sé stessi afferrati dalla Verità»[139]. E ancora: «La stortura più grande in campo educativo è quella di aver eliminato l’educatore, nel suo personale impegno con la Verità, come il primo soggetto dell’educazione per trasferire tutto in schemi e tecniche educative»[140]. Frequenti furono gli incontri con singoli docenti e responsabili, inclusi i superiori dei Salesiani[141]; Corecco amava anche stare con i ragazzi e si faceva presente con la celebrazione della Messa di inizio anno, a cui faceva seguito appena possibile il pranzo[142], e durante l’anno, quando veniva a celebrare, ad amministrare la Cresima, a visitare le classi[143]. Nella primavera del 1994 i Salesiani decidevano di lasciare la conduzione della scuola. Un cambiamento che non avvenne in modo lineare[144] e che costrinse Corecco a privarsi del suo segretario personale, per affidargli la conduzione dell’istituto[145]. Un accenno a queste difficoltà si trova nella lettera di risposta alle congratulazioni per il dottorato HC da parte del presidente dell’Associazione Amici del Liceo Diocesano, costituita fin dall’inizio a sostegno dell’opera: «Colgo l’occasione per esprimere a lei e a tutti membri del Comitato e dell’Associazione la mia riconoscenza per il preziosissimo aiuto prestato fino ad oggi al Liceo ed oso sperare che questo sostegno non si rallenti, ma venga intensificato, proprio in questo momento nel quale la solidarietà di tutti è essenziale per superare le difficoltà interne e nell’esposizione pubblica sopravvenuta in questi ultimi mesi. Sono sicuro che l’istituzione ha già dimostrato una solidità più che sufficiente, in questi pochi anni di esistenza, per non lasciar dubitare del suo avvenire»[146].
1.2. La Facoltà di Teologia di Lugano
1.2.1. L’antefatto: un modo di fare teologia: i Colloqui
Le origini dell’opera che, nei primi documenti, era chiamata «Centro Accademico europeo di Lugano»[147], fu inaugurata nel 1992 come «Istituto accademico di teologia di Lugano»[148] e già nel 1993 era promossa a Facoltà, sono da ricercare nel modo di fare teologia che ha caratterizzato l’attività accademica e scientifica di Corecco e, ancora una volta, nella sua preoccupazione a proposto della formazione dei presbiteri, che non datava certo dalla sua nomina a vescovo, come documenta il progetto di seminario europeo, allestito nel 1983 in collaborazione con von Schoenborn, che rimase però sulla carta[149]. Profonde furono le ragioni per cui fin dall’inizio volle affidare quest’opera alla preghiera dei contemplativi. «È un fatto incontrovertibile che la contemplazione permette una conoscenza del Mistero trinitario che trascende quello della semplice riflessione teologica, come è altrettanto vero che i più grandi teologi hanno tutti superato i confini della mente umana per entrare nell’orizzonte della contemplazione. È inoltre altrettanto vero che mistici (uomini e donne) hanno fatto affermazioni sul mistero di Dio e della Salvezza che nessun teologo avrebbe mai osato affermare […]»[150].
Fin dai tempi della nascita della rivista Communio, in Corecco la riflessione teologica fioriva dall’esperienza di fede[151], che generava anche una capacità di creare rapporti di profonda amicizia con i collaboratori ed i colleghi, ponendo al centro dell’interesse non la difesa di una propria opinione e neppure dei principi della propria scuola, ma la ricerca della verità ed il servizio alla Chiesa[152]. Due elementi che ad uno sguardo frettoloso potevano sembrare in contrasto, mentre non lo erano affatto all’interno dell’esperienza viva di fede, propria della Chiesa cattolica, ed indicavano una posizione in grado di rispondere alla grave situazione di crisi in cui versava da tempo lo studio della teologia[153]. Dall’amicizia e dalla collaborazione con i teologi e i canonisti incontrati nelle varie università e nei convegni internazionali, primi fra tutti quelli della Consociatio, nacquero dapprima i Colloqui di teologia, nell’intento di dare tempo e spazio all’approfondimento soprattutto di quei temi che, nell’impegno a realizzare l’insegnamento del Concilio Vaticano II, Giovanni Paolo II sottoponeva all’attenzione di tutta la Chiesa anche tramite la riflessione sinodale[154].
1.2.2. La Facoltà di Teologia
Esplicitare la fecondità del legame tra ricerca teologica e servizio alla Chiesa, tra obbedienza e libertà, tra esperienza di fede e speculazione, fu per Corecco un compito impellente. Quando, da vescovo, assunse la responsabilità della formazione dei seminaristi non poteva ignorare quanto la frequenza alla Facoltà teologica di Friburgo potesse essere deludente e quanto fosse necessario che il loro legame con lui e la diocesi fosse vivo. Alla guida della comunità teologica, a don Sandro Vitalini, nominato direttore del Salesianum, sarebbe succeduto don Sandro Bonetti[155], ma fin dall’inizio del suo episcopato, Corecco creava occasioni di rapporto personale con i seminaristi, proponendo momenti di incontro e una vacanza invernale, appuntamento che diventerà tradizionale ed al quale resterà fedele fin tanto che la salute glielo permetterà[156]. Era questa una reale opportunità per conoscere i giovani, instaurare un legame personale con loro ed avviarli a vivere tra di loro dei rapporti comunionali, esperienza che avrebbe permesso di mettere le basi di un nuovo presbiterio, un progetto di cui non faceva mistero[157]. Così scriveva ad un seminarista alla vigilia della consacrazione diaconale: «Don Giò mi ha scritto di averti raccomandato di mettere costantemente l’accento sulla tua sequela a Cristo, perché essa è previa a qualsiasi forma vocazionale. È un principio fondamentale. Vale in questo momento di preparazione. Tuttavia dal momento in cui la tua vocazione è sancita dalla Chiesa con l’ordinazione, la tua sequela coincide con la realizzazione della vocazione che il Signore ti ha conferito attraverso la Chiesa. Non sarebbe più possibile appellarsi a Cristo prescindendo dal sacramento che hai ricevuto, prima che per te stesso, per svolgere un ministero nella e per la Chiesa. Ti propongo queste considerazioni perché in questi mesi che rimangono possa approfondire la tua donazione senza riserve a Cristo e alla Chiesa»[158]. Nel 1994, nell’omelia in occasione del primo impegno di 9 seminaristi, di cui alcuni del secondo seminario diocesano Redemptoris Mater, ribadiva, perché fosse chiaro fin dai primi passi della vocazione, l’autentica radice dell’identità e dell’unità: «Il Presbiterio non è un’associazione, non è una Corporazione di preti attorno al Vescovo, non è una forma di organizzazione per essere più efficaci nella predicazione e nella evangelizzazione, bensì è un fatto sacramentale che ci precede che non dipende da noi, dalla cui nostra appartenenza dipende in strettissima misura la nostra identità. Questo lo dobbiamo saper ricuperare fino in fondo, perché dobbiamo vivere secondo quanto il Signore ci ha chiamato a compiere. Non possiamo vivere come vogliamo noi, immaginando noi il nostro posto nella Chiesa […]. Questo sacerdozio ministeriale unisce profondamente i presbiteri anche se non lo vogliono, anche se non lo riconoscono, noi siamo uniti così, non possiamo ignorarlo. Dovete vivere profondamente questa realtà del Presbiterio, perché è la vostra vocazione, non ne avete un’altra. All’interno di questo corpo di preti, uniti al Vescovo, incaricati con lui in blocco, come un unico corpo, di evangelizzare, ci possono essere spiritualità diverse come da sempre. Per cui appartenenza a movimenti, a realtà ecclesiali, a spiritualità ecclesiali diverse non è di nessun ostacolo, eventualmente lo poniamo noi, perché non siamo liberi dal male. […] Io volevo dirvi queste cose per tutti; la Chiesa è nostra, la dobbiamo conoscere, amare, approfondire, accettare. La Chiesa preesiste, non è qualcosa che esce dalle nostre mani, dalla nostra buona volontà, dalla nostra dedizione, dai nostri sacrifici. La Chiesa è Cristo, che è il soggetto della celebrazione alla quale dobbiamo unirci, per cui non possiamo manifestarla a piacimento. […] L’esistenza di due seminari diocesani può sorprendere, ha sorpreso, ci vorrà tempo prima che sia capita, ma l’essere capita dipende essenzialmente da voi»[159].
Erano queste le ragioni per cui maturava il progetto della Facoltà di teologia. I numeri del Ticino non potevano di certo giustificare la creazione di un nuovo istituto di livello universitario, ma Corecco aveva avuto l’opportunità di conoscere altre Chiese, confrontate con la povertà dei mezzi – in particolare quelle africane[160] – e/o chiamate ad un vasto lavoro di aggiornamento, come quelle dei paesi che uscivano dalle pastoie della dittatura comunista[161]. Anche per loro, riprese dunque il progetto di una facoltà di teologia, impostata secondo criteri che non separassero fede e ricerca scientifica[162]. Egli poteva contare sia sulla cordiale disponibilità di teologi, ai quali era legato da rapporti di profonda amicizia, cresciuta in anni di collaborazione, sia soprattutto sulla cordiale approvazione di Giovanni Paolo II.
Il Papa, dopo aver letto l’opuscolo di presentazione del programma dell’Istituto, esprimeva il suo apprezzamento per tutto l’impegno pastorale del vescovo Eugenio e per quest’opera in particolare. Si diceva anche profondamente toccato dal messaggio che Corecco, impedito ad essere presente di persona a causa della sua malattia, aveva indirizzato ai pellegrini ticinesi di Lourdes, e coglieva in questo modo la misteriosa contemporaneità tra l’inizio dell’opera più prestigiosa di Corecco e quello della sua Via Crucis[163].
Che all’origine dell’impresa ci sia stato un nucleo di amici lo sottolineava il primo rettore Georges Chantraine († 2010)[164], citando i nomi di padre Christoph von Schoenborn, op, Angelo Scola, professore di antropologia teologica all’Istituto Giovanni Paolo II per lo studio del matrimonio e della famiglia a Roma, Stanisław Grygiel, filosofo polacco e professore nel medesimo istituto, e padre Guy Bedouelle, op († 2012)[165]. Era desiderio di Corecco affidare la carica di rettore a von Schoenborn, ma l’Ordine dei Predicatori non poteva fare a meno della sua presenza a Friburgo, per cui si rivolse a padre Georges Chantraine, gesuita, che non solo si rese disponibile ma propose la modalità di insegnamento adottata con successo all’Institut d’Études théologiques a Bruxelles. Questo metodo, improntato sull’attività seminariale, il co-insegnamento, la possibilità per ogni studente di organizzare un proprio curricolo sotto la guida e con l’aiuto di un tutor[166], intendeva valorizzare l’idea di fondo del nuovo istituto, che voleva essere una comunità di docenti e discenti, uniti dalla comune fede e dal desiderio di ricercare insieme la verità. Punto di riferimento teologico erano padre Henri de Lubac (di cui padre Chantraine era erede) e Hans Urs von Balthasar, ovvero i due più significativi rappresentanti della Nouvelle Théologie, che univa tradizione patristica e speculazione teologica, insieme all’esigenza di una cordiale apertura verso il ministero petrino, in concreto verso il magistero di Giovanni Paolo II. Condizione indispensabile era la libertà di ricerca. Per preservare al massimo l’indipendenza, Corecco evitava di sollecitare per il nuovo istituto finanziamenti statali, mentre la scelta di svincolare la diocesi da ogni onere finanziario era dettata anche dalla povertà della stessa. Per il reperimento dei fondi necessari Eugenio Corecco costituiva una Fondazione intitolata a mons. Vincenzo Molo, il secondo amministratore apostolico del Ticino ed il vescovo che l’aveva dotata delle sue strutture fondamentali[167]. Il finanziamento sarebbe stato assicurato anche da donazioni di privati cittadini, sotto forma di sostegno a cattedre oppure di borse di studio[168]. Le nomine episcopali di Angelo Scola a Grosseto e di Christoph von Schoenborn a Vienna privavano l’Accademia teologica di due diretti protagonisti[169], ma aprivano la possibilità che essa nascesse con il contributo di altre forze: al domenicano padre Bedouelle ed al gesuita Chantraine si aggiunsero, da Piacenza, padre Lino Ciccone (1919-2014), sacerdote della Missione di S. Vincenzo de’ Paoli[170], e Arturo Cattaneo, che proveniva dall’Opus Dei. Fin da subito l’Istituto accoglieva i seminaristi del Rinnovamento nello Spirito, ospiti del seminario Redemptoris Mater di Melano, giovani di nuove comunità come Les Béatitudes[171], più tardi si sarebbero aggiunti i membri della Fraternità Francescana di Betania[172], quelli di Palavra Viva[173], Shalom[174] e Mar a Dentro[175]. Molti, fin dal primo anno, gli studenti inviati dalle diocesi dei paesi dell’Est; mentre soprattutto per i presbiteri africani, iscritti alla Facoltà per conseguire un dottorato, si sarebbe organizzato un convitto presso la chiesa di S. Maria di Loreto, in quello che un tempo era il convento dei Minori Francescani. A conferma dell’intuizione di Corecco che anche tra i laici si sentisse la necessità di una formazione teologica, fin dall’inizio, l’istituto ebbe un alto numero di uditori.
1.2.3. L’impatto sul Ticino
Evidentemente non esente da critiche, soprattutto tra i presbiteri[176], l’iniziativa coraggiosa di Corecco ebbe un impatto notevole nell’ambiente
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politico e culturale ticinese, che da anni discuteva e si divideva intorno all’idea di creare un’università in Ticino. Nel 1985 il parlamento aveva approvato il principio del CUSI (Centro universitario della Svizzera italiana), un istituto postuniversitario bocciato però sonoramente dal popolo l’anno seguente[177]. Ma la questione era rimasta d’attualità. Nel maggio del 1990, dalle colonne del quotidiano socialista Libera Stampa, il Consigliere di Stato Rossano Bervini rilanciò il dibattito per una «università di base» a Lugano[178], seguito dal Consigliere federale Flavio Cotti che nell’autunno dello stesso anno, in un importante discorso tenuto a Poschiavo, invitava il governo ticinese ad avanzare proposte concrete[179].
Nel biennio 1991-92 un’ampia consultazione (270 le personalità interpellate) promossa dal delegato cantonale ai problemi universitari Pier Giorgio Gerosa aveva mostrato che tra le due ipotesi di lavoro − lo sviluppo del «tessuto scientifico cantonale» oppure la creazione di una vera università − la seconda era di gran lunga preferibile. Fin da subito si pensava a un ateneo aperto agli studenti europei e si esitava tra la progettazione di una «solida università regionale» oppure, per incominciare, di una sola facoltà, verosimilmente quella di architettura[180]. L’occasione si presentò, sul fronte cantonale, grazie alla proposta di Mario Botta, a cui Roland Crottaz, presidente del Consiglio delle Scuole politecniche federali, aveva chiesto di allestire un progetto di facoltà di architettura per sgravare il Politecnico di Zurigo di una parte dei suoi numerosi studenti. Il progetto di Botta non fu ritenuto compatibile con le leggi e le consuetudini universitarie federali e da quel rifiuto (primavera 1992) si aprirono nuove prospettive per il Ticino[181]. Per volontà del Consigliere di Stato on. Giuseppe Buffi[182], il governo ticinese faceva suo il progetto di Botta e sollevava dall’incarico Pier Giorgio Gerosa, che si era espresso criticamente su tale scelta[183]. L’accademia di architettura sarebbe stata il nucleo fondante della nascente Università della Svizzera italiana.
Nel gennaio del 1993 si teneva intanto il primo Dies academicus dell’Istituto teologico alla presenza del card. Pio Laghi, in rappresentanza della Congregazione per l’Educazione Cattolica, di Adriano Bausola, rettore della Cattolica di Milano, e di Gerardo Broggini, ticinese, giurista e professore alla Cattolica. Interveniva, a titolo personale, anche l’on. Buffi, che riconosceva all’iniziativa di Corecco il valore di «locomotiva» (immagine utilizzata poi anche per Botta) dei progetti universitari e si felicitava per «il superamento in atto di quella storica antitesi tra Stato e Chiesa, che, se ha sempre ravvivato la vita del Cantone sul terreno del confronto e dello scontro dialettico, sicuramente non gli ha sempre giovato su quello del progresso civile, dell’evoluzione spirituale e dello sviluppo materiale»[184]. La promozione dell’Istituto di Teologia a Facoltà, già nel novembre del 1993, venne a costituire un ulteriore, potente stimolo ai progetti universitari in via di ampliamento. Infatti all’iniziativa dell’Accademia di architettura, adottata dal governo cantonale, se ne stava affiancando un’altra della città di Lugano, che intendeva insediare nello stabile dell’ex-Ospedale Civico due nuove facoltà: Scienze economiche e Scienze della comunicazione[185].
Al secondo Dies academicus, primo della neonata Facoltà, celebrato al Palazzo dei Congressi di Lugano il 4 dicembre 1993, oltre al card. Franciszek Macharski e a Yuri Afanasiev, rettore dell’Università delle Scienze umane di Mosca, era presente una nutrita rappresentanza del mondo politico e del governo cantonale. Di nuovo l’on. Giuseppe Buffi, intervenendo questa volta nella sua qualità di presidente del Consiglio di Stato, si felicitava per il progresso della collaborazione tra istituzioni statali ed ecclesiastiche, pubbliche e private[186]. Porgendo il saluto di Lugano, il municipale Giorgio Salvadè (1949-2012), direttore del Dicastero della cultura, esprimeva l’augurio, da parte della città, che un giorno i tre progetti universitari − quello già in atto, quello cantonale e quello comunale − potessero essere raggruppati sotto lo stesso tetto[187]. A sua volta, in un ampio discorso introduttivo, Corecco affrontava la domanda circa la funzione dell’università. Prendeva le mosse dall’ideale medievale dell’unità del sapere, culminante nella teologia (nello studio cioè della rivelazione stessa di Dio), e, attraverso la valorizzazione della riforma humboltiana dell’inizio del XIX secolo, soprattutto del tentativo di questa di conservare, sebbene in chiave laica, quell’unità del sapere indispensabile ad un’autentica formazione umana senza trascurare il compito di fornire le adeguate competenze tecniche, che la società aveva diritto di aspettarsi dalle persone con formazione accademica, Corecco non poteva non constatare la profonda crisi in cui l’istituzione universitaria era caduta da tempo. L’ideale di Humbolt di fatto era fallito e l’insegnamento accademico, incluso spesso quello della filosofia e della teologia, si era ridotto a una frammentazione specialistica, incapace di rispondere alle domande più vere degli studenti. Da qui le radici della grande rivolta del 1968, che aveva però creduto di individuare la soluzione al malessere in una democratizzazione degli studi. Persino dal voto di sfiducia del popolo ticinese del 1986 emergeva, a giudizio di Corecco, quanto fosse necessario che l’università ritrovasse la sua vera vocazione e la sua vera funzione sociale, cioè quella di essere formatrice di uomini liberi e alla ricerca della verità, perché nessuno sentiva il bisogno di una ulteriore costosa scuola di tecnici altamente specializzati. Egli non mancava di sottolineare l’importanza della dimensione internazionale, indispensabile per giustificare la creazione di un polo universitario nel cantone[188].
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[132] che permette l’emissione di bollette d’imposta per il 1990/1991, chiede di sostenere la proposta dell’on. Edy Salmina in Gran Consiglio di un «decreto ponte» a favore delle parrocchie che prelevano l’imposta (che prorogherebbe il regime vigente senza compromettere le trattative in corso per la nuova legge); cfr. anche Popolo e Libertà, 20 dicembre 1990, 2: Incertezza giuridica , e Corriere del Ticino, 14 dicembre 1991, 11; per il proseguimento della riflessione in merito, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3-1995: 27 settembre 1994, lettera di Corecco ad Alberto Lepori.132 ACorecco Lugano, Agenda 1987: l’inaugurazione si tiene il 22 settembre; cfr. anche Monitore ecclesiastico (1987) 301, che dice 23 settembre, mentre la presentazione ufficiale alla stampa era stata il 6 giugno; cfr. ibid. , 229.
[133] ACorecco Lugano, Cartella Liceo Diocesano: 3 marzo 1988, atto di nomina di don Arturo Virilli a Direttore del Liceo Diocesano e del prof. Ferruccio Bassato a Direttore amministrativo dello stesso; e 26 luglio 1989, dichiarazione da parte della Società Diocesa na che assicura la volontà di collaborare al progetto educativo e di agire di concerto con le autorità diocesane per la creazione di nuove scuole.
[134] E. Corecco , Modernità e nuova evangelizzazione , conferenza tenuta all’università di Parma, 5 maggio 1991, in Volonté, Un Vescovo e la sua Chiesa , vol. 2, 43-52 (cfr. anche ACorecco Lugano, Conferenze).
[135] Modernità e nuova evangelizzazione , citata così in M. Balestra, La scuola nell’opera educativa di Eugenio Corecco , in Liceo Diocesano, 30 anni di esperienza educativa , Breganzona 2018, 5-13, 6.
[136] Ibid.
[137] Ibid.
[138] Cfr. ACorecco Lugano, Agenda 1987: 2 dicembre, partecipa al plenum con gli insegnanti di Lucino e dell’Istituto Elvetico (cfr. Monitore ecclesiastico [1987] 395); Agenda 1988: 21 gennaio, segnato alle 20 il plenum a Lucino, 25 e 26 giugno: plenum a Lucino (cfr. Monitore ecclesiastico [1988] 319); Agenda 1989: 21 gennaio, incontro a Lucino con gli insegnanti del Collegio Papio e del Liceo diocesano per una giornata di studio sul documento della Congregazione per l’Educazione cattolica La dimensione religiosa dell’educazione nella scuola cattolica (cfr. Monitore ecclesiastico [1989] 56); 25 gennaio: incontra gli inse gnanti di Lucino; Agenda 1991: 30 agosto, giornata di riflessione con gli insegnanti (cfr. Monitore ecclesiastico [1991] 344).
[139] Balestra, La scuola nell’opera educativa di Eugenio Corecco , 5-13, 9.
[140] Ibid.
[141] ACorecco Lugano, Agenda 1987: 10 novembre, incontra due insegnanti del Liceo di CL ( Laffranchini e Schira ); 21 dicembre: cena a Lucino; Agenda 1988: 18 marzo, cena con i responsabili della scuola; 17 agosto, incontra Laffranchini (CL) e Bassato, vice rettore (laico salesiano); 4 ottobre, cena con Bassato e suor Ruby; Agenda 1989: 30 gennaio, incontra la Commissione finanze della scuola; Agenda 1990: 8 maggio, cena da Bassato e Laf franchini ; Agenda 1991: 22 gennaio, cena con il Consiglio di Direzione; Agenda 1992: 20 agosto, incontra don Virilli e Bassato; Agenda 1993: 17 giugno, incontra la Commissione Liceo; 2 agosto, incontra Bassato; Agenda 1994: 24 gennaio, incontra Bassato e Laffranchini; 25 gennaio, incontra l’ispettore dei Salesiani; 23 aprile e 9 maggio, incontra don Virilli .
[142] ACorecco Lugano, Agenda 1987: Messa di inizio anno: 23 settembre 1987 (cfr.
[143] ecclesiastico [1987] 301); Agenda 1988, 5 ottobre (cfr. Monitore ecclesiastico [1988] 393); Agenda 1989: 20 settembre, con pranzo (cfr. Monitore ecclesiastico [1989] 449); Agenda 1990: 19 settembre in Cattedrale (cfr. Monitore ecclesiastico [1990] 390); Agenda 1991: 2 ottobre, ancora in Cattedrale (cfr. Monitore ecclesiastico [1991] 426); Agenda 1992: 7 ottobre (cfr. Monitore ecclesiastico [1992] 523); Agenda 1993: 29 settem bre (cfr. Monitore ecclesiastico [1993] 1099); Agenda 1994: segnato per l’8 settembre, ma non figura nella Cronaca del mese nel Monitore ecclesiastico (1994).143 ACorecco Lugano, Agenda 1988: 27 aprile, S. Messa e incontro; 7 dicembre: incontro con i ragazzi (non figurano nella Cronaca del Monitore ecclesiastico [1988] 251 e 460); Agenda 1989: 4 maggio, partecipa alla giornata delle porte aperte (cfr. Monitore ecclesiastico [1989] 310); Agenda 1990: 1° maggio, festa familiare a Lucino (cfr. Monitore ecclesiastico [1990] 216); Agenda 1991: 10 aprile, incontra gli studenti di III e IV Liceo e celebra la S. Messa; e il 10 maggio: amministra il battesimo e la cresima ad alcuni studenti (cfr. Monitore ecclesiastico [1991] 186 e 258); Agenda 1992: dal 18 al 24 febbraio incon tra le classi, celebra la S. Messa ed amministra la Cresima (20 febbraio, pranzo con la IV Liceo); 7 ottobre, visita e S. Messa; 22 dicembre: idem (cfr. Monitore ecclesiastico [1992] 92, 523, 646); Agenda 1993: 29 gennaio, S. Messa per studenti e docenti in memoria di san Giovanni Bosco; 7 aprile: S. Messa per studenti e docenti; 8 maggio: presenzia alla Festa in famiglia organizzata dall’Associazione degli Amici del Liceo diocesano; 27 maggio: impartisce la Cresima ad alcuni studenti (cfr. Monitore ecclesiastico [1993] 703, 899, 947, 949); 12 ottobre: tiene l’introduzione al ritiro per la IV Liceo (non figura nella Cronaca del Monitore ecclesiastico [1993]); Agenda 1994: 8 ottobre, benedice la nuova ala (cfr. Monitore ecclesiastico [1994] 615).
[144] Difficoltà si manifestavano da qualche tempo, cfr. ACorecco Lugano, Cartella Liceo Diocesano: scambio di lettere tra don Virilli e mons. Corecco del 15 e 18 marzo 1991, per la non facile concertazione circa l’apertura di nuove scuole; e per le perplessità di Corecco circa un ulteriore liceo con maturità federale presso l’Istituto Elvetico di Lugano, cfr. lettera dell’11 marzo 1994.
[145] Monitore ecclesiastico (1994) 255: 24 aprile, don Patrizio Foletti, segretario vescovile , è nominato delegato vescovile presso il Liceo diocesano di Breganzona Lucino; ibid. , 444: 30 giugno, don Patrizio Foletti è nominato vice-direttore del Liceo diocesano di Breganzona Lucino; 5 agosto, don Matteo Pontinelli è nominato segretario personale di mons. Eugenio Corecco .
[146] ACorecco Lugano, Epistolario post mortem (B): 6 giugno 1994, la risposta di Corecco alle congratulazioni del presidente dell’Associazione per il dottorato HC ( ibid. : 16 maggio 1994).
[147] Così nell’articolato progetto inviato al card. Pio Laghi, Prefetto della Congregazio ne per l’Educazione Cattolica, il 12 febbraio 1992, con riferimento ad un documento del 26 giugno 1989 ( ms presso don William Volonté, Breganzona). Giovanni Paolo II prestò vivo interesse a questo progetto, lesse di persona l’opuscolo e se ne complimentò con Corecco mostrando un sentito apprezzamento anche per il messaggio inviato ai pellegrini ticinesi a Lourdes; in questo modo sottolineava la singolare concomitanza tra l’inizio di quest’opera e l’inizio della via Crucis del vescovo Eugenio, cfr. ACorecco Lugano, Cor rispondenza 1991-1993: lettera del 3 ottobre 1992. Per offrire una prima sede al nuovo istituto, Corecco avrebbe preso in affitto trentennale un diritto di superficie nella proprietà della Compagnia di S. Teresa in via Nassa.
[148] Cfr. in Monitore ecclesiastico (1992) 543-536: Decreto di Costituzione dell’Istituto di Teologia di Lugano, 27 aprile 1992; Riconoscimento dell’Istituto accademico di Teologia di Lugano, 8 maggio 1992; Approvazione dello Statuto, 8 maggio 1992.
[149] ACorecco Lugano, Corrispondenza 1983; negli anni 1988/1989 Corecco era stato coinvolto in un altro tentativo di seminario internazionale questa volta a Roma, guidato da mons. Piero Paracchini, che aveva conquistato la completa fiducia di mons. Giussani e di mons. Benito Stanislao Andreotti, abate vescovo di Subiaco. Corecco fu chiamato ad affiancare quest’ultimo nella funzione di garante di questo seminario, intitolato a Giovanni Paolo II, probabilmente su suggerimento di don Giussani. Vi inviò anche un seminarista di Lugano. L’istituto non giunse mai ad adempiere le norme canoniche necessarie perché gli studenti potessero essere ordinati; per il progetto educativo di questo seminario, cfr. AVescLugano , Fondo Vescovi, Scat. mons. Eugenio Corecco 1995: anche lettera, forse in parte autografa, di don Giussani; la minuta della stessa, più completa, datata 1° marzo 1989 e senza annotazioni a mano, anche in Archivio Storico Luigi Giussani, Segreteria particolare don Giussani, Corrispondenza, LXVI 109; questa iniziativa venne pubblicizzata anche in Ticino, cfr. Giornale del Popolo, 22 giugno 1989, 3.
[150] Da una lettera ad una monaca contemplativa del 27 settembre 1992, in Lepori,
[151] ricostituire dallo Spirito Santo» , 94.151 Cfr. il giudizio di Angelo Scola (sopra, cap. II, n. 122) e le considerazioni raccol te da Libero Gerosa, in L. Gerosa (a cura di), Antropologia, fede e diritto ecclesiale . Atti del Simposio Internazionale sugli studi canonistici di Eugenio Corecco , Lugano 12 novembre 1994 , Milano 1995, 141; per una conferma di questo metodo vedi anche le dichiarazioni di don Giussani a Michele Fazioli nell’intervista in occasione dei 40 anni di CL, in Giornale del Popolo, 5-6 gennaio 1995, 2s.: «Tutte le cose che ho imparate non le ho apprese studiando e insegnando teologia, le ho imparate dai ragazzi dovendo rispondere alle loro domande».
[152] J. L. Illanes , Maestro di scienza e di vita cristiana: l’esempio di un vero pastore , in F. Lombardi – G. Zois (a cura di), Siate forti nella fede , Lugano 1995, 369-375.
[153] Per un’acuta analisi recente di questa crisi, cfr. R. Roux, Eugenio Corecco ed i 25 anni della FTL , in Bollettino Amici 12/XXII (settembre 2018) 29-40, 30-36.
[154] Cfr. sotto, § 8.2.; dello stretto legame tra Colloqui e Istituto testimoniano alcune lettere, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 25 agosto 1987, Angelo Scola scrive a Corecco per dire quanto senta adeguato il progetto di Istituto; 20 dicembre 1988, Georges Chantraine a Corecco sul Colloquio in preparazione e sul progetto di Istituto.
[155] Monitore ecclesiastico (1987) 300: 25 agosto 1987; affiancato nel dicembre 1988 da padre Guy Thomas Bedouelle , in qualità di assistente spirituale, cfr. Monitore ecclesiastico (1988) 461.
[156] ACorecco Lugano, Agenda 1986: 20 dicembre, incontro con il seminario in via Nassa (cfr. Monitore ecclesiastico [1986] 521: istituzione dei Ministeri); Agenda 1987: 26 marzo, incontro e cena in via Nassa; 24 aprile, S. Messa a Lucino e pranzo; 25 giugno: udienza a don Bonetti; 2 luglio: nuova udienza; Agenda 1988: 11-14 aprile, vacanza al Gran S. Bernardo con i seminaristi; 11-13 ottobre 1988, vacanza con i seminaristi, la partenza era prevista per il 10; Agenda 1989: 5-7 febbraio, con i seminaristi a Cavergno , primo impegno di alcuni; 9-12 ottobre, a S. Bartolomeo al Mare con studenti e rettore; 8 dicem bre , a Breganzona incontro con i giovani che hanno partecipato alla GMG di Compostela, e conferimento del lettorato e accolitato a sette seminaristi (cfr. Monitore ecclesiastico [1989] 175, 599, 693); Agenda 1990: 7 gennaio, incontro in Curia; 1-4 febbraio, vacanze a Villars -surOllon , con la comunità teologica diocesana di Friburgo; 5-12 luglio, vacanza a Prato Leventina con una settantina di giovani e la Comunità teologica di Friburgo (cfr. Monitore ecclesiastico [1990] 21, 66, 294); Agenda 1991: 30 gennaio-3 febbraio, vacanza a Villars -surOllon ; 27-28 luglio: visita il rettore e gli studenti della comunità teologica in vacanza a Prato Leventina; 16 ottobre: S. Messa e pranzo con i seminaristi in via Nassa (cfr. Monitore ecclesiastico [1991] 15, 343, 427); Agenda 1992: 29 gennaio-2 febbraio, vacanze a Villars -surOllon ; 8 giugno: incontra la comunità ed il suo rettore in vescovado; 4 ottobre : il vescovo visita il Seminario di S. Carlo (cfr. Monitore ecclesiastico [1992] 27, 348, 523); Agenda 1993: 16 dicembre, incontro (mattina e pomeriggio); Agenda 1994: 30 novembre , udienza a don Bonetti; Agenda 1995: 26 gennaio, incontra i seminaristi in Curia.
[157] Cfr. un augurio di Pasqua, s. a.: «Carissimo Claudio, quando ricevo lettere da uno di voi mi dico che è proprio bello che esista una corrispondenza tra i seminaristi e il vescovo. Cosa quasi impensabile forse anche solo 25 anni fa; è un pegno di una futura
[158] nella missione pastorale comune e perciò di rinascita del presbiterio su basi più profonde […]», cfr. ACorecco Lugano, Epistolario post mortem : a Claudio Filanti.158 ACorecco Lugano, Epistolario post mortem : a Claudio Filanti, 25 giugno 1991.
[159] ACorecco Lugano, Omelie, Omelia nr. 54, 19 giugno 1994.
[160] Oltre che in Svizzera, Italia, Spagna, Corecco insegnò anche in Polonia (Varsavia e Cracovia) e tenne dei corsi a Yaoundé in Camerun; cfr. Corriere del Ticino, 7 giugno 1986, 1 e 2.
[161] Dopo la caduta del muro di Berlino, le Agende registrano visite da parte dei nuovi vescovi provenienti dai paesi dell’ex-URSS e dalla Romania, confrontati con notevoli problemi anche di diritto; una lettera circolare venne inviata ai vescovi dei paesi usciti dal blocco comunista per informarli circa la Facoltà, cfr. sotto n. 162.
[162] Cfr. il progetto inviato al card. Pio Laghi, Prefetto della Congregazione per l’ Edu cazione Cattolica, il 12 febbraio 1992, con riferimento ad un documento del 26 giugno 1989 ( ms presso don William Volonté, Breganzona).
[163] Cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1991-1993: messaggio di Giovanni Paolo II, 3 ottobre 1992. per ulteriore conferma dell’apprezzamento pontifi cio , v. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: 15 febbraio 1995, messaggio di S.S. Giovanni Paolo II in occasione del Dies Academicus del 25 febbraio 1995: «Formulo voti che il nuovo Centro teologico, da Lei voluto e realizzato con lodevole impegno, svolga nel territorio ticinese un servizio prezioso di studio e di riflessione, allo scopo di offrire ai Pastori delle anime, agli insegnanti delle discipline religiose ed a quanti sono interessati ai problemi della Fede, opportuni aiuti per l’approfondimento del messaggio evangelico». Il messaggio era accompagnato da un’offerta.
[164] G. Chaintraine , Eugenio Corecco . Fondatore e primo Gran Cancelliere della Facoltà di Teologia ( ms presso don William Volonté, Breganzona).
[165] Ibid.
[166] Per apprendere questo metodo i professori vennero invitati a Bruxelles, cfr. W. Volonté, Uomo mite, sacerdote generoso , in Bollettino Amici 10/XVIII (dicembre 2014) 3337; obiettivi, contenuti e metodi del nuovo istituto vennero illustrati in una lettera inviata a vescovi delle diocesi che potevano essere interessate, cfr. ACorecco Lugano, Epistolario post mortem (I/J): 29 luglio 1992, la copia mandata a mons. Georgi Ivanov Jovcˇev , vesco vo di Sofia e Plovdiv; e anche Monitore ecclesiastico (1994) 34: 20 gennaio 1994: visita di
[167] E. mons. Georgi Ivanov Jovcˇev , vescovo di Sofia e Plovdiv, a Corecco ed alla Facoltà.167 Cfr. la Fondazione “Vincenzo Molo”, costituita il 26 febbraio 1991 per curare il finanziamento della FTL, è oggi una fondazione civile secondo il Codice Civile Svizzero e quindi soggetta alla vigilanza dello Stato (sito consultato il 19 giugno 2019); cfr. anche Monitore ecclesiastico (1992) 527533:
[168] di costituzione della Fondazione Mons. Vincenzo Molo, Statuto e Nomina del Consiglio di amministrazione, 26 febbraio 1991.168 Così in Corriere del Ticino, 6 dicembre 1993, 13; cfr. anche ACorecco Lugano, Epistolario post mortem (C), il sentito ringraziamento, datato 2 gennaio 1995, a F. e D.
[169] per la donazione alla Facoltà, fatta in occasione del loro anniversario di matrimonio: «le nozze proprio perché sono un gesto sacramentale che unisce le persone domandando loro di superare ogni egoismo personale possono suscitare anche una insolita generosità nel segno più ampio della carità cristiana. Sono ammirato e vi sono molto grato per quello che voi avete fatto per la Facoltà di Teologia e domando al Signore di ricompensarvi e di benedire i vostri figli»; ibid. (D): 20 gennaio 1994 [sic! ma in realtà 20 gennaio 1995, come si desume dalla minuta della risposta datata 31 gennaio 1995, cortese comunicazione di Pietro Montorfani , Lugano], lettera alla signora Celestina Daccò, grande benefattrice della Facoltà di Teologia: «Nell’ultimo colloquio che abbiamo avuto nella sua villa, ho capito che il mondo della cultura è sempre stato un richiamo per lei e per il suo defunto marito, ma forse non basta neppure questo a giustificare il tutto, perché il gesto che ha compiuto lo ha compiuto anche nei confronti del Vescovo, il cui compito primario, nel pensiero comune della società, non è quello della diffusione della cultura, ma della Fede in Dio. È evidente che la fede è un fatto culturale, ma raramente la società moderna riesce ad apprez zarla come tale. Con grande sensibilità, pari alla sua generosità, lei ha colto l’unità esistente tra questi due elementi e ciò torna a suo onore».169 Ambedue però avrebbero fatto parte del Consiglio scientifico.
[170] Volonté, Uomo mite, sacerdote generoso , 3337.
[171] Iniziata in Francia per volontà di due coppie nel 1973, accoglieva i primi membri che seguivano i tre consigli evangelici nel 1978. Le case accoglievano, sotto la stessa regola, presbiteri, uomini e donne che avevano fatto una scelta verginale (con o senza abito) e famiglie. La vocazione di queste comunità era l’accoglienza per ritiri spirituali, mentre i membri della comunità erano inviati per delle missioni di annuncio ed evangelizzazione. Eretta in Pia Unione nel 1979, nel 1985 diventa Associazione di Fedeli. Nel 1987 prende il nome di Communauté des Béatitudes ; nel 2002 è riconosciuta dal Pontificio Consiglio per i Laici come Associazione privata di fedeli internazionale di diritto pontificio, con personalità giuridica; nel 2011 è Associazione pubblica di fedeli in vista di diventare Famiglia ecclesiale di Vita Consacrata di diritto diocesano. Vicina agli ambienti del Rinnovamento nello Spirito, in Ticino affascinò in modo particolare Monica e Roberto Maag, che decisero di trasferirsi per un anno in Vallese con i loro figli per vivere la piena esperienza di appartenenza ad una comunità. Roberto Maag, giornalista, era stato assunto come addetto stampa della Curia. Mons. Corecco non lo dissuase dal suo progetto, ma lo rese attento al fatto che le caratteristiche della vocazione matrimoniale non coincidevano con quelle
[172] vita monastica (autonomia, capacità di provvedere a stessi, rapporto privilegiato con il coniuge). Il giudizio di Corecco si rivelò assolutamente giusto: non solo la famiglia Maag trovò un’altra e più equilibrata modalità di partecipare a questa esperienza, ma gli stessi statuti della Famiglia vennero modificati. Corecco ebbe grande stima per questa esperienza, accolse nella neonata Facoltà un giovane prete delle Béatitudes ed era pronto ad affidare a questi fratelli la cura pastorale delle parrocchie di Grancia e Barbengo. Purtroppo all’epoca il movimento non aveva le forze per accettare questo incarico (intervista a Roberto Maag, Massagno, 15 maggio 2018).172 Istituto di Vita Consacrata di diritto diocesano, composto da fratelli, sia chierici che laici, e da sorelle che si consacrano a Dio mediante voti pubblici di obbedienza, povertà e castità. In Ticino la Fraternità ha sede a Rovio.
[173] Comunità cattolica fondata in Brasile nel 1995 da Alysson Norberto, per annun ciare Gesù al mondo, particolarmente ai giovani e alle famiglie risvegliando il sacro nella Chiesa, nel cuore dell’uomo e della donna, difendendo fortemente la fede in totale obbe dienza al Magistero della Chiesa e al Santo Padre.
[174] La Comunità cattolica Shalom nasce per iniziativa di giovani universitari che, con a
[175] Moysés Louro de Azevedo Filho e su incoraggiamento dell’arcivescovo di Fortaleza (Brasile), aprono una pizzeria con annessa libreria per l’accoglienza e l’evangelizzazione dei giovani: è il primo centro Shalom. L’opera si diffonde in breve tempo anche tra famiglie, bambini e persone di diversa provenienza socioculturale. Nel 1985, il primo gruppo di giovani si costituisce in comunità di vita e nel 1986 nasce la prima comunità di alleanza formata da giovani e adulti. Nel 1988 la Comunità ottiene il riconoscimento canonico dall’arcivescovo di Fortaleza. Il 22 febbraio del 2007 il Pontificio Consiglio per i Laici decreta il riconoscimento della Comunità Cattolica Shalom come associazione internazionale di fedeli. In Ticino ha sede a Bioggio.175 Comunità fondata in Brasile nel 1990 da un laico celibe, Antonio Dilben Rabelo Fleming; cfr. (consultato 19 giugno 2019).
[176] Per un esempio, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza 1985-1990: lettera di don Oliviero Bernasconi del 14.1.1989: «Un pettegolezzo, credo, tanto la cosa mi pare incre dibile . Ma qui non si riesce più a distinguere tra pettegolezzo e realtà, tanto si sono persi tutti i criteri: “uno studio teologico” a Lugano. Una città culturalmente morta: non vi
[177] altri centri universitari con cui dialogare. Dialogare con il vuoto culturale lo si è già sperimentato. Credo ti ricordi del seminario degli anni ’60. Teologi e insegnanti non erano poi tanto male, ma era il rachitismo culturale. Situazione obbligata: nessuna possibilità di colloquio con altri studi e studenti. È questo che mi porta ad essere duramente contrario a una Università ticinese».177 La clamorosa bocciatura indusse a premature dimissioni il consigliere di stato Carlo Speziali, sostituito da Giuseppe Buffi, il quale, all’inizio del suo mandato, era molto circospetto nei confronti dei temi universitari.
[178] Cfr. R. Bervini , La Svizzera italiana deve avere la sua vera università europea , in Libera Stampa, 30 maggio 1990, 7-8. Fu quello il primo di una serie di dossier tematici sull’uni versità promossi dal gruppo “Nuova Critica” e che sarebbero stati raccolti in un volume alcuni anni più tardi ( Una vera Università nella Svizzera italiana , a cura di A. Petralli e S. Vassere , Lugano 1993).
[179] «Consentitemi per terminare, in terra di cultura italiana, un riferimento specifico […] all’assenza di un centro universitario della Svizzera italiana. Dopo le decisioni popolari in Ticino di alcuni anni or sono […] pare a me giunto il momento per una ripresa dello studio del problema. […] Un riesame da farsi liberamente e senza pregiudizio di sorta. E chissà che in questo riesame non debba essere ripreso anche il filone che circa vent’anni fa (ed a quei tempi con ragioni assai convincenti) era stato interrotto: il filone, alludo, dell’università di base, limitata, certamente, soltanto ad alcuni settori o facoltà. Il riesame meriterebbe forse di coinvolgere i temi delle moderne scienze e tecnologie, ma non dovrebbe dimenticare la lingua, la letteratura e la cultura italiane» ( Relazione del Consigliere federale Flavio Cotti, Capo del Dipartimento federale dell’interno, al Convegno 1990 della Pro Raetia , Poschiavo, 27 ottobre 1990).
[180] Corriere del Ticino, 23 ottobre 1992, 15: Due varianti per l’Università (a firma Gio vanni Galli).
[181] Corriere del Ticino, 16 ottobre 1993, 15: intervista a Roland Crottaz , che elenca i criteri formali discordanti: esame di ammissione, tasse elevate, selezione supplementare dopo il I anno, ma anche la necessità di questi criteri selettivi: «Se il Ticino facesse una università con una facoltà o un dipartimento di architettura, in base alla legge federale (che prevede il libero accesso a chi ha un titolo di maturità, svizzero o straniero, tasse d’ iscrizio ne per un massimo di 400 fr.) sarebbe completamente sommerso da studenti provenienti dall’Italia del nord».
[182] Giuseppe Buffi (1938-2000), esponente del Partito liberale, diresse il DIC (Dipartimento dell’istruzione e della cultura) per 14 anni, fino alla morte prematura. Sarebbe stato sostituito dal subentrante Gabriele Gendotti .
[183] Corriere del Ticino, 16 ottobre 1993, 15 e 28 ottobre 1993, 13.
[184] Giornale del Popolo, 15 gennaio 1993, 2.
[185] Nell’autunno del 1993 il Municipio di Lugano, guidato dal sindaco Giorgio Giudi ci, creava un comitato ordinatore per la realizzazione delle Facoltà, con Mauro Baranzini
[186] docente all’Università di Verona e al Centro studi bancari di Vezia), Sergio Cigada (filologo, linguista e critico letterario, docente all’Università Cattolica di Milano) e Lanfranco Senn (economista e docente all’Università Bocconi), a cui più tardi si sarebbero aggiunti Luigi Dadda (informatico e accademico di prestigio internazionale) e Remigio Ratti (economista, direttore dell’Istituto di ricerche economiche di Bellinzona, poi inte grato nell’USI).186 Giornale del Popolo, 6 dicembre 1993, 1 e 3.
[187] Ibid .; e Corriere del Ticino, 6 dicembre 1993, 13. Eletto nel Municipio di Lugano come rappresentante della Lega dei Ticinesi nell’aprile del 1992, Giorgio Salvadè raccolse e concretizzò l’interesse di Giuliano Bignasca per i progetti universitari, a cui l’imprenditore e fondatore della Lega pensava sin dalla fine degli anni ottanta (aveva avuto delle aspirazioni, poi sfumate, per ospitare in uno dei suoi stabili il nuovo Centro Svizzero di Calcolo Scientifico di Manno).
[188] E. Corecco , Natura e compito dell’università , in Volonté (a cura di), Eugenio Corecco , un vescovo e la sua Chiesa , vol. 2, 63-69.
1.1. L’Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese (OCST)
L’interesse di Corecco per i temi sociali era evidente nell’attenzione con cui seguiva la caritativa ciellina della Basseville a Friburgo e nelle sue riflessioni per i migranti: memorabili gli interventi, in cui ne parlava come di una risorsa per la scoperta della natura della Chiesa e non come un problema[189], come troppo spesso si pensava, non riconoscendo alla fede, patrimonio comune, la capacità di essere una reale base per costruire un rapporto. Lo aveva ribadito anche in occasione della visita di Giovanni Paolo II, quando osservava che erano i cantoni di tradizione riformata ad ospitare il maggior numero di cattolici, costituito dalla massa degli immigrati[190], e così dicendo rendeva manifesto che per lui il popolo dei credenti era uno e uno solo. Divenuto vescovo di Lugano, si ritrovò tra le mani, come se fosse un’eredità, anche una certa responsabilità nei confronti del sindacato di ispirazione cristiana, l’Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese (OCST). Era stato il vescovo Aurelio Bacciarini, da sempre sensibile alle problematiche sociali[191] ed entrato in carica nel 1917, a far sì che dalle Leghe operaie e contadine, fondate sull’onda della Rerum Novarum, nascesse un vero sindacato cristiano, che egli stesso aveva affidato ad un giovanissimo chierico, don Luigi Del-Pietro (1906-1977), nominato segretario dell’OCST alla vigilia della sua ordinazione sacerdotale nel 1928. Don Del-Pietro proseguiva i suoi studi nel campo sindacale e sociale dapprima a Friburgo, alla scuola dei pensatori che erano stati all’origine dell’enciclica di Leone XIII, e poi all’università di Lovanio; soprattutto incideva sulla sua formazione il periodo passato all’Hôtel des Corporations di André Savoy, da cui imparava anche il metodo organizzativo[192]. Sotto la sua guida, il sindacato conobbe un notevole sviluppo, fino a superare come numero di iscritti la socialista Camera del lavoro[193], anche se per accedere ai sussidi statali, ostinatamente negati[194], bisognerà attendere il 1944[195]. Don Del-Pietro fu sempre fedelissimo al magistero pontificio, espresso nella Rerum Novarum e poi nella Quadragesimo anno. Negli anni ’30 seppe distanziarsi dal corporativismo fascista e, durante la guerra, collaborare costruttivamente con il sindacato socialista, al pari del nuovo vescovo mons. Angelo Jelmini[196]. Nel confuso periodo del post-Concilio, mantenne la sua chiarezza di giudizio nella fedeltà alla dottrina sociale della Chiesa[197]. Quando, nel secondo dopoguerra, la Svizzera, da terra di migranti, divenne un paese che offriva lavoro, anche nel cantone Ticino affluirono operai stranieri, soprattutto italiani. L’OCST di Del-Pietro fu «la pioniera del sindacalismo svizzero verso un’apertura al mondo dei lavoratori esteri, formulando rivendicazioni sicuramente in anticipo sullo spirito del tempo»[198]. Per meglio far fronte
ai problemi, Del-Pietro aveva promosso una stretta collaborazione con le ACLI[199], ma ne prese le distanze, quando questa organizzazione si avvicinò al marxismo[200]. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1977, il sindacato fu guidato da una Direttiva, formata dai suoi più stretti collaboratori, che si mantennero fedeli alla sua linea. Dieci anni dopo però anche queste persone erano prossime alla pensione, si prospettava quindi un vero cambio generazionale in un momento difficile e confuso, anche sul fronte della Federazione svizzera dei sindacati cristiani (FSSC), di cui l’OCST faceva parte, e dove, forse anche a causa del «complesso anti-romano», si rinunciava alla chiara guida del magistero di Giovanni Paolo II e la significativa lezione del sindacato polacco Solidarnos´c´ non sembrava poter essere recepita[201]. Fu in questo delicato momento che Eugenio Corecco, vescovo da un anno, venne chiamato a raccogliere l’eredità dei suoi predecessori, in particolare Bacciarini e Jelmini, e a dire una parola sul compito e sul futuro dell’OCST, sollecitato anche dall’amicizia con Camillo Jelmini, consigliere nazionale, nipote del vescovo Angelo, che si candidava alla presidenza del sindacato. Il cambio generazionale era l’occasione per una riflessione sul significato di un sindacato cristiano e quindi sul suo futuro. A questo tema il periodico dell’Organizzazione, Il Lavoro, per tutto il corso del 1987 dedicava parecchi articoli, presentando e commentando un vasto documento programmatico. Da parte sua, l’assistente spirituale, don Franco Biffi[202], proponeva una riflessione sull’attualità internazionale di 50 anni prima, quando il magistero pontificio era confrontato con le minacce o l’aperta persecuzione delle dittature di destra e sinistra e si esprimeva con le tre encicliche dette «della Passione»[203], ma anche con l’attualità regionale: nel 1937 il Ticino aveva ospitato per la prima volta un congresso cristiano-sociale di livello nazionale, segno dello straordinario sviluppo, non solo numerico, di un giovane sindacato, che, grazie all’infaticabile impegno di don Del-Pietro, aveva saputo porre un aspetto nuovo della presenza cristiana, con il quale era diventato inevitabile fare i conti[204]. Nel mese di giugno, un altro momento di riflessione esaminava i contenuti del documento programmatico alla luce della Laborem exercens[205]. Corecco si presentava preparato all’appuntamento. Fin dalla primavera del 1986 aveva iniziato ad interrogarsi sul sindacato, coinvolgendo alcuni giovani di CL, economisti e non, che desiderava vedere impegnati in questo ambito perché avrebbero potuto sostenerne l’identità cristiana[206]. Ai loro occhi, la situazione dall’OCST era piuttosto critica: a fianco di numerosi iscritti e di una capillare diffusione sia sul territorio sia tra le categorie di lavoratori, a fianco di un interessante stile di organizzazione e dell’ampio sviluppo degli aspetti mutualistici, si registrava un calo dell’efficacia dovuto anche al mancato aggiornamento tecnico, una diminuzione della disponibilità delle persone ad impegnarsi nelle strutture sindacali ed il lavoro politico era di fatto abbandonato all’iniziativa dei singoli, senza ricerca di un giudizio comune, «e così l’organizzazione potrebbe ridursi a luogo dove procurarsi una base elettorale e scambiarsi le preferenze. Alcuni rimangono più o meno fedeli alle impostazioni originarie mentre altri vanno a finire su posizioni opposte»[207]. Era dunque in atto un pericoloso distacco dalla radice culturale, un tempo vitale. A 10 anni dalla morte di don Del-Pietro, il legame con la dottrina sociale della Chiesa rischiava di ridursi ad un’«affermazione teorica», un astratto insieme di sterili principi a priori, ne era un sintomo il calante interesse per le settimane sindacali e per i corsi interni, tenuti da don Franco Biffi[208]. Tre i possibili scenari per il futuro: la stagnazione fino allo sfascio, una modernizzazione della struttura con miglioramento dei servizi, «snaturando però l’origine storica», oppure «riprendere e sviluppare nell’oggi l’identità dell’OCST, ovvero la scelta per un sindacato in cui è presente una chiara immagine di uomo e di solidarietà: lavorare per una ricostruzione di quel tessuto»[209]. In occasione del congresso del 1987, il Giornale del Popolo pubblicava un’acuta sintesi di Antonio Gili sulla storia del movimento sindacale cristiano ticinese[210]. Da questo articolo, come pure dalle parole del presidente uscente avv. Vittorio Torriani, che auspicava un «rinnovamento nella continuità», prendeva le mosse Corecco, nella sua prolusione[211]. Egli ricordava che, tra l’alternativa offerta dalla tendenza conservatrice, arroccata nell’associazionismo cattolico organizzato intorno all’UPCT (Unione Popolare Cattolica Ticinese) e convergente nel Partito Conservatore, da una parte, e, dall’altra, dalla tendenza progressista, aperta al problematicismo teologico di estrazione modernista, che avanzava la proposta di collaborare con i socialisti ai fini di creare un’unica organizzazione operaia neutra, il nascente sindacato aveva trovato la sua strada basandosi sull’ispirazione originaria del Movimento operaio cattolico fondato sul concetto di economia popolare e di solidarietà cristiana, privilegiati rispetto all’elemento puramente rivendicativo-sindacale, secondo l’insegnamento della Rerum Novarum ripreso poi dalla Quadragesimo anno. Anche nel nuovo contesto socioculturale post-conciliare, l’OCST era confrontato con una simile alternativa: un profilo conservatore ed uno progressista, «tecnocraticamente tendente ad uno sganciamento dall’ispirazione cristiana e sensibile all’istanza laica del controllo scientifico dello sviluppo economico»[212]. Questa alternativa, descrivibile anche come polarità tra «destra» e «sinistra», era presente non solo tra i vari partiti ma anche all’interno degli stessi partiti. Il movimento cristiano sociale seppe svilupparsi in modo spettacolare in un momento storico in cui questa polarizzazione era acutissima – gli anni Trenta – grazie alla fedeltà «all’intuizione originaria presente nelle Leghe operaie cattoliche», fondate da don Carlo Roggero all’inizio del XX secolo, «l’intuizione di creare nelle classi operaie una coscienza popolare e la consapevolezza di dover vivere nel quotidiano secondo i principi della fede e della morale cristiana. […] La coscienza dell’OCST di essere titolare di un mandato – quello di esprimere, nell’ambito sociale e politico, una presenza adeguata dei cattolici e perciò della Chiesa – ha permesso di superare sia la tendenza dell’Associazionismo cattolico, collateralista rispetto al partito Conservatore, di limitarsi al compito di educare gli individui alla fede e alla vita ecclesiale; sia la tendenza del Partito Conservatore, rimasto, per lungo tempo, indifferente alla questione sociale (perché troppo dipendente dalla concezione morale individualistica di estrazione borghese), di protagonizzare la presenza politica dei cattolici. Questa concezione individualistica correva oltre tutto il rischio di attribuire al momento religioso e alla fede, come tali, un ruolo puramente ideologico, aprendo la possibilità che si insinuasse un dualismo tra la fede e la prassi non solo sociale, ma anche politica»[213]. Quali dunque i presupposti di un rinnovamento? «Il rinnovamento non può nascere da un semplice aggiornamento dell’apparato burocratico, ma non può, a mio avviso, nascere neppure solo da un’acquisizione ancora più capillare e profonda dei contenuti della dottrina sociale della Chiesa, riproposta ed amplificata dagli ultimi papi secondo prospettive sempre più globali, tali da investire con la Laborem exercens il nocciolo stesso della questione sociale, quello della dimensione religiosa e perciò della dignità del lavoro umano. Il rinnovamento può nascere solo da una nuova presa di coscienza circa le modalità secondo cui il sindacato cristiano deve essere espressione della presenza della Chiesa in ambito sociale»[214]. «Se esiste in Svizzera, anche se non più condivisa da tutti, una volontà politica precisa, come da noi, di continuare l’esperienza del sindacato cristiano, è perché si è convinti che essa non è affatto giunta ad esaurimento né storico né teorico. Infatti l’idea di sindacato cristiano ha ricevuto uno straordinario impulso dalla recente esperienza di Solidarnos´c´ in Polonia, ma anche in America latina, dalla CLAT, la Confederación Latinoamericana de Trabajadores, con sede a Caracas […]. Per capire su quali basi può avvenire un rinnovamento nella continuità, mi sembra che si debba partire da un fatto storico fondamentale, al quale abbiamo già fatto riferimento: il fatto che le organizzazioni propriamente sindacali sono nate da un movimento preesistente, con lo scopo di mettersi al suo servizio in chiave organizzativa e di difesa. […] una continuazione ed un rinnovamento a lungo termine del sindacalismo cristiano o cattolico non sarebbe perciò pensabile, se non avvenisse un rinnovamento del tessuto ecclesiale che ne costituisce l’humus e il presupposto. Un tessuto ecclesiale che genera nella coscienza del popolo, perché siano rivendicati e difesi, non interessi qualsiasi, ma interessi sociali specifici, derivanti dalla concezione propria che l’uomo cristiano ha di se stesso»[215]. Queste riflessioni di Corecco rileggevano attualizzandolo, da una parte, l’esempio di don Del-Pietro, che aveva iniziato il suo compito e realizzato il portentoso sviluppo del sindacato, visitando infaticabilmente – senza mezzi di trasporto[216] – ogni parrocchia, per spiegare la funzione di un sindacato e svegliare la consapevolezza della dignità umana e cristiana dei lavoratori nella coscienza dei fedeli e dei parroci, e dall’altra, l’insegnamento di Giovanni Paolo II, ed il suo potente richiamo alla sacralità del lavoro e alla natura di un vero sviluppo economico. Anche l’OCST era dunque chiamato al suo interno ad «un rinnovamento in termini ecclesiali, a partire dai suoi fondamenti dottrinali: la dottrina sociale della Chiesa. […] Il problema è quello di riappropriarsi sempre di nuovo delle categorie di base che le sono proprie, in termini però non semplicemente giusnaturalistici, ma a partire da una loro lettura sempre più esplicita nella fede. […] Il rischio del sindacalista, come quello di qualsiasi cristiano, sta sempre nella tentazione di svuotare in senso secolarizzato le categorie fondamentali della propria esperienza cristiana ed ecclesiale. […] solo se la nostra esperienza di fede coincide con la nostra adesione personale e comunitaria alla Chiesa abbiamo la garanzia di non svuotare il messaggio cristiano, essenzialmente sociale, a messaggio secolarizzato, incapace di creare qualsiasi movimento, anche di natura sociale cristiana. Solo la comunione reale tra i cristiani è dirompente fino al punto da trasformarsi in “movimento” […] anche l’OCST è nata come movimento. Il documento preparatorio di questo Congresso – L’OCST e il suo futuro – intende esplicitamente rilanciare questa organizzazione come “movimento”»[217]. L’approccio di Corecco lasciò un profondo segno in tutti ma soprattutto in don Franco Biffi. Nel mese di ottobre il presidente Camillo Jelmini scriveva a Corecco per informarlo del desiderio dei responsabili del sindacato di poter riprendere con lui i contenuti del suo discorso[218]. Dal canto suo don Franco Biffi approfittava della presenza di Corecco a Roma per il Sinodo sui laici per incontrarlo e riassumeva i contenuti del colloquio in un breve scritto[219], distribuito poi in preparazione della riunione con i responsabili del sindacato, fissata al 28 novembre 1987[220]. Quel giorno, in un serrato dibattito si chiedeva al Vescovo di spiegare meglio la necessità che l’OCST tornasse a diventare un «movimento» cristiano. Quali potevano essere i suoi rapporti con gli altri movimenti e quale incidenza sul suo futuro? Si prospettava forse una confessionalizzazione del sindacato? «Cosa può darci la Chiesa? Come possiamo contribuire alla crescita della Chiesa?», chiedeva il presidente Jelmini. Le domande ruotavano soprattutto attorno ai problemi istituzionali: l’immagine del sindacato, i suoi rapporti con gli altri sindacati cristiani della FSSC, i suoi rapporti con i movimenti ecclesiali, con le parrocchie. Corecco puntualizzava il suo pensiero: «L’OCST è stato strumento di crescita per la Chiesa ticinese. L’Organizzazione è strumento (che dovete assumere voi) perché avete fatto il sindacalismo a partire da una chiara coscienza cristiana. Oggi essa deve diventare coscienza ecclesiale, testimoniare la fede. Non dovete oggi ricostituire l’AC, dovete essere voi qualcosa, senza diventare movimento ecclesiale, dovete pensare voi a questa formazione ecclesiale. “Movimento” è gente che si mobilita per un ideale. Noi siamo movimento sindacale perché c’è gente che si è mobilitata nel sindacato per l’ideale cristiano-sociale. Oggi da movimento siete diventati “organizzazione”. È giunto il momento di riscoprire l’essere movimento. Altrimenti si fa burocrazia e il sindacato diventa il sindacato neutro, per cui tanto vale farlo in una associazione, in un sindacato unico. Rilanciare qualcosa che sia su una base di libertà, ma libertà che sia una scelta». In qualcuno emergeva con insistenza la nostalgia per l’AC, per il ruolo educativo che un tempo svolgeva nella parrocchia e la fatica nell’intravedere i contorni del compito che il Vescovo affidava anche al sindacato: ricostruire il tessuto ecclesiale. Corecco rispondeva senza nascondere le difficoltà ma invitando soprattutto a non «giocare allo scaricabarile», invitando ognuno ad assumere i suoi compiti. «L’associazionismo attuale non nasce dall’alto, ma da tanti carismi, creando dei problemi all’interno della parrocchia, ma non bisogna esasperare queste tensioni, non dobbiamo preoccuparci. Il problema è l’assenza di un’azione, per esempio tra i giovani. Non sono i movimenti che bloccano le parrocchie. C’è spazio per tutti: ognuno faccia quello che può. Occorre capacità di proporre (fantasia). Ognuno deve risolvere i propri problemi: ne dovrebbe nascere una convergenza. Fare l’esperienza di essere Chiesa qui dentro, altrimenti il Cristianesimo diventa ideologia, cioè un’idea non vissuta»[221]. Don Biffi, che trovava in queste indicazioni la piena valorizzazione del suo ruolo di assistente ed anche delle sue riflessioni sull’impegno dei laici e la vocazione del sindacato cristiano, esprimeva la sua intenzione di impegnarsi nella direzione indicata, rilevando però che senza collaborazione non poteva operare. Dal canto suo, il presidente Camillo Jelmini definiva quel momento «un incontro storico, da segnare» e così sintetizzava il chiarimento circa l’OCST:
«non è un movimento ecclesiale, ma deve fare del sindacalismo cristiano.
- Fa parte della Chiesa, è Chiesa. Ne consegue una responsabilità che non possiamo scaricare.
- formazione personale e del movimento
- incontro: punto di partenza. Trovare spazio e tempo per queste cose»[222].
La serietà con cui si tenne presente l’impegno a collaborare alla ricostruzione del «tessuto ecclesiale» è visibile nel modo con cui, quattro anni dopo nel 1991, in occasione del centesimo anniversario della Rerum Novarum, l’OCST decideva di ricordare la ricorrenza, dedicandole una giornata di convegno, il primo maggio, al Palazzo dei Congressi di Lugano, con il titolo Per costruire insieme un domani più solidale. Il pensiero sociale della Chiesa nella realtà ticinese: riflessioni, testimonianze e prospettive. Fu l’occasione per dare voce alle presenze cristiane nel cantone: Peter Demarmels per l’Associazione imprenditori cristiani, Mimi Bonetti Lepori per la Caritas, Carmen Pronini per la UFCT (Unione femminile cattolica ticinese) e Giorgio Zappa per la FDT (Federazione Docenti Ticinesi); nel pomeriggio intervenivano S. E. mons. Agostino Ferrari Toniolo, Osservatore della S. Sede presso la FAO, sul tema «Le grandi linee del magistero sociale della Chiesa», ed il Consigliere di Stato Renzo Respini a proposito de «L’impegno dei cristiani per la città dell’uomo»[223]. Corecco, invitato a tenere l’intervento conclusivo, ricordava come solo apparentemente certi contenuti della Rerum Novarum, là dove evocavano le miserabili condizioni dei lavoratori, non erano più di attualità perché quella descritta rimaneva la situazione dei lavoratori di buona parte del mondo. In secondo luogo la vera radice dell’ingiustizia sociale, ovvero «una comprensione inadeguata della dignità della persona umana», non sembrava essere stata estirpata, malgrado il fatto che alcune delle sue conseguenze fossero state curate. «Il lavoro dell’uomo non è una cosa, il lavoro è l’uomo e partecipa del valore dell’uomo stesso […]. È possibile, infatti, che il lavoro sia ben pagato, ma che il modo in cui il lavoro è organizzato leda ugualmente i diritti e la dignità del lavoratore, perché attraverso tale lavoro si deforma la sua personalità morale, o la si lascia morire per mancanza di una adeguata alimentazione e sostegno. Lavorando l’uomo ha bisogno e ha il diritto di far parte di un’autentica comunità di lavoro con gli altri uomini, e di far esperienza, vivendo in tale comunità, del proprio valore come persona. Quando questo non avviene l’uomo è alienato, anche se ben pagato. […] Anche se nelle nostre società del benessere la povertà e lo sfruttamento fossero scomparsi, l’alienazione di credere di valere per ciò che si possiede e per ciò che si è capaci di fare, e non invece per quello che si è, con le proprie qualità umane più autentiche, è sempre più diffusa. La domanda, se il lavoro sia trattato come una merce o invece come una espressione della persona umana, vale da noi come nel Terzo Mondo, oggi come cent’anni fa»[224]. Non era quindi a caso che Corecco rilevava come l’enciclica di Leone XIII fosse estremamente sensibile sul tema della distribuzione della ricchezza e non altrettanto su quello della sua produzione. Ora, essendo l’origine di questa la naturale fecondità della terra ed il lavoro dell’uomo, ed essendo questo secondo fattore sempre più importante, egli si augurava che il magistero pontificio lo facesse oggetto della sua riflessione[225]. Da ultimo non mancava di cogliere l’occasione per ringraziare: i vescovi suoi predecessori, che avevano promosso la presenza della Chiesa sul fronte dei problemi sociali, i presbiteri ed i laici che a questo servizio avevano dedicato le loro energie e tutta la loro vita, e l’OCST per aver organizzato un convegno non di specialisti e addetti ai lavori, ma «popolato di testimoni di un lavoro iniziato un secolo fa, sviluppatosi in tutto l’arco di questo tempo e in pieno svolgimento anche oggi. Un Convegno tenuto da persone protagoniste e rappresentative di molte opere in atto. Solo la limitatezza del tempo ha impedito che altre esperienze sociali e culturali presenti in Diocesi potessero manifestarsi a questo convegno»[226].
1.2. La Caritas diocesana
A partire dagli anni ’70, la Caritas diocesana aveva visto una consistente estensione dei suoi compiti che includevano ora l’impegno a favore delle adozioni internazionali, con i relativi corsi di formazione, il costante sostegno alle iniziative a favore della vita, mentre non veniva meno la sua presenza sui luoghi colpiti da catastrofi naturali, come nel caso dell’alluvione in Valtellina nel 1986[227]. Cresceva inoltre in misura esponenziale, in proporzione con il numero di rifugiati che ne facevano richiesta, l’impegno relativo all’asilo politico, iniziato nel 1976 con l’apertura dell’Ufficio Rifugiati, per l’accompagnamento dei richiedenti l’asilo nel Luganese. Di fronte al tentativo delle autorità di arginare il problema modificando in senso restrittivo la legge sull’asilo, la Caritas, il cui lavoro fu riconosciuto e finanziato solo dal 1986, si impegnò anche sul fronte politico per ottenere pratiche più ospitali.
L’ente si era specializzato nella ricerca di alloggi e di lavoro. A partire dal 1987 sviluppava un servizio di rappresentanti alle audizioni, ovvero ai colloqui per decidere se accogliere o rifiutare la domanda di asilo[228].
È di quello stesso anno la costituzione di un nuovo Ufficio Caritas diocesana, che dal 30 giugno era stata affidata alla direzione di don Giuseppe Torti, mentre don Emilio Conrad partiva di nuovo per la missione a Barranquilla in America Latina, avendo rilevato il testimone da don Pietro Borelli, rientrato in Ticino anche per far parte, come membro, del neo-costituito ufficio, al fianco di Roby Noris, vice-direttore, di Mimi Bonetti Lepori e Mimma Crivelli, membri. I cambiamenti non erano stati calati dall’alto: Corecco aveva visitato la sede della Caritas il 22 gennaio 1987, incontrando collaboratori e volontari, ed il mese seguente aveva ricevuto in udienza Roby Noris[229].
Corecco mantenne vivo il suo interesse per la Caritas e seguì lo sviluppo delle sue varie attività[230], partecipando a momenti come l’inaugurazione del mercatino di Lugano[231] o le porte aperte al Centro Rifugiati di Pollegio[232]. Fu sempre presente quando si trattava dei rapporti con la Caritas svizzera[233] e soprattutto partecipò attivamente alla formazione delle persone impegnate nell’assistenza ai morenti[234] ed in generale alla formazione degli operatori[235]. Gli stava a cuore che la Chiesa si facesse presente anche attraverso i mass-media; approfittò quindi della particolare preparazione di Roby Noris per sollecitarlo ad arricchire la Caritas di un centro televisivo, per la promozione e la diffusione delle attività caritative ma soprattutto per la diffusione della cultura cristiana. «Caritas insieme», con le sue trasmissioni settimanali, affiancò la missione fino ad allora affidata al Bollettino[236].
L’intervento di Corecco nel lavoro della Caritas diocesana non si limitò ad estenderne il campo delle attività. Sulla scorta del magistero di Giovanni Paolo II, che, anche in questo caso, veniva per lui ad approfondire e a rifondare autorevolmente un’intuizione di don Giussani[237], egli volle che gli operatori della Caritas prendessero coscienza della dimensione autentica della carità cristiana. Intervenendo al congresso del 1992, che ricordava i 50 anni dell’ente, egli rileggeva l’enciclica Sollicitudo rei socialis di Giovan ni Paolo II (del 1987), mettendo in rilievo, da un lato, la assoluta diversità della carità cristiana da qualunque attività di beneficenza e, dall’altro, l’estrema necessità della carità, in una società, che, almeno nel mondo occidentale, si rendeva sempre più capace di far fronte al bisogno materiale ma era sempre meno in grado di preservare la dignità dell’uomo. Al pari del sindacato, la Caritas era dunque chiamata a farsi plasmare dalla dottrina sociale della Chiesa: «La transizione, nella dottrina sociale della Chiesa, da una visione fondata sul diritto naturale e perciò sulla virtù della giustizia, ad una visione fondata sulla solidarietà cristiana e perciò sulla comunione e la carità, rende il ruolo della Caritas insostituibile, perché è chiamata a realizzare non solo la giustizia umana, ma la solidarietà cristiana, che nella sua espressione più precisa assume la caratteristica della comunione e della carità. Qualunque dovesse essere la natura e il settore dei suoi interventi in campo sociale, la Caritas è chiamata, con urgenza sempre più grande, ad esprimere nella società due valori specifici del Cristianesimo, la cui rilevanza sociale non è misurabile con criteri puramente razionali.Il primo è la gratuità verso l’uomo in difficoltà, poiché è stata gratuita anche la redenzione offertaci da Cristo. Il secondo è quello dell’eccedenza, poiché eccedente è l’amore di Cristo verso di noi. La carità non ha come misura il bisogno dell’altro, ma la ricchezza dell’amore di Dio. È infatti limitante guardare l’uomo e valutarlo a partire dal suo bisogno, poiché l’uomo è più del suo bisogno e l’amore di Cristo è più grande del nostro bisogno. Sarà sempre possibile dare nei confronti dell’uomo e dei suoi bisogni, spirituali e materiali, una testimonianza di gratuità e di eccedenza. Anzi, è un dovere al quale siamo chiamati in forza della nostra vocazione cristiana. Ne consegue, più che mai, che la carità, anche nella forma istituzionale della Caritas, non può essere eliminata dall’esperienza di una Chiesa particolare e non può perciò essere eliminata dalla nostra diocesi»[238].
1.3. La ricostruzione del tessuto ecclesiale: l’Azione Cattolica, le associazioni e i movimenti
1.3.1. L’Azione Cattolica
La decisione di Corecco di «ripartire con l’Azione Cattolica» si inscrive nel desiderio di ricostruire il «tessuto ecclesiale» e corrisponde al suo metodo di «guardare quello che c’è». Fin dal primo anno di episcopato si registrano i suoi incontri con le esponenti dell’UFCT[239], tra cui Carmen Felicioni e Carmen Pronini, laica consacrata membro del ramo femminile dell’istituto dei Missionari della Regalità di Cristo, fondato da Armida Barelli, la fedele collaboratrice di padre Agostino Gemelli. L’attività di questo ramo di AC non aveva subito flessioni: le donne si incontravano regolarmente, animavano l’annuale giornata dell’amicizia, si occupavano della casa di vacanze La Montanina di Camperio e organizzavano regolari e importanti corsi di formazione impartiti da personalità di spicco del mondo ecclesiale italiano (mons. Ravasi per fare un solo nome), da ultimo avevano accolto con estremo interesse e gratitudine le indicazioni della Christifideles laici[240]. Corecco ben sapeva che molte tra le persone più disponibili alla proposta della Scuola della fede provenivano dai ranghi dell’AC[241]. La scintilla, che gli doveva rivelare pienamente la persistente vitalità di quest’associazione, si accese però in occasione di un ben frequentato pellegrinaggio ad Einsiedeln, durante le celebrazioni per l’Anno mariano 1988: con sua grande sorpresa all’uscita dalla basilica si levò spontaneamente dalla folla l’inno dell’AC «In fronte ci splende…»[242]. Anche in precedenza, l’apertura di quella celebrazione aveva radunato a Locarno in Piazza Grande, attorno alla statua della Madonna del Sasso, circa 6000 persone[243] (e un buon numero di pellegrini avrebbe partecipato anche alla chiusura dell’Anno mariano, tenuta a Morbio Inferiore al santuario della Madonna dei Miracoli[244]). Da dove veniva tutto questo popolo? Con la franchezza che sempre l’ha contraddistinto, nel bene e nel male, Eugenio Corecco confessava il suo stupore ed il desiderio immediato di far emergere questa sorta di fiume carsico. In quest’ottica convocò le responsabili dell’UFCT ed il loro assistente spirituale mons. Giuseppe Bonanomi, che era anche il suo cancelliere vescovile, il 6 aprile 1989[245]. Carmen Pronini presentava una circostanziata relazione sul numero di aderenti, le attività e le opere legate all’Azione Cattolica e segnalava appunto la cordialità con cui non pochi membri aderivano al piano pastorale della diocesi, partecipandovi attivamente. I membri di AC, seguendo la raccomandazione della Christifideles laici, già si impegnavano nel compito di formazione di laici maturi, ma aspiravano ad essere riconosciuti anche come associazione e a potersi aprire ai giovani ed alle famiglie[246]. Corecco non poteva non accogliere un desiderio, che, nel suo scopo ultimo, coincideva con il suo ed un’esperienza, che aveva dato così buona prova di capacità educativa. Anzi vi intravedeva una via per rispondere ai suoi interrogativi e condivideva con queste persone le sue preoccupazioni pastorali: «Perché la Cresima è diventata un sacramento di uscita? Perché la Cresima non cambia nessuno, non fa nascere un senso di appartenenza alla Chiesa? Con la catechesi il ragazzo ha imparato delle cose, ma non è cambiato dentro; in lui non è scattato nessun orientamento. Il modello da seguire è quello che ha sempre avuto l’AC; i movimenti hanno dato ai ragazzi una realtà da vivere (vedi l’Oratorio). Bastano alcuni parroci che fanno vedere che succede ancora qualcosa. È necessario riesaminare quello che stiamo facendo per vedere se bisogna cambiare stile»[247]. Dalla discussione riemergeva il desiderio di continuare a incontrare e conoscere le realtà presenti[248] e per finire Corecco proponeva di organizzare un congresso, in autunno[249]. Quello dell’AC era il secondo «cantiere di ricostruzione» cui Corecco poneva mano. Aveva infatti iniziato il dialogo con i responsabili delle Confraternite, alle quali intendeva dare un nuovo statuto, che le aiutasse a precisare la loro vocazione di ambiti di educazione alla fede ed alla preghiera, ed alle quali proponeva di costituire una unione[250]. Anche a proposito delle Confraternite aveva in mente un congresso e lo sfiorò persino l’idea di trattare in un’unica occasione le due realtà. Ma per finire optò per un congresso per l’Azione Cattolica in autunno, dichiarando la sua disponibilità ad essere presente rinunciando a qualunque altro impegno e rinviando il congresso delle Confraternite all’anno seguente[251]. Poche settimane dopo il 21 aprile, il comitato UFCT si riuniva di nuovo. L’ipotesi del congresso a breve, in ottobre per la precisione, sembrava impraticabile per la ristrettezza del tempo, ma mons. Bonanomi si era già assicurato la disponibilità del Palazzo dei Congressi; si decise dunque di costituire un comitato organizzativo con membri dell’UFCT, dell’Ufficio Diocesano Pellegrinaggi, degli Esploratori ed Esploratrici, del Gruppo interparrocchiale della Valle Maggia. Una riunione preliminare era fissata al 6 maggio, mentre si stabiliva di informare immediatamente i Vicari foranei. Si procedeva quindi a definire un canovaccio della giornata: al saluto del Vescovo sarebbe seguito l’intervento di una personalità di spicco, che in veste di oratore ufficiale, avrebbe presentato i contenuti dell’Azione Cattolica, nel pomeriggio erano previste testimonianze da parte di un adulto, di un giovane e una giovane[252]. Puntualmente, l’8 ottobre 1989 si apriva il congresso. Per l’occasione, Corecco rilasciava un’importante intervista a Pietro Ortelli chiarendo alcuni punti fondamentali nel tentativo di spegnere sul nascere qualunque polemica sulle passate relazioni tra Comunione e Liberazione e l’Azione Cattolica[253]. I lavori erano aperti dal saluto di Carmen Pronini, presidente dell’UFCT, seguita dalla relazione di Alberto Bottani[254] su «L’Azione Cattolica e il Ticino». «L’attualità della proposta di AC»
era il tema affrontato da Marcello Bedeschi[255], presidente dell’AC diocesana di Ancona-Osimo, mentre il lavoro educativo con l’ACR era brillantemente trattato da Paola Mescoli-Davoli, presidente dell’AC diocesana di Reggio Emilia[256]. Seguiva l’ampia relazione di Corecco, che ripercorreva l’origine e la storia dell’Azione Cattolica e ne rileggeva il compito alla luce della Christifideles laici. Il vescovo metteva in rilievo l’aspetto associazionistico; ne accoglieva pienamente il carattere, sottolineando la necessità che l’adesione fosse pienamente libera, ma vincolante una volta decisa; Corecco chiariva anche che l’AC non rivendicava nessun tipo di monopolio. Per statuto, gli aderenti all’Azione Cattolica erano chiamati a conformarsi al piano pastorale del vescovo, perché questo servizio, e non altro, era la vocazione dell’associazione. A Corecco non pareva vero di poter trovare, almeno potenzialmente, così tante persone disponibili al suo progetto di rievangelizzazione della società. Il Congresso apriva davvero una nuova stagione. La signora Mescoli-Davoli era lieta di mettersi a disposizione per la formazione degli adulti, tenendo apprezzati corsi a La Montanina. Dopo il Congresso, i parroci vennero coinvolti nella proposta. Nacque così un vivace movimento di adulti, provenienti da diverse parrocchie, che seguivano con fedeltà i momenti di formazione. Da qui partiva anche una sinergia
http://www.avvocatimescolidavoli.it/?id=1296051530:
con la Pastorale familiare, affidata da Corecco a don Renzo Bonetti[257], che aveva probabilmente incontrato a Roma. Non poche di queste persone, soprattutto donne, si impegnavano come catechiste (avrebbero poi frequentato i corsi dell’Istituto di teologia per ottenere il relativo diploma) ed aderivano con entusiasmo alle proposte caritative della diocesi o della Caritas[258]. Negli anni seguenti, l’AC si sarebbe radunata a convegno il 5 dicembre 1992 a Lugano[259] ed il 14 novembre 1993 a Bellinzona[260]. Stava a cuore al Vescovo la ripresa di tutta l’AC, anche quella maschile. Ne scriveva nel settembre del 1990 ad un amico, che si scusava per non aver potuto partecipare ad un momento di festa a Camperio per impegni di lavoro: «Si pone il problema della AC maschile adulti. Sarà possibile ricucire i rapporti tra i “dispersi”? Non lo so. Mi sembra che così pochi, in mezzo a tante donne, rischiano di non sapere come muoversi»[261]. In una lettera, indirizzata in particolare a loro e facendo notare che per forza di cose l’ACG (giovani) era mista, Corecco poneva agli uomini di AC l’interrogativo a sapere se volevano continuare come sezione distinta da quella femminile, come da tradizione, li invitava ad un incontro in via Nassa per il 13 gennaio
http://www.misterogrande.org/don-renzo/:
1991[262]. Li incontrava di nuovo in curia dopo pochi mesi[263]. Nel mese di gennaio 1992 trovava il tempo di predicare una mattinata di ritiro agli uomini di AC di Muralto[264].
Corecco decideva di occuparsi personalmente dei giovani e chiese la collaborazione di don Carmelo Andreatta. Questo giovane prete, che era stato consacrato nel 1982, aveva scoperto la sua vocazione sacerdotale partecipando al movimento dei Focolari ed era reduce da un periodo di formazione presso la loro Scuola sacerdotale di Loppiano[265], lo affiancò in tutte le attività: pellegrinaggi, ritiri, vacanze e incontri mensili. Infatti la proposta ai giovani si strutturò rapidamente in un fitto calendario di appuntamenti: la Veglia di Avvento, il Cammino della Speranza (all’inizio della Settimana Santa), la salita al Tamaro (al termine dell’anno scolastico), i pellegrinaggi, le vacanze e soprattutto un momento mensile di catechesi per i così detti responsabili, che si teneva il sabato mattina presso il Centro Cristiano di Breganzona, con una lezione, uno spazio di silenzio per la meditazione personale ed infine un’assemblea. Faceva seguito il pranzo, preparato con grande disponibilità dalle signore dell’UFCT, alle quali non pareva vero di veder rifiorire l’associazione a cui avevano dedicato la loro vita. Partecipavano a questo incontro circa un centinaio di giovani. L’indicazione di metodo fondamentale era quella di verificare il cambiamento di vita generato dalla fede nell’intensa amicizia tra di loro, nel concreto della giornata e nell’iniziativa missionaria. I ragazzi erano invitati a presentarsi al parroco e a chiedergli di poter incontrare altri giovani. Se il parroco non acconsentiva, non dovevano insistere ed erano liberi di fare altrove la loro proposta. Per sostenere questa intensa attività e mantenere i contatti, si era resa necessaria una segreteria che, prima di insediarsi in via Nassa 66, aveva invaso gli uffici della Curia, creando quell’animata confusione giovanile che ha costantemente accompagnato le residenze di Corecco. Pellegrinaggi e ritiri erano momenti privilegiati di invito per i nuovi, che sarebbero stati affidati alle particolari cure appunto dei «responsabili», ovvero a quelli che avevano consolidato la loro adesione con una pubblica promessa a farsi missionari nell’ambito della loro quotidianità, e sostenevano il loro impegno abbracciando anche una regola di preghiera e la scelta di rimanere fedeli ai rapporti di amicizia nati dall’incontro. Ogni due anni ricorreva il grande appuntamento della GMG, da cui tutto questo movimento traeva nuova forza nella sequela al magistero di Giovanni Paolo II. Eugenio Corecco si coinvolgeva il più possibile nel rapporto personale con i ragazzi, facendo estrema attenzione a ciascuno di loro[266]. L’obiettivo, ricordato con insistenza anche a coloro che si occupavano dei giovani nelle parrocchie, era l’incontro personale con Cristo e l’adesione alla Chiesa. Così scriveva ad un diacono, in servizio in una parrocchia, indicando un fondamentale aspetto di metodo: «Carissimo don Claudio, ti sono molto grato per la tua lettera. Evidentemente, mi è difficile dire se le iniziative da te prese sono, nel concreto della situazione, giuste o meno. Ma non è questo ciò che conta. Essenziali sono i criteri con i quali operi (non le singole iniziative) e questi mi sembrano perfetti: l’unità con l’arciprete e nel limite del possibile anche con don M. (anche se non è responsabile di te) e con il Movimento. L’unità genera unità. In secondo luogo è importante che la tua attività miri sempre a educare le persone; in modo sicuro e determinante anche se bisogna lasciar loro una grande libertà interiore. Il lavoro non è mai fine a sé stesso ed ogni volta che abbiamo una pretesa sugli altri togliamo loro la libertà e roviniamo tutto. La gente deve percepire che la nostra intenzione è quella di condurle a incontrare il Signore, personalmente. In terzo luogo cerca di far capire ai ragazzi di appartenere alla chiesa. Uno deve crescere sapendo a chi appartiene. Non al prete, non al gruppo in quanto tale, ma alla chiesa che è il mistero in cui Cristo si manifesta»[267]. Alcuni giovani daranno testimonianza del significato di questo incontro: «Ognuno di noi ricorda con esattezza il giorno, l’ora ed il luogo dell’incontro con lui, perché quel momento è stato decisivo. Cinque anni fa è nata una compagnia “un’amicizia per la Chiesa” come la definiva lui e come la viviamo tra noi, che ha preso il nome di Azione Cattolica Giovani. Questa esperienza di preciso servizio alla Diocesi, portata avanti da tanti giovani in strettissima comunione affettiva ed effettiva con il Vescovo Eugenio ha coinvolto centinaia di altri giovani e di ragazzi in pochi anni. Il suo modo di vivere con noi è stato quello precisato da S. Agostino: Vescovo per voi e cristiano con voi. Fedele nella quotidianità della nostra amicizia a queste parole, che il Vescovo Eugenio ha fatto proprie all’inizio del suo ministero episcopale, ci ha educato alla dimensione della piena comunione nella Chiesa, vivendola in prima persona. In Lui non abbiamo mai fatto fatica a riconoscere il nostro Pastore, e nei mille episodi personali che hanno toccato tutti nel cuore, il nostro papà, l’amico più caro, il nostro fratello. L’origine della comunione è Cristo ed il modo nuovo di vivere i rapporti tra le persone che nasce dall’appartenenza a Lui è il comandamento dell’amore»[268].
Per molti giovani gli anni tra il 1988 (anno del GMG a Santiago di Compostela, che per Corecco fu l’esordio della compagnia con loro) ed il 1995 (anno della GMG di Manila, alla quale non partecipò a causa della malattia giunta ormai allo stadio terminale) furono quelli cruciali della loro formazione e della loro scelta vocazionale: il sacerdozio (e Corecco faceva in modo che i giovani che si avviavano su questa strada pronunciassero il loro primo impegno e ricevessero gli ordini minori durante i raduni giovanili, ovvero nel luogo dove probabilmente avevano sentito la chiamata[269]), una vocazione verginale oppure la consacrazione matrimoniale. Prendeva avvio una bella realtà di giovani famiglie, che si sarebbero fatte compagnia nella fede[270]. L’attenzione ai primi anni della vita matrimoniale, spesso difficili perché la solidità della base affettiva veniva messa alla prova, era già presente in Corecco. Con grata meraviglia, nel 1992 era venuto a sapere che in val Riviera alcune giovani famiglie si facevano buona compagnia proprio in questo delicato momento; chiese con umiltà di poter partecipare a qualche incontro per conoscere meglio un’iniziativa ai suoi occhi davvero provvidenziale. Da qui l’amicizia con i coniugi Naiaretti che, aderendo ad un profondo desiderio espresso dalla signora, porterà alla decisione di partire per una delle missioni sostenute dalla diocesi di Lugano, quella di Barranquilla in Colombia[271].
1.3.2. Le associazioni
Corecco sembra aver superato ogni diffidenza sessantottina nei confronti delle associazioni: egli aveva chiarito che si aspettava che fossero un ambito vivo di vita e di fede, prima che luoghi di potere pre-partitico, e non aveva quindi preclusioni di sorta, anzi, convinto come era che la personalità cristiana potesse formarsi e crescere solo in una compagnia, gli sembrava quanto mai opportuno che le persone si associassero tra loro, per trovare sostegno nella fede (ed è questo il caso delle Confraternite[272]) e, quando potevano, condividere ed affrontare insieme le sfide del proprio ambito lavorativo: fiorirono così i Medici cattolici[273], i Giuristi cattolici e gli Imprenditori cattolici, rinnovando una tradizione associazionistica, anche schiettamente confessionale, che tanto ha contribuito a fare della società elvetica un’interlocutrice valida dello stato, in uno stile di sussidiarietà. Nella visione di Corecco però la caratteristica confessionale di queste associazioni non voleva essere una condicio sine qua non per potervi partecipare. Era quanto chiariva in una lettera a Elisabetta Meier, medico, che gli aveva inviato gli statuti dell’erigenda associazione «Medici cattolici». Rammaricandosi di non avere il tempo di preparare un vero «piccolo controprogetto», l’allora prof. Corecco si soffermava sull’art. 2, dedicato agli scopi dell’associazione «se la si concepisce come luogo di formazione, non bisogna essere troppo esigenti; se la si concepisce come gruppo di pressione allora si può abbracciare la tesi del rigore. Personalmente opterei per la prima formula. Ciò che conta non è di stabilire fin dall’inizio, né mai, chi ci sta o non ci sta su alcuni principi formulati nella loro ultima esigenza, bensì di far partire un movimento di medici (come è già partito del resto) che vogliono approfondire la comprensione dei problemi posti oggi dalla fede alla medicina, a livello dottrinale e professionale. Concepirei l’associazione, al di là della formula giuridica dell’associazione che è sempre solo quello che è, come una fraternità di medici cattolici o anche solo cristiani, che vive sulla base di un desiderio di approfondire l’amicizia, che affronta gli interessi dottrinali, professionali e personali comuni, nella più grande libertà. Perché il tutto abbia una speranza di durata e non si inciampi alle prime difficoltà, sclerotizzandosi attorno a questioni di legittimazione di appartenenza all’associazione, bisogna essere duttili nella formulazione degli statuti. La questione essenziale sta nei contenuti che saranno dati di fatto all’attività dell’associazione»[274]. Nella stessa direzione di apertura e collaborazione si indirizzavano le indicazioni alla Lega delle Maestre Cattoliche, che si sarebbe trasformata, nell’arco dei 5 anni che intercorsero tra il 70° (1988) ed il 75° di fondazione (1993), in Lega delle Maestre e dei Maestri Cattolici, accogliendo al suo interno i catechisti e le catechiste parrocchiali, i membri della FDT, i docenti delle scuole cattoliche, altri insegnanti ed educatori[275]. Partecipando alla festa in occasione della festa per il 70° di fondazione, quando si sentiva la necessità di riformare gli statuti, Corecco aveva messo in rilievo come l’aspetto principale dell’associazione fosse quello di proporsi come «valido punto di riferimento agli educatori e docenti cristiani. Se necessario anche al di là della struttura di associazione civile, come comunità di persone che si impegnano ad approfondire un discorso ed a concretizzarlo»[276].
Auspicio di Corecco non era la moltiplicazione delle associazioni, ma la sinergia tra di loro, come ebbe a sottolineare in quello che di fatto sarebbe stato il suo congedo da loro, quando le convocò, tutte insieme, il 30 settembre 1994 a Lugano nella sala della chiesa di S. Rocco[277].
A livello giovanile si interessò anche agli Esploratori, un’associazione che, nel corso della sua presenza centenaria in Ticino, si era divisa in due rami, uno cattolico (AEC) ed uno laico (AGET)[278]. Nel 1987 incontrava a due riprese i responsabili dell’associazione cattolica ed i suoi assistenti[279]; delegati dell’AEC erano stati invitati a partecipare al CP. Forse proprio in questa assemblea, al movimento scout era stata indirizzata qualche critica: da Soletta, dove seguiva il noviziato tra i Frati Cappuccini, scriveva al Vescovo frate N. G., per rivendicare la piena appartenenza degli scout all’ambito dei movimenti cattolici e per sottolineare il loro grande servizio educativo; Corecco rispondeva immediatamente. Si stupiva dei timori del frate, nessuno aveva messo in dubbio il grande servizio reso dagli scout, tuttavia qualche problema si poneva. L’AEC (o AEEC, come si diceva per riguardo alle sezioni femminili) non poteva rivendicare nessuno statuto di «obbligatorietà» presso le parrocchie e doveva chiarirsi rispetto all’auspicio, frequentemente riproposto dal periodico del movimento Fiordaliso, di riunificarsi con l’AGET, il ramo «laico» dello scoutismo ticinese. In caso di riunificazione dove sarebbe avvenuta la catechesi dei giovani? Per Corecco il fattore fondamentale restava però quello della leadership ed egli invitava il suo corrispondente a non lasciare il suo impegno scout, a crescere nella vocazione ed anche a restare in contatto con lui[280]. L’anno seguente era M. C., da poco entrato a far parte della redazione del periodico scout Fiordaliso, ad invitare Eugenio Corecco ad aiutare «a fare chiarezza sull’impegno scouts cattolici» con un contributo sulla rivista[281]. Nel 1992 il 1° maggio partecipava alla giornata Capi AEEC, sul tema «progressione personale, il metodo scout come momento educativo per la crescita nella Fede» e la concludeva con una sintesi pubblicata sulla rivista[282]. Lo stesso anno ne scriveva ad un giovane prete, impegnato in parrocchia soprattutto con i giovani: «Il problema degli scouts sta nel fatto che molti adulti che ora dirigono il movimento sono stati educati solo secondo il metodo scout che presuppone solo l’esistenza di un Dio naturalmente conoscibile dalla ragione umana. È difficile perciò utilizzare questo metodo per una educazione cristiana e ecclesiale specifica. Ecco perché gli adulti non credono più a nulla. Spero che voi giovani preti che vi impegnate con gli scouts sappiate operare con loro in modo da far scoprire la fede cristiana […]»[283]. Un ultimo intenso incontro lo tenne in Curia con nove responsabili (di cui 3 assistenti) il 18 gennaio 1994 e con loro affrontava di nuovo il problema della riunificazione dei due rami del movimento. Oltre al naturale desiderio di unità condiviso da molti membri dell’AEC, preoccupava i responsabili il fatto che tra gli esploratori laici militassero molti giovani cattolici, non più raggiungibili da una eventuale catechesi. Dagli interventi emergeva una certa incertezza circa la natura di questo messaggio cristiano comunicato attraverso lo scoutismo, la speranza che il metodo scout potesse essere un collante sufficientemente forte per riunire e tenere uniti i due rami del movimento superando le differenze, ed il timore di non saper rispettare la libertà di coscienza dei membri. Corecco aveva un giudizio molto chiaro: lo scoutismo non era in grado di superare le differenze e l’esistenza di un movimento scout cattolico era del tutto giustificata dalla sua missione, che rimaneva quella di educare alla fede. Vi si doveva aderire in piena libertà. Se tutti se ne fossero andati, lui avrebbe ricominciato ex novo. Il compito educativo toccava in primo luogo agli scout più grandi e adulti, perché purtroppo non poteva mettere a disposizione un maggior numero di sacerdoti[284].
Problemi di questo tipo sembravano lontani dal movimento scout italiano, che presentava un netto carattere cristiano. Il 30 dicembre 1989 Corecco non aveva mancato di celebrare la S. Messa in chiusura della Route che gli scout di Soviore avevano percorso nella diocesi di Lugano[285]. Gruppi scouts di Varese hanno per anni organizzato il loro campeggio estivo in Leventina, avvalendosi dell’ospitalità di strutture parrocchiali. In segno di gratitudine vollero assicurare la custodia e le visite guidate alla mostra su Eugenio Corecco, esposta ad Airolo[286].
Corecco si guardò bene dal trascurare le forme di associazione e di devozione più tradizionali e tenacemente radicate tra i fedeli: membri della S. Vincenzo[287], Volontari della Sofferenza[288], Gruppi della Medaglia Miracolosa, Gruppi di preghiera di Padre Pio[289], Terziari dei vari ordini religiosi, potevano contare sulla sua sincera stima ed apprezzamento. Egli si prodigò sempre perché il valore di queste associazioni, così come l’importanza della loro preghiera comunitaria, della loro offerta e del loro lavoro per le missioni fosse riconosciuto in primis dagli stessi membri.
Nel mese di giugno 1987 a Sion, Corecco riceveva l’investitura di cappellano dell’Ordine dei Cavalieri di Malta[290]. Il 13 di febbraio di quello stesso anno aveva ricevuto l’investitura a Cavaliere di Gran Croce nell’Ordine del S. Sepolcro[291] ed in maggio aveva partecipato all’incontro nazionale[292]. Celebrò regolarmente la S. Messa per ambedue gli ordini nel mese di dicembre[293].
1.3.3. I movimenti
«Tra i molti risultati del Sinodo, uno è senza dubbio quello di aver dato la consacrazione ufficiale dei movimenti ecclesiali, riconoscendoli come realtà, parificati a tutte le altre forze associative già esistenti. Anzi, il Sinodo ha detto che i movimenti a carattere internazionale contribuiscono molto a creare la coscienza dell’unità della Chiesa universale»[294]. E ancora: «Un prete non può non confrontarsi seriamente con queste emergenze dello Spirito Santo, al di là dei suoi gusti personali, che non possono essere il criterio di una benevolenza più o meno grande. L’affermazione della “complementarità” tra carisma e ministero è, da sola, troppo debole. In realtà esiste un rapporto intrinseco di necessarietà e di strutturale dipendenza del carisma dal ministero»[295].
Così scriveva Corecco nel 1991, dopo 5 anni di episcopato, fedele al suo pensiero circa i movimenti nella Chiesa già espresso nelle sue riflessioni sui carismi e sul rapporto tra carisma ed istituzione, pubblicate in occasione del Sinodo 1987, in profonda sintonia con l’insegnamento di Giovanni Paolo II.
Dal lato pratico nel governo della sua diocesi, questo si traduceva nella piena accoglienza di queste espressioni ecclesiali, tanto come movimenti quanto come persone: ne fa fede la composizione del Consiglio Pastorale, in cui volle che tutti i movimenti fossero rappresentati, il coinvolgimento di esponenti delle varie esperienze nella pastorale, in particolare nella pastorale familiare, dove, come già ricordato, fece ampio spazio alle catechesi di don Renzo Bonetti.
Astenendosi dall’intervenire nelle vicende interne dei singoli movimenti, accoglieva volentieri l’invito in occasione delle feste o dei loro incontri e si prestava per dare il suo contributo su qualche tema che gli veniva richiesto. Rivolgendosi a loro non mancava mai di raccomandare soprattutto la fedeltà al proprio carisma e la gratitudine per aver ricevuto un dono prezioso. Dalla fedeltà di ciascuno al suo personale incontro nasceva la possibilità dell’unità, valore che egli percepiva essere di primaria importanza soprattutto nel carisma dei Focolari[296]. Il 6 marzo 1988, celebrava la S. Messa in occasione della Giornata annuale del movimento che si teneva a Trevano[297]; l’anno seguente, il 5 marzo 1989 incontrava di nuovo i membri di questo movimento nella stessa occasione; tema della giornata era Per una cultura di pace di unità[298]. L’appuntamento si rinnovava nel 1991[299]. Un nome che compare con una certa frequenza nella sua agenda è quello di Giuseppe Gritti (1952-2016), membro dei Focolari e redattore di Città Nuova[300]. Durante il Sinodo del 1987 aveva avuto modo di conoscere Chiara Lubich[301] e nutrì per lei una profonda stima, ricambiata di cuore. Chiara Lubich lo accompagnò nella malattia con la preghiera e frequenti messaggi. Le stava a cuore che Corecco percepisse la presenza viva del Signore aderendo a questa chiamata a salire con Lui sulla Croce. «Coraggio Eccellenza! “Soffrire passa, aver sofferto resta”» (26 luglio 1994). «Ma lo sa, vero, Eccellenza, che dietro ad ogni circostanza della nostra vita, sia essa buona o triste, si nasconde l’amore paterno di Dio? È questa la fede che ha reso incrollabili i santi. E ciò deve darci pace e fiducia. Lui sa dove ci porta. Lasciamolo fare. Un giorno gli diremo grazie di tutto» (30 agosto 1994). Per queste parole Corecco la ringraziava sentitamente, sebbene cogliesse l’occasione per significarle che le sue condizioni di salute pur essendo gravi ancora non erano disperate[302]. Nel febbraio seguente la situazione non lasciava più margini all’ottimismo. Con un messaggio scritto di suo pugno Chiara Lubich ripeteva a Corecco che lei e le Focolarine vivevano con lui questa tappa della sua vita «affinché si adempia in pienezza il volere di Dio» (15 febbraio 1995) ed il giorno seguente scrisse: «Forse sta per avvicinarsi l’Ora per la quale Gesù è vissuto. Così deve essere anche per ogni suo Vescovo. È l’Ora più bella della vita: quella non tanto della morte, ma dell’incontro con Gesù. Lei Lo vedrà. È là che la aspetta. E con Lui Maria la Sua dolce Madre. Non abbia nessun timore […]» (16 febbraio 1995). Il 20 febbraio erano i sacerdoti dei Focolari a farsi presenti con il loro ringraziamento: «Le siamo grati anche perché ci incoraggia a vivere sempre più il carisma dell’unità sulla strada di Chiara, al servizio della Chiesa»[303].
Corecco era colpito dalla straordinaria ricchezza di vocazioni sacerdotali del movimento dei Neocatecumenali e seppe della loro consuetudine di educarle in seminari propri, ma al servizio della diocesi che li accoglieva, nel corso di una cena con alcuni catechisti, nell’ottobre del 1986. Ne scaturì una telefonata a Kiko Arguello[304] ed una serie di incontri che approfondirono la stima e l’amicizia e, al momento in cui poté realizzare l’Istituto Accademico Teologico, si giunse anche all’apertura a Melano del seminario Redemptoris Mater, per la formazione dei presbiteri del movimento dei Neocatecumenali, il secondo seminario diocesano[305]. Ulteriore conferma di due ferme convinzioni di Corecco: ogni carisma è un dono fatto alla persona, ma è dato per tutti e, di nuovo come sempre, l’unità è frutto del radicamento e della fedeltà di ciascuno al proprio carisma. A Kiko Arguello Corecco volle affidare la prima Veglia d’Avvento per i giovani, che si tenne nel 1993[306].
Corecco assisteva regolarmente alla solenne cerimonia della Traditio[307] ed aveva anche partecipato ad un incontro nazionale[308]. Sarebbe toccato all’incerto italiano di una signora di madre lingua inglese porgergli l’ultimo saluto dall’interno di questo movimento: «La ringrazio per avermi insegnato a pregare attraverso il sacrificio della sua malattia […] tramite la preghiera per Lei, pregando ogni momento che la mente è libera, ho scoperto di trovarmi più vicina alla Trinità […] Sono una convertita tramite la Comunità Neocatecumenale di Lugano che ha cambiato la mia vita. Anche questo credo che abbiamo di ringraziare Lei che ha dato via libera alla Comunità Neocatecumenale. Siamo con Lei nella Sua sofferenza»[309].
Con la consueta disponibilità il 30 maggio 1987 partecipava ad un momento di preghiera con il Rinnovamento nello Spirito, nel quadro delle Giornate di preghiera[310]. Nel 1991 festeggiava con loro i 15 di presenza nel Ticino[311]. Nel 1993 visitava i giovani di questo movimento in ritiro alla casa Montanina di Camperio[312].
Con l’Opus Dei Corecco ebbe rapporto a due diversi livelli: quello accademico e quello pastorale. Aveva incontrato questa esperienza fin dagli inizi della sua carriera grazie alla scuola canonistica, che faceva capo all’Università di Navarra, a Pamplona, alla figura di Pedro Lombardía. La collaborazione fu sempre intensa, come documenta l’iniziativa dei Colloqui di Teologia, alla cui origine ci fu soprattutto l’amicizia con il prof. Illanes. Come lui stesso avrebbe scritto[313], incontrò mons. Alvaro del Portillo, prelato dell’Opus Dei e primo successore di Escrivá de Balaguer, in occasione dei sinodi romani. Mons. del Portillo, che sarebbe deceduto solo un mese dopo, gli scriveva un affettuoso messaggio, il 10 febbraio 1994, per assicurargli il suo ricordo, la sua preghiera alla Salus infirmorum e l’intercessione del loro amato Fondatore. Si complimentava per l’intervento alla televisione e per la bellissima lettera pastorale, gli chiedeva di offrire «un po’ delle sue molestie» per i membri della prelatura, per il loro servizio alla Chiesa, in particolare per quelli che operavano in Svizzera[314]. In maggio era il suo successore, Javier Echevarría, che scriveva per ringraziare Corecco per gli auguri che gli aveva mandato in occasione della sua nomina, chiedendo di pregare per lui ed assicurando le sue preghiere per la guarigione[315]. Mons. Echevarría coglieva l’occasione della giornata di festa del mese di novembre per farsi di nuovo presente a Corecco: «Mi rincresce sinceramente di non aver potuto incontrarLa la settimana scorsa a causa della mia assenza da Roma. Mi avrebbe fatto gran piacere trasmetterLe personalmente il grandissimo affetto ed amicizia che S. E. mons. Alvaro del Portillo, mio carissimo predecessore, nutriva per Lei. Sono sicuro che ora dal Cielo continua a starLe molto vicino in questi momenti in cui Gesù ha voluto che V. E. si unisca più strettamente alla Sua Croce attraverso la malattia. Cara Eccellenza, prego Iddio affinché mi si presenti presto una buona occasione di incontrarLa; nel frattempo desidero confermarLe che quotidianamente, nella celebrazione del Santo Sacrificio dell’Altare, La raccomando al Signore affinché la colmi di benedizioni e Le conceda ancora molti anni di vita su questa terra. Mi permetta di suggerirLe di rivolgersi con molta fede alla Santissima Trinità per chiedere la sua guarigione, ricorrendo all’intercessione del nostro amato Fondatore, il Beato Josemaria. Credo che anche don Alvaro, da buon amico di V. E., aiuterà dal Cielo. È buona cosa che ci abbandoniamo alla amabile Volontà di Dio, ma una volta fatto, è ugualmente buono chiedere la salute, per rimanere su questa terra, come diceva l’Apostolo, pensando al servizio che può fare a tante anime»[316]. Corecco rispondeva, con comprensibile ritardo, sommando gli auguri per la consacrazione episcopale di Javier Echevarría ed il ricordo per il primo imminente anniversario della morte di mons. del Portillo: «A mons. Alvaro del Portillo mi ha legato un’amicizia cristiana e episcopale, sviluppatasi soprattutto durante la partecipazione ai Sinodi dei Vescovi, che si è sempre manifestata nella discrezione e nel profondo rispetto reciproco. In particolare gli sono molto riconoscente per aver sostenuto la fondazione della Facoltà di Teologia di Lugano, non da ultimo mettendomi disposizione uno dei suoi migliori professori di diritto canonico dell’Università di Pamplona. Questo gesto di comprensione verso il mio progetto ecclesiale, sostenuto peraltro esplicitamente anche dal Santo Padre, è nato senza dubbio dalla sua profonda attenzione ai bisogni della Chiesa contemporanea e dalla sua costante attenzione nel cogliere nella fede i segni dei tempi. Non posso non pensare a mons. Alvaro senza far rinascere in me l’immagine di un prelato dal profilo profondamente spirituale e sacerdotale, perspicace nel cogliere, grazie alla sua profonda sensibilità ecclesiale, il nocciolo dei problemi che travagliano la nostra Chiesa contemporanea. Una perspicacia intellettuale che mi è sempre apparsa guidata e sorretta da una bonomia esteriore che tradiva non certo un sentimento di sufficienza verso gli altri bensì di accoglienza e di umiltà nei loro confronti. Eccellenza, nella mia situazione di salute, non posso non chiederle di raccomandarmi al Signore per l’intercessione del vostro Beato J. Escrivá, non solo per ottenere eventualmente il dono della guarigione, ma soprattutto la capacità di sapermi abbandonare totalmente alla Sua volontà»[317].
Ad un altro livello incontrava i membri dell’Opus Dei, attivi in diocesi.
Aveva voluto che fossero presenti nel Consiglio pastorale e contava moltissimo sulla loro solida preparazione e sulla concretezza della loro vita di fede. Almeno una volta all’anno incontrava qualcuno tra i responsabili che informava il Vescovo della loro attività[318].
Nel 1991 tenne due lezioni ai Legionari di Cristo[319]. «Un vescovo nasce nella Chiesa e dalla Chiesa. Come per il Verbo Incarnato la cui appartenenza al genere umano non andrà mai persa, così si deve dire del Vescovo rispetto alla comunità ecclesiale in cui è nato come credente». L’appartenenza di Corecco al movimento di Comunione e Liberazione non fu mai sottaciuta: come ebbe a dire nell’omelia della consacrazione[320]. A differenza di quanto fece il suo illustre predecessore Aurelio Bacciarini, che apparteneva ai Servi della Carità di don Guanella, ne era divenuto il superiore alla morte del fondatore e mantenne la carica per alcuni anni dopo l’elezione episcopale[321], Corecco, eletto vescovo, lasciò da subito ogni responsabilità all’interno del movimento[322]. Fintanto che poté partecipò agli incontri della Fraternità dei preti di CL[323], e, con l’andare del tempo, il carisma di don Giussani favorì in lui il fiorire di uno stile pastorale personale, come già aveva improntato il suo pensiero teologico e giuridico. Naturalmente partecipò volentieri, celebrando la S. Messa, ai momenti di incontro più importanti[324]. Nel 1989, il 24 settembre, accettò l’invito a celebrare la S. Messa al termine del pellegrinaggio della comunità di Novara al Santuario di Re[325]. Nel 1991, con i Ciellini ticinesi festeggiò i suoi 60 anni ed i 5 anni di episcopato, chiarendo nella cordiale lettera di ringraziamento la sua relazione con la diffusione del movimento in Svizzera: «Carissimo don Willy, scrivo a te per tutti, perché altrimenti come farei a ricordare tutti i nomi, anche dei più piccolini. Proprio loro sono gli eredi più preziosi della promessa. È stata una bella festa, piena di raccoglimento e di interiore serietà. Con voi non mi sentivo né Abramo, né Giacobbe, ma Isacco. Il primo perché il padre nella fede non sono stato io, il secondo perché tappa decisiva per la storia della salvezza. Il terzo, Isacco, sì perché sta in mezzo senza aver strafatto. Il vostro dono per i miei “scritti” [un’offerta per finanziarne la pubblicazione], ai quali, da quando il Gian Piero [Milano] ci ha pensato, incomincio a tenerci, è stato graditissimo. Ho quasi vergogna pensando ai bisogni delle famiglie, ma poi mi consolo perché penso che anche voi per finire ne sarete un po’ orgogliosi. Grazie a tutti nel Signore, con affetto grande ed anche la mia benedizione, che non è solo quella di un vescovo ma anche quasi quella di un patriarca di mezzo»[326]. Ma senza risposta – perlomeno scritta – rimase una lettera della Diaconia di CL, che rivendicava maggior spazio per i giornalisti del movimento nel Giornale del Popolo[327]. I rapporti e gli incontri con don Giussani ebbero soprattutto il carattere dell’amicizia, reciproca, costante e piena di stima[328], malgrado l’autonomia delle loro posizioni teologiche – in particolare a proposito dei laici, ai quali don Giussani non riconosceva un’indole specifica[329] – e malgrado il faticoso cammino per la definizione dello statuto che permettesse il riconoscimento canonico delle Fraternità del movimento di CL e soprattutto dei Memores Domini, per i quali Giussani rivendicava la condizione di laici, sebbene scegliessero di vivere secondo i consigli evangelici della verginità, povertà ed obbedienza[330]. Sul fronte istituzionale, più che altro emergeva la diversa formazione dei due sacerdoti e il ruolo provvidenziale che, da giurista, Corecco riconosceva agli ordinamenti giuridici, cui era affidata la durata nel tempo delle esperienze religiose. Ma egli si inchinava sempre di fronte alla misteriosa autorità del carisma. Scriveva ad un giornalista che tentava di appropriarsi dell’«organico» delle presunte diramazioni di Comunione e Liberazione: «La struttura generale di CL può sembrare poco organica se si parte dal presupposto che CL voglia darsi un’organizzazione globale come altri movimenti (forse per es. i Focolarini o l’Opus Dei). In realtà è solo un movimento che promuove il sorgere dal suo carisma [di] iniziative, ciascuna delle quali si organizza come crede e riesce. Il movimento come tale tende ad essere – almeno nell’intenzione profonda di don Giussani – un semplice movimento senza organizzazione giuridica propria»[331].
Tornava volentieri sul valore peculiare del carisma dei fondatori: «Persone in carne e ossa, portatrici di un carisma, che evidentemente non si vede. Il carisma è una particolare presenza dello Spirito Santo che dona ai fondatori una genialità nella fede, assolutamente non comune. C’è chi sostiene che anche noi siamo tutti dei carismatici, ma non è vero. È vero che tutti i cristiani ricevono i doni dello Spirito Santo nel Battesimo, nella Cresima e negli altri sacramenti […], ma il carisma è un’altra cosa. È una straordinaria capacità di comunicare agli altri, a livello della fede, con gesti e parole che risvegliano immediatamente, nell’interlocutore attento, il desiderio di aderire con più entusiasmo a Cristo. Uno sente, tramite le parole dei carismatici, una particolare risonanza del desiderio di santità, che ha già dentro, e che lo Spirito Santo gli ha posto come seme nel cuore il giorno del battesimo; è disposto perciò a lasciarsi guidare dall’annuncio della fede messo in atto da un fondatore. Evidentemente la cosa non è automatica, bisogna essere umili e accettare di seguire»[332]. Dal canto suo, egli sempre riconobbe la grazia del suo incontro[333].
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[188] E. Corecco, Natura e compito dell’università , in Volonté (a cura di), Eugenio Corecco, un vescovo e la sua Chiesa , vol. 2, 63-69.
[189] Cfr. la raccolta postuma La Chiesa di fronte al problema delle migrazioni. In memoriam di S. E. mons. Eugenio Corecco , Supplemento redazionale di Servizio Migranti, Roma 2002; e E. W. Volonté, L’emigrazione nella comunione ecclesiale. La riflessione di Eugenio Corecco, vescovo di Lugano , in Per una convivenza tra i popoli. Migrazioni e multiculturalità , a cura di G.
[190] Milano – E. W. Volonté, Siena 2003, 147161.190 ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1973-1984, lettera a mons. Dziwisz del 16 febbraio 1984.
[191] HS I/6, 259s.: negli anni in cui è parroco di Arzo, dal 1897 al 1903, si interessa di temi sociali e fonda un circolo di studi con la collaborazione del professor Joseph Beck di Friburgo; la sua preoccupazione per i poveri insieme al desiderio di una più intensa spiritualità lo porterà ad entrare nelle Congregazione dei Servi della Carità di don Luigi Guanella (1906).
[192] Per una recente biografia, cfr. A. Gandolla (a cura di), Un protagonista della storia ticinese del Novecento: Mons. Luigi Del-Pietro (1906-1977) , Lugano 2006, d’ora in poi: (Gandolla), Un protagonista della storia ticinese del Novecento .
[193] Ibid. , 22s.: intorno al 1937, grazie anche all’entrata nell’OCST dei membri della FDT.
[194] Ibid. , 23: l’ennesimo rifiuto fu del 1933, per l’ostinata ostilità dei liberali, che indussero Del-Pietro a parlare di «fanatismo laico». Allora l’OCST disponeva di una nuova sede in piazza Indipendenza a Lugano ed aveva ripreso la pubblicazione del suo periodico Il Lavoro, sospesa dal 1927 su richiesta di mons. Bacciarini, che chiedeva di indirizzare tutte le risorse sul nascente Giornale del Popolo.
[195] Ibid. , 37.
[196] Ibid. , 36: l’iniziativa verso i responsabili della Camera del Lavoro era partita dallo stesso Del-Pietro nell’ottobre del 1940 e portò alla nascita della Comunità sindacale ticinese (CST), che durò fino alla fine del conflitto; per l’attività di mons. Angelo Jelmini ed in particolare la sua collaborazione con Guglielmo Canevascini, Consigliere di Stato socialista, cfr. S. Sartorio, L’ora della carità: il vescovo Angelo Jelmini, la Chiesa ticinese e i rifugiati (1943-1946) , Locarno 2007.
[197] (Gandolla), Un protagonista della storia ticinese del Novecento , 71s.: la ferma opposizione al documento del movimento giovanile del PCD del gennaio 1969, che proponeva di rinunciare al riferimento all’ispirazione cristiana.
[198] A. Gandolla, Uomini sul confine del lavoro , in G. Costa (a cura di), Non avete pane a casa vostra? , Lugano 2016, 15-53, 41: nel 1961 in occasione dei 70 anni della Rerum Novarum , Del-Pietro prepara un’importante risoluzione, in cui individua vari problemi legati
[199] massiccio afflusso di lavoratori esteri e sottolinea la necessità che vengano affrontati con una concezione umana e cristiana199 Ibid. , 60-62: l’inizio e lo sviluppo della collaborazione dal 1960; e (Gandolla), Un protagonista della storia ticinese del Novecento , 60s.: grazie a questa collaborazione nella prima metà degli anni ’60 il numero di iscritti italiani supera quello degli svizzeri.
[200] Testimonianza di Fausto Leidi, Lugano 14 febbraio 2017; Gandolla, Uomini sul confine del lavoro , 43s.: «A partire dagli anni Sessanta le ACLI sono impegnate in un loro complesso e delicato cammino interno che porta l’associazione ad abbandonare il collateralismo filo-democristiano in favore della “scelta di classe” e dell’anticapitalismo. Questa svolta influenza in senso negativo i suoi contatti ed il suo lavoro con l’OCST, sindacato anche aperto e progressista nelle questioni sociali ma moderato nel senso politico e sempre volutamente fedele all’insegnamento sociale della Chiesa. Per vari anni i rapporti rimangono al limite della rottura, pur continuando sempre un certo lavoro comune a favore dei lavoratori».
[201] Per l’«indifferenza» nei confronti della dottrina sociale del magistero di papa Wojtyła, cfr. W. Göldi, Federazione svizzera dei sindacati cristiani (FSSC) , in his-dhs-dss.ch/teste/i/I16485.php, che mostra il predominare della ricerca di unità con gli altri sindacati e la condivisione dei loro obiettivi (consultato novembre 2017); per la situazione italiana cfr. Gandolla, Uomini sul confine del lavoro , 44: a partire dal 1971 i sindacati italiani Cgil, Cisl e Uil avevano costituito un comitato interprovinciale di coordinamento, per la tutela dei lavoratori italiani in Svizzera.
[202] Per una biografia, cfr. M. Libotte – A. Gandolla (a cura di), Mons. Franco Biffi. Un sacerdote al servizio della verità e della giustizia , Lugano 2015.
[203] Cfr. Il Lavoro, 6 marzo 1987: F. Biffi, Attualità delle tre «Encicliche della Passione» di Pio XI: Mit brennender Sorge (a proposito del Nazismo), Divini Redemptoris (a proposito del Comunismo) e Nos es muy conoscida (a proposito della persecuzione laicista in Messico).
[204] (Gandolla), Un protagonista della storia ticinese del Novecento , 21-24, dove si mette in rilievo anche l’efficacia dell’impegno di don Del-Pietro.
[205] Cfr. note del 17 giugno 1987 (ms presso Fausto Leidi, Lugano).
[206] Erano coinvolti nella riflessione Fausto Leidi, Lic. Oec., Roberto Poretti, Lic. Oec., Antonio Gili, Lic. Phil., Moreno Bernasconi, Lic. Phil., Luigi Mattei, Lic. Iur. Di tutti questi solo Fausto Leidi inizierà a lavorare nell’OCST, divenendone il segretario amministrativo sotto la presidenza di Camillo Jelmini (testimonianza di Fausto Leidi, Lugano 14 febbraio 2017).
[207] Appunti ms di una riunione con Corecco, 8 marzo 1986 (ms presso Fausto Leidi, Lugano).
[208] Ibid.
[209] Ibid.
[210] A. Gili, Profilo storico del movimento sindacale OCST. I cristiano-sociali ed il loro passato , in Giornale del Popolo, 20 giugno 1987, 15-18; da notare che Gili aveva già tenuto una lezione su questo tema nel quadro degli incontri voluti da Corecco (cfr. appunti ms presso Fausto Leidi, Lugano).
[211] Prolusione di monsignor Eugenio Corecco al Congresso dell’Organizzazione cristiano-sociale, Lugano 20 giugno 1987, 1 (in ACorecco Lugano, Conferenze).
[212] Ibid. , 3.
[213] Ibid. , 4.
[214] Ibid. , 5.
[215] Ibid. , 6.
[216] (Gandolla), Un protagonista della storia ticinese del Novecento , 22: solo nel 1934 potrà disporre di un’automobile acquistata grazie al prestito di una zia.
[217] Prolusione di monsignor Eugenio Corecco al Congresso dell’Organizzazione cristiano-sociale, Lugano 20 giugno 1987, 6-8 (ACorecco Lugano, Conferenze).
[218] Lettera del 5 ottobre 1987 (ms presso Fausto Leidi, Lugano): «in occasione del recente Congresso della nostra Organizzazione, Ella ebbe a pronunciare una prolusione
[219] offrendo non pochi spunti e non pochi stimoli ad un approfondimento sia per quanto riguarda i contenuti della nostra impostazione sia per quanto attiene all’incisività della nostra presenza, destinata ad incontrarsi con la Sua programmazione pastorale».219 Lugano, 6 novembre 1987: riordino e stesura da parte di don Franco Biffi delle indicazioni raccolte dalla viva bocca del Vescovo la sera di martedì 27 ottobre, a Roma (ms in ACorecco Lugano, Fascicolo OCST; e presso Fausto Leidi, Lugano).
[220] Invito del 19 novembre 1987 (ms presso Fausto Leidi, Lugano): sono esplicitamente indicati i membri della Direttiva, i segretari e vice segretari regionali, l’on. Grandi, e gli amici W. Bernasconi, G. Neri, A. Pellandini, S. Torrisi. Era data facoltà ai segretari regionali di estendere l’invito ad altri colleghi del segretariato.
[221] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: intervento di mons. Vescovo Eugenio Corecco in occasione del Congresso dell’Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese il 28 novembre 1987; e vedi anche gli appunti autografi dello stesso Leidi e della segretaria (ms presso Fausto Leidi, Lugano).
[222] Ibid.
[223] Cfr. Programma, in Il Lavoro, 26 aprile 1991, 1.
[224] E. Corecco, Intervento conclusivo al Convegno «Per costruire insieme un domani più solidale» , in Monitore ecclesiastico (1991) 239-242.
[225] Egli faceva qui un’allusione abbastanza esplicita ad una imminente enciclica di Giovanni Paolo II.
[226] Monitore ecclesiastico (1991) 242.
[227] AA.VV., Diocesi di Lugano e carità. Dalla storia uno sguardo al futuro. Contributi per una storia dell’azione caritativa ed assistenziale dei cattolici nel Canton Ticino, Tra privato sociale e carità ripensare a nuovi modelli di welfare , con Atti del convegno del cinquantesimo di Caritas Ticino del 21.11.1992 a Lugano , Lugano 1993 (d’ora in poi Diocesi di Lugano e carità ), 379: cronistoria dell’attività di Caritas dal 1979 al 1993.
[228] Ibid. , 382-387: per l’attività in questo campo fino al 1992.
[229] Archivio Corecco Lugano, Agenda 1987.
[230] Ibid. : 5 maggio 1987, si incontra con Mimi Bonetti, Simone Banchini, Rosalba Canova, Franco Tanzi, Carla Balmelli per discutere dell’assistenza agli anziani; a questo proposito si veda anche l’inaugurazione della casa dell’Opera Caritas di Sonvico, cfr. ACorecco Lugano, Agenda 1988: 16 novembre, e Giornale del Popolo, 29 settembre 2017, 10s.
[231] ACorecco Lugano, Agenda 1988: 8 ottobre; l’attività di questi mercatini, oltre a favorire il ricupero dell’usato, era indirizzata anche a creare lavoro per i disoccupati, in particolare quelli di lunga durata, coinvolti negli sgomberi, nella scelta e nella riparazione degli oggetti messi in vendita.
[232] Ibid .: 8 novembre 1988; Agenda 1989: il 23 dicembre 1989, partecipa insieme all’on. Renzo Respini al pranzo di Natale; cfr. anche Monitore ecclesiastico (1989) 694: 13 dicembre; per questo Centro, cfr. Diocesi di Lugano e carità , 386: aperto nell’autunno 1989, ospiterà 60 rifugiati e sarà gestito da 6 operatori guidati da un coordinatore; cfr. anche Monitore ecclesiastico (1989) 628: 8 novembre, Porte Aperte al Centro Rifugiati di Pollegio.
[233] ACorecco Lugano, Agende: 12 novembre 1987; 19 aprile 1988; 25-26 aprile 1989: convegno delle direzioni delle Caritas diocesane al Bigorio, Corecco tiene una relazione sull’opzione preferenziale per i poveri; 23 giugno 1989 e 24 giugno 1989: S. Messa in S. Maria degli Angeli per il consiglio direttivo delle Caritas svizzere, riunito in sessione annuale; cfr. anche 9 febbraio 1990 e 6 novembre 1993.
[234] Ibid. : 19 giugno 1989; 9 febbraio 1990: giornata conclusiva nell’ambito di «Incontri per accompagnare chi muore»; 16 dicembre 1990: lezione al Papio (anche Monitore ecclesiastico [1990] 587); e Dalla trascrizione dell’incontro con i volontari dell’accompagnamento di malati e morenti, Ascona 16.12.1990 , in Bollettino Amici 6/VII (luglio 2004) 23-25. Su questo tema, che stava diventando di urgente attualità, nel 1989 la Caritas svizzera aveva preparato un documento che lasciò sconcertato il Consiglio del Clero.
[235] Ibid. : 16 aprile 1991.
[236] R. Noris, Il vescovo Corecco e i mass media , in Il vescovo Eugenio Corecco e la Caritas Ticino , Lugano 2012, 34; Id., L’avventura televisiva grazie al vescovo Eugenio. Intervista a Filippo Lombardi , ibid. , 37.
[237] Per l’insegnamento del fondatore di CL a proposito dell’impegno caritatevole verso i bisognosi, cfr. L. Giussani, Il senso della caritativa , Milano 1961.
[238] E. Corecco, Diocesi di Lugano e carità : sguardo al futuro , in Diocesi di Lugano e carità , 206s.
[239] ACorecco Lugano, Agende: 17 gennaio 1987: riunione con il comitato dell’UFCT; 1° maggio 1987: S. Messa all’incontro organizzato dall’UCFT per i ragazzi/e delle parrocchie e pranzo a Cadenazzo con UFCT; 10 novembre 1987: udienza con Carmen Felicioni; 6 aprile 1989: comitato UFCT con cena; 11 giugno 1989: a Camperio giornata dell’amicizia con Corecco; 22 settembre 1989: riunione per la preparazione del Congresso dell’8 ottobre 1989; per gli incontri dopo il Congresso, cfr. ibid. , Agenda 1990: 21 febbraio 1990: Carmen Pronini e Bonanomi; 28 agosto 1990: Carmen Pronini; 1994: 7 settembre.
[240] Testimonianza di Carmen Pronini, Camorino, settembre 2017; cfr. C. Pronini, La rinascita dell’Azione Cattolica , in Bollettino Amici 12/XXII (settembre 2018) 67-70.
[241] Ibid.
[242] Ibid. ; si tratta del pellegrinaggio ad Einsiedeln del 28 maggio 1988, nel corso dell’Anno mariano, cfr. Giornale del Popolo, 30 maggio 1988, 3: A. Moccetti, Ticinesi ad Einsiedeln. All’insegna di una coscienza comunitaria .
[243] Il 13 settembre 1987, cfr. Giornale del Popolo, 14 settembre 1987, 8: A. Moccetti, Locarno ieri «città aperta» al culto mariano .
[244] L’11 settembre 1988, cfr. Giornale del Popolo, 12 settembre 1988, 5: A. Moccetti, Il cammino mariano riparte da Morbio .
[245] Archivio dell’Azione cattolica, presso AVescLugano, Fondo UFCT, Scat. 31-34, verbale dell’incontro del comitato UFCT con S. E. mons. Vescovo, 6 aprile 1989.
[246] Ibid ., relazione di Carmen Pronini per la riunione del 6 aprile 1989.
[247] Ibid. : verbale dell’incontro del comitato UFCT con S. E. mons. Vescovo (6 aprile 1989, firmato Silvia Rianda); e cfr. anche ibid. : la sbobinatura della registrazione (Carmen Crivelli).
[248] Ibid. : così in un verbale che ha conservato anche dei refusi cronologici: evoca l’incontro al Bigorio, al quale erano stati invitati rappresentanti di tutti i gruppi e movimenti presenti in diocesi; una giornata dell’amicizia «celebrata nel mese di giugno scorso a Locarno con la partecipazione di circa 6000 persone in piazza» (ma si tratta dell’apertura dell’Anno mariano, settembre 1987) e la serata di preghiera a Morbio il «14 aprile» (di nuovo un refuso cronologico perché si trattava verosimilmente della chiusura nel settembre 1988).
[249] Ibid.
[250] Archivio dell’Azione Cattolica, presso AVescLugano, Fondo UFCT, Scat. 31-34: sbobinatura della riunione del 6 aprile 1989 (Carmen Crivelli).
[251] Cfr. Monitore ecclesiastico (1990) 566-573: Messaggio programmatico di mons. Eugenio Corecco al Congresso delle Confraternite riunite della diocesi, 8 dicembre 1990.
[252] Archivio dell’Azione Cattolica, presso AVescLugano, Fondo UFCT, Scat. 31-34, Verbale Comitato dell’UFCT, 21 aprile 1989 (Silvia Rianda).
[253] Pubblicata sul Giornale del Popolo del 5 ottobre 1989, 1 e 3, era ripresa anche nel Monitore ecclesiastico (1989) 533-535.
[254] Per questa personalità costantemente impegnata nelle attività diocesane, cfr. in ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1991-1993: 23 gennaio 1993, la lettera di Corecco nel momento in cui accoglieva le dimissioni di Alberto Bottani dalle
[255] verso l’AC e l’Ufficio pellegrinaggi: «Carissimo Alberto, non è mai facile accettare le dimissioni di una persona che ha servito la Chiesa lungo tutto il cammino della sua esistenza, sia perché è quasi mettere il sigillo a una separazione, sia perché potrebbe far sorgere l’equivoco che si serve il Signore e la Chiesa solo all’interno delle strutture dell’istituzione. In realtà uno serve il Signore per il fatto stesso di essere un cristiano che vive nella fede e questo dura ben oltre l’impegno attivo nella Diocesi, Non tocca solo a me esprimerle tutta la gratitudine per quello che ha fatto. Sono presenti in questo momento, un cui le esprimo il grazie più intenso, i vescovi che mi hanno preceduto e che lei ha servito con grandissima trasparenza e disponibilità, con passione e intelligenza. Accettando il suo desiderio di ritirarsi il grazie che le rivolgo è quello di tutta la Chiesa, di quella particolare di Lugano e di quella universale, di cui il vescovo è l’anello di congiunzione. Le sia di gioia sapere che l’AC sta riprendendo come una fiamma alimentata dallo Spirito Santo che i pellegrinaggi sono sempre di più fonte di benedizione per tutti. Il Signore la ricompensi e le benedica con tutta la sua magnanimità e generosità».255 Chiamato da Giovanni Paolo II nel comitato organizzatore della GMG, è presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per la gioventù (2017).
[256] Cfr. avvocato e madre di 4 figli, impegnata anche nell’insegnamento e nella lotta alla droga tramite corsi e conferenze per i genitori e gli insegnanti, presidente dell’Azione Cattolica della Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla dal 1980 al 1992, delegata regionale dell’Azione Cattolica dal 1983 al 1985, componente del Consiglio Nazionale dell’AC negli stessi anni, ha dato anche vita alla Associazione Giuristi cattolici di Reggio-Emilia, della quale è stata la prima presidente (consultato dicembre 2017); per la trascrizione del suo intervento, cfr. ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 35.
[257] Per questo prete, allora evidentemente agli inizi del suo impegno per la famiglia, cfr. mons. Renzo Bonetti è oggi Presidente della Fondazione «Famiglia Dono Grande», avendo voluto dedicare tutto il suo tempo al progetto Mistero Grande. Dal 1995 al 2002 è stato Direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale della Famiglia della CEI; dal 2003 al 2009 Consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia. In questo periodo, tra le altre attività, ha promosso il Master biennale in «Scienze del Matrimonio e della Famiglia» in collaborazione con il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, le Settimane estive di Formazione e le Settimane Nazionali di studi sulla spiritualità coniugale e familiare. Dal 2001 al 2006 ha coordinato il Progetto Parrocchia-Famiglia della CEI, un «laboratorio di ricerca» avente lo scopo di individuare nuovi percorsi di partecipazione della famiglia alla vita della parrocchia. Da questo progetto sono nate, in diverse diocesi italiane, le esperienze pastorali delle Comunità Familiari di Evangelizzazione (CFE) diffuse in circa 25 diocesi in Italia e in alcune diocesi della Romania e degli Stati Uniti. Dal 2002 al 2012 è stato parroco di Bovolone nella diocesi di Verona. Dal 2010 è Presidente della Fondazione «Famiglia Dono Grande», il cui fine ultimo è quello di far conoscere e far vivere la Famiglia, il Dono Grande per il futuro dei nostri figli e delle future generazioni, sostenendo chi ne soffre la mancanza o l’incompiutezza e sollecitando chi la vive a mettersi a servizio degli altri. Nel 2015 è stato nominato membro del comitato scientifico della fondazione vaticana «Centro Internazionale Famiglia di Nazareth» (consultato 12 dicembre 2017).
[258] Testimonianza di Wilma Mottini e della sorella Maria di Quinto (Lugano, 11 settembre 2017), che ricordano in particolare la raccolta di vestiti e generi di prima necessità a favore delle vittime della guerra nell’ex-Jugoslavia negli anni ’90; cfr. anche W. Mottini, Formazione e fedeltà , in Bollettino Amici 12/XXII (settembre 2018) 75-78.
[259] Monitore ecclesiastico (1992) 645.
[260] Monitore ecclesiastico (1993) 1215.
[261] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 29 settembre 1990, lettera di Corecco al dott. Gianfranco Bolognini.
[262] Monitore ecclesiastico (1990) 578; e Monitore ecclesiastico (1991) 14.
[263] ACorecco Lugano, Agenda 1991: 22 aprile.
[264] Monitore ecclesiastico (1992) 27: 26 gennaio 1992.
[265] Intervista a don Carmelo Andreatta, Locarno, 8 agosto 2017: per una sua testimonianza cfr. C. Andreatta, Umile e infaticabile , in Bollettino Amici 12/XXII (settembre 2018) 71-75.
[266] Da segnalare l’incontro con Marianna, giovane leventinese, figlia di genitori separati e cresciuta con la nonna. Appena diplomata infermiera, piena di entusiasmo per il suo successo e la vita professionale che iniziava, fu vittima di un incidente stradale. A lungo ricoverata e costretta all’immobilità nell’ospedale di Bellinzona, dove pure era stata allieva infermiera, mentre gli amici, con cui era solita trascorrere il tempo, si erano dileguati presto, si ritrovò sola, di fronte alle domande sul senso della vita e sulla morte, che la sua ed anche la tragica vicenda della sua compagna di stanza le ponevano. Per questa ragione si riavvicinò alla fede ed accettò l’invito a partecipare agli incontri di ACR, trovando in questo ambito l’amicizia vera a cui aspirava e nelle lezioni di Corecco ai responsabili risposte ai suoi interrogativi e soprattutto una vera paternità. Questa compagnia non l’avrebbe più abbandonata nel lungo iter ospedaliero della sua riabilitazione. Nel dicembre del 1993, mentre era ricoverata dopo l’ennesimo intervento, di fronte all’aggravarsi del suo male, Corecco le chiese se era disposta ad offrire per lui tutto quello che stava vivendo. Accettò con entusiasmo, trasformando la sua fatica in offerta piena di senso e di amore (testimonianza di Marianna Bionda, 5 luglio 2020).
[267] ACorecco Lugano, Epistolario post mortem (F): a don Claudio Filanti, 10 dicembre 1991.
[268] Giornale del Popolo, 3 marzo 1995, 5: E tante gemme faranno primavera , di Andrea, Cristina, Marianna, Diego e Cris.
[269] Monitore ecclesiastico (1990) 193: 29 aprile, tre giovani vengono ammessi come candidati al presbiterato in occasione della preghiera in Cattedrale per la Giornata mondiale delle Vocazioni; ibid. (1991) 135: 23 marzo: conferimento degli ordini minori a 5 seminaristi in occasione del Cammino della Speranza; ibid. (1992) 239: 11 aprile: in occasione del Cammino della Speranza, due giovani sono ammessi tra i candidati al presbiterato ed uno tra quelli al diaconato permanente; ibid. (1993) 899: 3 aprile, nella stessa circostanza ammissione di un seminarista.
[270] Per una chiara testimonianza del significato di questa proposta, cfr. R. Stefanini,
[271] passione educativa di don Eugenio , in Bollettino Amici 8/XIV (gennaio 2010) 6975.271 Testimonianza di Claudio Naiaretti, in Bollettino Amici 10/XVIII (dicembre 2014) 103-105: l’incontro con Claudio e Lucia Naiaretti, sposi da 4 anni e animatori anche dei corsi pre-matrimoniali , avvenne nel 1992, cfr. ACorecco Lugano, Agenda 1992: sono indicati due appuntamenti il 21 gennaio e l’8 settembre.
[272] Corecco sollecitava una ripresa del senso profondo delle confraternite e a questo scopo interveniva al raduno di Cevio il 13 agosto 1988 (cfr. Monitore ecclesiastico [1988] 228); partecipava a Riva al 19° raduno delle Confraternite (cfr. Monitore ecclesiastico [1989] 253: 2 aprile 1989); sempre nel 1989, il 4 giugno, presiedeva a Lugano l’incontro tra il Priorato diocesano delle Confraternite liguri e le Confraternite Riunite della diocesi di Lugano (cfr. Monitore ecclesiastico [1989] 335); organizzava un congresso diocesano nella festa dell’Immacolata del 1990, con la presenza di mons. Vincenzo Fagiolo, Arcivescovo e consultore del Pontificio Consiglio per i laici; affidava le confraternite all’assistenza spirituale di don Libero Gerosa e di don Luigi Mazzetti, cfr. Popolo e Libertà, 11 dicembre 1990, 5; e Monitore ecclesiastico (1990) 586; l’anno seguente per molti confratelli fu ricco di incontri di preghiera e riflessione, sotto la guida degli assistenti, essi andarono pellegrinando in varie parrocchie, dal Santuario di S. Maria dei Miracoli a Morbio, fino al Monastero di Claro, cfr. V. Nova, In cammino con le nostre parrocchie: esperienza nuova in un solco antico , in Giornale del Popolo, 20 dicembre 1991, 16; per lo statuto generale dell’«Associazione Confraternite e Fraternità della Diocesi di Lugano», cfr. Monitore ecclesiastico (1990) 392-397: 28 settembre 1990.
[273] Con i Medici cattolici Corecco aveva già avuto modo di collaborare a più riprese e l’Associazione sostenne l’acquisto della casa di Gambach; 31 gennaio 1988: Corecco incontra i Medici cattolici a Bellinzona e celebra per loro la S. Messa in S. Maria delle Grazie, cfr. Monitore ecclesiastico (1988) 23; per il testo della conferenza, cfr. ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 34.
[274] ACorecco Lugano, Corrispondenza 1985-1990: lettera del 31 settembre 1985.
[275] P. Lepori, Cara Signorina Maestra. Cento anni della Lega delle Maestre cattoliche , Locarno 2019, 97: il nuovo statuto fu presentato ed approvato all’unanimità in occasione dell’Assemblea del 75°, il 28 marzo 1993.
[276] Dal verbale del 20 novembre 1988, cit. in Lepori, Cara Signorina Maestra , 96.
[277] ACorecco, Lugano, Scat. 4, fasc. 211: trascrizione dell’omelia e del saluto in occasione dell’incontro con membri di varie categorie professionali.
[278] Per un saggio recente, cfr. C. Brenna, Storia dell’Associazione Giovani Esploratori Ticinesi , Université de Fribourg, Faculté des lettres, Mémoire de licence 2004.
[279] ACorecco Lugano, Agenda 1987: 9 marzo incontro con 8 responsabili; 16 novembre: con gli assistenti.
[280] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: lettere del 16 marzo 1989.
[281] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1991-1993: 10 marzo 1991, lo scrivente rileva la grande attenzione che Corecco presta ai «foulards bianchi».
[282] Fiordaliso 3/LXIII (giugno 1992) 19 e 20; cfr. anche Monitore ecclesiastico (1992)
[283] ACorecco Lugano, Epistolario post mortem: 9 settembre 1992, a don Claudio Filanti.
[284] Cfr. trascrizione ms in ACorecco Lugano: Scat. Documentazione post-mortem (le notizie relative agli scout sono state raccolte e gentilmente trasmesse all’archivio da Maurizio Cattaneo, Cagiallo).
[285] Monitore ecclesiastico (1989) 694.
[286] Cfr. Esposizione ad Airolo , in Bollettino Amici 10/XVIII (dicembre 2014) 67-73: agosto 2013.
[287] Monitore ecclesiastico (1988) 318: il 1° giugno 1988 incontra a Lugano le Volontarie Vincenziane; ed il 24-25 settembre l’associazione svizzera S. Vincenzo ( ibid. , 393); l’11 novembre 1989 celebra a Lugano il centenario della Volontarie Vincenziane (cfr. Monitore ecclesiastico [1989] 628).
[288] Monitore ecclesiastico (1989) 311: l’8 maggio visita a Re i Volontari della Sofferenza lì radunati per un ritiro; Monitore ecclesiastico (1991) 381: li incontra a Lugano il 6 settembre; e cfr. anche ACorecco Lugano, Epistolario post mortem, fasc. Associazione Volontari della Sofferenza: alcuni cordiali messaggi di Corecco, per il Natale 1989, altri s.
[289] anche per la Pasqua; 15 ottobre 1991; 6 giugno 1994: «Grazie infinite […] per le vostre felicitazioni ma anche per considerarmi particolarmente bisognoso della vostra preghiera […]; 12 giugno 1994: «Grazie Signora Edvige a lei e a tutti i pellegrini in Polonia per il ricordo, ma soprattutto per le vostre preziosissime preghiere».289 Monitore ecclesiastico (1988) 422: il 4 novembre 1988 celebra una S. Messa a Neggio per i gruppi di preghiera di Padre Pio in ritiro spirituale.
[290] Monitore ecclesiastico (1987) 230: 21 giugno 1987.
[291] Ibid. , 59.
[292] Ibid. , 228: 16 maggio.
[293] Monitore ecclesiastico (1989) 694: 12 dicembre 1989; e ibid. 1991, 564: 13 dicem-
[294] 1991.294 E. Corecco, Lettere dal Sinodo , in Bollettino Amici 2/II (dicembre 1997) 25-49, 48s.: dalla V lettera, 3 novembre 1987; per una concretizzazione pastorale, cfr. Linee per una programmazione pastorale nella città di Lugano, in Monitore ecclesiastico (1989) 593597: 3 settembre 1989 (testo integrale in appendice).
[295] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1991-1993: 14 gennaio 1992, parere inviato al vice-presidente del Pontificio Consiglio per i Laici.
[296] Per il giudizio di Corecco sui Focolarini, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza 1991-1993: le risposte ad un piccolo questionario sottopostogli da una studentessa impegnata in un lavoro di diploma su questo movimento (21 settembre 1993).
[297] Cfr. Monitore ecclesiastico (1988) 227.
[298] Ibid. , 225.
[299] Monitore ecclesiastico (1991) 134: 10 marzo, celebra a Trevano in occasione dell’incontro Un cammino per l’unità nel mondo.
[300] Si veda quanto scrive a nome del movimento dei Focolari C. Squarzon, Focolari senso dell’unità nocciolo del vostro carisma , in Siate forti nella fede , 275-277; per alcuni incontri con i Focolarini, cfr. ACorecco Lugano, Agenda 1986: 26 novembre; Agenda 1987:16 dicembre, incontra Giuseppe Gritti di Città Nuova; 19 dicembre: Focolare; Agenda 1988: 6 marzo: a Trevano, S. Messa nella giornata annuale (cfr. anche Monitore ecclesiastico [1988] 227); 27 settembre: Gritti; Agenda 1989: 10 febbraio: Gritti; 5 marzo: a Trevano, di nuovo la giornata annuale dei Focolari; 24 maggio: cena al Focolare; 13 dicembre: Gritti; 22 dicembre: S. Messa con i giovani; Agenda 1990: 22 dicembre: cena al Focolare; Agenda 1991: 10 marzo, a Trevano incontro annuale; Agenda 1993: 20 novembre, a Baar conferenza sulla Trinità.
[301] «Chiara Lubich è una donna fine ed esile; i capelli corti fissati da una permanente in argento, sempre uguale. È riservata . Ci vuole un po’ di tempo per riuscire a scambiare qualche parola […]. La voce è sottile, ferma, senza alcuna esitazione. Quando ha parlato, per dire, con quell’accento giusto, che il cristiano deve vivere la carità con tutti, tutti hanno capito perché è riuscita ad aggregare un milione di persone e perché 600 vescovi vanno a seguire i suoi ritiri spirituali», così Corecco, Lettere dal Sinodo , 33: cit. dalla III lettera, 20 ottobre 1987.
[302] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: 6 settembre 1994: «La sua amicizia e assistenza spirituale in questo tempo sono per me un privilegio di cui le sono grato. La metastasi al cervello è stata tolta. Era solo una recidiva di quella precedente, dovuta a qualche cellula rimasta dopo la prima operazione. È positivo il fatto che non se ne siano formate delle altre, per cui la situazione, pur rimanendo grave, non è disperata».
[303] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994: 23.3.19941995;
[304] 30.8. 1994 (con risposta il 6.9.1994); 15.2.1995: alcune Focolarine lo ringraziano anche a nome di Chiara Lubich; e 16.2.1995: Chiara Lubich scrive di persona; cfr. anche ibid. : 20.2.1995, la lettera dei sacerdoti del Focolare.304 Annotata nell’agenda al 1° dicembre 1986, cfr. ACorecco Lugano, Agenda 1986; per una descrizione di questo carismatico fondatore, cfr. Corecco, Lettere dal Sinodo , 34:
[305] terzo fondatore è spagnolo, un laico. Tutti lo chiamano Kiko […]. Non gliel’ho mai detto ma assomiglia a certi santi spagnoli del ’500 [..]. Non è stato scelto per parlare davanti a tutta l’assemblea sinodale e, a mio avviso, è sotto sotto un po’ deluso, perché la sua sarebbe stata un’arringa tagliente come una spada; di quelle che fanno fremere lo spirito. Ha suscitato infatti in tutto il mondo un movimento di gente che va allo sbaraglio a predicare, provocando conversioni e un mare di vocazioni» (cit. dalla III lettera, 20 ottobre 1987).305 Corecco ne scriverà gli statuti, che serviranno da modello anche per gli altri seminari del movimento, così Jacques Bagnoud, 3 giugno 2020.
[306] Nelle Agende in ACorecco Lugano, dopo la cena con alcuni catechisti, il 1° ottobre 1986; è annotata la telefonata ad Arguello, il 3 dicembre. L’anno seguente, il 24 giugno, incontrava alcuni missionari provenienti dalla Finlandia ed il 9 dicembre ancora i catechisti neocatecumenali; seguirono nel 1988 diversi incontri con aderenti al movimento (1° febbraio, 10 marzo, 18 marzo, 14 dicembre). Il 14 gennaio 1989 presiedeva la cerimonia della traditio nella chiesa di S. Rocco; il 15 marzo incontrava i catechisti ed il 18 giugno
[307] all’incontro nazionale delle comunità nella sala S. Pio X e celebrava la S. Messa. Per gli ultimi incontri con Kiko Arguello, cfr. ACorecco Lugano, Agenda 1993: 23 giugno; 11 dicembre, quando tenne la Veglia, cfr. anche Giornale del Popolo, 11 dicembre 1993, 13; e 13 dicembre 1993, 10; per il consenso del Consiglio del Clero all’apertura di questo secondo seminario diocesano, cfr. Giornale del Popolo, 8 giugno 1993, 7.307 Monitore ecclesiastico (1989) 55: a Trevano il 14 gennaio 1989; l’appuntamento sarà rinnovato.
[308] Ibid. , 336: il 18 giugno 1989 a Lugano.
[309] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: 22
[310] 1995.310 Monitore ecclesiastico (1987) 229: 30 maggio 1987.
[311] Monitore ecclesiastico (1991) 48: 9 febbraio; ed ancora partecipava alla concelebrazione al Palazzo dei Congressi il 21 settembre ( ibid. , 382); lo stesso anno riceveva una richiesta di mons. Cordes, vice-presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, che sollecitava un parere su di un documento a proposito di questo movimento, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1991-1993, 14 ottobre 1991, la richiesta; 14 gennaio 1992: le osservazioni di Corecco.
[312] Monitore ecclesiastico (1993) 854: 20 marzo.
[313] Cfr. sotto, n. 317.
[314] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: 10 febbra-
[315] 1994.315 Ibid. : 14 maggio 1994.
[316] Ibid. : 11 novembre 1994.
[317] Ibid. : 31 gennaio 1995.
[318] ACorecco Lugano, Agende: era la signora Fausta Gianella, madre di 9 figli, a partecipare al CP e anche ad incontrare Corecco. La signora ricorda che, in occasione della nona gravidanza, voleva dimettersi perché non avrebbe avuto tempo sufficiente per onorare questo impegno. Corecco si oppose con decisione; per lui non era la quantità di tempo ad essere importante ma la pregnanza della testimonianza (colloquio con Maria Casal e Fausta Gianella, Lugano 15 ottobre 2017); per gli incontri, cfr. ACorecco Lugano, Agende: 16 febbraio 1990; 8 febbraio 1991; 28 febbraio 1992; 23 aprile 1993.
[319] Cfr. ACorecco Lugano, Agenda 1991: 26 luglio; 6 settembre e 9 dicembre: appuntamenti con i Legionari di Cristo; per le due lezioni del 26 luglio 1991, cfr. ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 26.
[320] «Un vescovo nasce nella Chiesa e dalla Chiesa. Come per il Verbo Incarnato la cui appartenenza al genere umano non andrà mai persa, così si deve dire del Vescovo rispetto alla comunità ecclesiale in cui è nato come credente. Chi è diventato vescovo è giunto ad esserlo come membro e frutto di una Chiesa che gli è stata madre, come membro di una comunità particolare di fede, che lo ha generato. Questa derivazione ecclesiale, che può anche essere particolare quando assume la connotazione di un carisma specifico (come quello di un movimento ecclesiale), non può mai essere ignorata, né posta sotto silenzio, né cancellata» (Omelia per l’ordinazione episcopale, 29 giugno 1986); e cfr. R. Astorri, Un vescovo nasce nella Chiesa e dalla Chiesa, in Bollettino Amici 8/XIV (gennaio 2010) 33-38.
[321] HS I/6, 259-264, 260: vescovo dal 1917 e superiore dei Guanelliani fino al 1924, eletto alla carica nel 1921.
[322] Così più volte affermò Corecco; malgrado questo, don Libero Gerosa, fino ad allora responsabile del CLU ma da poco trasferito a Monaco di Baviera per i suoi studi, scriveva ancora a lui per informarlo di quanto pensava di fare per la conduzione degli universitari, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 17 maggio 1987.
[323] Cfr. ACorecco Lugano, Agende: sono indicati i seguenti incontri: 8 settembre 1986 ad Osogna; 27 febbraio 1987; 10 luglio 1987; 8 dicembre 1987; 31 ottobre 1988 a
[324] 12 dicembre 1988, in curia; 28 marzo 1989, don Gianni a cena e fraternità; 25 maggio 1989, pomeriggio; 24 giugno 1989.324 Per esempio, nel 1988, il 19 settembre celebra in occasione dell’incontro nazionale a Quinto (cfr. Monitore ecclesiastico [1988] 392) e l’11 dicembre ad Einsiedeln, in occasione degli Esercizi annuali (cfr. ibid. , 460).
[325] Monitore ecclesiastico (1989) 449.
[326] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1991-1993: 12 settembre
[327] Ibid. : 13 marzo 1991.
[328] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: Natale 1985; gli auguri; s. a., il ringraziamento in occasione della morte della madre di don Giussani (?); Natale 1986, «Carissimo Corecco, i tuoi auguri di Natale sono quelli che mi hanno commosso. La tua amicizia, sì, che è buona»; 30 gennaio 1990, «Carissima Eccellenza, grazie dei tuoi auguri e del cuore che sempre mi dimostri così amico. Ti prometto che presto verrò a passare una oretta con te. Ti telefono. “Il mio cuore è lieto perché Dio vive”. Ti abbraccio con commozione. (Ti ho letto solo oggi e perciò ti scrivo subito)»; Natale 1992,
[329] una volta “l’armonia nascosta è più potente di quella manifesta” e tale armonia c’è nel cuore gratissima per quello che tu sei per me e per noi. Con l’augurio – con ricordo debito nella preghiera – per la tua salute»; ibid. , Corrispondenza e Documentazione 19941.3.1995: luglio 1994, «Con dolore dilatato dalla lontananza sono vicino alla tua sofferenza misteriosamente aumentata dalla perdita del figlio più buono e fedele. Cristo ti aiuti. Avendo compassione di noi» (telegramma); tra la corrispondenza del febbraio 1995, «Tutti i giorni vivo e viviamo con te il tempo di Dio» (telegramma); per le visite di don Giussani a Lugano, cfr. ACorecco Lugano, Agende: 1986, 4 ottobre; 1987, 23 aprile e 5 giugno; 1988: 14 agosto, 18 settembre e 20 settembre; 1989: 31 marzo; 1992: 27 aprile; 1994: 26 gennaio; 9 maggio; 26 luglio: un appuntamento cancellato; per l’ultimo incontro del 20 febbraio 1995, cfr. sotto, cap. V, § 1.13. e n. 154.329 Cfr. L. Giussani, Laico, cioè cristiano: Riflessioni e conversazioni di monsignor Luigi Giussani attorno al Sinodo ’87 , Supplemento a Il Sabato , 3 ottobre 1987.
[330] Corecco così scriveva a Lorenzo Prezzi del Il Regno: «L’Associazione “Memores Domini” è un’Associazione laicale e non è un istituto secolare», cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990, 22 giugno 1989.
[331] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 22 giugno 1989, lettera a Lorenzo Prezzi de Il Regno.
[332] Così nella III lettera dal Sinodo, 20 ottobre 1987, cfr. Corecco, Lettere dal Sinodo ,
[333] Un’ultima esplicita espressione di grata appartenenza la si trova nella corrispondenza
Eugenio Corecco dedicò molte cure alla vita consacrata, soprattutto alle religiose ed alle loro case; arricchì la diocesi di nuove comunità, accogliendone alcune con una lunga storia alle spalle, altre appena avviate e talvolta ancora in via di riconoscimento. In nessun caso si trattò di un progetto studiato a tavolino, ma sempre del frutto di un incontro.
1.1. Le Religiose di «vita attiva»
«Carissime Sr. Amelia e Rita, vi sono gratissimo per il vostro biglietto e mi rincresce di non essere con voi il giorno del vostro 50° di professione. Cinquanta anni di fedeltà al Signore è una cosa inestimabile. Credo che non ci sia nulla di più bello, neppure 50 anni di sacerdozio perché un prete ha più ricompense mondane. Ho una grandissima stima per le persone che spendono la loro vita come voi, nella povertà, verginità e obbedienza, per il Signore, perché vuol dire di avergli dato tutto quello che una persona possiede le cose materiali, l’affetto la volontà. Questa donazione rimane vera anche quando non si realizza al 100%. La santità, infatti, è un dono del Signore particolarissimo. Penso che anche voi vivete in una grande gioia, ora che i sacrifici più difficili per rimanere fedeli alla vostra vocazione li avete già fatti. Questa gioia e serenità è il centuplo che il Signore Gesù Xto ha promesso a chi lascia “il padre, la madre … tutto” per seguirlo. Vi benedico con tutto il cuore e conto sulla vostra preghiera»[334].
Questa la grande considerazione di Corecco per le religiose di vita attiva, quell’esercito silenzioso che aveva fornito le basi materiali e culturali della pubblica assistenza[335] e la cui presenza era talmente abituale, che non si sentiva neppure più un debito di riconoscenza nei suoi confronti.
Alle contemplative affidava volentieri le sue opere, in particolare l’IATL, condividendo non solo le necessità materiali[336], ma anche lo scopo stesso dell’opera: «È un fatto incontrovertibile che la contemplazione permette una conoscenza del Mistero trinitario che trascende quello della semplice riflessione teologica, come è altrettanto vero che i più grandi teologi hanno tutti superato i confini della mente umana per entrare nell’orizzonte della contemplazione. È inoltre altrettanto vero che mistici (uomini e donne) hanno fatto affermazioni sul mistero di Dio e della Salvezza che nessun teologo avrebbe mai osato affermare […]»[337].
Probabilmente[338], nell’intento di rendersi conto della situazione soprattutto delle religiose, Corecco faceva redigere una sorta di mappa delle congregazioni attive negli istituti ticinesi e compilare schede riassuntive della loro storia, nonché delle caratteristiche di ogni carisma[339]. Venivano così censite 51 congregazioni religiose femminili, di cui 16 erano proprietarie delle loro opere, per un totale di 27 istituti, mentre le restanti servivano in istituzioni private o «pubbliche» (ovvero statali, nel linguaggio corrente), ed erano presenti in 49 istituti[340]. Da tempo, le grandi congregazioni sorte per rispondere a bisogni sociali, sia svizzere che italiane, sentivano la crisi delle vocazioni e cercavano con sempre maggiore frequenza aiuto dalle Chiese d’Africa e dell’Asia; malgrado questo erano spesso costrette a ridurre i luoghi di cura nei quali erano presenti, e persino a cedere istituti di loro proprietà, ponendo termine a un servizio quasi secolare[341]. Negli anni del suo ministero, Corecco dovette più di una volta approvare una simile dolorosa decisione, malgrado il fatto che lottò sempre per evitarla favorendo l’avvicendamento delle congregazioni, e facendo anche lui ricorso a quelle sorte in altri continenti, in Asia (India e Filippine) oppure in America Latina[342]. Da notare che le nuove congregazioni di queste regioni povere mandavano volentieri suore nelle ricche società occidentali, perché con i loro stipendi finanziavano le opere di carità nei paesi d’origine. Religiose erano tuttora in servizio negli ospedali, negli istituti e nelle case anziani statali, ma parecchie di loro erano in età avanzata e talvolta considerate non più al passo con le moderne esigenze della cura e dell’assistenza. Soprattutto delle suore di vita attiva, radunate in un’apposita associazione, si volle occupare Corecco, interessandosi della loro situazione[343] e decidendo di tenere di persona i tradizionali ritiri periodici. Egli era persuaso che «le religiose (sono più di 800 in Ticino) hanno capito che non possono più lasciare implicita la loro scelta vocazionale accontentandosi di fornire servizi assistenziali o educativi»[344]. Per tutto il 1988 si incontrò con loro a Tavernola presso Como, nella casa per ritiri chiamata Salesianum, ottenendo un successo di partecipazione che «in nessun altro modo si sarebbe potuto ottenere»[345]. Lo stesso anno aveva proposto a loro il pellegrinaggio in Terra Santa ed anche qui l’adesione fu alta[346]. Tuttavia i numeri non erano tutto e celavano le difficoltà: la proposta non raggiungeva tutte le religiose[347]; per alcune la sede di Tavernola era lontana e scomoda[348]. Quasi a dimostrazione di questo, una giornata di ritiro tenuta il 3 novembre 1990 a Bellinzona presso il Collegio S. Maria ebbe uno straordinario successo numerico[349]. Da parte sua Corecco tentava di dare a questi incontri un’impronta più partecipata, proponendo ad esempio un’assemblea alla conclusione del ritiro[350]; le suore, dal canto loro, andavano precisando le loro esigenze: nel settembre del 1990 chiedevano un incontro per le superiore, un altro per le suore infermiere ed un terzo per le educatrici e le catechiste[351]. Fino al 1992 Corecco rimase fedele a questo impegno, per il quale mons. Martinoli, delegato diocesano per le religiose, non aveva mai cessato di esprimergli la sua gratitudine[352].
Non sfuggiva però al vescovo che alcune comunità erano invecchiate ed apparivano ormai incapaci di suscitare nuove vocazioni, destinandosi così all’estinzione. Riteneva quindi di primaria importanza accogliere nella diocesi esperienze vitali e capaci di rivelare il fascino di una vita consacrata al Signore. Per questa ragione, ad esempio, volle sempre conoscere a fondo quei carismi che attiravano anche alcune giovani del movimento di Comunione e Liberazione.
1.2. Dalle Clarisse Cappuccine alle Clarisse
In ordine di tempo, il primo incontro di Corecco era stato con le Clarisse del convento di S. Erminio di Perugia, dove nel 1980 era entrata Monica Umiker[353], poi suor Monica Benedetta, una studentessa di Comunione e Liberazione, originaria di Zurigo e protestante, che aveva conosciuto il movimento al Liceo di Lugano ed era entrata nella Chiesa cattolica dopo l’incontro con il carisma francescano. Già nel 1986, appena dopo l’ordinazione episcopale, Corecco scriveva alla superiora di Perugia per farle parte del suo desiderio di avere le Clarisse in Ticino e dell’impegno che intendeva assumersi per trovare un luogo dove insediare il nuovo monastero[354]. Quello stesso anno avevano cessato la loro attività di insegnamento le Clarisse Cappuccine di S. Giuseppe in Lugano[355]. La parte dello stabile adibita
a scuola era stata affittata allo stato, mentre quella che ospitava il monastero abbisognava di radicali restauri. Per di più, venuto meno l’impegno educativo, era iniziato per le suore un periodo di non facile discernimento. La comunità era certamente invecchiata, ma non prossima all’estinzione dato che poteva contare su qualche postulante, e, alla ricerca di una nuova finalità, sollecitava l’affiliazione alla Federazione Sacra Famiglia di Chieti[356]. Corecco visitava il monastero di S. Giuseppe nel mese di luglio e non taceva il suo desiderio di insediare, accanto alla primitiva comunità, le nuove Clarisse[357]. In questo senso egli doveva aver scritto alla superiora di Perugia, la quale ribadiva la disponibilità alla nuova fondazione, ma senza affrettare i tempi, non escludeva neppure la possibilità di una coabitazione, previo l’adeguamento della comunità locale[358]. Corecco rinnovava la sua proposta alle Cappuccine nel dicembre del 1986 ed ancora nel gennaio seguente, in occasione di un’altra visita, giungendo fino ad ipotizzare una suddivisione del monastero tra le due comunità[359]. Frattanto, nel mese di dicembre due Clarisse di Perugia erano venute Lugano, confermavano la loro disponibilità per una nuova fondazione, ma avevano verificato anche l’impossibilità di realizzare una convivenza con la comunità delle Clarisse Cappuccine[360]. Per finire Corecco rinunciava a questa ipotesi, confermava la determinazione di procedere alla nuova fondazione[361] e sosteneva cordialmente la richiesta di affiliare S. Giuseppe alla Federazione Sacra Famiglia[362]. La sua attenzione si era indirizzata verso una casa estiva, che la comunità di S. Giuseppe possedeva a Cademario: casa S. Chiara, dono della contessa Carolina Cochilani Tomich, che tra il 1953 ed il 1965 era stata utilizzata come colonia estiva per i bambini[363]. Un sopralluogo a Cademario da parte di tre Clarisse dava esito positivo[364] ed il 16 maggio 1988, le monache di S. Giuseppe donavano la casa alla diocesi, perché procedesse alle necessarie ristrutturazioni e vi fosse insediato il monastero delle Clarisse provenienti da S. Erminio a Perugia. Nello stesso atto annotavano l’incoraggiamento del vescovo verso la loro comunità, che mostrava segni di ripresa, ed il permesso di continuare gli importanti lavori di riattamento del monastero che erano stati avviati[365]. Nel mese di giugno il capitolo del monastero di S. Erminio di Perugia decideva di procedere alla nuova fondazione[366]. Negli anni seguenti la casa di Cademario era ristrutturata ed adattata alle esigenze della nuova comunità, mentre si affrontavano numerose questioni pratiche, che comprendevano la creazione di una Fondazione Clarisse di S. Erminio[367]. Tre anni dopo, nel 1992, le prime 4 monache Clarisse davano inizio al monastero dei Santi Francesco e Chiara, nella festa dell’Ascensione[368]. Si arricchiva così la presenza della famiglia francescana nel Ticino, ma non erano mancate le polemiche. Nella primavera del 1989, quando Corecco apriva altri importanti cantieri, uno a proposito di uno stabile della Fondazione Maghetti in via Brentani e l’altro riguardante la destinazione dell’ex-Seminario S. Carlo a Besso, Il Quotidiano usciva con due violenti articoli a proposito del «vescovo finanziere» e del suo stile di governo, che sarebbe stato autoritario ed incurante delle procedure giuridiche, nel caso concreto lo si accusava di aver costretto le Clarisse Cappuccine di S. Giuseppe a cedere contro volontà una loro casa[369].
1.3. I PAM: Piccoli Apostoli di Maria
Nei confronti dei Piccoli Apostoli di Maria (PAM), il ruolo di Corecco è stato determinante. Famiglia spirituale nata all’inizio del 1980 da Geltrude Ranaldi grazie a volontari, sacerdoti e laici, che condividevano la sua scelta di aiutare i più bisognosi e abbandonati per testimoniare la carità di Dio, venne accolta come associazione pubblica dal vescovo di Civita Castellana, mons. Marcello Rosina, il 25 marzo 1984. Nel 1990 fu costituita come Associazione civile. A partire dallo stesso anno Corecco, su proposta di padre Mauro Lepori, incontrava ripetutamente Geltrude Ranaldi, che aveva assunto il nome di madre Gemma, accompagnata spesso dal suo «braccio destro» don Franco Celletti († 2019), ed iniziava lo studio per la redazione della regola e dello statuto che nel 1992 avrebbe costituito la comunità in Associazione Pubblica con voti di diritto diocesano, comprendente un ramo maschile (Piccoli Apostoli di Maria) ed un ramo femminile (Piccole Apostole di Maria)[370]. Il vescovo li accoglieva in diocesi e li insediava nella casa mons. Bacciarini di Medoscio (costruita a suo tempo dal vescovo Bacciarini come sanatorio per i bambini tubercolotici), destinata ora a essere un centro di spiritualità. Corecco continuava a seguirli nei primi passi della loro vita istituzionale, presiedendo soprattutto alle professioni[371].
Ai sacerdoti, che vivevano in piccole comunità, Corecco affidava alcune parrocchie nelle valli[372].
1.4. Claro
Quando Corecco saliva alla cattedra vescovile, la situazione giuridica dell’antico monastero benedettino di Claro, fondato nel 1490, era abbastanza particolare: la comunità invecchiata e da lunghi anni priva di nuove vocazioni, ma determinata a perseverare nella vita monastica, aveva trovato sostegno da parte del fiorente monastero di S. Maria di Rosano (Firenze), la cui energica abbadessa, Maria Immacolata Fornasari, aveva affiliato Claro alla comunità di Rosano, che vi avrebbe garantito la continuità della vita corale. A giudizio di madre Fornasari non era possibile sostenere Claro tramite la cessione di alcune monache, perché il compito sarebbe stato troppo arduo; era tutta la comunità di Rosano che doveva farsi carico delle necessità del monastero ticinese. Le suore si sarebbero alternate nella permanenza a Claro, per un delimitato periodo di tempo, mentre le religiose ticinesi, troppo anziane o inferme, venivano accolte a Rosano. A Claro, era inviata anche una priora che rimaneva sotto l’autorità dell’abbadessa di Rosano. L’accordo era stato siglato da mons. Martinoli nel 1971. Negli anni seguenti era stata restaurata la chiesa, costruita una teleferica per le persone, ed apportate alcune migliorie agli edifici del monastero[373]. Corecco però non era del tutto soddisfatto: ad anni di distanza la vita monastica continuava solo grazie a questo sostegno esterno e non mostrava sufficienti segni di ripresa (con una sola nuova vocazione), e, a suo giudizio, questo accadeva perché le monache restavano a Claro poco tempo, non avevano né la possibilità né l’interesse a radicarsi nel territorio. Nel 1990, compiendosi il cinquecentenario della fondazione del monastero, egli inaugurava un radicale restauro degli edifici monastici[374] e sollecitava pressantemente Rosano a cambiare la sua forma di sostegno, ma madre Fornasari non era dell’avviso. Corecco fece allora dei passi presso il monastero di Seedorf (Uri) legato a Claro da storici legami[375] e soprattutto presso le Benedettine dell’isola di S. Giulio, sperando di ottenere da loro quanto l’abbadessa di Rosano non era disposta a concedere. Ma né da Seedorf né da S. Giulio potevano acconsentire alle sue richieste e la notizia delle sue iniziative provocò una severa reazione da parte di madre Fornasari, che minacciava di abbandonare il convento e comunque pose un termine temporale all’impegno della sua comunità, fissandolo al 1996[376]. Termine che venne poi di fatto dilazionato. Solo il 9 febbraio 2019 Claro sarebbe tornato ad essere un’abbazia con una propria abbadessa[377].
1.5. L’Orsa Minore a Orselina
La comunità di religiose benedettine con vocazione artistica[378] del convento di S. Hildegard dell’Orsa Minore a Orselina era stata fondata nel 1957 da madre Hildegard Michaelis (1900-1982) e affiliata alla casa madre di Egmond in Olanda. Qui, la fondatrice, artista e convertita al cattolicesimo, aveva dato avvio ad un monastero già nel 1929. Il futuro card. Jan Willebrands conobbe madre Michaelis nel 1938, quando era vicario ad Amsterdam, e sostenne sempre il suo desiderio di vita consacrata. Dopo la II guerra mondiale, collaborò alla redazione degli statuti che, nel 1952, erigevano la nuova congregazione delle Sorelle benedettine di Santa Lioba. Oltre a quella di Orselina, madre Hildegard fondò un’altra casa ad Aix-en-Provence (1966). Dopo la sua morte e a seguito del Concilio Vaticano II, si andarono manifestando profonde differenze nel modo di intendere il suo pensiero tra la comunità di Orselina e le altre, tanto che la casa ticinese ottenne l’autonomia per un periodo di prova di tre anni. Nel 1986, rispondendo ad una sollecitazione del vescovo ausiliare di Haarlem, descrivevano il loro modo di seguire la regola e la fedeltà al carisma della madre fondatrice, confessando di non sapere come vivessero le altre due comunità[379]. L’anno seguente Corecco iniziava una collaborazione con il card. Willebrands per la redazione di uno statuto in vista dell’ottenimento definitivo dell’autonomia da parte della comunità di Orselina[380]. Le nuove costituzioni vennero approvate il 6 gennaio 1992; il 22 aprile seguente, 14 benedettine dell’Orsa Minore facevano professione davanti al card. Willebrands[381]. Anche in questa occasione il lavoro comune aveva favorito la nascita di un’amicizia: nel mese di giugno il cardinale era di nuovo a Lugano e sostituiva Corecco, ricoverato a Berna, nella processione del Corpus Domini[382].
1.6. La comunità di Betania
La comunità di Betania si potrà insediare stabilmente nella diocesi di Lugano solo nel 2000, nella casa di Rovio che un tempo era stata l’Istituto S. Felice, esito sorprendente di un profondo rapporto di amicizia, che aveva legato alcune delle persone all’origine di questa fraternità a mons. Corecco.
In una visita alla Casa S. Felice, allora istituto per i bambini tenuto dalle Piccole Figlie del Sacro Cuore di Gesù, Corecco aveva incontrato suor Carmela Cicciari, che in quella casa si occupava dell’asilo. Egli raccoglieva il disagio di questa giovane religiosa, persuasa della sua vocazione di consacrata, ma che non trovava più alimento nella sua comunità. Proteggeva quindi la decisione della suora di uscire dalla congregazione e, invitandola a conservare anche nell’abito un carattere conforme alla sua condizione[383], in attesa di trovare una nuova comunità, le affidava la Casa S. Elisabetta[384]. In questo momento doloroso le offriva così un impegno appassionante, in cui mettere a frutto i suoi talenti, ed il costante appoggio della sua amicizia[385]. L’agenda del Vescovo registra, al 16 ottobre 1989[386], il primo incontro con padre Pancrazio (1926-2016) [387], al secolo Nicola Gaudioso, cappuccino e figlio spirituale di san padre Pio da Pietrelcina (dal 1950). Molto legato alla spiritualità mariana, padre Pancrazio, che aveva stretti rapporti con il movimento del Rinnovamento nello Spirito ed era spesso invitato in Ticino, guidava la Fraternità di Betania, riconosciuta nel 1987 come Associazione pubblica di fedeli ed approvata dal vescovo di Molfetta, Tonino Bello; dal 1998 sarebbe diventata un istituto di vita consacrata di diritto diocesano[388], aperto a uomini e donne, laici e presbiteri di vita contemplativa per offrire il servizio della gestione di case per ritiri spirituali. Su invito di Corecco, suor Carmela incontrava padre Pancrazio, trovava nella Fraternità di Betania la nuova forma per vivere la sua vocazione religiosa ed entrava nella comunità presso la casa madre di Terlizzi[389]. Rimaneva in lei il desiderio di aprire una casa anche in Ticino. Nel 2000, quando venne a sapere che la Casa S. Felice di Rovio cessava l’attività come istituto per i minori, interessò i suoi superiori a questo stabile, collocato in una posizione invidiabile, che venne quindi acquistato e adattato al nuovo scopo[390].
1.7. La Compagnia di S. Teresa del Bambin Gesù
Nel gennaio del 1987, Corecco visitava, nella loro casa di via Nassa, le socie della Compagnia di S. Teresa, un istituto secolare fondato nel 1926 da mons. Aurelio Bacciarini e dall’airolese Maria Motta (1883-1948) a sostegno delle opere diocesane ed in particolare dell’UFCT[391]. Per l’occasione
https://www.ffbcelladinoceto.it/necrologio-di-fra-pancrazio-n-gaudioso/
https://www.caritas-ticino.ch/riviste/elenco%20riviste/riv_9604/art_016.htm:http://www.
erano convenute a Lugano anche le sorelle sparse in varie parrocchie del Ticino, per lo più a servizio dei parroci. Tale infatti era l’organizzazione della congregazione: alcune affiliate risiedevano presso la casa madre, ma la maggior parte viveva altrove, provvedendo da sé al proprio mantenimento[392]. Il Vescovo si rallegrava per i segni di vitalità di questo carisma diocesano: nella Compagnia erano appena entrate definitivamente due nuove signorine ed altre due pronunciavano il primo impegno[393]. Forse già nel corso di questo incontro, la Direttrice sottoponeva al vescovo la necessità di provvedere al restauro degli stabili di via Nassa, la casa Provida Mater e la Casa S. Pio X ai numeri civici 64 e 66. Corecco prendeva ampio interesse alla questione. Via Nassa era divenuta, dal profilo immobiliare, superficie pregiatissima. Oltre alle case, destinate anche in parte ad abitazione per alcuni inquilini anziani ed in parte date in affitto ad una scuola privata per un modico canone[394], la Compagnia possedeva un terreno tenuto a giardino, in tutto un patrimonio stimato attorno ai 30 milioni, il cui reddito annuo era però di poche migliaia di franchi[395]. Agli occhi del Vescovo, questa proprietà, appartenente ad una congregazione sorta a servizio della diocesi, non era più pienamente utilizzata secondo il suo primitivo scopo, che era quello di ospitare o sostenere le attività diocesane ed egli non intendeva perpetuare questa situazione. Con una lunga lettera alla direttrice, Irma Milesi (1925-1997), ancora nel corso del mese di febbraio 1987[396], presentava le sue intenzioni: in primis dare adeguata sistemazione logistica alle ascritte alla Compagnia, coinvolgendole anche nella gestione di una casa per esercizi spirituali e ritiri, da crearsi in via Nassa o altrove (Corecco aveva già presente la casa di Medoscio, poi affidata ai PAM, o una sede a Cureglia), ricavando il capitale necessario per le ristrutturazioni – o nuove costruzioni – da un miglior uso di parte della proprietà di via Nassa. Prevedeva anche la costituzione di un fondo di 2 milioni, a garanzia delle socie negli anni della loro vecchiaia. Fatte salve queste priorità (la sicurezza delle ascritte, la loro sistemazione logistica ed il ripristino di un servizio effettivo per la diocesi), il piano presentava diverse varianti da discutere con le interessate. Di fatto queste proposte comportavano la rinuncia ai diritti di proprietà, totale o almeno parziale, da parte della Compagnia e su questo punto Direttrice e consigliere si rivelarono inamovibili[397], sebbene avessero accettato come assistente spirituale don Volonté, uno stretto collaboratore di Corecco[398]. A due anni di distanza dalle prime mosse e dopo laboriose trattative, le Teresine chiarivano definitivamente le loro intenzioni[399], avviavano di loro propria iniziativa – senza consenso dell’autorità diocesana – le pratiche per l’alienazione di una parte della proprietà, allo scopo di procurare i capitali necessari al restauro degli altri edifici[400], e sollecitavano il giudizio di Roma sulla loro situazione. Infatti mons. Vincenzo Fagiolo, segretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, scriveva a Corecco chiedendo chiarimenti sul suo modo di procedere[401]. Corecco tardava a rispondere, perché nel frattempo aveva ordinato una visita canonica dell’istituto, affidandola a mons. Giuseppe Martinoli, vescovo emerito e vicario per le Religiose. Egli non voleva inviare il suo parere a Roma prima di averne visto i risultati[402]. Le conclusioni della minuziosa indagine di Martinoli non rilevavano clamorose inadempienze da parte delle socie o delle responsabili della Compagnia, annotava se mai di passaggio un’eccessiva insistenza – nel corso di qualche predicazione – sulla necessità di obbedire in tutto e per tutto al Vescovo[403]. Rispondendo finalmente a mons. Fagiolo, Corecco accompagnava questo rapporto ribadendo le sue ragioni: ad una «commendevole spiritualità individuale» non faceva riscontro un’analoga condotta sul piano della vita comunitaria e non mancava di sottolineare «l’atipicità della situazione connessa alla gestione ed alla redditività del patrimonio dell’Istituto, situazione che ha dato spunto al mio intervento»; egli allegava anche un severo rapporto di don Volonté sullo stato della Compagnia, in particolare sul rapporto di questa con il Vescovo[404]. Evidentemente la Congregazione non ritenne che fosse possibile forzare la volontà delle ascritte alla Compagnia di S. Teresa, che conservarono il pieno possesso della proprietà. In seguito Corecco comperò un diritto di superficie trentennale su parte degli immobili e ne fece la sede del nascente Istituto Accademico Teologico di Lugano[405]. Ottenne anche di poter acquistare parte del terreno, che pensava di utilizzare per costruire alloggi per docenti e studenti; quando però si prospettò l’idea di trasferire altrove l’Istituto, ormai promosso a Facoltà, sul sedime si costruì una casa da reddito[406]. Non sembrano aver avuto seguito invece i nuovi progetti edilizi che pure erano stati allestiti nel corso del 1990[407].
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[334] ACorecco Lugano, Epistolario post mortem (S): 7 maggio 1987, lettera indirizzata a due religiose dell’Istituto S. Eugenio o della Casa S. Agnese di Locarno.
[335] Si vedano a questo proposito i dati raccolti da A. Abaecherli , Attività caritative cat toliche in Ticino nei primi cinquant’anni di vita della diocesi , in Diocesi di Lugano e carità , 59130.
[336] Scusandosi per una lunga sospensione nella corrispondenza, scrive ad una monaca:
[337] ringrazio per aver ripreso il filo. Non esiste ragione per romperlo anche se possono esistere ragioni per tenerlo in sospeso, come hai fatto. Certo anche la mia malattia, ma soprattutto l’immenso lavoro per avviare l’Istituto, mi hanno tenuto occupato in altre cose […] ti sono grato per ogni goccia di preghiera per me, per la mia anima, per l’Istituto (ho bisogno di 25.000.000 per assicurarne l’avvenire) […]», 12 settembre 1993, cfr. Lepori, «Farsi ricostituire dallo Spirito Santo» , 69-110, 104.337 Da una lettera ad una monaca contemplativa del 27 settembre 1992, in Lepori,
[338] ricostituire dallo Spirito Santo» , 94.338 L’avverbio è d’obbligo: la documentazione raccolta non è datata ma ordinata tra i documenti degli anni del suo ministero.
[339] AVescLugano , Fondo Religiosi; Suore Scat. I, fasc. 2: per le Figlie della Chiesa, Muralto (9 marzo 1981); Suore Scat. III, fasc. 9: per le Piccole Figlie del Sacro Cuore di Gesù, Sale (AL); Suore Scat. IV, fasc. 10: per le Piccole Figlie dei SS. Cuori di Gesù e di Maria (Clinica S. Chiara Locarno-Solarium Gordola), cfr. in Giornale del Popolo, martedì 20 agosto 1990, 21: Cent’anni fa moriva don Agostino Chieppi un volto amico per i sofferenti ; fasc. 11: per le Piccole Figlie di S. Giuseppe; fasc. 14: per le Suore della Sacra Famiglia; fasc. 15: per la Congregazione Piccole Suore di S. Teresa di Gesù Bambino; fasc. 16: per le Suore Agostiniane di Poschiavo; fasc. 17: per le Suore e Istituto di S. Anna, Sorengo (2 novembre 1994); fasc. 18: per Congregazione delle Figlie di Gesù Buon Pastore di Piacenza; fasc. 19: per le Suore carmelitane di S. Teresa di Torino; fasc. 19 bis: per le Suore della Carità di
[340] Croce di Ingenbohl e Istituto S. Eugenio (Locarno); Suore Scat. V, fasc. 19a: Istituto della Francescane missionarie di Maria; fasc. 20: per la Congregazione delle Suore di S. Giuseppe Benedetto Cottolengo; fasc. 21: per la Casa S. Domenico, Neggio; fasc. 29: per le Missionarie di S. Antonio Maria Claret ; Suore Scat. IX, fasc. 35: per la Congregazione delle Suore delle Poverelle del Beato Palazzolo di Bergamo.340 AVescLugano , Fondo Religiosi, Associazione delle Religiose 1986-1994: Opere caritative e assistenziali di Congregazioni religiose femminili.
[341] Si veda ad esempio la vendita della clinica S. Anna di Sorengo, presso la quale però negoziava la permanenza di alcune suore, cfr. in AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore Scat. IV, fasc. 17: 2 novembre 1994, lettera di suor Hedy Loser, madre generale.
[342] Si veda l’avvicendamento tra le Suore di S. Vincenzo de’ Paoli e quelle di S. Maria di Leuca, che assumono la conduzione della Cà Rezzonico a Lugano, cfr. Monitore ecclesiastico (1987) 230: il 6 giugno. È il caso di Medoscio che passa ai PAM; anche per il suo personale servizio e quello della curia Corecco farà ricorso ad un ordine di suore indiane, evitando però di estraniare queste suore dalle loro tradizioni. Suor Clara Nunes, la superiora delle tre suore che prestarono servizio in curia, ricorda che insisteva perché continuassero a pregare in inglese e facilitava in tutti modi i loro contatti con l’India, sia con la Casa madre che con le loro famiglie , cfr. intervista dell’11 aprile 2015 (Haarlem/Olanda).
[343] AVescLugano , Fondo Religiosi, Associazione Religiose 1986-1994: nel 1988 un apposito questionario viene sottoposto alle religiose impiegate nelle case di cura, per le quali tiene una conferenza nel novembre dello stesso anno.
[344] Così in Giornale del Popolo, 5 giugno 1991, 18, nell’intervista di bilancio dei suoi 5 anni di episcopato.
[345] AVescLugano , Fondo Religiosi, Associazione Religiose 1986-1994: così mons. Giuseppe Martinoli, vescovo emerito e delegato per le Religiose, nella sua lettera del 21 dicembre 1988.
[346] Ibid. : tale è il parere espresso da Martinoli nella lettera del 12 luglio 1988.
[347] Alcune, come le suore della Casa S. Maria di Savosa, disponevano di un cappellano che predicava regolarmente per loro, altre adducevano ragioni di età, di impossibilità a lasciare il lavoro o problemi di spesa.
[348] AVescLugano , Fondo Religiosi, Associazione Religiose 1986-1994: i nodi vengono al pettine già nell’estate del 1989 e nel 1990 la partecipazione ai ritiri risulta dimezzata (sintesi di suor M. Letizia, presidentessa dell’Associazione, del 31 agosto 1990).
[349] Ibid.
[350] Ibid. : nella sua sintesi di fine 1989 suor M. Letizia si augura che questo momento venga meglio compreso.
[351] Ibid. : 10 settembre 1990.
[352] Ibid. : ad es. nella lettera del 22 dicembre 1990, nella quale esprime la sua gratitudine anche per il lavoro con i giovani.
[353] L’abbondante carteggio tra questa giovane e il suo padre spirituale Corecco si trova in ACorecco Lugano, Epistolario post mortem (U); per una sintesi di questo cammino spirituale, cfr. Testimonianza di Sr Monica Benedetta Umiker , OSC , in Bollettino Amici 3/ IV (marzo 1999) 37-47. Questa testimonianza fu letta durante l’Assemblea generale, sabato 14 marzo 1998.
[354] Giornale del Popolo, 20 maggio 2017, 7: Clarisse in Ticino: una primavera sul monte .
[355] Per questo monastero, cfr. HS V/2 , Berna 1974: 1037-1040 (padre U. Orelli ofmCap ).
[356] AVescLugano , Fondo ex Monastero di S. Giuseppe, Atti 1947-2000, f. 78: già il 13 giugno 1986, chiedendo anche l’invio di due monache per la formazione di due postulanti.
[357] Ibid ., f. 79r: 21 luglio 1986.
[358] AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore Scat. XIV, Clarisse, Monastero S. Francesco e S. Chiara Cademario: 31 ottobre 1986, lettera dell’abbadessa di S. Erminio di Perugia a Corecco .
[359] AVescLugano , Fondo ex Monastero di S. Giuseppe, Atti 1947-2000, f. 80: 18 dicembre 1986; e f. 80v: 13 gennaio 1987.
[360] Così negli Atti, cfr. ibid. , f. 81: 3 gennaio 1987.
[361] Ibid. , f. 81r: 23 gennaio 1987; e cfr. anche AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore Scat. XVI., Clarisse, Monastero di S. Francesco e S. Chiara: 8 dicembre 1988, lettera di Corecco al Padre Provinciale in cui menziona la visita a Lugano di suor Chiara Augu sta e suor Monica Benedetta, che hanno confermato in lui il desiderio di erigere questo monastero.
[362] AVescLugano , Fondo ex Monastero di S. Giuseppe, Atti 1947-2000, f. 82v-f. 105: i numerosi passi intrapresi per rendere definitivo il nuovo assetto, con la rinuncia a qualun que responsabilità nei confronti della scuola (4 ottobre 1987), l’affiliazione definitiva alla Sacra Famiglia (6 febbraio 1991) e la conferma che il monastero restava sotto la responsa bilità del vescovo locale.
[363] Ibid. , f. 90r: la storia della casa.
[364] Ibid. , f. 85v: 3 aprile 1988: Corecco esamina la casa con l’abbadessa e la vicaria di
[365] Giuseppe; f. 86r: 27.4.1988, tre Clarisse sono ospiti a S. Giuseppe, il 28 aprile salgono a Cademario.365 Ibid. , f. 87: atto ufficiale dattiloscritto, inserito nella Cronaca, 16 maggio 1988.
[366] AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore Scat. XIV, Clarisse Monastero di S. Francesco e S. Chiara: lettere del 15 giugno 1988 e 25 giugno 1988.
[367] Ibid. : progetto manoscritto per la Fondazione, redatto da mons. Giuseppe Bonano mi, cancelliere vescovile; tra marzo 1990 e febbraio 1992; scambio di corrispondenza tra don Patrizio Foletti e la Madre di S. Erminio per le questioni pratiche.
[368] Cfr. Giornale del Popolo, 27-28 maggio 1992, 28 (R. Maag). Il nuovo monastero sarebbe prosperato; dal 2008 al 2012 le monache, aumentate di numero, hanno dovuto trasferirsi nel monastero di S. Giuseppe a Lugano, la cui comunità era estinta, per il radicale rinnovo ed ampliamento della casa di Cademario.
[369] Il Quotidiano, 24 marzo 1989, 1: l’editoriale di Daniele Leoni (pseudonimo di Sil vano Toppi), Il Vescovo finanziere e 7: Paolo Storelli, Fervore milionario della Curia ; da parte sua Gazzetta Ticinese, 28 marzo 1989, in prima pagina informava i suoi lettori delle accuse indirizzate al vescovo, della pronta risposta del Giornale del Popolo e delle smentite ufficiali da parte del vicario generale e degli organismi curiali preposti all’amministrazione; Libera Stampa, 29 marzo 1989, 4: ospita una lettera a firma Carlo Steiger, che estende le accuse di
[370] finanziari a tutta la Chiesa; ibid. , 31 marzo 1989, 4: di nuovo una lettera a firma C. M. sui medesimi temi; i numerosi articoli apparsi su vari giornali ticinesi e confederati che puntano il dito contro gli «affari» del vescovo Corecco sono raccolti in AVescLugano , Fondo Vescovi, mons. Eugenio Corecco 1988-90, fasc. 1989; il vescovo rispose agli at tacchi con un’ampia intervista: A cosa servono i beni ecclesiastici , in Giornale del Popolo, 28 marzo 1989, 2. In realtà Eugenio Corecco aveva sottoposto a verifica l’amministrazione dei beni della diocesi e delle varie fondazioni di carattere religioso, nell’intento di distinguere il reddito dalla carità, ovvero di ottenere un reddito là dove era possibile, al fine di finanziare i progetti e le opere di carità (colloquio con Alberto Montorfani , amministratore della Fondazione Maghetti negli anni di Corecco , Lugano 9 giugno 2020).370 Testimonianza di don Patrizio Foletti, allora segretario di mons. Corecco .
[371] ACorecco Lugano, Agenda 1990: Corecco incontra madre Gemma e don Franco Celletti il 2 novembre; altri incontri in Agenda 1991: 14 aprile, 25 giugno, 21 luglio, 7
[372] 22 ottobre, 15 novembre, 22 dicembre; Agenda 1992: 22 gennaio: discute con loro circa il futuro di Medoscio , gli ordinamenti e lo statuto; 6 febbraio; 17 febbraio: trascorre la giornata con i PAM; 4 maggio, 22 maggio, 28 agosto, 1° settembre, 20 dicembre: udienze a madre Gemma e don Franco; Agenda 1993: 7 febbraio: a Medoscio , casa mons. Bacciarini , presiede alla professione religiosa di alcune sorelle PAM; 25 ottobre: sempre a Medoscio voti perpetui di alcuni sacerdoti e religiosi; 4 marzo, 18 giugno, 2 agosto: ancora a Medoscio ; 23 ottobre: voti di alcuni sacerdoti a Medoscio ; Agenda 1994: 23 gennaio; 14 marzo: era prevista un’udienza con don Celletti, cancellata per l’improvvisa partenza per l’ Inselspital di Berna; 28 aprile, 28 luglio: madre Gemma e don Franco; 9 settembre: riceve mons. Rosina; Agenda 1995: 13 e 19 gennaio: ancora visite di madre Gemma.372 Cfr. il sito ufficiale: famigliapam.com/ (consultato 15 dicembre 2018).
[373] HS III/1, 1679-1712, 1690.
[374] Costituendo un comitato per la raccolta dei fondi presieduto dall’on. Renzo Respini, che collaborò strettamente con Corecco non solo in questo progetto.
[375] HS III/1, 1681: nel 1559 un gruppo di monache di Claro si trasferì a Seedorf presso Altdorf per sostenere la comunità dell’antico monastero di S. Lazzaro, che rifiorì poi in modo duraturo.
[376] AVescLugano , Fondo Religiosi, Claro Benedettine Scat. VI: Corrispondenza 1987: rinnovo della foresteria; 23 giugno 1987: madre Fornasari chiarisce per Corecco i rapporti tra Claro e Rosano; 2 luglio 1987: Corecco chiede più aiuto; 21 luglio 1987: madre Immacolata resta sulle sue posizioni; 5 agosto 1987: Corecco va a Rosano; Corrispondenza 1989: 14 novembre 1989: si parla del V Centenario, ed anche del XXX di benedizione abbaziale di madre Fornasari; Corrispondenza 1990: iniziano i grandi restauri e Corecco preme su madre Fornasari. Iniziano le trattative con Seedorf; Corrispondenza 1991: terminano i restauri e sembra che Rosano lasci Claro; Corrispondenza 1992: trattative con S. Giulio; Corrispondenza 1993: l’abbadessa di S. Giulio è molto ben disposta, ma la comunità non accetta l’impegno; Corrispondenza 1994: 13.5.1994: severo pro-memoria di Rosano circa le pretese di Corecco e decisione di stabilire al 1996 il termine dell’impegno con Claro.
[377] Catholica , allegato a Corriere del Ticino, 9 febbraio 2019.
[378] Cfr. S. Massironi, Benedettina ed artista. Un ritratto di madre Hildegard Michaelis , in L’Osservatore Romano, sabato 8 agosto 2015, 5; Id., La via pulchritudinis delle benedettine di Orselina , in Donna, Chiesa, Mondo 46 (luglio 2016) 36-38.
[379] AVescLugano , Fondo Religiose, Scat. 1: così nell’allegato alla lettera di Corecco a mons. Vincenzo Fagiolo, segretario per la Congregazione dei religiosi, del 2 gennaio 1989.
[380] ACorecco Lugano, Agende: sono registrati incontri con il card. Willebrands il 10 gennaio 1987, con l’esplicita indicazione che lavoreranno allo statuto; il 18 giugno 1990; il 15 ottobre 1991.
[381] AVescLugano , Fondo Religiose, Scat. 1; e ACorecco Lugano, Agenda: 22 aprile 1992.
[382] Ibid. : 17 e 18 giugno 1992.
[383] Intervista con suor Carmela Cicciari , Rovio 24 gennaio 2018; cfr. anche AVescLu gano , Fondo Religiosi, Scat. II, fasc. 9: lettera del 13 maggio 1987 della superiora generale della sua congregazione, madre Angela Melchioni , a mons. Corecco .
[384] Fondato nel 1947 dal cappuccino padre Aurelio Pometta per l’assistenza delle madri nubili e dei loro bambini, l’ente ha oggi costituzione legale come Opera Serafica di Assistenza del Terz’Ordine Francescano del Cantone Ticino, cfr. M. Maffongelli (a cura di), Casa S. Elisabetta. Da 70 anni un tetto per madri in difficoltà , Lugano 2017.
[385] Intervista con suor Carmela Cicciari , Rovio 24 gennaio 2018.
[386] ACorecco Lugano, Agenda 1989.
[387] ( consul -
[388] il 17 maggio 2019).388 https://it.wikipedia.org/wiki/Fraternit%C3%A0_francescana_di_Betania ( consul -
[389] il 17 maggio 2019).389 Corecco avrebbe presieduto la cerimonia dei suoi voti a Terlizzi, cfr. ACorecco Lugano, Agenda 1991: 29 settembre.
[390] Intervista con suor Carmela Cicciari , Rovio 24 gennaio 2018; cfr. Giornale del Popolo, 2 ottobre 1991, 24: il servizio di Roberto Maag sulla sua professione.
[391] per qualche nota di Gianni Ballabio, su Caritas Insieme, nella ricorrenza dei 70 anni di fondazione di questa Compagnia di donne consacrate; per gli inizi, v. piaunionedeltransito.org/pia/it/vita-della-chiesa/95-testimoni/988-la-compagnia-disantateresa -alugano (B. Capparoni).(consultati 18 maggio 2019).
[392] In una lettera di Corecco al Segretario della Congregazione dei Religiosi, mons. Vincenzo Fagiolo, del 21 settembre 1990, in cui quantifica le unità: 8 ascritte interne e 33 esterne, età media 73 anni, in AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore, Scat. XII.
[393] Così G. Zois , Compagnia di S. Teresa, quella vena d’acqua nascosta , in Giornale del Popolo, 20 febbraio 1987, 8.
[394] AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore, Scat. XII: nella lettera a mons. Vincenzo Fagiolo del 21 settembre 1990, Corecco definisce questo canone d’affitto «ampiamente al di sotto del prezzo di mercato».
[395] Ibid. : «per il 1986: 5.692 fr.; per il 1988: 18.810 fr.; per il 1989: 32.325 fr., con una percentuale di redditività media del 2/1000».
[396] AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore, Scat. XII, Compagnia S. Teresa: 19 feb braio 1987; per questa affiliata, entrata nella Compagnia nel 1949, cfr. il necrologio in Giornale del Popolo, 27 febbraio 1997, 30.
[397] AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore, Scat. XII, Compagnia S. Teresa: già nella lettera del 3 aprile 1987, la Direttrice e le socie residenti in via Nassa esprimevano l’ inten zione di rimanere nel pieno possesso degli edifici della Compagnia e di quelli acquistati con il contributo delle associate; ad un anno di distanza, dopo un difficile incontro con il Consiglio direttivo della Compagnia, Corecco scriveva alla Direttrice, richiamando anche il dovere di una oculata amministrazione implicito nella scelta della povertà ( ibid. , lettera del 23 aprile 1988). Irma Milesi scriveva a sua volta nel mese di maggio ed ancora nel mese di giugno, lasciando trapelare la disponibilità ad un accordo (cfr. ibid. : lettere dell’11 maggio e del 10 giugno 1988). Corecco rispondeva, a stretto giro di posta ( ibid. , 14 giugno 1988), ma in realtà la trattativa non procedeva come conferma una lettera della Milesi dell’8 ottobre 1988. Il 20 dicembre 1988 (dopo l’entrata in carica del nuovo assistente ecclesiastico don Volonté), la Milesi scriveva di nuovo al Vescovo sollecitando chiarimenti per riaprire trattative, che sarebbero di nuovo naufragate sullo scoglio della proprietà dei beni.
[398] A proposito del nuovo assistente ecclesiastico, già nella sua lettera del 3 aprile 1988 Corecco ricordava che doveva essere scelto tra il clero diocesano e non tra i religiosi; nella sua lettera dell’8 ottobre 1988, la Milesi indicava don Sandro Vitalini o don Pietro Borelli, ma non don Volonté proposto da Corecco . Infine però si adattarono a questa indicazione, cfr. annotazione a margine della lettera dell’8 ottobre 1988 di pugno di Corecco : «ma poi in seguito hanno detto di sì»; e lo scritto del 16 novembre, con cui Corecco ringraziava per la condiscendenza dimostrata.
[399] AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore, Scat. XII, Compagnia S. Teresa: con una lettera del 6 febbraio 1989 a Corecco , in cui faceva riferimento a precedenti dialoghi e colloqui telefonici, Irma Milesi informava che la Compagnia aveva affidato la conduzione delle trattative con lui ad un avvocato del foro di Lugano; Corecco rispondeva il 10 feb braio , accettando la designazione dell’avvocato ma solo per la redazione degli atti: a suo parere le trattative dovevano restare oggetto di un dialogo diretto tra loro (da notare che il 28 gennaio 1989, Corecco aveva guidata una mattinata di ritiro per queste religiose, cfr. Monitore ecclesiastico 1989, 56). Solo l’8 maggio 1989 la Milesi troncava ogni speranza di accordo: la Compagnia non aveva compreso che l’adesione alle proposte del Vescovo comportava per l’Istituto «l’esproprio dei suoi beni». «È vero, che avevamo aderito alle sue insistenze, ma è naturale che nulla aveva del definitivo anche perché la Compagnia nemmeno sospettava che lei intendesse come prezzo della nostra eventuale adesione tutti i beni dell’istituto». In conclusione le Teresine intendevano aiutare il Vescovo permanendo nei loro stabili e continuando a rendere servizio nella forma e nel modo in cui stavano al momento.
[400] AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore, Scat. XII, Compagnia S. Teresa: con lettera del 5 luglio 1989, Irma Milesi invitava l’Assistente ecclesiastico don Volonté a far parte della commissione di 5 membri costituita allo scopo. Don Volonté declinava l’invito ed intendeva informare il Vescovo, che al momento era assente. In settembre, Corecco invitava la Direttrice a sospendere «qualsiasi iniziativa patrimoniale», chiedeva un incontro per porre a tema i rapporti interni tra le ascritte alla compagnia ed i rapporti con lui, da ultimo ricordava le norme canoniche circa la gestione dei beni ecclesiastici (lettera del 12 settembre 1989).
[401] AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore, Scat. XII, Compagnia S. Teresa: lettera di mons. Fagiolo a Corecco del 27 ottobre 1989: «Eccellenza, questa Congregazione è venuta a conoscenza che l’Eccellenza vostra sembra interessata ai beni che la Compagnia del Bambin Gesù, Istituto secolare, ha in questa diocesi. Non avendo ricevuto alcune informazioni da codesta Curia in merito a tale problema, sono a chiederle notizie e il parere dell’Eccellenza Vostra».
[402] Per la visita canonica cfr. lettere del 7 dicembre 1989 di mons. Martinoli a Corecco ed a Irma Milesi, in AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore, Scat. XII, Compagnia S. Teresa; ibid. , Scat. X, fasc. 41: progetto per la visita canonica della Compagnia S. Teresa del Bambin Gesù; per il ritardo di Corecco , cfr. AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore, Scat. XII, Compagnia S. Teresa: sollecito da parte della Congregazione del 30 novembre 1989 e lettera di Corecco del 12 dicembre 1989, che chiede di poter inviare il suo parere una volta visto il rapporto della visita canonica.
[403] AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore, Scat. XII, Compagnia S. Teresa: 3 aprile 1990, rapporto di Martinoli su di una visita durata dal 30 gennaio al primo di aprile 1990.
[404] Ibid. : il rapporto di don Volonté, che rileva anche l’indebita pubblicità data alla vicenda sulla stampa ostile, è del 15 maggio 1990, mentre la lettera di Corecco a mons. Fagiolo è del 21 settembre 1990.
[405] Così don William Volonté, segretario generale dell’IATL prima e della Facoltà di Teologia poi.
[406] Così Alberto Montorfani , Lugano, colloquio del 9 giugno 2020.
[407] AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore, Scat. XII, Compagnia S. Teresa: in particolare approvazione da parte del Consiglio direttivo della Compagnia di un progetto per l’edificazione del mappale 1763D, del 3 gennaio 1990 (senza la firma di don Volonté).
Corecco inaugurava la sua partecipazione alla Conferenza dei Vescovi svizzeri (CVS) intervenendo alla 193a sessione dell’1-3 settembre 1986. Per il triennio 1986-1988 gli venivano affidati i settori dei Servizi e Ministeri (seminari), Comunità religiose, Liturgia, Comunicazioni sociali, Gioventù, Stranieri e Turismo[408]. La conferenza faceva proprio l’invito di Giovanni Paolo II a sostenere l’incontro di Assisi per la pace, raccomandando di indire preghiere ecumeniche ed esprimeva la sua solidarietà ai Vescovi del Nicaragua, che avevano dovuto assistere all’espulsione del vicepresidente della loro conferenza[409]. L’oggetto principale di quell’incontro era stata però la costituzione del tribunale interdiocesano svizzero, che aveva ottenuto il nihil obstat da parte della Segnatura apostolica il 14 aprile 1986[410].Partecipando alla Conferenza dei Vescovi Corecco prendeva direttamente atto della variegata situazione della Chiesa cattolica in Svizzera[411] e vi portava il contributo della sua esperienza personale e pastorale di Chiesa. Come vescovo di Lugano, dal profilo del rapporto con lo Stato, si trovava in una situazione relativamente semplice, perché i confini della diocesi coincidevano con quelli del cantone ed i rapporti con l’autorità civile erano regolati sostanzialmente dalla vecchia legge civile-ecclesiastica del 1886, che assicurava alla Chiesa libertà d’azione, sebbene lasciasse aperto lo spinoso problema finanziario[412].
Diverse erano le condizioni dei suoi colleghi, ovvero i presuli delle altre 5 diocesi che, con i loro coadiutori e gli abati di St. Maurice d’Agaune (Vallese) e di Einsiedeln, formavano la CVS. Ognuna di queste diocesi includeva i territori di diversi cantoni[413] e, stante il fatto che la relazione tra Stato e Chiesa era definita su base cantonale e regolata unilateralmente dalla sola legge dello Stato, questo poteva comportare delle difficoltà, soprattutto per il modo a cui si era fatto ricorso in parecchi cantoni, dove il potere civile aveva organizzato i cattolici in istituzioni statali e/o di stampo statale (ovvero democratico). Accanto alla Chiesa vera e propria, c’erano dunque
le Kirchengemeinden a livello parrocchiale e la Landeskirche (Chiesa cantonale o nazionale, o anche Corporazione) a livello cantonale, e non diocesano. In concreto dunque un raddoppiamento delle istituzioni: da una parte la Chiesa cattolica romana con le sue diocesi e parrocchie, dall’altra le Kirchengemeinden e la Landeskirche, costituite dallo Stato ed organizzate secondo i dettami della democrazia, con i loro organi, cioè gli aventi diritto di voto, un parlamento (spesso chiamato “Sinodo”) e un governo, con competenza nelle questioni economiche[414].
Ma soprattutto aveva peso il fatto che, dopo il Concilio, queste strutture di stampo democratico erano considerate in grado di realizzare l’ecclesiologia del Vaticano II[415].
Soprattutto nella Svizzera tedesca, facevano breccia le teologie «progressiste», inaugurate da scritti come il Catechismo olandese (1968) e da teologi – un nome su tutti: Hans Küng –, convocati insieme dalla contestazione del magistero pontificio, segnatamente in materia di celibato dei preti, fermamente riaffermato da Paolo VI, con conseguente rifiuto dell’ordinazione di uomini sposati, e della dottrina della Humanae Vitae. Dal profilo delle relazioni ecumeniche poi, la stretta prossimità con le comunità riformate e gli intensi rapporti di collaborazione su temi umanitari avevano favorito la riduzione al minimo dello «spessore di mediazione della Chiesa nel contatto tra Dio e gli uomini» e ci si avviava verso una concezione aconfessionale della fede[416], ritenuta la via più corrispondente al desiderio di unità che anche il Concilio aveva espresso, approvando ed incoraggiando l’impegno ecumenico.
In concreto, soprattutto nella Svizzera tedesca, la scarsità delle vocazioni sacerdotali, unita alla disponibilità finanziaria, apriva la strada a laici e laiche, che si preparavano al mestiere di assistenti pastorali studiando teologia al fianco, e talvolta negli stessi seminari, dove si formavano i futuri presbiteri, malgrado il fatto che non intendessero abbracciare nessuna forma di vita verginale. Questi teologi, uomini e donne, assumevano le funzioni di catechesi e per finire di conduzione delle comunità parrocchiali, lasciando talvolta al presbitero solo il compito di consacrare il Pane ed il Vino.
Una prassi che contribuiva a rendere incomprensibile il celibato dei preti ed anche l’esclusione delle donne dal sacramento dell’ordine.
1.1. Giovanni Paolo II e il «complesso antiromano»[417]Quando Giovanni Paolo II aveva visitato la Chiesa svizzera nel 1984[418], compiendo un difficile viaggio abbastanza esplicitamente indesiderato[419], aveva schiettamente dialogato con vescovi, presbiteri, teologi e laici impegnati. Nelle catechesi del suo viaggio elvetico, inaugurate con l’omelia di Lugano, il Papa ricordava le dimensioni essenziali della Chiesa (Parola e Sacramento) e la sua natura comunionale: la Chiesa universale vive solo nella forma delle Chiese particolari, le quali sono tali solo nella comunione con la Chiesa universale, una pluralità nell’unità[420]. Incontrando i vescovi ad Einsiedeln (15 giugno 1984), Giovanni Paolo II, dopo aver apprezzato la loro franchezza nel sottoporgli i problemi e la tradizione di collegialità radicata nelle consuetudini elvetiche, di nuovo metteva in rilievo la peculiarità della comunione rispetto alla collegialità: da questa derivava la ne
cessità dell’unità con il Papa, garante della stessa autorità del Vescovo nella propria diocesi. Interveniva a proposito della formazione dei candidati al sacerdozio: «incoraggio vivamente ciò che voi cercate di fare per suscitare le vocazioni; siate persuasi che esse non mancano, ma che al tempo stesso questi giovani, desiderosi di dedicarsi al servizio esclusivo di Cristo e della sua Chiesa, chiedono una formazione autentica. I tentativi di clericalizzazione dei laici o di laicizzazione del clero, per designare senza preamboli certe tendenze, sono votati al fallimento […]. Ed è lo stesso, evidentemente, per la formazione spirituale, liturgica, pastorale – e insieme teologica – che si deve dare ai seminaristi in una comunità orientata interamente e unicamente alla vita sacerdotale, con le esigenze che la caratterizzano e alle quali non ci si può sottrarre. Abbiamo accennato di recente a questo problema. La Chiesa raccomanda sempre ai vescovi diocesani di considerare i seminari come la pupilla dei loro occhi»[421]. Alle esplicite richieste di concedere accesso ai sacramenti ai divorziati risposati, che si impegnavano in una vita di fede, di praticare una pastorale altrettanto accogliente per i presbiteri, che, lasciato lo stato clericale, si erano sposati, e di concedere l’assoluzione comunitaria e l’integrazione della donna nel ministero ecclesiale tramite il diaconato femminile, Giovanni Paolo II rispondeva con il richiamo alle indicazioni dottrinali e pastorali uscite dal Sinodo del 1971 sul sacerdozio, da quello del 1980 sui compiti della famiglia e da quello del 1983 su riconciliazione e penitenza. Insisteva soprattutto sull’identità del sacerdote, chiamato ad una vita di preghiera e sacrificio, per annunciare il Vangelo innanzitutto con la sua vita, nella coscienza che «è Cristo che convertirà e che salverà questo mondo secolarizzato; e lo farà attraverso gli atti del nostro ministero, ma a condizione che non ci si accontenti di compierli ritualmente, formalmente»[422]. Il Papa esprimeva apprezzamento per il rinnovamento del tessuto comunitario, tramite l’istituzione dei consigli presbiterali ed altre forme di dialogo e condivisione (con particolare attenzione Giovanni Paolo II valorizzava la solidarietà materiale tra i membri del clero espressa con l’istituzione dell’apposito fondo), ma «il prete non è il delegato della comunità, bensì l’inviato alla comunità, è il pastore dell’insieme, colui che permette a tutti di collaborare. Agisce in persona Christi, in particolare nei sacramenti ma anche nell’annuncio del Vangelo»[423]. La collaborazione dei laici e delle laiche era preziosa, ma era «dalla bocca del prete che si aspetta in modo speciale la Parola di Dio»[424].
Anche i teologi delle facoltà di Friburgo, Coira e Lucerna[425] sottoposero al Papa le loro istanze più urgenti: lo scandalo della divisione confessionale, che vedeva profonde divisioni tra gli stessi teologi, lo stile della formazione nei seminari, a proposito della quale essi attribuivano grande valore alla «stretta comunione» tra quanti sarebbero stati chiamati a collaborare nei compiti pastorali (mentre la rigida separazione – richiesta da Roma – dei candidati al sacerdozio sembrava mettere a rischio la sopravvivenza ad esempio dello stesso seminario di Coira) e, da ultimo, l’autonomia della ricerca teologica, fondata anche sul fatto che il teologo di professione non appartiene al Magistero né pretende di costituire un magistero parallelo. Nel suo intervento di risposta, Giovanni Paolo II presentava la sua visione sinfonica della Chiesa: «il compito del teologo lo pone sulla soglia del mistero di Dio. Così l’azione della grazia lo anima e la contemplazione lo ispira, mentre lo sforzo dell’intelligenza si estende per aprire all’uomo il senso della speranza […]. La Parola di Dio […] esprime il disegno di Dio rivelato all’uomo: la Chiesa non cessa di trasmettere il suo messaggio. […] Servo della verità di Dio, il Teologo partecipa, nella Chiesa, al grande atto della tradizione che continua attraverso la storia. […] Oggi, la vita spirituale, l’azione e la testimonianza dei cristiani hanno bisogno d’essere sostenute da una rinnovata intelligenza del mistero di Dio, di Cristo e della Chiesa, prima di poter affrontare in modo pertinente i molteplici interrogativi della prassi»[426].
Su parecchi di questi temi, il magistero si sarebbe ulteriormente espresso con il Sinodo sui laici (1987), con la riflessione sul ruolo della donna (iniziata nel 1988 ed idealmente proseguita fino all’Ordinatio sacerdotalis del 1994) e con il Sinodo sulla formazione dei presbiteri (1990). Lo stesso anno venivano sottoposte all’attenzione dei vescovi e dei teologi le bozze del nuovo Catechismo della Chiesa cattolica; nel 1993 la Veritatis Splendor affrontava il rapporto fede-ragione e l’anno seguente il Sinodo romano trattava della vita consacrata.
Nel frattempo lo scisma di Lefebvre (1988), lo scoppio del «caso Haas» (1988) e le adesioni alla «Dichiarazione di Colonia» (1989) facevano emergere la portata della confusione di tanta parte della Chiesa anche in Svizzera, mentre la vita sociale si estraniava sempre più dai principi cristiani, come dimostrano i richiami che la CVS dovette fare quando erano in gioco importanti decisioni politiche con forti implicazioni morali, con la collaborazione della importante commissione Justitia et Pax, preposta alla trattazione dei temi etici ed economici, e/o di commissioni talvolta istituite ad hoc. Erano gli anni in cui il governo federale interveniva per arginare la diffusione dell’AIDS con una campagna che i vescovi stigmatizzavano per la superficialità del suo messaggio: quest’ultimo facendo proprio il principio dell’assoluta libertà in materia di comportamento sessuale, banalizzava la portata del problema e si riduceva a raccomandare l’uso dei preservativi[427]. Più volte i vescovi intervennero a favore di leggi più accoglienti per i profughi[428], sostennero l’iniziativa «Essere solidali», che intendeva abolire il mortificante statuto dei lavoratori stranieri stagionali[429], ed infine intervennero ancora in difesa della vita nascente minacciata anche dalle manipolazioni genetiche[430]. Molte perplessità avrebbe suscitato persino un documento della stessa Caritas svizzera Disposizioni circa la fine della vita[431], un momento capitale il cui valore era sempre meno compreso.
A fianco di queste note preoccupanti, la CVS non mancava di leggere i segni di speranza che provenivano da gesti come le GMG, a proposito delle quali soprattutto Corecco riferiva puntualmente[432].
1.2. Lefebvre, Haas, la «Dichiarazione di Colonia»
Nel 1987, anno del cinquecentesimo della morte di san Nicolao della Flüe patrono della Svizzera[433], nella sessione estiva[434] i vescovi si occupavano della nuova ripartizione delle diocesi – un tema aperto fin dagli anni del Sinodo 72 che avrebbe ben presto rivelato la sua urgenza – e dell’ecumenismo. A questo proposito, nel 1986, la CVS aveva emanato una dichiarazione sull’«ospitalità eucaristica», che avrebbe suscitato scandalo[435]. La dichiarazione fu oggetto di discussione con il card. Willebrands del Segretariato per l’unità dei Cristiani nel corso della visita ad limina dal 2 al 6 marzo 1987[436] ed il tema dell’ecumenismo sarà spesso all’ordine del giorno e sempre d’attualità negli scambi con Roma e nel corso delle viste ad limina[437]. Nell’incontro di autunno del 1987 (7-9 settembre a Flüeli), era a tema il Sinodo del mese seguente, «Vocazione e missione dei laici nella Chiesa vent’anni dopo il Concilio Vaticano II». Vi avrebbero partecipato mons. Corecco, chiamato dal Papa dopo aver collaborato al documento preparatorio, e mons. Gabriele Bullet, eletto dalla CVS e latore della sua presa di posizione sul tema sinodale, scaturita dall’esame dell’instrumentum laboris e dalle numerose opinioni espresse in merito. Alla CVS stava soprattutto a cuore «una migliore percezione della corresponsabilità e della partecipazione dei laici, uomini e donne, alle decisioni della Chiesa». Essa osservava che: «Di fronte all’accentramento che sembra accentuarsi attualmente nella Chiesa, occorre sviluppare la capacità di dialogo. Non si dovrebbe poi mai, data la diversità dei ruoli e dei carismi, perdere di vista il compito missionario che incombe a tutti: essere al servizio del Regno di Dio e della unità della Chiesa»[438]. Gli interventi di Corecco al Sinodo avrebbero portato le preoccupazioni espresse dalla CVS alla loro profondità ecclesiologica, mettendo appunto al centro il compito missionario[439].
Nel 1988, le iniziative adottate per l’Anno Mariano presentavano una nota inedita: i Vescovi avrebbero compiuto insieme un pellegrinaggio ad Einsiedeln[440]. Quell’anno particolare era però soprattutto lo stimolo per proseguire la riflessione sul ruolo della donna e fu costituita una commissione ad hoc[441], che, con altre associazioni femminili – una unificazione sarebbe avvenuta solo nel 1992 con la creazione della Lega svizzera delle donne cattoliche[442] – avrebbe portato avanti un lavoro soprattutto volto ad ottenere un maggiore ascolto del punto di vista delle donne nei documenti pubblici e la promozione dei laici, uomini e donne, nel servizio liturgico[443]. Questi ambienti avrebbero accolto con delusione la lettera apostolica sull’ordinazione sacerdotale esclusivamente riservata agli uomini di Giovanni Paolo II, presentata dalla CVS nella sua sessione estiva del 1994[444].
Ma, per tornare ai temi del 1987, alla fine dell’anno la CVS si esprimeva con un ampio documento su di un altro delicato tema, quello della «Formazione al ministero presbiterale. Direttive generali per le diocesi svizzere»[445]. All’Eucarestia, che concludeva i lavori della sessione, fece seguito un ricevimento offerto dal Consiglio di Stato friburghese, particolarmente in onore di Eugenio Corecco, ex-professore della locale università[446].
1.3. 1988: l’avvio del «caso Haas» e lo scisma di Lefebvre
Nel 1988 la presidenza della CVS passava a mons. Giuseppe Candolfi, vescovo ausiliare di Basilea, mentre Gabriele Bullet ed Eugenio Corecco erano designati vice-presidenti. Era questa una novità resa necessaria dal crescente numero di impegni. Ricorreva in quell’anno il 125° anniversario della conferenza, occasione privilegiata per ricordarne brevemente le vicende ed esaminarne gli statuti[447]. Nella stessa sessione, la CVS accoglieva mons. Wolfgang Haas, nominato vescovo coadiutore di Coira con diritto di successione. Questa nomina era accompagnata da vivaci proteste, formalmente a causa del diritto di successione, considerato una violazione di quello acquisito del collegio canonicale di Coira (i cui membri provenivano dai vari cantoni della diocesi) di essere consultato in materia di nomine vescovili (si apriva quindi un dibattito di natura giuridica[448]), ma non era difficile scorgere, dietro i motivi formali, obiezioni di altra natura, legate alla persona di Haas, ritenuto eccessivamente ligio al magistero romano[449]. Era quanto emergeva, ad esempio, in una delle prime manifestazioni di protesta, organizzata a Friburgo da 65 studenti di teologia, che inscenavano il corteo funebre del Concilio Vaticano II e del Sinodo 72. A loro giudizio «i diritti acquisiti di una chiesa locale erano stati aggirati […]» e «soprattutto le studentesse di teologia devono aspettarsi di non poter esercitare nella loro diocesi la professione da loro desiderata»[450]. Un’altra manifestazione accompagnò la consacrazione episcopale del nuovo vescovo nella Cattedrale di Coira la domenica di Pentecoste (22 maggio)[451], preludio di tenaci contestazioni di stampo «progressista».
Pochi giorni dopo, nel mese di giugno, la CVS, insieme alle Conferenze episcopali della Germania federale e della Francia, emanava un comunicato volto a supplicare mons. Marcel Lefebvre a desistere dall’ordinare 4 nuovi vescovi, creando in questo modo uno scisma. L’esortazione si rivelò purtroppo vana[452]. Sulla portata teologica ed ecclesiale di questa dolorosa vicenda, sull’atteggiamento conciliante osservato a lungo dalla Santa Sede, Corecco rilasciava un’importante intervista a Il Regno, nel corso della quale, oltre a spiegare le radici della posizione di Lefebvre, che non aveva mai accettato integralmente il Concilio Vaticano II, non taceva della gravità di un dissenso che, a causa del seguito popolare e delle nuove consacrazioni episcopali, si delineava come uno scisma vero e proprio. Corecco denunciava uno stretto legame di causa-effetto con il fenomeno dell’altro dissenso: «Il denominatore comune delle persone che hanno seguito Lefebvre mi pare essere la convinzione che si è corrotta la Chiesa. Sono scandalizzate da quanto è avvenuto e continua a succedere. […] Noi in Svizzera abbiamo fatto una lettera sull’intercomunione che ha provocato reazioni a catena estremamente violente. Di fatto, qui da noi sta nascendo un cristianesimo di tipo aconfessionale […] così come c’è fondamentale disattenzione nei confronti del magistero sui temi della contraccezione, dell’aborto, dell’etica sessuale, ecc. Non si tratta di adattamenti al caso particolare, ma di un atteggiamento di rifiuto della legittimazione della Chiesa a giudicare. Vi è inoltre una certa mancanza di ascesi. L’avallare la posizione moralmente equivoca dei fedeli spesso deriva da una propria posizione equivoca». Ed aggiungeva: «fra conservatori e progressisti vi è una differenza fondamentale. I progressisti, almeno europei, non sono in grado di fare uno scisma. Küng, pur facendo circolare idee diventate opinione comune, non ha suscitato nessun movimento […]. Non vi è alcun pericolo di scisma sul fronte progressista. Ma questo la dice lunga sulla qualità ecclesiale di questa posizione»[453].
1.3.1. Il «caso Haas»
Sarebbe però stato il «caso Haas» a polarizzare l’attenzione, costringendo la CVS a dedicare per anni gran parte delle sue riunioni alla difficile situazione della diocesi di Coira[454]. Nel 1990 il vescovo titolare, mons. Johannes Vonderach, amareggiato dal persistere delle polemiche, anticipava le dimissioni e mons. Haas gli succedeva. Senza dare eccessivo peso né ai dubbi circa la regolarità della sua nomina né alla diffusa ostilità, egli iniziava ad esercitare la propria autorità: affidandosi alla consuetudine, considerava decadute le cariche diocesane e procedeva a nuove nomine. Sarebbe stata soprattutto la sostituzione del vicario generale di Zurigo Gebhard Matt[455] a scatenare manifestazioni nelle parrocchie interessate, cui fece seguito la formale richiesta da parte della Commissione Cattolica Centrale (Römisch – katholische Zentralkommision)[456] di quel cantone di designare un vicario di fiducia del clero zurighese. Da parte sua mons. Joseph Candolfi, presidente della CVS, non aveva esitato a dichiarare che mons. Haas avrebbe dovuto trarre le logiche conseguenze da questa costante contestazione e dare le dimissioni[457]. Il Giornale del Popolo invece con una serie di articoli – senz’altro suggeriti dai giudizi di Corecco – si sforzava sia di dare un’immagine meno negativa del vescovo di Coira, sia soprattutto di collocare il problema nella sua vera dimensione, che era quella di una profonda confusione sulla natura della Chiesa cattolica, considerata come una qualsiasi compagine democratica, tenuta ad agire in base ai pareri della maggioranza[458]. Intanto all’interno della vasta diocesi di Coira si consolidavano due partiti. Da una parte, gli oppositori di Haas si appellavano al Concilio ed al Sinodo 72[459]; dall’altra i sostenitori costituivano il movimento popolare cattolico Pro Ecclesia[460]. La situazione di conflitto precludeva al Vescovo l’esercizio del normale ministero: le sue nomine non erano riconosciute[461] e gli si rifiutava il diritto di amministrare la Cresima[462]. La questione approdava anche al Parlamento federale, dove un deputato zurighese del partito democratico cristiano invocava l’intervento dell’autorità federale nelle nomine episcopali[463]; dal canto suo il governo grigionese chiedeva una perizia giuridica sulla validità della nomina[464]. La CVS, senza poter vedere una soluzione, ribadiva la legittimità di mons. Haas ed assisteva impotente al dilagare di un malessere che portava alcuni cattolici ad uscire dalla Chiesa[465]. I vertici del partito democratico cristiano si erano distanziati dalla richiesta del deputato zurighese[466], ma il segretario di stato Klaus Jacobi faceva comunque oggetto di un incontro con il Nunzio la questione di Coira, perché «a suo modo di vedere, il nocciolo del problema è la vertenza fra la Chiesa cattolica-romana, basata sulla gerarchia e su strutture rigide, e un Paese che ha una lunga tradizione democratica, il cui popolo ha diritto alle codecisioni»[467]. Il «Sinodo zurighese» (Römisch – katholische Zentralkommision) decideva di sospendere i versamenti alla Curia di Coira e di sollecitare la costituzione di una diocesi autonoma. Al vicario designato da Haas, mons. Christoph Casetti, continuava ad essere negato sia lo stipendio che l’ufficio. Anche il Corpus Catholicum di Coira, che esercitava un ruolo analogo a quello della Zentralkommission, decideva di sospendere i versamenti; invitava inoltre gli organismi degli altri cantoni della diocesi a coordinare le misure di ritorsione ed infine chiedeva le dimissioni di Haas[468]. Alla fine di luglio però lo stesso Corpus Catholicum di Coira avanzava una proposta innovativa: nominare tre vescovi coadiutori «che dovrebbero però godere della fiducia di fedeli». Ma, come osservava padre Roland Bernhard Trauffer, segretario della CVS, la nomina dei coadiutori era di competenza del Papa, e sarebbe stato mons. Haas a compilare la lista dei nomi senza consultare la CVS[469].
In occasione di una ampia intervista rilasciata in occasione dei suoi 5 anni di episcopato, Corecco non poteva non intervenire su questo incandescente problema: «Il “caso Haas” non ha provocato la crisi l’ha semplicemente fatta venire a galla. Per questo motivo è necessario interrogarsi a fondo sulle cause profonde del disagio che vive oggi la Chiesa in Svizzera […] sono in primo luogo delle ragioni teologiche. La teologia praticata in questi ultimi venti anni, in modo particolare in Svizzera, applica il metodo scientifico senza tener conto dell’irriducibilità del mistero cristiano: così facendo corre il rischio di ridurre la fede alla ragione puramente strutturale. Viene accettato come vero solo ciò che può essere afferrato da una ragione illuminata […]; vi è poi il forte influsso dell’ecclesiologia protestante in Svizzera. Ho l’impressione che teologi protestanti come Karl Barth da noi abbiamo più risonanza presso i cattolici che non presso gli stessi protestanti […]. Di che ecclesiologia si tratta? Ho l’impressione che lo spessore di mediazione della Chiesa nel contatto tra Dio e gli uomini sia ridotto al minimo. Della Chiesa prevale una concezione particolarista che favorisce il cosiddetto “effetto anti-romano”, una diffidenza nei confronti della Chiesa universale propiziata anche dalla forte commistione esistente in Svizzera tra Stato e Chiesa a livello cantonale. Tutto ciò ha inevitabili conseguenze nel campo della prassi pastorale, più preoccupata del consenso superficiale della gente che non della necessità irrinunciabile della proposta cristiana nella sua integralità»[470]. Quali soluzioni allora? «Bisognerà che Roma riconosca […] in Svizzera un problema di inculturazione della fede. Nel nostro paese infatti la democrazia è un patrimonio culturale non ideologico, che non risale alla rivoluzione francese ma ha radici più profonde. Si dovrà dunque provvedere ad introdurre norme partecipative per la nomina dei vescovi pur rispettando la libertà ultima di decisione del Papa […]. La situazione attuale è complicata dal fatto che le tre diocesi più grandi comprendono troppi cantoni. I fedeli fanno fatica a riconoscersi in una diocesi: anche a livello ecclesiale ognuno tende ad identificarsi col suo ambito culturale e cantonale, provocando un’eccessiva autonomia delle strutture ecclesiali cantonali nei confronti della diocesi. La riforma alla radice sarebbe quella prospettata dal Sinodo svizzero: creare tre nuove diocesi nella Svizzera centrale, a Ginevra e a Zurigo o altre ancora se lo si ritiene opportuno […] tuttavia per poter accedere a queste riforme, bisogna anzitutto che gli attuali contestatori della nomina di Haas accettino la decisione di Roma. Non è pensabile infatti creare nuove diocesi in una situazione che per certi versi si presenta come “prescismatica”»[471].
La situazione di Coira non avrebbe fatto sostanziali passi avanti, malgrado sforzi e tentativi di mediazione, anche tramite la creazione di una commissione di dialogo[472]. Costrinse dunque i Vescovi ad un continuo confronto tra loro e a più frequenti contatti con la curia romana ed il Pontefice[473], dando una particolare impronta all’attività della CVS[474]. Ci si aprì a gesti che favorirono la distensione: la nomina cardinalizia di mons. Schwery[475], la designazione di una personalità gradita come visitatore nella persona di mons. Karl Joseph Rauber, arcivescovo di origine tedesca, che avrebbe visitato la Svizzera per mandato pontificio[476], e di mons. Amedeo Grab come visitatore dei seminari[477]; la CVS allargò le sue competenze, avocando a sé la trattazione della «terza via», ovvero della formazione teologica dei laici, uomini e donne[478], ma senza arrivare ad una soluzione[479]. La diocesi di Coira si sarebbe avviata ad una difficile normalità solo con la nomina di due vescovi coadiutori nel 1993[480].
1.3.2. Corecco e Haas
Per Corecco fu sempre una priorità, oltre alla corretta lettura della profonda crisi di coscienza della Chiesa in Svizzera, la solidarietà nei confronti del collega grigionese[481]. Questo non poteva evitargli qualche spina. Già nel mese di aprile 1990, la rivista Dialoghi aveva espresso forti critiche sul suo stile di governo e sul suo atteggiamento nel dialogo ecumenico[482]. Interpellato dal Corriere del Ticino, il Vescovo aveva rilasciato una ampia intervista in cui chiariva il suo pensiero a proposito della modernità (ben distinta dal modernismo), definiva il ruolo del vescovo circa l’unità della Chiesa sulla base della teologia conciliare, la differenza di fondamento del dialogo nella Chiesa rispetto a quello della democrazia, i luoghi di dialogo all’interno delle strutture ecclesiali ed infine precisava la sua posizione circa l’ecumenismo[483]. Anche l’omelia della festa di Pentecoste era dedicata all’unità nella Chiesa, alla sua natura in relazione al tema della libertà e, di conseguenza, al fenomeno del dissenso: «la libertà dei Cristiani si realizza nella capacità di consegnare sé stessi all’utilità comune, per l’edificazione di quel Popolo di Dio e di quel Corpo Mistico di Cristo che è la Chiesa. Questo compito esige una dinamica di comportamento che sia ecclesiale, cioè consona alla natura stessa della Chiesa. Solo a questa condizione può formarsi nel mondo la comunione dei Cristiani». Passando all’analisi del fenomeno del dissenso diceva: «Il pluralismo rivendicato dal dissenso non è la pluralità delle opinioni e delle scuole teologiche, né le multiformi espressioni della fede, perché esso tende ad ergersi fine a sé stesso, snaturando i criteri dell’unità a semplice forma di convivenza, che spesso nega il valore supremo della verità come criterio oggettivo dell’unità […]. La divergenza delle opinioni e il disaccordo si trasformano in dissenso: cessando di essere un semplice dato di fatto, per altro ineliminabile dalla storia, per erigersi a diritto. Nasce così il fenomeno del credente à la carte, che rivendica il diritto di esser considerato come cattolico anche quando accetta una verità ma ne nega un’altra. […] Il dissenso ecclesiale moderno è sempre uguale, sia che si ponga come fenomeno progressista, sia che si ponga come fenomeno di retroguardia. Non esiste se non in forza del fatto di ritenere che nella Chiesa esiste la libertà solo a condizione di potersi costituire come opposizione ed alternativa legittima al ministero episcopale»[484]. Nel mese di luglio anche l’Eco di Locarno collaborava alla polemica: dietro l’intento dichiarato di voler sottoporre ad esame il pontificato di Giovanni Paolo II, che stava dividendo la Chiesa universale, non esitava a mettere in parallelo i dissensi all’interno della diocesi di Coira con quelli della diocesi di Lugano, ne individuava l’origine nella assoluta fedeltà al magistero di Giovanni Paolo II, derivata dalla appartenenza, rispettivamente vicinanza, a Comunione e Liberazione ed all’Opus Dei dei due presuli[485]. In ottobre, Corecco coglieva l’occasione dei funerali di mons. Raffaele Forni, un prelato d’origine bedrettese che aveva percorso una brillante carriera diplomatica, per tracciare a sua volta un altro interessante parallelo. Nel ripercorrere le tappe del prezioso servizio alla Santa Sede dell’eminente diplomatico, Corecco ricordava anche le fatiche e le amarezze che lo avevano accompagnato «come quando, dopo il Concilio, la figura del Nunzio è diventata oggetto di quella contestazione intra-ecclesiale, che l’ha equivocata come attività di mera sovrintendenza disciplinare, sia quando l’una o l’altra Nunziatura si è scontrata con quelle forme di incomprensione politica, che, in nome di una autocoscienza nazionale di vecchio stampo, ha considerato la presenza dei rappresentanti della Santa Sede nel proprio territorio – così come sta purtroppo avvenendo in Svizzera – come l’avamposto di un’ingerenza politica di una potenza straniera»[486]. Nel mese di novembre accettava di partecipare, al fianco di Haas, ad una puntata della trasmissione Temi Tesi Testimonianze (TTT), organizzata nella forma di un dibattito con interlocutori presenti in studio ed in collegamento da Zurigo. Il titolo era: Chiesa svizzera quo vadis?. Dalla trasmissione emergevano di nuovo le profonde divergenze nella concezione della Chiesa. Emergevano però anche i limiti della capacità comunicativa di mons. Haas, che forse contribuivano a consolidare la convinzione di alcuni, secondo cui l’unico problema della Chiesa svizzera fosse la sua persona[487]. La partecipazione a questa trasmissione suscitò non poche reazioni e furono parecchi coloro che scrissero a Corecco per esternargli il loro consenso o le loro critiche. Al cuore del Vescovo di Lugano interessava però soltanto che si cogliesse il problema nella sua verità e portata. Ad un novizio cappuccino che gli aveva fatto parte della sua preoccupazione per i giovani, che rischiavano lo scandalo per i toni aggressivi del dibattito, rispondeva: «il problema non è quello dei giovani è quello dei responsabili adulti, preti e laici, che non vogliono accettare il vescovo Haas, dividendo i fedeli, hanno paura di dover orientare diversamente la loro posizione non più conforme né con alcune direttive della Conferenza dei Vescovi, né con la Chiesa universale: assoluzione generale, pratica dell’ospitalità eucaristica, matrimonio in chiesa dei divorziati, costante critica del magistero papale. Non sono certo i fedeli che accettano, magari a malincuore, la scelta fatta dal Papa, proprio in vista di raddrizzare questa situazione, quelli che egemonizzano la situazione ecclesiale, a fare problema sono quelli rappresentati alla TV dal parroco che, in apertura, ha detto: “sarà anche vescovo legittimo, ma io non lo voglio”»[488]. In dicembre, un altro caso scottante attirava l’attenzione: una recente sentenza del tribunale federale aveva accolto la decisione del comune di Cadro che proibiva di appendere crocefissi nelle aule scolastiche[489].
1.4. Il cammino della Chiesa svizzera
Negli anni di Corecco i vescovi compirono alcuni gesti corali: il già menzionato pellegrinaggio ad Einsiedeln per l’Anno mariano e la partecipazione al Dies academicus dell’Università di Friburgo nel 1989, anno del suo centenario[490], ma vi furono anche incontri di studio.
Alla sessione primaverile del 1990, tenuta a Quarten (SG) dal 5 al 7 marzo, padre Christoph von Schoenborn, segretario della Commissione di Cardinali e Vescovi incaricata della redazione, aveva presentato il primo progetto del nuovo Catechismo della Chiesa cattolica. I vescovi vi dedicavano una giornata di studio, dopo che ognuno aveva già espresso per scritto la propria opinione, sottoponendola alla discussione comune. I vescovi intendevano prendere una posizione comune sul Catechismo, fatto salvo il diritto di ognuno di mandare a Roma il proprio punto di vista personale[491].
Nel 1992, la CVS valuterà in modo tutto sommato positivo la conferenza stampa del 16 novembre sul nuovo Catechismo. Nella stessa occasione mons. Corecco aveva presentato il nuovo Istituto accademico teologico di Lugano[492].
Il problema di Coira sottostava in filigrana al tema del convegno organizzato quello stesso anno dall’Istituto di diritto canonico ed ecclesiastico della Facoltà di diritto di Friburgo sulle nuove circoscrizioni delle diocesi nell’Europa orientale dopo la caduta del muro di Berlino[493].
Nel 1993, preparate nella sessione di primavera, le giornate di studio del 21 e 22 aprile, sul tema «La Chiesa come comunità nelle diocesi svizzere»[494], si aprivano con la relazione di mons. Mäder sull’inchiesta sullo stato della Chiesa condotta per regioni linguistiche, che documentava le profonde differenze presenti sul territorio. Oltre alle inevitabili tensioni e difficoltà, mons. Mäder metteva in rilievo la ricchezza di questa situazione. Tre relazioni approfondivano il concetto di comunione: don Michel Salamolard di Sierre parlava di comunione effettiva, di comunione affettiva e della complessa dinamica del cum et sub: «se giuridicamente parlando, la comunione è sottomessa al principio della gerarchia, è altrettanto vero affermare […] che il principio della gerarchia è sottomesso a quello della comunione come il mezzo lo è rispetto al fine». Di seguito il prof. Joseph Pfammater di Coira esaminava il substrato biblico del concetto di communio e don Sandro Vitalini la dimensione dogmatico-pastorale della comunione tra vescovi e presbiteri. Il dibattito conclusivo metteva in rilievo come la Chiesa alle sue origini ebbe di certo delle strutture ma era soprattutto percepita come comunità vivente. «Soltanto colui che vive e fa esperienza della comunione, ne è veramente capace. Questa comunione è tanto più urgente per il fatto che i preti, per le loro promesse di obbedienza, di povertà e di celibato, sono indirizzati ad uno stile di vita monacale. La comunione all’interno della Chiesa apparirà allora anche come la dimensione nella quale ognuno dovrà trovare il proprio posto, i vescovi come i preti»[495].
Nell’aprile del 1994 la CVS organizzava una sessione di studio, dal 3 al 4 aprile 1994, sulla parte morale del Catechismo della Chiesa cattolica e l’enciclica Veritatis Splendor[496].
Nella sessione di dicembre[497], si ascoltava il rapporto sul Sinodo dei Vescovi 1994, dedicato alla vita consacrata. Un segno profondo era stato lasciato dalle parole di madre Teresa di Calcutta, la quale aveva ricordato che «l’impegno per i poveri e gli abbandonati, nei quali noi incontriamo Cristo stesso, è una forma concreta per seguire Cristo, […] senza questa visione, ogni opzione preferenziale per i poveri potrebbe essere intesa come un problema esclusivamente materiale e sociale»[498]. Altri temi furono l’incontro con la Caritas svizzera, la lettera sui divorziati risposati ed il loro accesso all’Eucarestia, il Giubileo del 2000 e la Giornata mondiale della Gioventù prevista a Manila nel gennaio 1995[499]. Sarebbe stata per Corecco l’ultima partecipazione alla CVS.
1.4.1. Epilogo
Il linguaggio formale e misurato dei comunicati stampa, che hanno fornito il materiale di questi paragrafi, permette di intravedere poco quali rapporti siano sorti tra i vescovi in questi anni così intensamente impegnati, se non qualche dissenso. Qualcosa di più lo rivela la corrispondenza. Il 17 gennaio 1994 il vescovo ausiliare di Basilea Martin Gächter scriveva a Corecco per ringraziarlo per il biglietto di condoglianze in occasione della morte del padre e gli assicurava il ricordo nella preghiera di fronte alla recrudescenza della sua malattia[500]. Di lunga data era l’amicizia di Corecco con Amedeo Grab, vescovo ausiliare di Ginevra, che gli scriveva già dopo la trasmissione Controluce del gennaio 1994 per esprimergli l’apprezzamento per il modo con cui continuava il suo ministero ed annunciargli la sua imminente visita al seminario di Lugano[501]. Gli avrebbe poi inviato un commovente messaggio da Einsiedeln: «Carissimo fratello Eugenio, di passaggio ad Einsiedeln mi sono unito nella preghiera a Maria. Vorrei amare di più per esserti vicino. Dio ti dia ciò che il nostro affetto è incapace di dare. A presto»[502]. Nel mese di settembre 1994 gli scriveva mons. Otmar Mäder, vescovo di San Gallo, per testimoniargli la sua vicinanza ed anche per annunciargli le sue dimissioni. Corecco rispondeva, fornendo notizie rassicuranti sulla sua salute e ringraziandolo a sua volta: «Questi ultimi anni sono stati difficili e probabilmente lo saranno anche i prossimi in seno alla Conferenza e tutti li abbiamo vissuti con sofferenza nel cuore, ma credo siamo riusciti a salvare l’essenza della comunione reciproca e questo non da ultimo per tuo merito. Ti è sempre stata riconosciuta l’autorità di persona saggia e incondizionatamente pronta a collaborare, ad assumere il peso delle decisioni e a lavorare molto, forte delle tue grandissime doti di chiarezza nel formulare e sviluppare i problemi […]. Non hai assolutamente nulla di cui scusarti. Semmai tocca a me, per il mio temperamento interiormente più duro del tuo, soprattutto di fronte alle questioni teoriche o dottrinali»[503].
Nell’imminenza della fine era l’abate di St. Maurice, mons. Henri Salina, ad assicurare a Corecco la vicinanza e la preghiera di tutta la comunità abbaziale[504] e di nuovo sarebbe toccato a lui, che ne era presidente, porgere l’estremo saluto della CVS: «A nome della nostra Conferenza io vorrei semplicemente testimoniare come ci sia sempre parso che l’esigenza di una pastorale dinamica abbia abitato il cuore del nostro confratello. E soprattutto vorrei dare testimonianza al grande e bel ricordo che il Vescovo Eugenio ci lascia dei suoi ultimi tre anni di vita. Ci ha indicato che entrava profondamente nel mistero della Pasqua di Gesù e che vi comunicava. La lucidità ed il coraggio del suo fiat voluntas tua, sia fatta la tua volontà, rimarranno a ricordo ed edificazione di noi tutti. Grazie Monsignor Eugenio Vescovo. Arrivederci in Dio»[505].
Gli sforzi di quanti avevano operato per mantenere l’unità nella CVS sembrano essere stati premiati negli anni successivi dal cammino compiuto dalla Chiesa svizzera almeno verso un più equilibrato rapporto tra le sue istituzioni e con lo Stato[506].
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[404] Ibid. : il rapporto di don Volonté, che rileva anche l’indebita pubblicità data alla vicenda sulla stampa ostile, è del 15 maggio 1990, mentre la lettera di Corecco a mons. Fagiolo è del 21 settembre 1990.
[405] Così don William Volonté, segretario generale dell’IATL prima e della Facoltà di Teologia poi.
[406] Così Alberto Montorfani , Lugano, colloquio del 9 giugno 2020.
[407] AVescLugano , Fondo Religiosi, Suore, Scat. XII, Compagnia S. Teresa: in particolare approvazione da parte del Consiglio direttivo della Compagnia di un progetto per l’edificazione del mappale 1763D, del 3 gennaio 1990 (senza la firma di don Volonté).
[408] Alcuni già stati di mons. Togni: Servizi e Ministeri e Comunità religiose.
[409] Questa dichiarazione non mancava di suscitare dissensi, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 8 settembre 1986, lettera di V. P. da Berna , che lamenta la scarsa informazione dei vescovi sulla situazione del Nicaragua; e 3 ottobre 1986, la risposta di Corecco .
[410] Per questa sessione cfr. Monitore ecclesiastico (1986) 397-200: l’incontro si svol geva a Schwarzenberg, un centro di vacanza di proprietà dell’Associazione delle donne e madri cattoliche svizzere.
[411] Alle giornate di studio del 21-22 aprile 1993, sul tema «Chiesa come comunità», mons. Mäder presentava i risultati di un’inchiesta condotta per regioni linguistiche, che documentava le profonde differenze presenti sul territorio, cfr. Monitore ecclesiastico (1993) 952-954.
[412] Da questo punto di vista la diocesi di Lugano era largamente dipendente dall’aiuto delle altre diocesi svizzere, distribuito tramite la Conferenza Centrale della Chiesa cattolico -romana (cfr. per questo organismo e, per un quadro storico, https://rkz.ch/it/metanav/downloads/chi-siamo (consultati 22 maggio 2020). La situazione di dipendenza della diocesi di Lugano sarà discussa nell’ambito della Commissione Vescovi-Preti, con particolare apprezzamento delle iniziative prese da Corecco in campo finanziario, cfr. nella sezione Documentazione del Monitore ecclesiastico (1989) un articolo dal titolo Fondo di solidarietà tra i sacerdoti in Svizzera. Guardiamo al XXI secolo , che dava conto del consuntivo 1988 discusso ed accettato dalla commissione. Lo stato del fondo non destava preoccupazioni grazie alla generosità dei donatori, tuttavia si era ben lontani dall’aver raggiunto l’obiettivo per cui era stato istituito, che era quello di fornire un aiuto temporaneo a diocesi o presbiteri in difficoltà in vista del reperimento di soluzioni definitive. Il 66% delle entrate continuava ad essere assorbito dai bisogni della diocesi di Lugano, fatto che suscitava perplessità visto lo sviluppo del cantone. Si riferiva però con soddisfazione che erano state prese misure per migliorare la situazione finanziaria del clero della diocesi, tramite la creazione del «Fondo comune per le congrue», cfr. Monitore ec clesiastico (1989) 457s.
[413] Questi i territori delle diocesi: 1) Basilea che include Argovia, Basilea Campagna, Basilea Città, Berna; Giura, Lucerna, Sciaffusa; Soletta, Turgovia e Zugo; 2) Coira: Grigioni, Zurigo, Obvaldo , Nidvaldo , Svitto, Uri, Glarona oltre al Principato del Liechtenstein;
[414] S. Gallo: S. Gallo, Appenzello Interno ed Esterno; 4) Friburgo-Ginevra-Losanna: Fri burgo , Vaud e Ginevra; 5) Sion: Vallese e un piccolo territorio nel canton Vaud.414 Così in sintesi la descrizione di un allievo di Corecco , cfr. M. Grichting , Le diffide profetiche di Eugenio Corecco in riferimento ad evoluzioni odierne del diritto ecclesiastico svizzero , in Metodo, fonti e soggetti del diritto canonico , 242-252, 242s.: con ampio riferimento a E. Corecco , La formazione della Chiesa cattolica negli Stati Uniti d’America attraverso l’attività sinodale : con particolare riguardo al problema dell’amministrazione dei beni ecclesiastici , Brescia 1970; e al saggio di Id., Katholische “ Landeskirche ” im Kanton Luzern. Das Problem der Autonomie und der synodale Struktur der Kirche , in Archiv für katholisches Kirchenrecht 139 (1970) 3-42. Fin da questi primi saggi, grazie alla scuola di Mörsdorf , Corecco aveva avvertito le inso lubili aporie di questa organizzazione, mediata dall’ambito protestante che senza difficoltà riconosce un ambito ecclesiale “interno” ed uno “esterno”. Mentre «La costituzione della Chiesa cattolica non conosce la distinzione in un ambito “esterno” organizzato dallo Stato e in un ambito autonomo “interno” lasciato ad essa dal legislatore statale. Per essa l’ambito “esterno” (l’organizzazione della Chiesa) è parte del patrimonio della fede come l’ambito “interno” (cultuale). Nessuno dei due ambiti può essere ceduto allo Stato» (M. Grichting , ibid. , 244); per una più recente riflessione sull’organizzazione ecclesiastica elvetica, cfr. L. Gerosa (a cura di), Chiesa cattolica e Stato in Svizzera . Atti del Convegno della Conferenza dei Vescovi svizzeri, Lugano 3-4 novembre 2008 , Lugano 2009; e soprattutto Id. (a cura di), Le corporazioni ecclesiastiche di diritto pubblico . Al servizio della missione della Chiesa cattolica in Svizzera , Lugano 2014.
[415] Grichting , Le diffide profetiche di Eugenio Corecco , 242-252, 243.
[416] Così Corecco in Giornale del Popolo, 5 giugno 1991, 19: intervista a cura di Moreno Bernasconi e Filippo Lombardi.
[417] Cfr. H. U. von Balthasar, Der antirömische Affekt : wie lässt sich der Papsttum in der Gesamtkirche integrieren , Freiburg 1974.
[418] Cfr. M. Fazioli – G. P. Pedrazzi, Il Papa fra noi , Locarno 1984; e per un autorevo le diario di questa visita, cfr. V. Fantuzzi, Col papa in Svizzera. Note di un diario di viaggio , in La Civiltà Cattolica 3218/CXXXV (1984) 152-159.
[419] I vescovi svizzeri dovettero chiarire la missione del Papa con una lettera pastorale ad hoc , letta in tutte le chiese il 15 gennaio 1984, cfr. G. Caprile, Visita del papa alla Chiesa in Svizzera , in La Civiltà Cattolica 3218/CXXXV (1984) 60-174, 161s.; cfr. anche ibid. , 162s., l’articolo di J. S. Eggly sul Journal de Genève del 12 giugno 1984, 1, che si sforza di ridimensionare le polemiche.
[420] Fazioli – Pedrazzi, Il Papa fra noi , 98.
[421] Ibid. , 103s.: Einsiedeln, 15 giugno 1984; cfr. anche la sottolineatura in Caprile,
[422] del papa alla Chiesa in Svizzera , 171.422 Fazioli – Pedrazzi, Il Papa fra noi , 106s.
[423] Ibid. , 107s.
[424] Ibid. , 108s.: di nuovo il richiamo all’identità del presbitero fu ripreso il 17 giugno, nell’omelia pronunciata a Sion durante la Messa poco prima del rientro a Roma, in occasione della quale conferiva il sacramento dell’ordine a 9 seminaristi: «Dal suo modo di vivere si deve capire che il sacerdote è un uomo legato a Gesù Cristo; soprattutto attraverso il celibato egli diventa il segno vivente di un mondo che deve venire, già presente attraverso la fede e la carità […]. Egli è l’uomo per gli altri, che deve essere testimone, profeta. Coraggioso, egli accetta, a sua volta, di essere segno di contraddizione, e talvolta servitore sofferente, ma sempre l’uomo della pace che Cristo è venuto a portare sulla terra», cfr. ibid. , 108.
[425] All’Università di Friburgo il 13 giugno 1984, cfr. ibid. , 111s.
[426] Ibid. , 111s.
[427] Così affermavano chiaramente: «l’AIDS è una sfida. Essa costringe a sottolineare il significato profondo della sessualità ed il valore della fedeltà coniugale», cfr. Monitore ecclesiastico (1987) 60: questa prima dichiarazione porta la data del 4 febbraio 1987; su questo tema la CVS tornerà nel 1991, cfr. Monitore ecclesiastico (1991) 384-388: sessione del 2-4 settembre.
[428] Cfr. Monitore ecclesiastico (1987) 61-68: datato al 13 gennaio 1987, il « Memoran dum II delle tre Chiese nazionali sul problema del diritto d’asilo e dei profughi» sottoscritto da Heinrich Rusterholz , presidente della Federazione delle Chiese evangeliche della Sviz zera , Henry Schwery per la CVS, Hans Gerny e il dr. Carlo Jenzer rispettivamente vescovo e rappresentante del Consiglio sinodale della Chiesa cristiana cattolica della Svizzera; un secondo appello fu indirizzato alle autorità federali a favore degli esuli palestinesi in Libano, donne, bambini e anziani, da mesi privi di aiuto ( ibid. , 60); nel 1991 la CVS protestava contro il carattere restrittivo delle nuove direttive del Dipartimento Federale di Giustizia e Polizia concernenti i permessi di soggiorno di carattere umanitario, cfr. Monitore ecclesiastico (1991) 54: 18 febbraio 1991, insieme al Consiglio delle Chiese protestanti; l’impegno per una politica di asilo più accogliente fu ancora uno degli oggetti del rapporto annuale della CVS per il 1993, cfr. ibid. , 1220: 25 novembre 1993.
[429] Cfr. sopra, § 4.2.
[430] Nel 1987 la CVS si occupava di metodi naturali per la pianificazione delle nascite; un documento sui temi biogenetici era preparato dalla commissione Justitia et Pax, cfr. Monitore ecclesiastico (1987) 144s.: 6 marzo 1991; nel 1992 CVS rilasciava una dichia razione in relazione alle tecniche di riproduzione e di manipolazione genetica con ampio riferimento all’ Istruzione sul rispetto della vita umana nascente e la dignità della procreazione , cfr. Monitore ecclesiastico (1987) 181-184; dolendosi poi dell’indifferenza dell’elettorato sviz zero, che aveva disertato le urne.
[431] Il documento che sarebbe stato prodotto provocò una sconcertata reazione del CC della diocesi di Lugano, che prese le distanze e ne decise il «congelamento», cfr. Monitore ecclesiastico (1990) 22s.: in riferimento alla sessione dell’11 dicembre 1989, «L’Ufficio di presidenza del Consiglio del clero aveva previamente interpellato i cappellani di ospedale e la Sezione della Svizzera Italiana dell’Associazione medici cattolici, le cui osservazioni hanno permesso di introdurre un’approfondita discussione. Tra l’altro il documento affronta le proposte contenute nel testamento biologico dell’associazione EXIT e si china anche sul problema dell’eutanasia attiva e passiva, alla luce dell’esperienza di fede e nel rispetto della dignità della persona umana. Secondo il Consiglio del clero, che valuta positivamente l’iniziativa della CVS, il documento in consultazione ha bisogno di un’ampia revisione, af finché possa proporre una valida e globale cura pastorale degli ammalati in fase terminale».
[432] Nella sessione d’autunno 1989 (4-6 settembre) la CVS dava spazio alle relazioni di Corecco e della sua delegata Esther Näf sulla Giornata mondiale della Gioventù, che si era tenuta a Compostela, cfr. Monitore ecclesiastico (1989) 454-456; nel 1991, era la GMG di Czestochowa, cfr. Monitore ecclesiastico (1991) 384-388; ed anche ibid. , 348-352: la traduzione dell’articolo pubblicato su Evangile et Mission 32 (1991); nella sua sessione di agosto 1993, la CVS ascoltava le forti impressioni dalla Giornata mondiale della Gioventù di Denver, riferite da mons. Martin Gächter , vescovo ausiliare di Basilea e responsabile del dicastero Gioventù della CVS, da mons. Eugenio Corecco e da mons. Wolfgang Haas, che avevano guidato circa 300 giovani della Svizzera e del Principato del Liechtenstein, e dai delegati al Forum della Gioventù: «Queste esperienze hanno dato ai vescovi l’impressione che stia nascendo una nuova generazione, il cui spirito ed il cui ottimismo vitale sono di grande arricchimento», cfr. Monitore ecclesiastico (1994) 1104-1106.
[433] A lui è dedicata la lettera dei Vescovi di quell’anno, cfr. Monitore ecclesiastico (1987) 253-257.
[434] 1-3 giugno 1987, Einsiedeln: altri temi furono i metodi naturali per la pianificazio ne delle nascite, l’Anno mariano e la preghiera per la Lituania nel 600° del suo battesimo; cfr. Monitore ecclesiastico (1987) 233-235.
[435] Così affermava Corecco , in F. Strazzari – L. Prezzi, Intervista con mons. Eugenio Corecco sul caso Lefebvre , in Il Regno 14, 15 luglio 1988 (anche in Monitore ecclesiastico
[436] 403-409), addebitandole una certa responsabilità nell’aver favorito il seguito popo lare di Lefebvre.436 Nel Monitore ecclesiastico (un testo con tale titolo non è reperibile, sul tema si trova invece Il mistero dell’Eucaristia , in Monitore ecclesiastico [1984] 334-365).
[437] Nel 1986 mons. Mamie aveva fatto una visita a Roma dedicata soprattutto ai problemi dell’ecumenismo in Svizzera, cfr. Monitore ecclesiastico (1986) 523-525; si giungerà alla redazione del Direttorio ecumenico, cfr. Monitore ecclesiastico (1993) 1104-1106, e di una la Guida alla lettura del Direttorio ecumenico , cfr. ibid. , 1290 e 1294-1300: il testo del Direttorio; su questo tema e su altri punti critici fu di particolare importanza la visita ad limina dell’aprile 1991, prevista per l’estate ed anticipata a causa della crisi di Coira; cfr. Monitore ecclesiastico (1991) 188s.
[438] Monitore ecclesiastico (1987) 303306.
[439] Tre laici avrebbero accompagnato mons. Bullet: Marianna Almonte , presidente del comitato nazionale per l’apostolato dei laici, Carmen Pronini , rappresentante ticinese nello stesso comitato, e Leo Karrer , professore di teologia pastorale all’Università di Friburgo.
[440] Monitore ecclesiastico (1988) 229s.: oltre al calendario delle celebrazioni mariane, altri temi affrontati furono l’aiuto ai presbiteri perché potessero vivere il loro celibato e l’e cumenismo , tema principale della conferenza stampa affidata a mons. Pierre Mamie, anche in previsione dell’incontro con il Consiglio della Federazione delle Chiese evangeliche in Svizzera ( Konolfingen , 20-30 settembre).
[441] Monitore ecclesiastico (1988) 24; nella sessione del 7-9 marzo 1988 a Villars -surGlâne nella Casa di esercizi Notre Dame de la Route , si procedeva alla creazione della commissione «Missione delle donne nella Chiesa», nata da un precedente gruppo di lavoro, che avrebbe ricevuto nel 1988 statuti propri (cfr. Monitore ecclesiastico [1988] 229-231); nel 1989, la CVS ne esaminava l’attività ( ibid. , 228).
[442] Così in Monitore ecclesiastico (1992) 651655:
[443] Monitore ecclesiastico (1991) 384-388: sessione 2-4 settembre.
[444] Monitore ecclesiastico (1994) 379-383: sessione 30 maggio1 giugno : nel ricono scere che non era in potere della Chiesa conferire il sacramento dell’ordine alle donne, il Papa chiariva che questo non costituiva una discriminazione né una loro minore dignità,
[445] essendo l’ordinazione sacerdotale né un diritto e neppure un mezzo per una maggiore pienezza personale». La CVS si preoccupava soprattutto si sottolineare il valore del servizio prestato dalle donne come lettrici, ausiliarie e «inservienti alla Messa», pratiche legittime da parecchio tempo, che richiedevano una formazione sempre più accurata. Nella sessione seguente, prendeva atto delle reazioni alla lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis , che aveva rivelato profonde divergenze, diffidenze e difficoltà di dialogo: «La Chiesa deve essere vista come una realtà della nostra fede e non come un semplice organismo suscettibile di modificazione e di ristrutturazione. In quanto comunità sacramentale, ha la missione di continuare l’opera di salvezza fondata in Gesù Cristo. Questo sguardo di fede sulla Chiesa ci interpella e ci chiede di dar prova di molta delicatezza nelle nostre relazioni umane e di avere volontà decisa di ascoltare e di mettere in pratica, insieme, il comandamento di Gesù. In questa prospettiva si impone un approfondimento della comprensione della Chiesa come realtà sacramentale, della vocazione al sacerdozio comune dei fedeli e del senso del sacramento dell’ordine». Cfr. Monitore ecclesiastico (1994) 531-535.445 Monitore ecclesiastico (1988) 254-264: con la data 1.12.1987; nel 1993 a mons. Amedeo Grab, in collaborazione con i vescovi diocesani, sarebbe stata affidata la visita ai seminari, cfr. Monitore ecclesiastico (1993) 1104-1106.
[446] Monitore ecclesiastico (1987) 229-231: nella stessa sessione la CVS si occupava della commissione Justitia et Pax ed esprimeva sostegno ai vescovi del Sudafrica.
[447] Monitore ecclesiastico (1988) 321324.
[448] Il problema giuridico fu posto fin dall’inizio (cfr. l’approfondimento in un articolo di Alberto Moccetti che interpellava Heinz Maritz , ufficiale del Tribunale diocesano di Monaco di Baviera, autore di un saggio sull’elezione dei vescovi in Svizzera, cfr. Giornale del Popolo, 21 aprile 1988, 3) e la legittimità della nomina sarà più volte oggetto di perizie da parte del governo grigionese ma anche da parte della Santa Sede.
[449] Così il Moccetti , su Giornale del Popolo, 21 aprile 1988, 3; ed ancora più precisamente in Giornale del Popolo, 9 maggio 1988, 5: Il vero volto di Haas , articolo introdotto in prima pagina con il titolo: La nomina dei vescovi: il complesso antiromano.
[450] Giornale del Popolo, 10 maggio 1988, 5: Sulla vicenda Haas. Studenti in teologia protestano.
[451] Giornale del Popolo, 24 maggio 1988, 1 e 5.
[452] Giornale del Popolo, 16 giugno 1988, 1 e 5; Giornale del Popolo, 1° luglio 1988, 1: l’articolo di Corecco Unità valore supremo per la Chiesa , ibid. , 1 e 5: le reazioni da Friburgo e Parigi; cfr. anche il comunicato stampa del 1° luglio 1988, all’indomani dell’avvenuta ordinazione, in Monitore ecclesiastico (1988) 326.
[453] Strazzari – Prezzi, Intervista con mons. Eugenio Corecco sul caso Lefebvre ; cfr. anche Monitore ecclesiastico (1988) 403-409.
[454] Monitore ecclesiastico (1990) 271-273: per la sua prima dichiarazione.
[455] Un’esplicita contestazione da parte di Gebhard Matt di questo implicito diritto del nuovo vescovo verrà resa pubblica all’inizio del mese di luglio; cfr. Giornale del Popolo, 7-8 luglio 1990, 1 e 4.
[456] Per le funzioni di questo organismo civile preposto a regolare le relazioni con lo Stato ed il finanziamento della Chiesa diocesana, cfr. la presentazione di M. Grichting , Kirche oder Kirchewesen ? Zur Problematik des Verhaltnisses von Kirche und Staat in der Schweiz , dargestellt am Beispiel des Kantons Zürich [Fribourg 1997], in Bollettino Amici 4/V (marzo 2001) 57.
[457] Giornale del Popolo, 28 maggio 1990, 1: Vicenda Haas. A Coira qualcuno soffia sul fuoco ; cfr. anche Giornale del Popolo, 12 giugno 1990, 4: annunciando i temi della sua sessione del mese di giugno, la CVS esplicitava l’intenzione di discutere del caso Haas ma, facendo esplicito riferimento alla dichiarazione di mons. Joseph Candolfi , precisava che «la Conferenza Centrale non ha alcuna voce in capitolo, non essendo un organo con funzione elettorale, non ha alcuna facoltà decisionale per poter costringere Haas a dimettersi».
[458] Cfr. Giornale del Popolo, 30 maggio 1990, 1: P. Ortelli, Il vescovo di Coira, gli Svizzeri, gli Asburgo ; ibid. , 2-3-4 giugno 1990, 1: Il Vescovo e il suo posto nella Chiesa ; ibid. , 3:
[459] Favre – P. Ortelli, Libertà e obbedienza nel cuore della fede (intervista a mons. Wolfgang Haas). Dal canto suo Corecco non mancava di prendere pubblica posizione al fianco di questo vescovo, come durante un pellegrinaggio alla Madonna del Sasso sopra Locarno, cfr. Giornale del Popolo, 5 giugno 1990, 7: Alla Madonna del Sasso pregando per le vocazioni.459 Giornale del Popolo, 5 giugno 1990, 5: P. Favre, «Usare una dolce violenza» per non farsi riportare all’osservanza romana .
[460] Giornale del Popolo, 9-10 giugno 1990, 5: Solidarietà con il vescovo Haas ; e 5 giugno 1990, 5: Un sacerdote per l’unità con il vescovo .
[461] Giornale del Popolo, 10 luglio 1990, 4: Contro mons. Haas. I decanati confermano opposizione ; e cfr. ancora Giornale del Popolo, 27 novembre 1990, 4: in segno di protesta la maggior parte dei decanati zurighesi non ha ancora proceduto all’elezione del decano.
[462] Numerose sono le attestazioni di questi impedimenti riportate dal Giornale del Popolo, particolarmente significative due lettere di presbiteri della Missione Cattolica Italiana, che pur non avendo obiezioni su Haas, sono stati costretti ad accordarsi con il vescovo perché si facesse sostituire per non offrire ai cresimandi e ai parrocchiani il triste spettacolo di una contestazione venuta da fuori, cfr. Giornale del Popolo, 16-17 giugno 1990, 4: Chi racconta bugie sui fatti di Coira (lettera di don Ettore Bassani); e anche ibid. , 7-8 luglio 1990, 4: Lettera di mons. Bondone ai missionari italiani .
[463] Giornale del Popolo, 8 giugno 1990, 5: M. Bernasconi, Se lo Stato ficca il naso… in Chiesa : in discussione era anche il ruolo del Nunzio apostolico. Un altro deputato chiedeva che il Consiglio Federale nominasse un suo rappresentante in Vaticano, abilitato a trattare direttamente gli affari; per le pesanti polemiche seguite all’atteggiamento poco interessato del parlamento, che non giudicava «urgente» l’interpellanza, cfr. Giornale del Popolo, 12 giugno 1990, 1: M. Bernasconi, La Chiesa svizzera agli Svizzeri?.
[464] Giornale del Popolo, 2-3-4 giugno 1990, 16.
[465] Monitore ecclesiastico (1990) 275-276: 11-13 giugno, Einsiedeln; cfr. anche Gior -
[466] del Popolo, 12 giugno 1990, 4; ed anche Monitore ecclesiastico (1990) 271-273: Ein siedeln , 14 giugno 1990; cfr. altresì Giornale del Popolo, 15 giugno 1990, 7: P. Ortelli, Chiedere a Dio l’unità. Dialogo e collaborazione essenziali nella Chiesa ; per il testo integrale della dichiarazione della CVS a proposito della diocesi di Coira, cfr. Giornale del Popolo, 16-17 giugno 1990, 3: Collegialità tra i vescovi per una vera collaborazione .466 Giornale del Popolo, 27 giugno 1990, 4: M. Bernasconi, Caso Haas: Chiesa e Stato autonomi .
[467] Giornale del Popolo, 13 luglio 1990, 5: Haas inquietudine. Klaus Jacobi ha incontrato il Nunzio. Lo stesso governo non può ignorare . Solo in settembre le autorità federali avrebbero rinviato il caso Haas ai cantoni, cfr. Giornale del Popolo, 19 settembre 1990, 1 e 5; Giorna le del Popolo, 20 settembre 1990, 5: la soddisfazione della Santa Sede per questa decisione.
[468] Giornale del Popolo, 30 giugno1 luglio 1990, 4: Zurigo: il Sinodo si scaglia contro Haas .
[469] Giornale del Popolo, 24 luglio 1990, 4: Tre vescovi coadiutori per mons. Haas?.
[470] Giornale del Popolo, 5 giugno 1991, 19: intervista a cura di Moreno Bernasconi e Filippo Lombardi.
[471] Ibid. ; per la stessa posizione ribadita da Corecco durante la conferenza stampa, cfr. Giornale del Popolo, 7 settembre 1990, 5: Una nuova diocesi a Zurigo? A condizione che si cominci ad accettare Haas .
[472] Un primo «gruppo di dialogo è costituito nel settembre 1991, con mons. Joseph Candolfi , mons. Otmar Mäder , della diocesi di S. Gallo, e da mons. Georg Holzherr , abate di Einsiedeln (cfr. Monitore ecclesiastico [1990] 398-400), senza ottenere che si procedesse alle nomine regolari e si rinunciasse alla raccolta di firme (cfr. Giornale del Popolo, 27 novembre 1990, 4); in dicembre la commissione di dialogo consegnava il rapporto, cfr. Giornale del Popolo, 7-8 dicembre 1990, 27: i vescovi non sembrano però poter andare oltre il pressante invito alle parti affinché si vengano incontro. Un gesto conciliante da parte di Haas permetteva l’elezione dei decani zurighesi, cfr. Giornale del Popolo, 11 dicembre 1990, 4.
[473] Monitore ecclesiastico (1991) 141s.: per continuare «un dialogo avviato con la visita papale del 1984 e mai interrotto»; a sua volta il Papa aveva osservato che «si riannoda con una tradizione che ha portato frutti benefici per la vita ecclesiale». Visite ad limina si svol sero nel 1987 e nel 1992, altre missioni romane furono quelle della primavera del 1991 e dell’autunno di quell’anno.
[474] Nel suo resoconto sull’attività della conferenza nel 1991, il segretario padre Roland Trauffer avrebbe soprattutto sottolineato l’incremento degli incontri ecumenici, favoriti dai festeggiamenti per il 700° della Confederazione e dal Sinodo europeo, e, forse non senza una certa ironia, l’intensificarsi dei rapporti con Roma, cfr. Monitore ecclesiastico (1992) 241s.: aprile 1992.
[475] La sessione estiva della CVS (Einsiedeln, 3-5 giugno 1991) si rallegrava per la nomina cardinalizia di mons. Henry Schwery , cfr. Monitore ecclesiastico (1991) 310; sul significato e
[476] valore «diplomatico» di questa nomina, cfr. Giornale del Popolo, 31 maggio 1991, 3: G. Horst, Per il settimo centenario il Papa regala alla Svizzera un Cardinale , dove si sottolinea che mons. Schwery è uomo di centro, profondamente addolorato per le difficoltà presenti, ma non disposto ad esempio ad introdurre pratiche come quella dell’assoluzione generale, e come questa nomina costituisca un gesto di fiducia da parte del Papa verso i Vescovi svizzeri; e cfr. anche Giornale del Popolo, 5 giugno 1991, 18: la scanzonata nota Un pastore scomodo che si prende gioco dei pronostici che volevano che fosse Corecco il nuovo cardinale e soprattutto di quanti auspicavano la promozione per vederlo partire per Roma.476 Cfr. anche Giornale del Popolo, 7 giugno 1991, 5, che sottolinea come questa scelta sia stata suggerita dai vescovi svizzeri; nel 1993 mons. Rauber sarà nominato Nunzio in Svizzera.
[477] Monitore ecclesiastico (1993) 11041106.
[478] Monitore ecclesiastico (1991) 143; cfr. anche Giornale del Popolo, 8 marzo 1991, 5.
[479] Anzi, nel novembre 1991 il «caso Haas» era tornato al centro delle relazioni diplo matiche con la Santa Sede con l’incontro dell’ambasciatore svizzero in Vaticano, Jeno Sta ehelin , con i responsabili della diplomazia vaticana, cfr. Giornale del Popolo, 30 novem bre1 dicembre 1991, 5. Per il rilancio della mobilitazione diplomatica l’anno seguente, cfr. Giornale del Popolo, 19 novembre 1992, 5; e 3 dicembre 1992, 9; lo stesso anno un saggio sulle nomine episcopali metteva in dubbio la legittimità di Haas, cfr. A. Riklin , Bischofswahlen in der Schweiz , Zürich 1992 (ed. franc . Fribourg 1993). Il saggio era stato commissionato dalla Commissione Centrale della Conferenza cattolico-romana; cfr. Giornale del Popolo, 26 novembre 1992, 6; e Giornale del Popolo, 28-29 novembre 1992, 5: per la replica del tribunale ecclesiastico di Coira, che contesta le conclusioni del libro; e ancora Giornale del Popolo, 4 dicembre 1992, 5: le osservazioni di mons. Mamie, che giudica infondate le conclusioni del libro ed inopportuna la sua pubblicazione.
[480] Monitore ecclesiastico (1993) 856: annuncio del comunicato della CVS del 3 marzo ; cfr. anche ibid. , 858s.: la lettera di Giovanni Paolo II a mons. Pierre Mamie del 1° marzo 1993 e ibid. , 860: il testo integrale del comunicato della CVS del 3 marzo 1993; cfr. inoltre Giornale del Popolo, 5 marzo 1993, 1: l’articolo di fondo di M. Bernasconi, Perché cresca l’unità della Chiesa ; ibid. , 3: altri commenti, la soddisfazione di mons. Haas espressa nella sua lettera pastorale ed i profili dei due ausiliari designati: mons. Paul Vollmar , maria nista , e mons. Peter Henrici , gesuita e parente di H. U. von Balthasar; ibid. , 5: le reazioni positive nel canton Grigioni.
[481] Corecco aveva avuto Wolfgang Haas tra i suoi dottorandi; cfr. il carteggio tra il 1976 ed il 1978, in ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1975-1984.
[482] Dialoghi 111/XXII (aprile 1990) 1-3: Diocesi: segni di disagio , in cui sostanzialmente si accusava Corecco di essere un vescovo poco rispettoso della democrazia e quindi autoritario ; con termini come «efficientismo pastorale» e «protagonismo aggressivo» si connota la personalità del vescovo e del suo episcopato. Concretamente avrebbe espropriato gli orga nismi partecipativi della diocesi del loro peso «essendo ben altri i luoghi in cui si sceglie e si decide», impegnato la diocesi in avventate avventure finanziarie ed affidato al monopolio ciellino la Caritas e l’Ufficio catechistico diocesano (firma Redazione), nonché ibid. , 3-5: la critica all’ecumenismo era affidata a Giancarlo Reggi.
[483] Corriere del Ticino, 28 maggio 1990, 7: Il Vescovo, Dialoghi, la diocesi e la democra zia ; e cfr. anche in Giornale del Popolo, 5 giugno 1991, 18: le osservazioni di Corecco sul dibattito circa modernità in atto a livello mondiale, che in Ticino rischierebbe di scadere nell’imposizione della loro volontà da parte dei protagonisti della modernità, sulla base della sola logica della maggioranza; ma sul tema della modernità, cfr. la trascrizione della conferenza tenuta il 2 aprile 1991 all’Hotel Splendide su invito del Rotary Club, pubblicata in un inserto sul Giornale del Popolo, 12 aprile 1990.
[484] Giornale del Popolo, 5 giugno 1990, 2. Per la replica di Giancarlo Reggi, cfr. Dialoghi 112/XXII (giugno-luglio 1990) 15-17: Vescovo, unità della Chiesa, dissenso (nella sezione «Opinioni»). Il dibattito con il gruppo Dialoghi sarebbe continuato. Nel mese di novembre la redazione trasmetteva a Corecco la bozza di un lungo testo redazionale, praticamente pronto per la pubblicazione, che sottoponeva a severa critica il giudizio di Corecco sulla modernità e, di nuovo, il suo atteggiamento a proposito delle pratiche ecu meniche , in preparazione di un incontro, previsto per il 18 novembre, cfr. ACorecco Lugano , Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 12 novembre 1990, lettera di Mario Forni che accompagna il documento, in calce le osservazioni manoscritte di Corecco a proposito dell’avvenuto incontro.
[485] Eco di Locarno, 7-9 luglio 1990, 1: Papa Karol letto in filigrana , e soprattutto ibid. , 3, dove, nel riquadro, è tracciato il parallelo. Il giornale intendeva esaminare il pontificato ponendo una serie di domande a sei vaticanisti italiani, in questo numero pubblicava le risposte ad una prima domanda. Il servizio si concludeva con la promessa di una continuazione che non ci fu; cfr. però anche il commento di V. Scanu, Pochezza di argomenti abbondanza di vuoto , in Giornale del Popolo, 25 luglio 1990, 21.
[486] Giornale del Popolo, 2 ottobre 1990, 17: Mons. Forni, una vita per la Chiesa universale .
[487] La trasmissione era commentata a due riprese da Pietro Ortelli, cfr. Giornale del Popolo, 7 novembre 1990, 1; e ibid. , 8 novembre 1990, 3: Divisione scandalosa o dissenso legittimo? . In questo commento Ortelli individuava invece una serie di gravi problemi: la poca chiarezza sul significato del momento storico attuale e sulla missione della Chiesa (portare Cristo agli altri); il progressivo stemperamento dei confini tra le confessioni, con la promozione di un cristianesimo «aconfessionale», cui consegue una perdita della capacità missionaria, notoriamente legata ad un forte senso di identità ed appartenenza; il dilagare di un soggettivismo, per cui ognuno si costruisce il suo cristianesimo à la carte ; sommersi dalle polemiche intra-ecclesiali i vescovi sembrano non vedere la crescente scristianizzazio ne della società e l’avanzata di nuove forme di religiosità ( New Age ), portatrici di concetti estranei al cristianesimo, ma ai quali i cristiani aderiscono acriticamente, ad esempio la fede nella reincarnazione; il complesso anti-romano, che ammanta di insofferenza qualunque cosa provenga da Roma; a fianco del legittimo diritto di esser ascoltati, sembra fiorire una gestione degli organismi cattolici da parte di personalità che non sono più cattoliche e quindi se ne occupano fatalmente unicamente in un’ottica di potere; e tutto questo accade provocando grandi sofferenze tra i credenti. Un ulteriore commento usciva sul Giornale del Popolo, 28 novembre 1990, 27, a cura di Mino Grampa e Filippo Lombardi, Quale strada per creare le condizioni di dialogo? .
[488] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 9 novembre 1990, risposta alla lettera di fra Nicola del 7 novembre 1990.
[489] Monitore ecclesiastico (1990) 589-592: i vescovi ne parlano nella sessione di di cembre, stigmatizzando la decisione, ma invitando i fedeli a riconoscere il vero valore dei simboli religiosi.
[490] Monitore ecclesiastico (1988) 229s. e Monitore ecclesiastico (1989) 701.
[491] Monitore ecclesiastico (1990) 144-146: inoltre i vescovi presero in esame due progetti di legge e nominavano i redattori del numero unico per il 700°, una pubblicazione nelle tre lingue ufficiali che prenderà il nome di Cattologo 1991.
[492] Monitore ecclesiastico (1992) 651655.
[493] Giornale del Popolo, 24 febbraio 1992, 4: il convegno si era occupato della Germania , della Polonia, dell’Italia e per finire della Svizzera, dove una riflessione su di una nuova ripartizione diocesana era aperta da decenni.
[494] Monitore ecclesiastico (1993) 856-858; nella stessa seduta si procedette alla ricosti tuzione della commissione teologica, organo consultivo con cui Corecco era chiamato a collaborare, e si discusse circa il rinnovo della commissione per l’ecumenismo, la nomina dei delegati al Sinodo 1994 sulla vita consacrata, l’attività di Justitia et Pax e l’introduzione del diaconato permanente nella diocesi di Sion.
[495] Ibid. , 952954.
[496] Ibid. , 993, 1289-1294: riguardo alla preparazione.
[497] Ibid. , 740-745: dal 5 al 7 dicembre a St. Antoni.
[498] Ibid. , 741; il ruolo della donna nella Chiesa e la riflessione sulla vita consacrata sarebbe stata confortata dalla beatificazione di tre donne svizzere: Margherita Bays , Maria Bernarda Butler, Maria Teresa Scherer. La prima una semplice contadina e sarta, le altre fondatrici di congregazioni religiose (rispettivamente delle Francescane Missionarie in Colombia e delle Suore di Carità della Santa Croce di Ingenbohl ); cfr. Monitore ecclesiastico (1995) 85s.: i vescovi organizzavano un pellegrinaggio a Roma per l’occasione.
[499] Ibid. , 621: 14 ottobre 1994.
[500] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: 17 gennaio
[501] Ibid. : 27 gennaio 1994.
[502] Ibid. : 12 febbraio 1995.
[503] Ibid .: 22 e 23 settembre 1994, le lettere di Mäder ; 26 settembre 1994, la risposta di Corecco .
[504] Ibid. : 15 febbraio 1995.
[505] Giornale del Popolo, 6 marzo 1995, 4.
[506] L. Gerosa, Conclusioni e prospettive , in Chiesa Cattolica e Stato in Svizzera , 280-283.
«Da quando sono vescovo non ho più una vita privata»[507]: a meno di 6 anni dalla sua nomina ed all’inizio della sua malattia, questa era la semplice costatazione di Corecco, scevra da qualunque lamentela e quasi stupita per la forma che la sua vita aveva assunto dopo l’accettazione del nuovo compito. Dal profilo pastorale aveva fatto le sue scelte. È indubbio che facesse di tutto per incontrare i fedeli, ma non si rivolse allo strumento più tradizionale della visita pastorale, preferì altre forme: le Cresime[508], la partecipazione ad occasioni particolari come la consacrazione di nuove chiese o altari[509], l’avvio o la conclusione di restauri[510], l’inaugurazione di nuove opere (spesso di rilievo tanto religioso come civile e sociale)[511] o gli anniversari[512] e le feste patronali[513], momenti che, di per sé, già radunavano la comunità ed ai quali il vescovo prendeva parte, entrando lui nel vivo della vita e della operosità della gente[514].
1.1. I pellegrinaggi
Ebbe una predilezione per i pellegrinaggi. Fin dall’inizio incontrò i presbiteri proponendo un pellegrinaggio. Sicuramente coglieva l’occasione di partecipare con loro all’incontro ad Ars con Giovanni Paolo II. Quale opportunità migliore per stare insieme di fronte alla comune vocazione sacerdotale? Un altro momento capitale fu senz’altro la partecipazione alla GMG del 1989 a Santiago di Compostela, non solo per la scoperta della possibilità di lavoro con i giovani[515], ma anche per la peculiarità di questa modalità itinerante. In precedenza Corecco aveva già guidato un gruppo, che partecipava all’incontro di Giovanni Paolo II con i giovani europei a Strasburgo[516]. I pellegrinaggi divennero un momento centrale della pastorale di Eugenio Corecco. Volle che se ne approfondisse il valore, in particolare del pellegrinaggio a Lourdes con i malati[517], così radicato nella spiritualità dei Ticinesi, che ci si aprisse al significato della devozione alla Madonna, espressa nell’andare ai santuari della Madonna del Sasso, di Re, alla Madonna dei Miracoli di Morbio o al Castelletto a Melano, a Caravaggio, ad Einsiedeln, per ritrovarvi il cuore credente della Svizzera, alla Salette, che sarebbe diventato meta fissa dei giovani; e poi la devozione a san Nicolao della Flue e la Messa al S. Gottardo per il 1° di agosto. Il calendario annuale dei pellegrinaggi avrebbe preso ben presto un ritmo regolare intorno a date più o meno fisse: nei primi mesi dell’anno il pellegrinaggio in Terra Santa, proposto ogni volta ad una particolare categoria di pellegrini (presbiteri, religiose, catechisti, medici, giovani) per permettere una più puntuale catechesi, in maggio ad un santuario mariano, in giugno la Salette con ACR, in agosto Lourdes con i malati, appuntamento sempre più atteso, tralasciato solo per la concomitanza con le GMG e per la malattia nel 1992 (ma questa forzata assenza fu per Corecco l’occasione per la prima grande testimonianza sulla possibile fecondità della sofferenza). Ci furono evidentemente anche altre mete, come Roma e Fatima[518].
Viaggi di altro tipo portarono Corecco a visitare le missioni ticinesi in America Latina, a Barranquilla e El Socorro[519] e, sempre in questo continente, amici personali, che spendevano la loro vita nella missione[520].
1.2. Le circostanze particolari e le ricorrenze
1.2.1. Le tragedie
Si fece presente nei momenti particolari di dolore. A pochi mesi dalla sua consacrazione episcopale, nello schianto di un aereo privato, perivano sei imprenditori locarnesi nel fiore degli anni, gettando nel cordoglio le loro famiglie e tutta la regione. Il Vescovo volle celebrarne i funerali pronunciando una memorabile omelia[521]. Partecipò profondamente al lutto della famiglia e della comunità di un adolescente, barbaramente ucciso, il cui corpo fu ritrovato dopo lunghe ricerche[522]. Nel dicembre del 1989 un terribile incidente stradale vicino a Malvaglia provocava 6 giovani vittime ed era Corecco a celebrarne le esequie[523]. Colpì il suo stare davanti al dolore – inferto quella volta forse per un raptus di follia, in modo apparentemente assurdo – con l’umiltà della fede, che rimette tutto nelle mani del Padre. Ne fa stato il ringraziamento delle autorità di Rivera confrontate con un episodio di violenza assolutamente senza precedenti, il 5 marzo 1992, Mercoledì delle Ceneri, segnato da quella che la stampa chiamerà la «Strage di Rivera». Corecco, impedito a partecipare ai funerali, tenne la veglia funebre il 6 marzo[524]. Anche l’inondazione a Locarno e Biasca fu l’occasione per il Vescovo di condividere lo sconcerto di comunità non abituate a confrontarsi con così gravi problemi naturali[525].
1.2.2. Gli anniversari
Le sue agende sono fitte di impegni legati agli anniversari. Nei nove anni del suo episcopato non mancarono le ricorrenze significative per la Chiesa universale, la Svizzera o la diocesi di Lugano: nel 1986 si celebrava il XVI centenario della diocesi di Como ed il 16 novembre Corecco partecipava al pontificale presieduto dal card. Carlo Maria Martini a conclusione dei festeggiamenti[526]; nel 1987 ricorrevano i 500 anni dalla morte di san Nicolao della Flüe, patrono della Confederazione[527], i 600 anni del battesimo della Lituania (Corecco rappresentava a Roma la CVS[528]) ed era l’«anno agostiniano»[529]; l’anno seguente era il centenario della «diocesi» di Lugano, occasione per una riflessione sui rapporti Stato-Chiesa, nell’imminenza della revisione della costituzione cantonale[530]; ricorreva il 950° dalla morte di san Gottardo e Corecco il 5 maggio partecipava ad Hildesheim alle celebrazioni[531]. Nel 1990 cadeva il V centenario del monastero di Claro, Corecco inaugurava solennemente l’anno giubilare con una S. Messa alla presenza anche dei rappresentanti del governo il 13 maggio[532]. Si chiudeva anche l’anno di preghiera per le vocazioni[533].
Nel 1991 si festeggiavano i 700 anni del Patto del Gruetli, considerato l’atto di nascita della Svizzera, ed era anche il VI centenario della canonizzazione di santa Brigida. Nel 1993 ricorreva l’VIII centenario della nascita di santa Chiara di Assisi e si compivano i dieci anni dalla promulgazione del nuovo Codice. Pure OCST nel 1987 e Caritas nel 1992 raggiungevano importanti traguardi.
Ma a livello locale o parrocchiale ben più numerose erano le ricorrenze che egli volle onorare con la sua presenza.
• 1986
Così il 17 novembre 1986 celebrava la S. Messa alla Casa S. Elisabetta, in occasione dei 40 anni della sua fondazione[534].
• 1987
L’anno seguente, il 1° febbraio presiedeva il solenne pontificale al V centenario della nascita di san Gerolamo Emiliani[535]; il 27 maggio a Riva San Vitale festeggiava il 60° di attività dell’Istituto Canisio, tenuto dai Guanelliani[536]. In settembre incontrava le Confraternite della Svizzera italiana, radunate a S. Pietro di Pambio nella ricorrenza del 400° della locale confraternita della Beata Vergine del Carmelo; quello stesso giorno, aveva solennizzato con una S. Messa i 350 anni dalla costruzione del Santuario della Madonna del Castelletto a Melano[537]. In novembre i Padri Redentoristi, rettori della chiesa di Viganello, invitavano mons. Vescovo ed i religiosi presenti in diocesi in occasione del secondo centenario dalla morte di sant’Alfonso Maria de’ Liguori[538]. In dicembre celebrava a Capolago nel terzo centenario della costruzione della chiesa e nel quarto centenario dall’erezione della parrocchia[539].
• 1988
Il 12 giugno partecipava a Minusio alla IX Festa della famiglia parrocchiale e Centenario della erezione della parrocchia[540]; il 2 giugno festeggiava i 60 anni di sacerdozio di don Guglielmo Krähenbühl parroco di Chiggiogna[541] ed il 12 giugno i 100 anni della parrocchia di Minusio[542]; l’8 settembre ricordava i 360 anni dalla fondazione del monastero di S. Caterina di Locarno, e in quell’occasione una novizia iniziava il suo cammino[543].
• 1989
Nel 1989, il 5 febbraio ricordava i 100 anni della presenza dei Salesiani in Ticino con una S. Messa a Mendrisio[544]; il 5 marzo a Bioggio festeggiava il centenario della presenza delle Francescane Missionarie di Maria in Svizzera[545]; il 29 aprile il 50° anniversario della Casa S. Domenico di Neggio[546]. Il 2 settembre a Bellinzona rappresentava la diocesi alla commemorazione del 50° della Mobilitazione generale per lo scoppio della II guerra mondiale[547]. Quello stesso anno l’associazione Famiglia Bellunese aveva invitato Corecco per il suo ventesimo anniversario[548]; come pure il Lyceum della Svizzera Italiana nel suo 50°[549]. Ricorrevano anche i 350 anni del Crocifisso di Castel San Pietro[550] e il 50° della dedicazione della chiesa del Sacro Cuore a Bellinzona[551].
• 1990
L’anno seguente era il 50° dell’incoronazione dell’effigie della Madonna delle Grazie in Cattedrale[552]; il 14 giugno, insieme a mons. Alessandro Maggiolini vescovo di Como, Corecco concelebrava a Novazzano una S. Messa in onore del beato papa Innocenzo XI, nel III centenario della morte[553], ed il 16 giugno saliva ad Airolo per presenziare alla commemorazione dei 50 anni dalla morte di Giuseppe Motta (1871-1940), statista leventinese che fu a più riprese presidente della Confederazione, con il consigliere federale on. Flavio Cotti e altre personalità politiche[554]. Il 2 settembre partecipava alla casa La Montanina di Camperio alla festa per i 70 anni dell’Unione femminile cattolica ticinese e l’8 settembre presiedeva in S. Nicolao la S. Messa in ricordo dei 40 anni dalla costruzione della chiesa; lo stesso mese Corecco si recava a Vezio per la Cresima e per incontrare i membri delle Confraternite della Beata Vergine del Rosario e del Santissimo Sacramento nel 300° della loro fondazione[555]. Altri anniversari di quell’anno furono gli 80 anni di mons. Corrado Cortella[556], i 30 anni dell’Associazione Medaglia Miracolosa di Mendrisio[557] ed il 25° dell’associazione Amici di Padre Mantovani, celebrato in Cattedrale il 16 dicembre[558].
Al 70° di fondazione della Pro Senectute si farà rappresentare dal vescovo emerito mons. Giuseppe Martinoli[559].
• 1991
Nel 1991, anno del 700° della Confederazione, Corecco partecipava a vari appuntamenti: il 10 gennaio presenziava alla cerimonia ufficiale che inaugurava i festeggiamenti a Bellinzona[560]; il 20 luglio inaugurava alla Villa Favorita di Castagnola la mostra Svizzera meravigliosa[561]. Il 1° di agosto, festa nazionale, presiedeva il pellegrinaggio a piedi dal Motto Bartola al Passo del S. Gottardo, dove celebrava la S. Messa. Oltre alle comunità leventinesi erano convenute quelle della Val d’Orsera, dell’Alto Goms, dell’Alta Surselva e della Val Formazza. Nel pomeriggio presenziava alla cerimonia civile organizzata dal comune di Airolo[562]. Il 15 settembre si teneva una giornata ecumenica cantonale a Bellinzona, conclusa con una riflessione su La Svizzera è ancora cristiana?, il 18 chiudeva l’anno di preghiera delle Religiose per il Giubileo della Svizzera ed il 19 interveniva a Gordola, alla conferenza del dr. Fabrizio Panzera sulla presenza cristiana nella Svizzera[563]. Il 17 novembre partecipava a Basilea alla chiusura ufficiale dei festeggiamenti[564]. Insieme agli altri vescovi svizzeri aveva promosso una pubblicazione cattolica, nelle tre lingue nazionali, particolarmente dedicata a questa ricorrenza.
Sempre nel 1991, nel mese di febbraio, il 9 aveva presieduto la concelebrazione eucaristica per i membri del Rinnovamento nello Spirito, riuniti per il 15° della presenza del movimento nel Ticino, il 16 commemorava in S. Maria delle Grazie a Maggia il 25° dalla sciagura mineraria di Robiei-Stabiascio, in cui avevano perso la vita 15 minatori e 2 pompieri; il giorno dopo erano le Opere don Bosco per le missioni a compiere 25 anni, Corecco ricordava l’anniversario con una S. Messa in cattedrale[565]. In marzo apriva il VI centenario della canonizzazione di santa Brigida, con una messa alla Casa S. Brigida di Lugano[566]. Il 24 era a Bellinzona dove celebrava una messa da campo al Monumento ai Caduti, in occasione della 50a edizione della staffetta del Gesero[567]. Il 1° maggio, per i 100 anni della Rerum Novarum, partecipava al convegno dell’Organizzazione Cristiano Sociale Ticinese (OCST) e pronunciava l’intervento conclusivo[568]. Il 9 giugno festeggiava i 60 di sacerdozio di don Alfonso Pura ad Ascona con una S. Messa presieduta dal card. Bernardin Gantin[569]. Erano anche i 200 anni dalla dedicazione della chiesa di Bioggio, Corecco visitava la parrocchia ed impartiva il sacramento della Cresima[570]. Lo stesso anno ricorreva il giubileo delle Figlie di S. Maria di Leuca ricordato dapprima alla Cà Rezzonico di Lugano e poi all’ospedale di Cevio, i due istituti serviti da queste religiose[571]; l’8 settembre festeggiava i suoi 60 anni a Bellinzona con Comunione e Liberazione, nel V anno della sua ordinazione episcopale[572]; il 15 settembre celebrava alla Culla Arnaboldi di Lugano in occasione del 25° di professione della superiora che era in partenza per il Messico ed il 19 partecipava ai festeggiamenti per gli 80 anni dell’Istituto von Mentlen di Bellinzona[573]. Il 6 ottobre presiedeva la S. Messa all’incontro ricreativo dell’Associazione Anziani-Pensionati-Invalidi dell’OCST e celebrava a Mergoscia in occasione dei 400 anni della parrocchia[574]. Il 13 dicembre visitava la Casa dei ciechi «Ricordone» nella ricorrenza dell’80° anniversario della fondazione[575]. Era stato anche il centenario di fondazione delle Suore Misericordine, anniversario festeggiato a Chiasso con una solenne celebrazione presieduta dal vescovo emerito di Como, mons. Teresio Ferraroni[576].
• 1992
Nel 1992 il 21 gennaio, a Lavertezzo, commemorava il 75° anniversario della consacrazione episcopale di mons. Aurelio Bacciarini, alla presenza di numerosi fedeli della valle Verzasca[577]. Il 29 maggio parlava a Biasca in occasione del 700° della Carta di libertà[578], sul tema Dalla «pietas» del passato alla religiosità di oggi. L’anniversario di questo importante documento avrebbe portato nelle valli ambrosiane anche l’arcivescovo di Milano mons. Carlo Maria Martini[579]. L’agenda avrebbe previsto ancora molti appuntamenti, ma, a partire dal mese di giugno, Corecco doveva affrontare la nuova realtà della sua malattia, che lo tenne lontano dagli impegni pubblici fino al mese di settembre, quando poté riprendere, adeguandosi però a un ritmo meno intenso. Grande spazio avrebbe dovuto riservare all’Istituto accademico di Teologia, che nasceva allora: il 17 settembre, con una conferenza stampa, ne annunciava l’avvio previsto il 29 settembre[580]. Già nel mese di novembre, conformemente alla sua vocazione internazionale, l’istituto offriva un corso ad un gruppo di vescovi provenienti dall’ex URSS, alle prese con la riorganizzazione delle loro diocesi[581].
• 1993
L’anno seguente, 1993, il 23 gennaio Corecco festeggiava i 75 anni de La Buona Stampa con una S. Messa nella cappella della tipografia[582] ed il 21 marzo era a Castel S. Pietro in occasione del 650° della chiesa di S. Pietro (detta Chiesa Rossa) e vi celebrava la S. Messa. La sera del 16 maggio, dopo aver presieduto la S. Messa a Morbio Inferiore in occasione dell’ottavo Convegno delle corali liturgiche e, nel pomeriggio, la funzione pomeridiana per la Festa della Madonna delle Grazie in Cattedrale, con la testimonianza della responsabile della Caritas di Zagabria Jelena Brajsa, presiedeva anche la funzione liturgica in occasione dei 400 anni della parrocchia di Breno-Fescoggia; il 12 giugno partecipava alla cerimonia per i 100 anni del Corriere del Ticino e benediceva la nuova sede a Muzzano ed il 16 visitava il laboratorio protetto di Claro, in occasione dei 50 anni di Messa del fondatore don G. M. Colombo. Il 25 settembre presiedeva nella chiesa del Sacro Cuore la S. Messa per il 25° di fondazione del Gruppo Medaglia Miracolosa ed il 3 ottobre commemorava a Massagno il 150° anniversario della fondazione della Congregazione delle Suore di Santa Croce ed il 25° della costituzione della vice-provincia ticinese. In novembre ricordava solennemente i 100 anni della nascita di mons. Angelo Jelmini[583]: Erano anche 10 anni dalla morte di mons. Alfredo Leber, e Corecco celebrava una S. Messa nella cappella della tipografia La Buona Stampa (11 novembre). L’anno seguente, avrebbe mantenuto il più possibile questo stile di presenza, malgrado l’aggravarsi del suo male.
Non mancava, se possibile, di assistere di persona all’emissione o al rinnovo dei voti, segno della sua profonda stima per la vita consacrata e per il suo servizio a tutta la Chiesa[584]. Egli riconosceva in ogni autenti ca vocazione l’intervento di Dio nella vita di una persona ed a questo si inchinava umilmente, pieno di gratitudine[585]. Ad un giovane seminaristaticinese, Mario Imperatori, già laureato in storia della Chiesa all’Università di Friburgo, aderente al movimento neo-catecumenale ed in stretto rapporto con padre Pancrazio[586], entrato nel noviziato dei Gesuiti, scriveva:
«Carissimo, grazie infinite per la tua lettera. Il mio desiderio di averti in Diocesi non ha di per sé nessuna importanza. È solo una porta aperta. Ciò che conta è che si realizzi la vocazione che il Signore ha suscitato dentro di te. Sofferenze ce ne sono da tutte le parti, ci sarebbero anche da noi, perché qualsiasi assunzione di lavoro apostolico è disturbato dalle sofferenze che ci facciamo reciprocamente con l’inadeguatezza con la quale viviamo la nostra fede […]. Quello che conta è che in questi anni sei cresciuto nella fede e la tua lettera ne è testimonianza. Un cambiamento è possibile perciò solo quando avessimo segni di indiscussa evidenza […]» (22 settembre 1987). «Carissimo, sei sempre molto puntuale nel mandarmi tue notizie e ti sono grato per questa amicizia. Mi accorgo sempre di più che il Signore ti si manifesta con crescente chiarezza e questa è una grazia incalcolabile, per la tua persona e per tutta la Chiesa, attraverso la Compagnia che pure ha bisogno di riscoprire in molte situazioni la purezza del suo carisma originale. Se dentro la profondità del cuore posso sentire un po’ di rimpianto per il fatto di dover rinunciare ad ordinarti prete della diocesi, mi consola però il fatto di persone che magari un giorno possono venire lo stesso a lavorare in diocesi. Se il Signore avesse anche lui questo progetto lo realizzerà. Ti mando un abbraccio e la mia benedizione» (12 settembre 1989). «Sono contento di constatare che la tua vocazione è lineare e senza incertezze. È un dono inestimabile del Signore» (1° luglio 1991). «Grazie infinite, per il tuo scritto. Sono stato operato al disco della 7a-8a cervicale. Guarito sono, ma mi ha sballato tutto il calendario […]» (17 maggio 1992). L’anno dopo, rispondendo agli auguri di Pasqua, Corecco allude al progetto di averlo come professore all’Istituto di Lugano e chiude scrivendo: «Il mio “fratello corpo” mi dà qualche calcio, ma non è affatto grave»[587].
Se si trattava di giovani di cui aveva seguito il maturare della vocazione non trovava gravoso nessuno spostamento pur di essere presente. È il caso di suor Paola, monaca che visitò più volte[588], incontrando la sua superiora soeur Marie, iniziatrice dell’ordine delle Piccole Suore di Betlemme, dell’Assunzione di Maria e di san Bruno, alla quale chiese con insistenza di fondare un monastero anche nella diocesi di Lugano, ma anche di suor Carmela Cicciari, che sostenne nella ricerca di una nuova comunità religiosa[589], e soprattutto è il caso di padre Mauro Giuseppe Lepori, dell’abbazia di Hauterive. Il 18 marzo 1989 assisteva, con un folto gruppo di parrocchiani di Canobbio e di amici, alla sua professione, solenne[590], lo consacrò prete di persona[591] e, pochi anni dopo, volle anche assistere alla sua benedizione abbaziale malgrado le più che compromesse condizioni di salute. Il viaggio a Hauterive in quel mese di giugno 1994 gli costò un ennesimo ricovero in ospedale, con grave rischio di vita: «quasi quasi ci rimettevo la pelle», ebbe a dire. Ma queste persone, che sotto i suoi occhi avevano aderito ad una vocazione religiosa, erano per lui fonte di grandissima consolazione, come dirà a padre Mauro nel novembre del 1994, rendendo omaggio alla sua autorità di abate: «quando saremo nella prova sapremo sempre dove andare, potremo venire da te a cercare la tua paternità». Con un simile umile atteggiamento di domanda, negli ultimi mesi, si recava a Montsvoirons, un’altra casa delle Piccole Sorelle di Betlemme[592], con l’intento di scrivere il suo testamento, pur non avendo grandi beni materiali di cui disporre[593].
La stessa partecipazione riservò alle ordinazioni episcopali o cardinalizie e ad altre felici ricorrenze, soprattutto quando rendevano servizio od onore alla Chiesa svizzera: nel mese di gennaio 1987 guidava la delegazione diocesana che presenziava a Roma all’ordinazione episcopale di mons. Gilberto Agustoni[594] ed in aprile partecipava a Friburgo all’ordinazione episcopale di mons. Amedeo Grab, vescovo ausiliare di Losanna, Ginevra e Friburgo[595]. Il 28 maggio aveva in programma l’ordinazione episcopale di mons. Gätcher, alla quale presenziò però il Vicario generale[596]. In ottobre, prolungava la permanenza a Roma, dopo la chiusura del Sinodo, per rappresentare la diocesi alla canonizzazione di suor Ulrica Nisch, delle Suore della Carità di Santa Croce[597]. In dicembre festeggiava con una solenne celebrazione al Collegio Papio di Ascona la recente nomina di mons. Giulio Nicolini a vescovo di Alba; erano presenti mons. Ernesto Togni, mons. Amedeo Grab ed il Rettore del Collegio con numerosi insegnanti ed allievi[598]. Alla Pentecoste del 1988 era a Coira per l’ordinazione di mons. Wolfgang Haas, vescovo coadiutore di quella diocesi[599]. Il 28 giugno 1991 partecipava al Concistoro in cui era nominato cardinale mons. Henry Schwery, vescovo di Sion[600]. Il 18 maggio 1991 partecipava a Como all’ordinazione di mons. Franco Festorazzi, nuovo vescovo di Ancona[601]. Il 28 novembre 1991 era a Grosseto per l’ingresso del nuovo vescovo mons. Angelo Scola, amico di lunga data[602]. Il 22 maggio 1993 era a Milano all’ordinazione episcopale di mons. Francesco Coccopalmerio, un altro amico e collega nell’ambito del Diritto canonico[603], ed il 31 maggio partecipava ad Einsiedeln all’ordinazione episcopale dei due vescovi ausiliari di Coira, mons. Peter Henrici e mons. Paul Vollmar, da parte del card. Bernardin Gantin[604]. Il 15 novembre 1993 era presente al Dies academicus dell’Università di Friburgo in occasione del quale mons. Franco Biffi riceveva il dottorato HC[605].
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[507] Corecco a Gazebo, 24.12.1992; questa osservazione tocca anche il fatto che, all’inizio del suo episcopato, Corecco constatò, con un certo fastidio, di essere diventato un personaggio pubblico; scriveva infatti ad un amico monaco il 3 gennaio 1987: «sono qui con la gamba ingessata perché il primo dell’anno ad Arosa mi sono strappato il legamento interno del ginocchio […]. A parte il fatto che l’hanno già detto alla radio – prova che uno non può più muoversi o restar fermo in santa pace, cosa di cui mi riesce difficile arrendermi – […]»; cfr. M. G. Lepori, «Farsi ricostruire dallo Spirito Santo», in Bollettino Amici 2/II (dicembre 1987) 69-110, 99.
[508] Cfr. sopra, § 2.4.2.
[509] Il 16 marzo 1987 dedica il nuovo altare di Ponte Tresa (cfr. Monitore ecclesiastico [1987] 126); il 24 aprile 1987 benedice la nuova cappella della curia ( ibid. , 199; e cfr. anche ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 17 aprile 1987, il sentito ringraziamento dell’artista Nag Arnoldi: «Eccellenza, la sua lettera, giunta graditissima, mi ha colmato di gratitudine. Ho lavorato per questa sua cappella, con serenità e una ispirazione profonde con rara emozione. Sono felice di essere riuscito a trasmettere all’opera finita tutto il mio pensiero intenso e sentito. Grazie per avermi regalato un’occasione che ritengo straordinaria, per la mia vita di artista e di uomo») ed il 29 dedica il nuovo altare nella chiesa di Castelrotto (Monitore ecclesiastico [1987] 199): il 26 giugno dedica il nuovo altare nella Casa S. Rocco a Morbio Inferiore ( ibid. , 230). Il 20 maggio 1988 consacra il nuovo altare a Intragna (cfr. Monitore ecclesiastico [1988] 298) ed il 31 maggio il nuovo oratorio dell’Annunciata a Camorino ( ibid. , 299); il 15 agosto inaugura l’oratorio della Beata Vergine della Cintura a Maroggia ( ibid. , 358); il 18 giugno 1989 consacra il nuovo altare della chiesa di Cureglia (Monitore ecclesiastico [1989] 336); il 3 settembre un nuovo altare nella Casa S. Famiglia a Locarno ( ibid. , 449); il 16 settembre 1990 benedice la posa della prima pietra della nuova chiesa della S. Famiglia a Locarno (cfr. Monitore ecclesiastico [1990] 390); il 14 ottobre consacra l’altare della cappella della nuova Casa Sorriso per i ciechi a Tenero ( ibid. , 441); il 20 luglio 1991 inaugura sui Monti di Costa dell’Albera (Valle Morobbia) la cappella di S. Antonio (Monitore ecclesiastico [1991] 343) ed il 31 agosto quella sulla vetta del monte Generoso ( ibid. , 344); il 19 marzo 1992 va a Prosito per la dedicazione di un nuovo altare (Monitore ecclesiastico [1992] 177); il 13 dicembre dedica anche il nuovo altare nella chiesa di S. Maria della Misericordia ad Ascona (cfr. ibid. , 645) ed il 21 consacra il nuovo altare di Vogorno ( ibid. , 646); il 14 marzo 1993 consacra quello nella chiesa di Pollegio (cfr. Monitore ecclesiastico [1993] 854); il 25 marzo 1993 visita il complesso e la nuova Via Crucis di S. Giovanni a Rancate, presiede l’Eucarestia nel nuovo santuario dell’Annunciazione (cfr. ibid. , 855); il 22 maggio dedica un nuovo altare nella chiesa di Savosa ( ibid. , 948) ed il 2 ottobre quello nella chiesa di Fescoggia ( ibid. , 1154); il 9 ottobre benedice a Sessa il nuovo salone parrocchiale (cfr. ibid. , 1154).
[510] Il 9 aprile 1987 festeggia a Tenero la conclusione dei restauri (cfr. Monitore ecclesiastico [1987] 198); l’11 novembre 1987, in occasione della Cresima, inaugura il Centro giovanile parrocchiale di Vezia, restaurato ( ibid. , 358) ed il 27 novembre festeggia la conclusione di quelli della chiesa di S. Croce di Rancate, protrattisi per 15 anni ( ibid. , 395); l’8 dicembre 1988 è la conclusione dei restauri nella chiesa dell’Immacolata a Lugano (cfr. Monitore ecclesiastico [1988] 460); il 9 giugno 1989 inaugura i restauri di S. Ilario di Bioggio (Monitore ecclesiastico [1989] 335) ed il 23 settembre quelli di S. Martino di Calonico ( ibid. , 449); il 18 marzo 1990 dedica ad Isone un nuovo altare ed inaugura i restauri (cfr. Monitore ecclesiastico [1990] 142); lo stesso a Lurengo all’oratorio dell’Immacolata il 5 agosto (v. ibid. , 294); il 19 marzo 1991 inaugura la chiesa restaurata di S. Giuseppe a Lugano (Monitore ecclesiastico [1991] 135), vi presiederà il capitolo per l’elezione dell’abbadessa delle Cappuccine il 1° di maggio ( ibid. , 258); il 14 settembre benedice la croce riattata sul Pizzo Pettine ( ibid. , 381); il 3 novembre parla ad Olivone in occasione dei restauri
[511] chiesa su La chiesa edificio e la Chiesa comunità e torna il 10 per inaugurare i lavori (cfr. Monitore ecclesiastico [1991] 479); nel 1992 il 18 marzo benedice i restauri iniziati negli oratori di Viglio, Gentilino e Arasio (cfr. Monitore ecclesiastico [1992] 177); il 5 settembre 1993 inaugura i restauri della chiesa parrocchiale di Gudo e consacra un nuovo altare (cfr. Monitore ecclesiastico [1993] 1098); il 12 settembre è la volta dell’oratorio della Natività di Loderio/Biasca, ricostruito e restaurato ( ibid. , 1098); il 4 ottobre inaugura i restauri del Convento dei Cappuccini a Faido (cfr. ibid. , 1154) ed il 10 ottobre presenzia, con numerose altre autorità, all’inaugurazione del restauro dell’affresco dell’Ultima Cena nella chiesa di Ponte Capriasca ( ibid. , 1155).511 Il 1° agosto 1986 è invitato a benedire l’inaugurazione del Museo nazionale del S. Gottardo (cfr. ACorecco Lugano, Agenda 1986). Il 21 marzo 1987 inaugura la Casa di riposo Istituto S. Filomena a Stabio (Monitore ecclesiastico [1987] 126): il 27 marzo il nuovo stabile della comunità Emmaus a Rivera ( ibid. , 127); il 28 aprile è la volta della rinnovata Clinica S. Chiara a Locarno ( ibid. , 199); il 4 luglio la Casa Anziani Al Pagnolo a Sorengo ( ibid. , 252) ed il giorno seguente il rifugio sul Garzirola ( ibid. ); il 23 maggio 1987 Corecco aveva benedetto anche il nuovo battello della flotta del lago di Lugano, battezzato «S. Lorenzo» ( ibid. , 228); l’11 settembre 1987 inaugura il Cinema Iride al Maghetti a Lugano (ACorecco Lugano, Agenda 1987); e per la festa di santa Barbara, il 4 novembre, il cantiere della nuova galleria della Centovallina (Monitore ecclesiastico [1987] 396); nel giugno 1988 partecipa alle porte aperte della Casa di riposo S. Rocco a Morbio Inferiore con il presidente del Consiglio di Stato Rossano Bervini (Monitore ecclesiastico [1988] 318: 11 giugno); in ottobre inaugura il Mercatino Caritas di Bellinzona ( ibid. , 393: 8 ottobre); il 30 ottobre benedice il nuovo elicottero della Guardia svizzera di Soccorso a Magadino e la Casa Solarium di Gordola ( ibid. , 394); il 19 febbraio 1989 inaugura il nuovo centro parrocchiale di Pazzalino (Monitore ecclesiastico [1989] 175); il 1° ottobre 1989 a Bellinzona/Semine il Centro parrocchiale Cristo Redentore dell’uomo ( ibid. , 598) ed il 10 dicembre festeggia Lodrino S. Ambrogio e l’inaugurazione del nuovo centro parrocchiale (cfr. ibid. , 693); il 7 settembre 1990 inaugura la nuova ala dell’Ospedale della Beata Vergine a Mendrisio (cfr. Monitore ecclesiastico [1990] 389) ed in novembre benedice anche la nuova sede del Banco di Lugano ( ibid. , 476: 7 novembre); nel 1991 inaugura la casa della Fondazione Il Gabbiano ad Aranno (cfr. Monitore ecclesiastico [1991] 307: 20 giugno); il 5 ottobre la nuova Casa Anziani della Fondazione Opera Charitas di Sonvico ed il 17 di una nuova unità abitativa presso l’Istituto Provvida Madre di Balerna, presente il Consigliere di Stato Pietro Martinelli (cfr. ibid. , 426s.); il 15 novembre, di nuovo con Pietro Martinelli, inaugura la nuova ala dell’Ospedale Casa Anziani di Castelrotto ( ibid. , 480); il 20 novembre 1992 il Centro Spazio Aperto presso la chiesa del Sacro Cuore a Bellinzona (cfr. Monitore ecclesiastico [1992] 592).
[512] Cfr. sotto, § 7.2.2.
[513] La domenica 27 luglio 1986 partecipa alla festa patronale di Airolo (v. ACorecco, Lugano, Agenda 1986); il 4 maggio 1987 è a Cureggia per la festa del patrono san Gottardo (cfr. Monitore ecclesiastico [1987] 227); nel 1988 partecipa a Novazzano al gemellaggio di quella parrocchia con quella di Impruneta (Firenze), solennizzata dalla presenza del card. Silvano Piovanelli (cfr. Monitore ecclesiastico [1988] 298: 11-12 maggio); in settembre partecipa a Gnosca alla festa della Madonna della Salute ed alla festa patronale di Albonago (cfr. ibid. , 392: rispettivamente il 13 ed il 18); in dicembre partecipa alla festa patronale di Besazio ed è ricevuto ufficialmente dalla Municipalità ( ibid. , 460: 8 dicembre); nell’agosto del 1989 va a Pedrinate al settimo trasporto della Madonna del Carmelo (cfr. Monitore ecclesiastico [1989] 405: 27 agosto) ed il 10 settembre 1989 celebra a Carona in occasione
[514] festa del Santuario della Madonna d’Ongero (cfr. ibid. , 449); nel 1990: il 6 maggio partecipa alla processione di Gannariente (cfr. Monitore ecclesiastico [1990] 216); il 26 agosto a quella di S. Bernardo a Monte Carasso ( ibid. , 294); il 28 novembre 1993 chiude le missioni parrocchiali a Coldrerio (Monitore ecclesiastico [1993] 1216).514 Si ritrova forse in questo metodo un aspetto del suo carattere, già evidente da ragazzo, quando – come ben ricordava il suo prefetto don Tognetti – piccolo seminarista non si atteggiava a leader, «ma intorno a lui c’era sempre vita»; in ACorecco Lugano, Scat. 4, nr. 180-212: sono raccolte omelie, indirizzi di saluto o riflessioni accuratamente preparati per queste circostanze.
[515] A conferma che aveva dato avvio ad un preciso lavoro, è l’incontro proposto ai giovani che avevano partecipato a quella GMG, nel dicembre del 1989, cfr. Monitore ecclesiastico (1989) 693: 8 dicembre.
[516] Monitore ecclesiastico (1988) 393: 8 ottobre.
[517] Cfr. ACorecco Lugano, Agenda 1990: 13 ottobre: secondo incontro a Chiasso sul tema Responsabilità e missione del pellegrino . Relazione di Corecco e testimonianze; altro incontro con partecipanti ai pellegrinaggi diocesani il 12 ottobre 1991 a Giornico sempre sul tema Responsabilità e missione del pellegrino (Monitore ecclesiastico [1991]); presiede il convegno Lourdes nella vita della Diocesi a Giornico il 16 ottobre 1988 (cfr. Monitore ecclesiastico [1988] 394); il 4 febbraio 1989 assiste all’assemblea ordinaria dell’Ospitalità diocesana di Lourdes (cfr. Monitore ecclesiastico [1989] 175); e celebra la S. Messa in occasione del Congresso nazionale delle Ospitalità diocesane svizzere a Lourdes, il 28-29 ottobre 1989 (cfr. Monitore ecclesiastico [1989] 599); il 17 febbraio 1990, assiste all’assemblea dell’Associazione Ospitalità diocesana di Lourdes (cfr. Monitore ecclesiastico [1990] 67); 23-24 febbraio, esercizi spirituali per i brancardiers e le infermiere dell’Ospitalità diocesana di Lourdes ed il Gruppo Foulards Bianchi (cfr. Monitore ecclesiastico [1991] 48); 22-23 febbraio 1992: ritiro per l’Ospitalità diocesana Nostra Signora di Lourdes presso la Villa Fonteviva
[518] Luino (Monitore ecclesiastico [1992] 93) ed i toccanti incontri del 1994; ma cfr. anche ACorecco Lugano, Agenda 1990: 8 giugno S. Messa e cena con i pellegrini in Terrasanta.518 Un pellegrinaggio a Roma, con udienza papale, si tenne dal 21 al 24 maggio 1990, nel corso del quale Corecco celebrò anche per gli studenti svizzeri (cfr. Monitore ecclesiastico [1990] 217); Corecco era in Portogallo dall’11 al 15 maggio 1992, dove tenne conferenze all’Università di Lisbona e di Porto; ma era a Fatima per le solenni celebrazioni in occasione dell’anniversario delle apparizioni e vi incontrava il pellegrinaggio diocesano, cfr. Monitore ecclesiastico (1992) 284s.
[519] Monitore ecclesiastico (1988) 23: dal 31 gennaio al 10 febbraio. Anche in questa circostanza informa regolarmente la diocesi tramite una serie di lettere; cfr. ibid. , 85-90: lettera da Barranquilla; e ibid. , 91-97: lettera da El Socorro.
[520] Così nelle vacanze nel periodo dopo il Natale 1991 ed i primi di gennaio 1992 visitava la famiglia Foletti in Honduras ed il 9 gennaio 1995 ancora trovava il modo di rispondere al fax di Alvaro Foletti, che era suo figlioccio, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: 9 gennaio 1995.
[521] Per la cronaca della tragedia, v. Corriere del Ticino, 18 ottobre 1986, 1 e 14: il terribile schianto avvenne il 16 ottobre; per l’omelia, cfr. ACorecco Lugano, Omelia nr. 25.
[522] Cfr. Giornale del Popolo, 2 giugno 1987, 10: il giovane era scomparso il 14 agosto dell’anno precedente.
[523] Cfr. Giornale del Popolo, 11 dicembre 1989, 1 e 4s.: la cronaca dello scontro frontale; ibid. , 12 dicembre 1989, 28: il riassunto dell’omelia di Corecco.
[524] Per la cronaca di questo raptus di follia, che fece sei vittime, cfr. Giornale del Popolo, 5 marzo 1992, 1 e 19; e 6 marzo 1992, 1 e 13-15; per la veglia, cfr. Monitore eccle-
[525] (1992) 176; ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1991-1993: 30 marzo 1992, «Dalla tragedia del 4 marzo ne è uscita vittoriosa e rafforzata la solidarietà e si è rivisto il carattere, la compattezza e la forza morale della gente del nostro Cantone. Il Municipio, a nome dei familiari delle vittime e della popolazione, vi ringrazia per aver ricordato i nostri cari e aver fornito nuovi stimoli per reagire, lottare e continuare la vita, pur con un peso di sofferenza in più».525 Cfr. E. Storelli, E nell’alluvione, Locarno scoprì di non essere più isolata, in Siate forti della fede , 298: settembre 1993.
[526] Monitore ecclesiastico (1986) 503.
[527] Celebrato con un pellegrinaggio a Sachseln il 16 maggio, cfr. Monitore ecclesiastico (1987) 228; ed anche con un solenne pontificale nella chiesa di S. Nicolao di Lugano con tutti i parroci della città (cfr. ibid. , 126: 22 marzo).
[528] Ibid. , 230: 28 giugno.
[529] Corecco lo conclude con una celebrazione al monastero S. Caterina a Locarno, il 25 novembre 1987, cfr. Monitore ecclesiastico (1987) 395.
[530] Cfr. ad es. la partecipazione ad un’importante tavola rotonda sui rapporti tra Chiesa e Stato, «Stato e pluralismo sociale: il caso dei rapporti Stato-Chiese», che si tenne nell’Aula Magna del Liceo cantonale di Lugano il 20 gennaio (cfr. Monitore ecclesiastico [1988] 23), mentre il 4 settembre si teneva presso il Palazzo dei Congressi di Lugano la commemorazione ufficiale del I centenario della «diocesi» ( ibid. , 392); per l’indirizzo di saluto del Vescovo, cfr. ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 30.
[531] Ibid ., 297: 4-5 maggio.
[532] Monitore ecclesiastico (1990) 217.
[533] Ibid. , 269: concluso con un pellegrinaggio alla Madonna del Sasso il 4 giugno.
[534] Monitore ecclesiastico (1986) 503.
[535] Monitore ecclesiastico (1987) 58.
[536] Ibid. , 228.
[537] Il 6 settembre, cfr. Monitore ecclesiastico (1987) 301.
[538] Ibid. , 395: 14 novembre.
[539] Ibid. , 396: 13 dicembre.
[540] Monitore ecclesiastico (1988) 318.
[541] Ibid. , 318.
[542] Ibid.
[543] Ibid. , 392; mentre il 12 di ottobre era il Nunzio mons. Edoardo Rovida a celebrare una S. Messa al Papio nella ricorrenza del 450° della nascita di san Carlo Borromeo (cfr. ibid. , 394).
[544] Monitore ecclesiastico (1989) 177; cfr. anche ibid. , 629: 19 novembre: celebrazione di questo primo centenario a Lugano al Cittadella 2000 alla presenza anche del Rettor Maggiore don Egidio Viganò, la diocesi è rappresentata dal Vicario generale.
[545] Monitore ecclesiastico (1989) 224.
[546] Ibid. , 255.
[547] Ibid. , 449.
[548] Ibid. , 175: il 2 febbraio.
[549] Ibid. , 449: 15 settembre.
[550] Ibid. , 449: festeggiati il 17 settembre.
[551] Ibid. , 629: celebrazione il 24 novembre.
[552] Monitore ecclesiastico (1990) 217: la ricorrenza è festeggiata il 20 maggio.
[553] Ibid. , 269s.: con la benedizione della terza campana del concerto.
[554] Ibid. , 270: ad Airolo sono presenti Renzo Respini, Consigliere di Stato, e Urbano Bizzozero, presidente del Gran Consiglio; Corecco aveva già celebrato una S. Messa solenne in occasione di questo anniversario nella Collegiata di Bellinzona il 23 gennaio, cfr. Monitore ecclesiastico (1990) 21.
[555] Ibid. , 389.
[556] Ricordati con una S. Messa in S. Antonio a Lugano il 12 ottobre (cfr. Monitore ecclesiastico [1990] 441).
[557] La. S. Messa fu celebrata il 18 novembre (cfr. ibid. , 477).
[558] Ibid. , 587.
[559] Ibid. , 218: 26 maggio.
[560] Monitore ecclesiastico (1991) 14.
[561] Ibid. , 343.
[562] Ibid .
[563] Ibid. , 382.
[564] Ibid. , 480.
[565] Monitore ecclesiastico (1991) 48s.
[566] Ibid. , 134: 15 marzo.
[567] Ibid. , 135; e cfr. anche ibid. , 111s.: l’omelia pronunciata in questa occasione, 24 marzo 1991.
[568] Ibid. , 258.
[569] Ibid. , 306.
[570] Ibid. , 307: 16 giugno.
[571] Ibid. : 20 giugno; e ibid. , 381: 14 settembre.
[572] Ibid. , 381; ma cfr. soprattutto il cordiale biglietto di ringraziamento a don Volonté, in ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1991-1993: 12 settembre 1991:
[573] don Willy, scrivo a te per tutti, perché altrimenti come farei a ricordare tutti i nomi, anche dei più piccolini. Proprio loro sono gli eredi più preziosi della promessa. È stata una bella festa, piena di raccoglimento e di interiore serietà […]».573 Ibid. , 382.
[574] Ibid. , 426.
[575] Ibid. , 564.
[576] Ibid. , 564: 1° dicembre.
[577] Monitore ecclesiastico (1992) 26: 21 gennaio.
[578] Per questo atto storico, cfr. 1&vis=2&rif=ae818e4a75. Verso il 1000 si stabilì nel borgo di Biasca la signoria del Capitolo dei Canonici del Duomo di Milano, signoria che continua sotto la denominazione degli Orelli e dei Visconti. Sono di questo periodo atti assai importanti: la «Cartà di libertà» (1° gennaio 1292) con cui la comunità biaschese ottiene dagli Orelli ampie libertà, libertà che furono ancor più sviluppate sotto il Ducato per evidenti ragioni politiche quale posto avanzato verso gli Svizzeri (consultato il 6 giugno 2019).
[579] Monitore ecclesiastico (1992) 286: il 29 maggio conferenza a Biasca, mentre la visita di mons. Martini è il 31 maggio.
[580] Ibid. , 464s.
[581] Ibid. , 592: 22-25 novembre.
[582] Monitore ecclesiastico (1993) 703: 23 gennaio.
[583] Ibid. , 1215: il 6 con una cerimonia al Palazzo dei Congressi ed il 7 con una S. Messa in Cattedrale.
[584] Nel 1989 celebrava al Carmelo S. Giuseppe di Locarno in occasione dell’elezione della priora (cfr. Monitore ecclesiastico [1989] 56: 25 gennaio); di nuovo presenziava al rinnovo comunitario dei voti ( ibid. , 449: 14 settembre); il 7 ottobre 1989 assisteva in S. Caterina a Locarno alla professione di una monaca ( ibid. , 598); il 1° novembre 1990 assisteva al Carmelo S. Giuseppe di Locarno alla professione di una novizia (cfr. Monitore ecclesiastico [1990] 476); ed anche l’anno seguente, il 10 febbraio ed il 19 marzo 1991, presenziava rispettivamente ad una prima professione di una novizia ed ai funerali della fondatrice del monastero (cfr. Monitore ecclesiastico [1991] 48 e 134); 7 settembre 1991: presiedeva all’elezione della nuova abbadessa del monastero di S. Caterina a Locarno e l’ 8 settembre presiedeva l’eucarestia di ringraziamento per la beatificazione della guanelliana suor Chiara Bosatta ( ibid. , 381); il 7 febbraio 1993 presiedeva alla professione di alcuni fratelli e sorelle dei PAM e a quella di una benedettina dell’Orsa Minore (cfr. Monitore ecclesiastico [1993] 749); il 29 maggio 1993 assisteva a Baldegg alla professione solenne di due suore della Divina Provvidenza di cui una era ticinese ( ibid. , 949); il 25 ottobre presiedeva all’emissione dei voti perpetui da parte dei PAM ( ibid. , 1155); il 17 novembre presiedeva a Orselina alla professione semplice di una religiosa ( ibid. , 1215) e l’8 dicembre alla professione solenne di una carmelitana di Locarno ( ibid. , 1287).
[585] È il concetto sottolineato da padre Mauro Lepori nell’intervista a Il Federalista, 29 febbraio 2020, ricordando la figura di Corecco a 20 anni dalla morte; cfr. anche ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 8 maggio 1987, Corecco scriveva ad un ordinando: «Ho ricevuto con gioia l’invito alla tua ordinazione sacerdotale. So che è stata una decisone sofferta. Ora che l’hai presa cerca di abbandonarti al Signore che ti ha chiamato senza riserve […]. Quello che facciamo non deve mai assumere la forma di una cosa che facciamo a partire da una nostra iniziativa. Non ci appartiene come se fosse il
[586] di una nostra decisione, perché in questo caso ci si sgretola tra le mani. L’unica possibilità di rimanere fedeli al Signore è quella di conservare la certezza quotidiana di essere mandati da Lui. Solo così la vocazione diventa la dimensione reale della auto-coscienza che abbiamo di noi stessi. La preghiera serve a mantenere questa autocoscienza»; ma cfr. soprattutto Lepori, «Farsi ricostituire dallo Spirito Santo» , 69-110.586 ACorecco Lugano, Epistolario post mortem, Lettera I: 11 luglio 1991; Corecco scrive a Mario Imperatori ( 1958), che arriverà a Lugano con padre Pancrazio sperando di poter parlare con lui di una sua collocazione all’Istituto.
[587] ACorecco Lugano, Epistolario post mortem: Lettera I: 22 settembre 1987; 12 set-
[588] 1989; 1° luglio 1991; Pasqua 1993; 11 giugno 1994, l’ultimo messaggio, in cui Corecco si rassegna al fatto che la Compagnia non consenta a Mario Imperatori di venire alla Facoltà.588 Nel 1990 prendeva il tempo di presenziare a La Verne (Provenza) alla professione monastica di suor Paola (10 novembre), cfr. Monitore ecclesiastico (1990) 476; e ACorecco Lugano, Agenda 1990.
[589] ACorecco Lugano, Agenda: 29 settembre 1991, Corecco presenziava a Terlizzi alla professione di suor Carmela, nella sua nuova comunità. Suor Carmela ricorda che già allora soffriva di dolori alla schiena (intervista a Rovio, 24 gennaio 2018).
[590] Monitore ecclesiastico (1989) 228.
[591] Monitore ecclesiastico (1990) 269: il 10 giugno 1990.
[592] ACorecco Lugano, Agenda 1994: 7-8-novembre. In appendice le omelie tenute in quei giorni.
[593] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: testamento olografo datato 30 gennaio 1988 e testamento dattiloscritto datato 14 febbraio 1995: erede di ogni liquidità e dei libri era la Fondazione Vincenzo Molo; aveva indicato all’esecutore testamentario, mons. Giuseppe Bonanomi, le sue volontà circa gli oggetti di sua proprietà, ai cari diocesani lasciava le sue riflessioni sulla sofferenza.
[594] Monitore ecclesiastico (1987) 38: 6 gennaio; ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documenti 1985-1990: 22 dicembre 1986, lettera di Gilberto Agustoni a Corecco, con la quale lo ringrazia per aver cambiato i suoi programmi ed essere presente a Roma per la sua consacrazione episcopale.
[595] Monitore ecclesiastico (1987) 198: 12 aprile.
[596] Ibid. , 228: 28 maggio 1987.
[597] Ibid. , 394.
[598] Monitore ecclesiastico (1987) 396: 22 dicembre; l’amicizia con mons. Giulio Nicolini fu assidua, lo testimonia la corrispondenza soprattutto durante la malattia, cfr. ACorecco, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: 4 febbraio 1994 e soprattutto 17 febbraio 1995.
[599] Monitore ecclesiastico (1988) 298: 22 maggio.
[600] Monitore ecclesiastico (1991) 307 e 308: il 30 partecipa al ricevimento ufficiale a Sion.
[601] Ibid. , 259.
[602] Ibid. , 382.
[603] Monitore ecclesiastico (1993) 1215.
[604] Ibid. , 948s.
[605] Ibid ., 1215.
1.1. L’insegnamento, la Consociatio e A
Da vescovo Corecco non smise di essere professore né abbandonò gli impegni scientifici.
Evidentemente l’Università di Friburgo era ormai troppo lontana, ma non la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale presso la quale tenne un insegnamento abbastanza regolare dal 1987 al 1992[606]. Costanti furono i rapporti anche con l’Università Cattolica di Milano[607], dove già nell’anno accademico 1979-1980 aveva collaborato all’innovativo progetto di Ombretta Fumagalli Carulli sugli accordi concordatari, allora di grande attualità in Italia, coinvolgendo in questa impresa di ampio respiro diversi colleghi di altre università[608]. A Corecco era stata affidata la premessa teologica, che egli svolse trattando dell’unità del diritto nel pensiero filosofico antico e cristiano e del problema dell’unità del diritto e del diritto canonico nel la teologia ortodossa, protestante e cattolica, «con chiara caratterizzazione ecumenica, allora poco esplorata nella didattica ed in dottrina»[609]. Più tardi era stato chiamato a sostituire la stessa Fumagalli Carulli, che si era resa disponibile per un alto compito politico[610]. Nel 1993 tenne anche un breve ciclo di lezioni all’Istituto accademico teologico di Lugano[611].
Sul fronte scientifico, oltre ai Colloqui di Lugano, Corecco ebbe soprattutto due impegni costanti: Amateca e l’attività legata alla Consociatio internationalis studio iuris canonici promovendo, di cui divenne presidente nel 1987 al termine del Congresso di Monaco[612]. Sotto la sua direzione l’associazione organizzò due congressi: a Parigi dal 21 al 28 settembre 1990 su Natura ed esercizio della sinodalità[613] e a Lublino dal 13 al 20 settembre 1993 su Chiesa e Stato negli ordinamenti giuridici contemporanei[614].
La preoccupazione per l’insegnamento della teologia e per la formazione delle nuove leve del sacerdozio lo portò a partecipare all’impresa di Amateca[615], un progetto editoriale, in collaborazione con la Jaca Book di Milano, per una serie di manuali di teologia che potessero costituire un valido sussidio per l’insegnamento[616]. La direzione scientifica della collana era affidata, oltre che a Corecco, a Guy Bedouelle, autore del manuale La storia della Chiesa (1993), Georges Chantraine, Libero Gerosa, Christoph von Schoenborn, autore, per la sezione Cristologia, del volume Dio inviò e suo Figlio (2002), e ad Angelo Scola. Corecco avrebbe affiancato Libero Gerosa per il manuale di Diritto canonico (pubblicato nel 1995).
1.2. I convegni
Eugenio Corecco non ridusse, fintanto che poté, la partecipazione ai convegni scientifici. Anzi ne organizzò e la sua presenza e attirò a Lugano non poche personalità di spicco e non solo nell’ambito della teologia.
Al centro del suo interesse era sempre il servizio alla Chiesa: lo mostrano in modo particolare i Colloqui internazionali di Teologia di Lugano. I «laici» furono oggetto del Sinodo del 1987 ed anche del primo Colloquio. L’importanza di questo tema era emersa in un dialogo con il prof. Illanes già nel maggio 1985, in modo del tutto informale durante un pranzo a Pamplona. Il confronto tra i due era continuato per via epistolare e portò alla decisione di organizzare un colloquio scientifico, che si tenne nel mese di maggio del 1987 con teologi provenienti da diversi paesi europei e soprattutto da diverse esperienze ecclesiali[617]; la riflessione sul tema sarebbe continuata al VI Congresso della Consociatio, tenuto dal 14 al 19 settembre 1987 a Monaco di Baviera, dal titolo L’elemento associativo nella Chiesa[618].
A proposito dei laici e del Sinodo romano, le gustose Lettere dal Sinodo[619], con le quali Corecco si rendeva presente ai suoi fedeli e li informava, non lasciavano trapelare nulla dell’impatto che le sue posizioni avevano nelle discussioni. Che invece la sua visione, focalizzata su due punti fondamentali, cioè l’invito ad individuare una definizione in positivo del laico, della sua «indole secolare»[620], e la sollecitazione ai vescovi a «non spegnere i carismi», neppure in nome dei piani pastorali[621], presentasse aspetti di coraggiosa novità si rese evidente anche da una reazione da parte del card. Jean Jerôme Hamer, Prefetto della Congregazione per i Religiosi e gli Istituti secolari. Il porporato, nel corso di un colloquio, l’aveva criticato per le sue definizioni di «secolarità» e di «laico». Qualche giorno dopo, Corecco gli inviava un suo saggio[622], accompagnato da una lunga lettera, nella quale esplicitava il suo pensiero e faceva presente quanto fosse importante il tema dei laici per la comprensione della Chiesa e del suo compito nel mondo[623]. Di seguito il cardinale lo ringraziava di cuore e lo invitava a pranzo per il giorno seguente[624]. E non è forse un caso che, in quello stesso anno, Corecco abbia inoltrato le sue dimissioni a Concilium, per divergenze di giudizio. Il suo scritto venne letto in assemblea, ma parve opportuno al verbalista mettere agli atti che era stata l’assemblea stessa a «congedare» Corecco[625].
Dopo la positiva esperienza del 1987, si decise di continuare con i Colloqui, eleggendo Lugano a sede stabile, in modo da favorire la presenza del vescovo Eugenio. Cifra dell’iniziativa continuò ad essere la libera ricerca della verità ed il servizio alla Chiesa. Un’occhiata anche superficiale agli interventi di Corecco al Sinodo 1987[626], indirizza al tema del 1988, I carismi nella Chiesa, di cui si parlò dal 3 al 4 giugno, con la partecipazione di una ventina di teologi tra cui Hans Urs von Balthasar[627]; e a quello del 1990, La formazione del ministero sacerdotale, ambedue quasi necessariamente scaturiti dalla riflessione sulla figura del laico[628]. Nel 1989, il colloquio era stato dedicato a La donna nella Chiesa, essendo in corso l’anno mariano indetto dal Giovanni Paolo II, che l’aveva inaugurato con la pubblicazione della Mulieris dignitatem (15.8.1988). Nel 1991, si trattò delle Radici cristiane dell’Europa, facendo propria la profonda preoccupazione del Pontefice per lo stato del continente a pochi anni dalla caduta del muro di Berlino[629]. Seguirono due colloqui sull’Ecumenismo[630], mentre nel 1994 l’incontro sarebbe stato dedicato a von Balthasar a 5 anni dalla morte[631].
Dei carismi Corecco parlò anche suo intervento al congresso della Katholische Akademie der Erzdiözese Freiburg, dal 18 al 19 novembre 1989, dedicato alle nomine episcopali nella Chiesa cattolica, argomento che era stato oggetto di severa critica nella «Dichiarazione di Colonia» nel gennaio di quell’anno[632]. L’anno precedente era intervenuto a Pamplona, nel quadro del IX Simposio internazionale dell’Università di Navarra, su Il binomio Chiesa universale e Chiesa particolare nel Concilio Vaticano II[633]. Esercizio della sinodalità nel governo della Chiesa e sacra potestas furono al centro di importanti interventi nel 1990 e nel 1991. La sinodalità era a tema nel VII Congresso internazionale di Diritto canonico, tenuto a Parigi dal 21 al 28 settembre 1990[634]. In precedenza, dal 10 al 12 maggio 1990 a Roma, Corecco aveva contribuito con una relazione dal titolo Collegialità e partecipazione nell’esercizio della «sacra potestas», all’VIII Colloquio internazionale romanisticocanonistico, che aveva a tema l’Esercizio del potere e prassi della consultazione[635]; della sacra potestas Corecco avrebbe parlato anche alla Facoltà di Diritto diVienna l’anno seguente[636].
Cogliendo un aspetto gravemente critico del costume sociale ed una parte del magistero papale ampiamente trascurata dal cattolicesimo svizzero[637], nel 1989 Corecco aveva organizzato a Lucino/Breganzona le giornate di aggiornamento in occasione del 20° anniversario della promulgazione dell’Humanae Vitae, dal titolo Per una responsabile regolazione della fecondità coniugale: aspetti dottrinali, pastorali e scientifici[638].
Di stampo più specialistico, ma mai astratti e meramente accademici, furono i numerosi interventi nell’ambito di convegni giuridici. Nel mese di novembre 1986 inviava un contributo ad un convegno a Sassari[639] e partecipava a Brescia al Colloquio internazionale Paolo VI ed i problemi ecclesiologici al Concilio (19-21 novembre 1986)[640]; l’anno seguente, nel mese di settembre, partecipava al congresso della Consociatio a Monaco[641]; nel novembre del e 1988 interveniva a Parigi al IX Colloquio Nazionale dei Giuristi cattolici, sul tema Diritti di Dio e diritti dell’uomo, con una relazione dal titolo Elementi per una teoria generale canonica dei diritti e doveri del fedele[642]. Il 30 e 31 marzo 1990 era a Torino, alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi nell’ambito dei Seminari internazionali su Scienza giuridica e Diritto canonico, con una relazione dal titolo L’apporto della teologia alla elaborazione di una teoria generale del diritto e presiedeva il successivo incontro-dibattito[643]. Nel mese di maggio 1990 partecipava al Deutscher Katholikentag a Berlino[644]. L’anno seguente, il 6 maggio 1991, prendeva parte all’Università Cattolica di Milano al convegno su L’insegnamento del Diritto canonico nell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dalle origini alla nuova codificazione e teneva una relazione sul prof. Orio Giacchi[645]; il giorno dopo era a Roma all’Università Urbaniana, alla Giornata accademica della Facoltà di Diritto canonico e la sua era la relazione ufficiale, sul tema Vescovi e conferenza episcopale[646]; ed il 22 seguente, a Venezia presso la Scuola Grande di S. Rocco, presiedeva la prima delle Giornate canonistiche di studio organizzate dall’Università degli studi di Padova su Diritto canonico e comparazione[647]. Nel mese di settembre era a Bari dove, in qualità di presidente della Consociatio, partecipava al Congresso internazionale Incontro tra canoni d’Oriente e d’Occidente (23-29 settembre)[648], scaturito anche dalla cordiale collaborazione con il prof. Raffaele Coppoe la[649]. Nell’aprile del 1992 le Unioni lombarde dei Giuristi Cattolici Italiani organizzavano un seminario di studio su Realtà e prospettive dell’obiezione di coscienza e Corecco vi contribuiva con un saggio[650]. Nel 1993, dal 18 al 24 aprile Corecco partecipava a Roma al Simposio, organizzato dal Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei Testi legislativi, in occasione del decimo anniversario della promulgazione del nuovo Codice. Prendeva la parola il 21 aprile [651]. In settembre, dal 13 al 19, era a Lublino in Polonia all’VIII Congresso internazionale di Diritto canonico promosso dalla Consociatio, su Chiesa e Stato negli ordinamenti giuridici contemporanei[652]. Era questo un tema pressante e ricorrente anche nella sua diocesi: già nel gennaio 1988, aveva partecipato a Lugano al dibattito Stato e pluralismo sociale, il caso dei rapporti Stato-Chiese: nuove realtà, con S. Gilardoni, A. Lepori, A. Righetti, su invito di «Coscienza svizzera»[653]. Nel maggio 1989 presentava Le relazioni tra Stato e Chiesa secondo la tradizione cattolico-romana al X Seminario teologico annuale del Centro ortodosso del Patriarcato ecumenico a Chambésy (Ginevra)[654]. Su iniziativa della Consociatio, ne faceva oggetto di riflessione in un convegno a Lugano, dal 1° al 3 giugno 1990, dal titolo Vecchi e nuovi problemi in tema di libertà religiosa, approfondimento quanto mai utile nel momento in cui il governo ticinese affrontava la revisione della legge civile-ecclesiastica. I rapporti tra Stato e Chiesa erano stati a tema anche in una conferenza ad Agno su invito del Lions Club Ceresio[655] e su questi Corecco sarebbe tornato nel 1993 in un’altra relazione per il clero del Decanato del Grigioni tenuta a Dongo (I)[656]. Anche nel settembre 1994, in occasione della settimana di studio sulla storia religiosa della Svizzera a Gazzada (Varese), sarebbe stata posta a tema la libertà, nel corso del Simposio La libertà religiosa tra Stato e Chiesa, presso il Palazzo dei Congressi, tenuto sotto la sua presidenza, con i contributi del card. Crescenzio Sepe, Segretario della Congregazione per il Clero, di Gian Piero Milano, docente di Diritto canonico ed ecclesiastico all’Università di Roma ed alla Facoltà di Teologia di Lugano, e del dott. Guido Corti, giurista dello Stato ticinese e già segretario del Tribunale Federale[657].
Di grande interesse culturale e pastorale furono il seminario, promosso dal CESNUR (Centro studi sulle nuove religioni) e dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, con il patrocinio della Diocesi di Lugano su I nuovi movimenti religiosi in Europa, dal 20 al 21 aprile 1990, presente mons. Giuseppe Casale, vescovo di Foggia e presidente del CESNUR[658], e l’ulteriore giornata di studio presso il Collegio Papio di Ascona sulla Religiosità alternativa con Massimo Introvigne, direttore del CESNUR[659].
Nel 1991 Lugano ospitava dal 16 al 17 novembre al Centro Maghetti il Convegno annuale dei Medici cattolici svizzeri sul tema Salute e salvezza. Insieme a Corecco, era presente il card. Fiorenzo Angelini, presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per gli operatori sanitari. Intervennero il prof. Stanisław Grygiel (Roma), il dr. Ermanno Pavesi (Zurigo), il dr. Massimo Introvigne (Torino), il prof. Mario Di Fiorino (Modena) e il dr. Pietro Cantoni (Lido di Camaiore). I diversi contributi, rielaborati dagli autori, sarebbero stati dati alle stampe nel 1994. Nel breve testo premesso alla pubblicazione, Corecco avrebbe approfondito le tre dimensioni della malattia, quella del dolore fisico, quella della sofferenza psichica e quella dell’angoscia dello spirito, che «si realizza anche in tutti quei casi, in cui la disperazione si radica nello spirito per l’incapacità di individuare il rapporto con Dio», aspetti tutti presenti nell’agonia di Cristo nel Getsemani e da Lui assunti e redenti nell’obbedienza al Padre. Corecco individuava così il rapporto tra salute e salvezza ed il compito peculiare dei terapeuti cattolici, chiamati a tenere presente questo legame. «Curare il paziente con un atteggiamento di fede, stabilisce, di conseguenza e per sua natura, un rapporto tra due libertà, quella del medico e quella del paziente, perché la fede suscita altra fede solo nella libertà»[660].
L’ultimo scorcio della vita di Corecco fu segnato dell’impegno per la famiglia, indicato come tema dell’anno 1994 sia dall’ONU che dalla Santa Sede. Già dal dicembre 1993 aveva avviato la riflessione[661] e nell’autunno dell’anno seguente, dal 21 al 24 settembre, al Palazzo dei Congressi di Lugano, promuoveva un importante Congresso europeo, dal titolo La famiglia alle soglie del III millennio, con la collaborazione dell’Unione internazionale dei Giuristi cattolici e della Facoltà di Teologia di Lugano[662]. Corecco vi pronunciava l’intervento introduttivo e teneva un’importante omelia in Cattedrale durante la S. Messa pontificale. Nel mese di novembre si sarebbe ancora recato a Roma per partecipare anche al Convegno L’espressione canonica della famiglia fondata sul matrimonio dinanzi al III millennio, patrocina to dalla Consociatio nell’Ateneo Romano della S. Croce[663].A testimonianza del valore del suo impegno scientifico sta il fatto che per Corecco il 1994 fu l’anno dei riconoscimenti. Nel mese di maggio riceveva il dottorato honoris causa da parte dell’Università di Lublino[664]. Il 12 novembre, nel corso di una giornata di studio, dal titolo Antropologia, fede e diritto ecclesiale. Il contributo di Eugenio Corecco alla canonistica post-conciliare, con la presentazione di una raccolta dei suoi scritti, curata da Libero Gerosa e Ludger Müller[665], veniva insignito del Sigillo d’Oro dell’Università di Bari[666] e di una medaglia da parte dell’Università Gregoriana di Roma[667]. Fu anche l’anno della nomina a Gran Priore del Santo Sepolcro, succedendo a mons. Vonderach[668].
1.3. Le conferenze: la sequela al magistero pontificio e la presenza nell’attualità
Anche l’intensa attività di Corecco come conferenziere fu marcata dalla sequela al magistero di Giovanni Paolo II, ma pure dal suo crescente prestigio: il vescovo Eugenio era ricercato sia come canonista sia come punto di riferimento culturale ed ecclesiale[669]. Nei nove anni del suo servizio non furono pochi i vescovi che lo visitarono, per amicizia o per ricorrere alle sue competenze[670].
Dopo la partecipazione ai sinodi romani, si fece portavoce del loro insegnamento ed anche di quel metodo di lavoro. Nel maggio 1988 teneva una relazione sul Sinodo 1987 nell’ambito dell’assemblea annuale del Verein der Teilnehmer am Theologischen Kurs für Katholische Laien, radunata a Lucerna[671]. L’anno seguente, il 14 marzo trattava all’Hotel Excelsior di Lugano il tema La Chiesa e la donna, su invito del Lyceum della Svizzera italiana[672], a coronamento della riflessione che la Chiesa aveva proposto l’anno precedente. Nel 1990 presentava una prima relazione sul Sinodo tenuto in quell’anno sulla Vocazione e formazione dei presbiteri al clero della città di Milano ed il giorno seguente anche a quello della sua diocesi[673]. Anche nel 1991 teneva due conferenze sul presbiterio per il clero della diocesi di Belluno-Feltre al Centro Papa Luciani di Santa Giustina Bellunese[674] e lo stesso anno, il 26 luglio, due lezioni a Casale Corte Cerro al corso di aggiornamento per i rettori e formatori di sacerdoti presso l’Accademia Regina Apostolorum[675]. La vocazione presbiterale stava come sottofondo alla conferenza che volle offrire alla parrocchia di Villasanta (Milano) alla vigilia dell’ordinazione di un giovane seminarista originario di lì[676]. Diede grande importanza all’enciclica Veritatis Splendor, concepita come chiarificazione dei problemi sollevati anche dalla «Dichiarazione di Colonia» del 1989, e ne parlò più volte: il 3 ottobre 1993 presentava il testo nel corso di una conferenza stampa con i professori Chantraine e Ciccone[677] ed in dicembre, accogliendo l’invito dei Medici Cattolici, parlava a Bellinzona su Morale oggettiva e morale soggettiva: gli insegnamenti della «Veritatis Splendor»[678]. Si può ascrivere a questo tema anche la conferenza in risposta all’invito del Lyceum della Svizzera italiana su Fede e razionalità[679].
Per tutto l’arco dell’episcopato rimase punto di riferimento per parecchi temi di diritto canonico e non. Nel 1987 era intervenuto, ora anche in rappresentanza della CVS, a Friburgo in occasione della Giornata del Migrante[680]. Alla fine di novembre parlava a Padova su Il matrimonio nel nuovo «Codex Iuris Canonici»[681]. Nel 1989, anno in cui erano pubblicati alcuni suoi saggi[682], nel mese di aprile la presentazione della tesi di dottorato di Romeo Astorri, La Conferenza episcopale svizzera: analisi storica e canonica, era l’occasione per intervenire a Milano alla Facoltà di Giurisprudenza sul tema de I diritti ed i doveri del fedele nella Chiesa e per parlare all’Associazione Amici di von Balthasar su Gli stati di vita del Cristiano[683]. Quello stesso mese era a capo della delegazione degli Osservatori della Santa Sede alla Conferenza dei Ministri europei della Sicurezza sociale convocata a Lugano (12-14 aprile)[684] e, qualche giorno più tardi, rappresentava la CVS al III Congresso delle Università cattoliche a Roma (19-25 aprile)[685].
Costante e profondo fu l’interesse di Corecco per la Caritas ed il suo compito: nel 1989 interveniva all’incontro delle Direzioni delle Caritas della Svizzera riunite al Bigorio con una relazione dal titolo L’opzione preferenziale per i poveri[686]. Nel 1990 incontrava i volontari dell’ambulatorio Caritas di Lugano[687], nel 1991 presenziava alla giornata di formazione degli Operatori della Caritas al Centro Presenza Cristiana di Breganzona[688] e l’anno seguente teneva una fondamentale relazione nell’ambito del convegno per i 50 anni dell’opera[689]. Nel 1993 presso l’Istituto accademico rinnovava l’incontro con le Direzioni regionali, lì convenute per la loro riunione annuale[690]. A questi incontri si devono aggiungere le giornate di formazione per le persone che accompagnavano i malati terminali.
Anche il suo metodo pastorale divenne oggetto di interesse: nel 1989 interveniva alla Sessione per la pianificazione pastorale della CVS radunata al Convento del Bigorio offrendo alcune considerazioni sulla pastorale della Diocesi di Lugano[691] e nel 1992, il 21 gennaio, alla casa Fonteviva di Luino presentava la sua pastorale al clero di quel Decanato[692]. In precedenza, il 26 febbraio 1991, era stato invitato, nell’ambito di Incontri per la Quaresima, a parlare al Decanato di Busto Arsizio[693].
Nessun aspetto della realtà gli era estraneo: nel luglio 1989 visitava al Bigorio i vescovi responsabili dei media delle diverse aree linguistiche dell’Europa[694]. Nel 1992 in occasione delle «Giornate delle comunicazioni sociali» sarebbe venuto a Lugano il direttore della sala stampa vaticana dr. Joaquìn Navarro Valls, per intervenire a Canobbio su La Chiesa e i mass-media ed il giorno seguente, insieme a Corecco, incontrare i giornalisti, sul tema La trasparenza della Chiesa nei confronti del mass-media[695]. Corecco non mancò mai di celebrare la S. Messa per i giornalisti nel giorno del loro patrono san Francesco di Sales.
Nel 1986 una frana era scesa sul villaggio di Mogno in Vallemaggia, distruggendo anche la chiesa. L’evento aveva suscitato grande emozione e si dibatteva su cosa fare, vista l’impossibilità di procedere ad un restauro. Il famoso architetto Mario Botta, che già aveva costruito la cattedrale di Ivry, proponeva un suo progetto, sul quale l’opinione pubblica si esprimeva con ampi consensi, ma anche con forti perplessità, da parte di chi avrebbe desiderato conservare il più possibile lo stile tradizionale. Corecco non avrebbe voluto imporre nulla ed organizzò incontri con la popolazione locale perché ciascuno potesse esprimersi[696], ma, posto di fronte alla inconciliabilità dei pareri, optò per la proposta di Mario Botta[697]. Egli dava grande credito alla ricerca di questo architetto, che ne apprezzò l’incoraggiamento[698], ed intervenne in pubblici dibattiti che mettevano a tema l’architettura religiosa[699].
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[606] ACorecco Lugano, Agende: il 19 settembre 1986 tiene esami a Milano; nel 1988 tiene un corso settimanale – dalle 15 alle 18 – da gennaio a marzo (15 gennaio-18 marzo), con esami a maggio (18) e giugno (22); l’agenda 1989 segnala esami il 9 febbraio; il 5 aprile lezione a Milano; di nuovo è a Milano per esami il giorno 11 aprile; il 19 aprile, il 28 aprile (inizio ore 17 e 05), il 23 maggio (inizio ore 15 e 20); il 9 giugno: esami e così anche il 4 ottobre; nel 1990: sono indicati esami il 27 aprile; nel 1991: è a Milano in Facoltà alle 15 e 15 il 22 febbraio; il 1° marzo, il 19 aprile, il 3 maggio, 17 maggio; esami sono segnati il 7 giugno, il 14 giugno e ancora il 3 ottobre; nel 1992: ha esami a Milano il 5 febbraio, mentre l’appuntamento successivo del 27 aprile è cancellato; nel 1993 è alla Facoltà teologica di Milano il 21 gennaio.
[607] Ad esempio in occasione della presentazione del libro di Romeo Astorri sulla Conferenza episcopale svizzera, il 5 aprile 1989, Corecco tiene una conferenza dal titolo Diritti e doveri del fedele nella Chiesa (cfr. Monitore ecclesiastico [1989] 253); nel 1991, il 6 maggio partecipa al convegno in commemorazione del prof. Orio Giacchi ( ACorecco Lugano, Agenda 1989; e Scat. Conferenze, cfr. anche E. Corecco , Orio Giacchi , in Jus. Rivista di scienze giuridiche 39 [1992] 285-298); nel 1992, interviene su invito del Centro Cultu rale S. Carlo su Architettura religiosa: Caso o necessità , in questo caso l’Università Cattolica ospita ma non promuove ( ACorecco Lugano, Agenda 1992: 20 febbraio e ibid. , Scat. Conferenze).
[608] Si veda la descrizione del progetto nel suo intervento in Bollettino Amici 10/XVIII (dicembre 2014) 59-66.
[609] Ibid. , 63: così la Fumagalli Carulli; Corecco raccolse e pubblicò le sue riflessioni: cfr. E. Corecco , Premesse teologiche , in O. Fumagalli Carulli, Società civile e società religiosa di fronte al Concordato , Milano 1980, 3-55.
[610] Nel 1981 fu eletta nel Consiglio Superiore della Magistratura (prima donna eletta dal Parlamento come componente del CSM, dove rimase fino al 1986) presiedendo la Commissione Incarichi Direttivi e fondando il Comitato Antimafia.
[611] ACorecco Lugano, Agenda 1993: 11 ottobre e 18 ottobre.
[612] Era il VI Congresso, che si tenne dal 14 al 19 settembre 1987.
[613] Per i diversi interventi di Corecco , cfr. ACorecco Lugano, Scat. 2, nr. 23; per il suo saggio sul tema del congresso, cfr. E. Corecco , Articolazione della sinodalità nelle Chiese particolari , in La synodalité . La participation au gouvernement de l’Eglise . Actes du VII Congrès International di Droit Canonique (Paris 21-28 septembre 1990) , in L’Année canonique ( hors série ) 861868; su questo tema cfr . Id., Ontologia della sinodalità , in Pastor bonus in Populo . Figura, ruolo e funzioni del vescovo nella Chiesa , Roma 1990, 303-329; anche in Studi in memoria di Pietro Gismondi , vol. 2, Milano 1991, 1-29.
[614] Senza pubblicazione degli atti (cortese comunicazione di Romeo Astorri, Lecco 6 giugno 2019); per il discorso di Corecco al sindaco di Lublino, cfr. ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 5. Per gli impegni legati a questi congressi, cfr. sotto n. 634.
[615] Per Amateca è a Roma il 5 dicembre 1987; il 5 maggio 1988 (approfittando del convegno sui carismi); ancora il 15 settembre; anche il 16-17 dicembre è prevista una ri unione (questa volta a Lugano); nel 1989 in agenda è annotata una sola riunione il 27-28 marzo; nel 1991 i responsabili della collana si incontrano a Friburgo dal 22 al 24 luglio; l’anno seguente la commissione Amateca si raduna il 29 febbraio ed il 20 settembre; nel 1993 il 19 marzo; un’ultima riunione è prevista per il 27 gennaio 1995, cfr. ACorecco Lugano, Agenda 1987, 1988, 1989, 1991, 1993, 1995.
[616] La collana ha oggi raggiunto i 17 volumi pubblicati; entro il 1995, quindi con la partecipazione di Corecco alle scelte editoriali, erano usciti: E. Corecco – L. Gerosa, Il diritto della Chiesa , 1995; R. Cessario , Le virtù , 1994; G. Bedouelle , La storia della Chiesa , 1993; F. Courth , Il mistero del Dio Trinità , 1993.
[617] Cfr. J. L. Illanes , Maestro di scienza e di vita cristiana: l’esempio di un vero pastore , 369375, 371: l’elenco dei primi partecipanti.
[618] Monitore ecclesiastico (1987) 301; per gli atti, cfr. W. Aymans – T. Geringer – H. Schmitz (hg.), Das konsoziative Element in der Kirche . Akten des VI. Internationalen Kongresses für kanonisches Recht . München, 14.-19. September 1987 , St. Ottilien 1989.
[619] Monitore ecclesiastico (1987) 335-356: si tratta di 5 lettere scritte tra il 6 ottobre
[620] il 3 novembre 1987.620 AVescLugano , Fondo Vescovi, Scat. mons. Eugenio Corecco 1986-1987: il testo ms del suo intervento al Sinodo: «Non mi sembra esatta l’affermazione dell’ Instrumentum laboris nr. 27, secondo cui lo stato di vita del laico coincide con quello del fedele in genere […] “fedele” è solo quella realtà ontologica comune, soggiacente a tutte le altre condizioni strutturali ed ecclesiologiche di vita. […] bisogna distinguere, nel sacerdozio comune (che ricomprende sempre anche il sensus fidei ), tra la partecipazione suo munere ai tria munera di Cristo e l’ indolis saecularis , insita nel battesimo. Questa indole secolare rimane intatta solo nel fedele laico» (anche in ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 19851990); inoltre cfr. in Avvenire, 2 ottobre 1987: l’ampia intervista «Laici avete la fede, gio -
[621] nel mondo»; ed il riferimento al suo contributo al vivace dibattito, in Avvenire, 15 ottobre, 11: il servizio di Luigi Geninazzi, Donna, ministeri, movimenti .621 AVescLugano , Fondo Vescovi, Scat. mons. Eugenio Corecco 1986-1987: il testo ms del suo intervento al Sinodo, di cui la seconda parte è dedicata al rapporto Istituzio ne-carisma; e anche Avvenire, 13 ottobre 1987, 3: il rilievo dato alla sua posizione nel servizio di Umberto Folena, Il Concilio interpella il Sinodo ; e ibid. la presenza della sua «voce» tra le sei citate da Fabio Zavattaro, Sei voci sull’associazionismo .
[622] E. Corecco , L’identità ecclesiologica del fedele laico , in Vita e Pensiero 70/LXXXVII (1987) 162-171.
[623] ACorecco Lugano, Corrispondenza 1985-1990: lettera del 26 ottobre 1987: « Ri durre la secolarità al lavoro ed alla professione non basta […]. La “secolarità” è quel modo di lavorare che il battezzato ha in comune con tutti gli uomini anche non battezzati, in quanto è fatto come espressione delle stesse condizioni naturali della vita, quelle che reggono l’economia della creazione. […] La secolarità è perciò il punto di sutura della Chiesa, in quanto espressione dell’economia della redenzione, con l’economia della creazione. Anche se queste nozioni e realtà non possono essere divaricate tra di loro, non possono essere soppresse, perché sono immanenti al problema più fondamentale del rapporto tra natura e sopranatura su cui fa perno tutta la teologia, anche se una soluzione definitiva non è mai stata e forse non sarà mai raggiunta».
[624] ACorecco Lugano, Corrispondenza 1985-1990: biglietto autografo, senza data, annotato da Corecco con «Hamer».
[625] La corretta dinamica delle dimissioni è ricordata in una lettera di protesta di Giu seppe Ruggieri al Presidente della Fondazione Concilium , con copia al verbalista prof. dr. Knut Walf ed allo stesso Corecco , cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 28 luglio 1987.
[626] Riportati in Bollettino Amici 2/II (dicembre 1997) 59.
[627] Monitore ecclesiastico (1988) 318: il convegno si tiene presso l’albergo Gottardo. Von Balthasar, designato per ricevere la porpora cardinalizia il 28 giugno, morirà due gior ni prima, il 26 giugno.
[628] Cfr. M. Balestra, La partecipazione di mons. Corecco al Sinodo dei Vescovi del 1987 , in Bollettino Amici 2/II (dicembre 1997) 5-9; e più ampiamente l’intervista rilasciata a Tommaso Ricci per la rivista 30 Giorni nel gennaio 1987 (ripubblicata ibid. , 10-24).
[629] Per questo V Colloquio, tenuto dal 9 al 10 novembre, cfr. Monitore ecclesiastico (1992) 60-62: la sintesi firmata da Ignace de la Potterie ; già il 22.4.1990 Giovanni Paolo II aveva annunciato da Velehrad la convocazione di un’Assemblea speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi, che si sarebbe tenuta dal 28 novembre al 14 dicembre, con il titolo Ut testes simus Christi qui nos liberavit . L’anno seguente 1991 si teneva a Roma, sempre per volontà del Papa, un simposio internazionale su Cristianesimo e cultura, mentre il movi mento di CL organizzava un pellegrinaggio per la pace che avrebbe toccato luoghi signi ficativi per la fede in vari paesi europei, partendo dalla basilica di Einsiedeln in Svizzera. L’anno si era aperto con la proposta di una novena per la pace per scongiurare lo scoppio della guerra nel Golfo, iniziativa che Corecco fece sua, cfr. Monitore ecclesiastico (1991) 14: dal 2 al 10 gennaio.
[630] Un tema molto legato all’attualità svizzera, come nota J. L. Illanes , Maestro di scien za e di vita cristiana: l’esempio di un vero pastore , in Siate forti nella fede , 369-375.
[631] La serie dei temi in ibid. , 369375.
[632] Monitore ecclesiastico (1989) 628s.: l’intervento era intitolato Carisma e Istituzione nella Chiesa ; cfr. anche E. Corecco , Amt und Charisma in der Verfassung der Kirche , in G. Greshake (hg.), Zur Frage der Bischofsernennungen in der Römisch-katholischen Kirche , Zürich 1991, 140-162.
[633] Il tema del simposio, che si tenne dal 6 all’8 aprile, era Iglesia universal e Iglesias particulares ; la relazione di Corecco in spagnolo, Iglesia particular e Iglesia universal en el surco
[634] la doctrina del Concilio Vaticano II , fu pubblicata negli atti, Pamplona 1989, 81-99; Corecco intervenne il 6 aprile, cfr. Monitore ecclesiastico (1988) 297. Su questo tema cfr. anche E. Corecco , Le rapport Eglise particulière / Eglise universelle , in Visages de l’ Eglise . Cours d’ Ecclésiologie , Fribourg 1989, 195-211.634 Presso l’Institut catholique; Corecco trattava di Natura ed esercizio della sinodalità ; per gli atti, cfr. La synodalité . La participation au gouvernement de l’Eglise . Actes du VII Congrès International di Droit Canonique (Paris 21-28 septembre 1990) , in L’Année canonique ( hors série ) Paris 1992.
[635] Monitore ecclesiastico (1990) 216.
[636] Monitore ecclesiastico (1991) 14: il 16 gennaio 1991; cfr. E. Corecco , Die richterli che Anwendung der Sacra Potestas , in Archiv für Kirchenrecht 39 (1990) 277-294.
[637] Cfr. Strazzari – Prezzi, Intervista con mons. Eugenio Corecco sul caso Lefebvre .
[638] Monitore ecclesiastico (1989) 405: 31 agosto-1° settembre.
[639] E. Corecco , L’amministrazione della giustizia nel sistema canonico e in quello statuale , in Amministrazione della giustizia e dei rapporti umani . Atti del Convegno di Sassari, 14-16 novem bre 1986 , Rimini 1988, 133-140.
[640] ACorecco Lugano, Agenda 1986; e cfr. anche E. Corecco , Paul VI et le statut du droit canonique , in Paul VI et les réformes institutionelles dans l’ Église . Actes de la Journée d’Études (Fribourg [Suisse] 9 novembre 1985). Sous les auspices de l’Institut Paul VI de Brescia et de la Faculté de Théologie de l’Université de Fribourg , Brescia 1987, 13-29.
[641] Al quale contribuiva con E. Corecco , Istituzione e carisma in riferimento alle strutture associative , in Aymans – Geringer – Schmitz (hg.), Das konsoziative Element in der Kirche , 79-98.
[642] Monitore ecclesiastico (1988) 422: 11-13 novembre; cfr . E. Corecco , Eléments pour une théorie générale des droits et des devoirs du fidèle , in Actes du IX Congrès Nationale del Juristes Catholiques (Paris 11-13 novembre 1988) , Paris 1989, 145174; in occasione di questo convegno , il card . Jean Marie Lustiger , arcivescovo di Parigi, sollecitava un colloquio per avere aiuto nell’affronto di alcuni problemi in materia di diritto canonico, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 14 settembre 1988.
[643] Monitore ecclesiastico (1990) 142; cfr. E. Corecco , L’apporto della teologia alla ela borazione di una teoria generale del diritto , in Scienza giuridica e diritto canonico , a cura di R. Bertolino, Torino 1990, 35-59; e in Il Diritto Ecclesiastico (1991) 7-31.
[644] Cfr. E. Corecco , Die Zeiten der Zeit erkennen : di prophetische Aufgabe der Kirche und die Unterscheidung der Geister , in Wie im Himmel so auf Erden. 90. Deutscher Katholikentag in Berlin (23/ 27.V. 1990), Dokumentation II , Paderborn 1991, 1130-1141.
[645] Monitore ecclesiastico (1991) 258: 6 maggio; cfr. E. Corecco , Orio Giacchi. L’ uo mo e il maestro , in Ephemerides iuris canonici 48 (1992) 173-188; e in Rivista di scienze giuridiche 39 (1992) 285-298.
[646] Monitore ecclesiastico (1991) 258s.
[647] Ibid. , 259; per il saluto iniziale pronunciato da Corecco , cfr. ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 20.
[648] Ibid. , 382; cfr. E. Corecco , Il valore della norma disciplinare in rapporto alla salvezza nella tradizione occidentale , in Incontro tra canoni d’Oriente e d’Occidente . Atti del congresso internazionale , Bari 1994, 275-292; cfr. anche ACorecco Lugano, Epistolario post mortem : 14 marzo 1994, Corecco scrive a mons. Felice Rosa di Bari: «Reverendissimo e caro Monsignore, le prometto di fare tutto quanto mi sarà possibile per venire in occasione della presentazione degli atti e a domandare la mia guarigione totale a don Pasquale Uva».
[649] ACorecco Lugano, Epistolario post mortem : 28 agosto 1992, Corecco scrive al prof. Raffaele Coppola: «Ti sono gratissimo per la tua lettera espressione di un’amicizia, conosciuta, ma quasi insospettata nella sua profondità. Se venissi a settembre va bene ma non è necessario. Mi rimetto, ma lentissimamente. Grazie per le tue preghiere. Sento di averne così bisogno per vivere. Con affetto a te e a tua moglie».
[650] E. Corecco , Legge e coscienza per l’uomo del terzo millennio , in Realtà e prospettive dell’obiezione di coscienza: i conflitti degli ordinamenti. Atti del seminario nazionale di studio delle Unioni Lombarde dei Giuristi Cattolici Italiani, 9-11 aprile 1992 , a cura di B. Tenono , Milano 1992, 419-441.
[651] Monitore ecclesiastico (1993) 900; cfr. E. Corecco , Ius universale – ius particulare , in Ius in vita et in missione Ecclesiae . Acta Symposii Internationalis Iuris Canonici occurrente X Anniversario promulgationis Codicis Iuris Canonici, 19-24 aprile 1993 , Roma 1994, 553-574.
[652] Senza pubblicazione degli atti (cortese comunicazione di Romeo Astorri, Lecco 6 giugno 2019).
[653] Monitore ecclesiastico (1988) 23: il dibattito si tenne al Liceo cantonale di Lugano il 20 gennaio.
[654] 9 maggio 1989, cfr. Monitore ecclesiastico (1989).
[655] 7 febbraio 1990, cfr. Monitore ecclesiastico (1990) 66.
[656] 8 settembre 1993, cfr. Monitore ecclesiastico (1993) 1098.
[657] Monitore ecclesiastico (1994) 528; e cfr. cap. V.
[658] Monitore ecclesiastico (1990) 192; per la presentazione ed il saluto di Corecco , cfr.
[659] Lugano, Scat. 5, nr. 2.659 Monitore ecclesiastico (1991) 479: il 7 novembre.
[660] Ibid. , 480; E. Corecco , Dolore e persona , in E. Pavesi (a cura di), Salute e salvezza.
[661] interdisciplinari , S. Giuliano Milanese 1994, 1315.661 ACorecco Lugano, Agenda 1993: annotazione al pomeriggio del 19 dicembre.
[662] Monitore ecclesiastico (1994) 528. Per gli interventi di Corecco cfr. cap. V.
[663] Cfr. cap. V e Monitore ecclesiastico (1994) 671: 2-4-novembre; per il testo dell’in tervento cfr. ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 3.
[664] ACorecco Lugano, Agenda 1994: indica il soggiorno a Lublino dal 21 al 24 mag gio , il conferimento avvenne il 23 maggio; cfr. anche Monitore ecclesiastico (1994) 319 e 320-327: Prolusione per il conferimento della laurea “honoris causa”.
[665] L. Gerosa – L. Müller, Ordinatio fidei . Schriften zum kanonischen Recht , Paderborn 1994; per gli atti di questa giornata di studio, cfr. L. Gerosa (a cura di), Antropologia, fede e diritto ecclesiale , Milano 1995; per la cronaca di questa giornata, cfr. Giornale del Popolo, 14 novembre 1994, 1 e 3: gli interventi di R. Bertolino e R. Respini nella cronaca curata da G. Ballabio.
[666] Per il conferimento di questa onorificenza, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: 25 ottobre 1994, la lettera ufficiale; 7 novembre 1994, il formale ringraziamento di Corecco .
[667] Per questo omaggio, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: 8 novembre 1994, lettera del Rettore; e 9 novembre 1994, lettera di Urbano Navarrete.
[668] Giornale del Popolo, 27 luglio 1994, 15.
[669] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: s. a., su consi glio di von Balthasar un signore di Imola lo consulta sulla compatibilità tra la fede cattolica e la massoneria; 9 marzo 1985, la risposta; 24 settembre 1985, mons. Biffi da Roma lo ringrazia per un illuminante saggio sui migranti; 17 febbraio 1987, mons. Gilberto Agustoni ringrazia per il saggio sul presbiterio pubblicato sul Monitore ecclesiastico; 14 settembre 1988: richiesta di un parere da parte dell’arcivescovo di Parigi, card. Jean-Marie Lustiger ; 7 gennaio 1989, risposta all’abate Roger Noirjean di Porrentruy su alcuni interrogativi di diritto matrimoniale; 13 giugno 1989, lettera a Walter Gut, consigliere di stato urano emerito, sulla situazione giuridica del vescovo Haas; allo stesso destinatario 14 novembre 1989, scambio di lettere 13 marzo 1990 e 30 marzo 1990, di nuovo 13 luglio 1990 e 6 agosto 1990; 13 luglio 1990, richiesta del prof. Jean-Louis Leuba di Neuchâtel, che desidera una copia di Note sulla Chiesa particolare e sulle strutture della diocesi di Lugano apparso su Civitas; 25 agosto; e 31 agosto 1990, scambio di lettere con il prof. Jos Stirnimann a proposito nel nuovo catechismo.
[670] Come da tradizione, ogni anno Corecco ospitava un vescovo proveniente da una diocesi del Terzo Mondo, per sensibilizzare alla colletta del Sacrificio Quaresimale, ACo recco Lugano, Agenda 1987: quell’anno era mons. François Gayot , vescovo di Haiti (2426 marzo); 28 agosto, mons. Deskur ; 18 settembre, un vescovo dall’India; 24 settembre, il vescovo di Barranquilla; 19 marzo, giornata di lavoro con il card. Martini; 21 aprile, mons. René Laurentin ; 13 maggio, mons. Damaskinos ; 26 maggio, mons. Maggiolini; 7 luglio, mons. Carlo Colombo; 1988: 8 gennaio, mons. Franjc ´; 26 gennaio, mons. Khoury ; 3-4-maggio, mons. Cordes; 3 ottobre, padre Leuridan ; 21 novembre, incontra a Novara il vescovo di quella diocesi; 1989: 25 aprile, riceve il vescovo di Tananarive (Madagascar) mons. Nicolas Tavitarivao ; 24 maggio, mons. Domenico Caloyera , metropolita emerito di Smirne; 23 giugno, riceve la vista di mons. Juan Rodolfo Laise, vescovo di San Luis (Argentina ); 24-25 agosto, mons. J. Gijsen , vescovo di Roermond (Paesi Bassi); 20 settembre, mons. Telesphore Toppo, vescovo di Ranchi (India); 27 agosto, mons. Helimenas de Jesus Roso Paredes, vescovo di Caracas; 20 novembre, mons. Eugenio Sbarbaro, pro-nunzio apostolico in Zambia; 1990: 20 marzo, incontra a Roma mons. Cè , patriarca di Venezia (cfr. anche ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 5 gennaio 1987, cordiale biglietto di auguri di mons. Cè a Corecco ); 16 agosto, visita di mons. Valia mattam di Tellicherry ; 2 ottobre, riceve la visita di mons. Philippe Fanoko Kossi Kpodzro di Atakpamé (Togo); 1991: 29 maggio, cena con il vescovo di Chioggia; 17 settembre, mons. Gejsen (Islanda); 21 novembre, visita di mons. Petru Gherghel , vescovo di Iasi (Romania); 10 novembre, pranzo con il vescovo dell’Aquila; 1992: 2 giugno, prevista la visita di mons. Antoine Ntalou (Camerun); 19 ottobre, visita di mons. Felix Maria Torres Parea , arcivescovo di Barranquilla, e di mons. Aristizábal Ospina, vescovo di Jericó ; 23 novembre, visita di alcuni vescovi provenienti da diocesi dell’ex URSS; 1993: 12 marzo, arriva mons. Jean Zoa , arcivescovo di Yaoundé (Camerun), per l’azione Sacrificio Quaresimale ; 20 settembre, arriva l’arcivescovo di Monaco; 1994: 18 maggio, di nuovo mons. Ntalou ; 9 giugno, i vescovi della Toscana in pellegrinaggio al santuario della Madonna del Sasso a Locarno; 11 giugno, mons. Miloslav Vlk , arcivescovo di Praga, che avrebbe incon trato i giovani al Tamaro; 16 agosto, viene in visita mons. Saier , amico collega e vescovo di Monaco; 2 settembre, arriva il vescovo di Alaminos (Filippine); 11 settembre, mons. Crescenzio Sepe è ospite in curia, partecipa a Lugano ad un simposio; 1995: 28 gennaio,
[671] mons. Christoph von Schoenborn , che gli amministra il sacramento degli infermi e lo accompagna in Cattedrale per un saluto ai giovani dopo la GMG di Manila; 29 gennaio, arriva in curia S. E. il card. Gilberto Agustoni .671 Monitore ecclesiastico (1988) 297; forse anche con riferimento a E. Corecco , L’identità ecclesiologica del fedele laico , in Vita e Pensiero 70 (1987) 162-171.
[672] Cfr. Monitore ecclesiastico (1989) 226.
[673] Monitore ecclesiastico (1990) 442: rispettivamente all’Istituto Regionale Lombardo di Pastorale il 29 ottobre ed al Collegio Papio di Ascona il 30, nell’ambito dell’incontro annuale con il clero.
[674] Monitore ecclesiastico (1991) 49: 21 febbraio 1991; per il suo intervento, cfr. ACo recco Lugano, Scat. 5, nr. 11: La comunione ecclesiale alla luce del Sinodo dei vescovi del 1990.
[675] Monitore ecclesiastico (1991) 343.
[676] 5 settembre 1991, «Il servizio alla Chiesa. I sì e i no dei giovani d’oggi», cfr. Monitore ecclesiastico (1991) 381; ma su questo tema cfr. E. Corecco , L’identità ecclesiologica del presbitero , in Communio 112 (1990) 33-51; anche in La Rivista del Clero italiano 71 (1990) 410-428; e Id., La identitad ecclesiólogica del presbítero , in Communio. Revista católica internacional 12 (1990) 410-428.
[677] Monitore ecclesiastico (1993) 1145.
[678] Ibid. , 1287: 2 dicembre 1993 all’Oratorio della Collegiata.
[679] Tenuta il 1° giugno 1993 presso l’hotel Excelsior, cfr. Monitore ecclesiastico (1993)
[680] ACorecco , Agenda 1987: 6 novembre, ore 20.15, Tavola rotonda a Friburgo per la Giornata del migrante Le migrazioni: un’occasione per realizzare la cattolicità e l’unità tra i popoli .
[681] ACorecco Lugano, Agenda 1987: il 26 novembre 1987; cfr. E. Corecco , Il matrimonio nel nuovo Codex Iuris Canonici: osservazioni critiche , in Studi sulle fonti del diritto matrimo-
[682] canonico , a cura di S. Gherro , Padova 1988, 107-130.682 E. Corecco , Das Urteil im kanonischen Recht , in Festschrift für Louis Carlen zum 60. Geburtstag , hg. von L. Morsak – M. Escher, Zürich 1989, 241-269; Id., Chiesa particolare , in Digesto delle Discipline pubblicistiche IV, Torino 1989, 3-9.
[683] Monitore ecclesiastico (1989) 253: 5 aprile 1989.
[684] Per il suo intervento, cfr. ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 6.
[685] Ibid. , 254.
[686] Ibid. , 255: l’incontro si tenne dal 25 al 26 aprile 1989; cfr. ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 25: la trascrizione con il dibattito; per interventi precedenti cfr. ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 24: intervento per le giornate di formazione delle Caritas romande e ticinesi, Bertigny , 23-24 novembre 1981.
[687] ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 15: 12 settembre 1990.
[688] Il 19 aprile, cfr. Monitore ecclesiastico (1991) 186.
[689] Cfr. sopra, § 4.2.; si inscrive in questa preoccupazione anche l’incontro con alcuni operatori di Justitia et Pax riuniti a Lugano il 19-20 aprile 1991 (cfr. Monitore ecclesiastico [1991] 186).
[690] Il 16 novembre 1993, cfr. Monitore ecclesiastico (1993) 1215.
[691] 30-31 maggio 1989, cfr. Monitore ecclesiastico (1989) 312.
[692] Monitore ecclesiastico (1992) 26.
[693] Monitore ecclesiastico (1991) 133s.: il suo tema era stato Il Cristiano «sale, luce e lievito» della società.
[694] Monitore ecclesiastico (1989) 405: riuniti dal 2 al 4 luglio.
[695] Monitore ecclesiastico (1992) 285s.: 26 e 27 maggio 1992.
[696] Monitore ecclesiastico (1990) 390: 17 settembre 1990, annota un incontro con i fedeli di Mogno , per spiegare i criteri della costruzione della nuova chiesa.
[697] Aver agito d’autorità è quanto rimprovera a Corecco un valmaggese DOC, cfr. A. Dadò , I fatti della vita , Locarno 2017, 216s.
[698] Mario Botta ricorderà il grande stimolo a continuare la sua ricerca che costituiva per lui l’interesse di Corecco , cfr. Giornale del Popolo, 2 marzo 1995, 2.
[699] Come a Milano, su invito del Centro culturale S. Carlo sul tema Architettura reli giosa : caso o necessità , il 20 febbraio 1992 (cfr. Monitore ecclesiastico 1[992] 93); per il testo dell’intervento, cfr. ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 1.
Ma, in generale, Eugenio Corecco non si sottrasse a nulla: non alla comunicazione tramite i mass-media[700]; non a qualche momento conviviale o di svago[701], non agli obblighi ufficiali[702], non certamente al confronto nel dibattito politico ticinese, soprattutto quando si trattò della politica universitaria[703] e della riforma della legge civile-ecclesiastica, poi entrata nel quadro della riforma costituzionale[704]. Intervenne spesse volte su temi relativi all’educazione ed all’educazione religiosa in particolare[705], ma offrì anche le sue considerazioni nelle riflessioni sulla post-modernità, stimolate dall’approssimarsi della fine del millennio[706], fino ad intervenire su temi specifici come quello della Massoneria[707]. Andava dove lo invitavano, apparentemente senza esercitare alcuna selezione di merito, lieto di poter portare la sua testimonianza, lieto di servire. L’11 marzo 1987 era a Berna a festeggiare Flavio Cotti, eletto consigliere federale[708], nel mese di aprile partecipava all’inaugurazione della Primexpo a Lugano, dove era allestita una mostra su san Francesco di Assisi[709], ed il 5 maggio era al ricevimento ufficiale in onore del Presidente della Repubblica Federale tedesca[710] Nel settembre 1987 parlava ad Interlaken ai Capi delle Polizie cantonali degli stranieri[711]. In dicembre partecipava, in rappresentanza della Diocesi, ai festeggiamenti ufficiali per l’elezione dell’on. Franco Masoni a presidente del Consiglio degli Stati[712]. Nel settembre 1988 partecipava, in qualità di osservatore, al «Sinodo di laici su clero e popolo» organizzato presso la Biblioteca dei Frati di Lugano dall’omonima Associazione e dalla rivista Dialoghi[713]. In novembre riceveva in curia la visita dell’ambasciatore austriaco Franz Parak[714]. In dicembre visitava la popolazione dell’Alta Valle Maggia[715]. Nel mese di marzo 1989 visitava la Scuola di preghiera giovani a Locarno[716]. In aprile si teneva a Lugano la Conferenza dei Ministri europei della Sicurezza sociale e Corecco vi partecipò, come capo della Delegazione di osservatori della Santa Sede[717]. Il 16 aprile era a S. Gallo dove visitava la Missione Cattolica Italiana ed amministrava la Cresima[718]. Nel settembre del 1989 celebrava la S. Messa in conclusione al pellegrinaggio di CL di Novara alla Madonna
di Re[719]. Nel mese di novembre 1989 partecipava alla giornata cantonale dell’associazione Fede e Luce[720]; compiva una visita alle ACLI radunate in convegno a Pregassona e partecipava al volo inaugurale Agno-Roma della Crossair[721]. In dicembre visitava a Locarno il cantiere di Mappo[722]. Nel febbraio del 1990 incontrava al Bigorio il Consiglio regionale francescano dei Frati minori Cappuccini della Svizzera italiana[723]; in aprile sarebbe stata la volta della Fraternità di Lugano dell’Ordine francescano secolare[724]. Il 10 marzo 1990 incontrava a Bellinzona il Rassemblement des Eglises et Communautés chrétiennes di Ginevra, che restituiva la visita compiuta nel 1989 dalla Commissione ecumenica di dialogo del Ticino[725]. Il 14 marzo 1990 teneva a Berna una breve meditazione per un gruppo di parlamentari[726]; il 6 aprile rappresentava la diocesi alle celebrazioni per il 75° di fondazione della Banca dello Stato del cantone Ticino[727]; il 24 aprile 1990 parlava a Friburgo su La Chiesa luogo di culture, la Chiesa e le sue università, invitato dall’Assistenza religiosa degli universitari ticinesi[728]. L’11 aprile aveva presenziato al Palazzo dei Congressi di Lugano al Forum internazionale sulla Lettonia[729]. Il 2 maggio incontrava il presidente internazionale del Serra Club, accompagnato da una delegazione del Serra Club di Lugano[730]. Il 15 maggio partecipava al ricevimento ufficiale per la visita a Lugano del presi dente del Consiglio dei Ministri italiano Giulio Andreotti[731]. Quello stesso mese, mentre era a Roma per partecipare alla XXXII Assemblea generale della CEI come rappresentante della CVS, accoglieva il pellegrinaggio dei suoi diocesani, partecipava all’udienza con Giovanni Paolo II e celebrava la S. Messa nella basilica dei SS. Cosma e Damiano per gli studenti partecipanti al pellegrinaggio organizzato dalla Società degli Studenti Svizzeri[732]. Nel 1991 in aprile incontrava i membri della commissione Justitia et Pax, riunita a Lugano[733]. Il 7 giugno 1991 presenziava al ricevimento ufficiale del presidente francese François Mitterrand in visita a Lugano[734]; il 13 giugno partecipava alla cerimonia di chiusura della Casa Anziani Fondazione Bacciarini di Medoscio[735], che sarebbe poi divenuta un centro di spiritualità affidato ai PAM; il 22 giugno rappresentava al diocesi alla Festa federale della Musica e visitava a Canobbio la Banda della Guardia svizzera pontificia, celebrando la S. Messa[736]. In settembre partecipava all’inaugurazione della mostra sul pittore Giuseppe Antonio Petrini alla Villa Malpensata di Lugano[737]; in ottobre partecipava alla Giornata cantonale della Persona Anziana organizzata da ATTE (Associazione ticinese Terza Età)[738]; con questa associazione resterà un legame e l’invito sarà rinnovato. Il 25 ottobre riceveva in curia in visita privata il presidente della Repubblica italiana Francesco Cossiga e lo stesso giorno assisteva a Bellinzona alla proclamazione dei vincitori ed alla proiezione della pellicola vincitrice al Film festival ragazzi ’91; il giorno seguente, 26 ottobre, assisteva ad una partita di calcio di beneficienza tra la Nazionale italiana Cantanti e la Selezione giornalisti sportivi svizzeri, a favore della Lega contro il cancro e della Caritas diocesana[739]. In novembre incontrava a Lucerna il Consiglio di fondazione del Sacrificio Quaresimale[740] ed il 29 presenziava all’assegnazione del «Premio di Promovimento Helmut Horten», sotto il patronato del Presidente
www.cinfo.ch/it/sacrificio-quaresimale
della Confederazione on. Flavio Cotti[741]. In dicembre inaugurava l’anno accademico dell’Università di Parma, trattando dell’evangelizzazione nel mondo di oggi[742]. Il 20 gennaio 1992, presso l’hotel Splendide partecipava al saluto ad Alfonso von Felten, che lasciava la direzione della filiale luganese dell’UBS[743]; il 26 gennaio guidava una mattinata di ritiro per gli uomini dell’AC della parrocchia di Muralto[744]. Il 28 marzo 1992 a Pella (Novara) partecipava ad un incontro di aggiornamento sulla «nuova evangelizzazione» dei missionari italiani in Svizzera[745]. Dall’11 al 15 maggio, in Portogallo, teneva conferenze a Porto e a Lisbona[746] ed incontrava a Fatima il pellegrinaggio diocesano[747]; dal 18 al 20 maggio era a Bruxelles, accompagnato da alcuni tra i futuri docenti dell’IATL, all’Institut d’Études théologiques della Compagnia di Gesù, dove insegnava Georges Chantraine[748]. In precedenza era stato a Salonicco[749]. Il 15 giugno aveva incontrato un gruppo di 30 sacerdoti milanesi[750].
Nel gennaio del 1993 accettava l’invito dell’Associazione Studenti Ticinesi a Zurigo e della locale Pro Ticino e teneva una conferenza dal titolo Modernità e religione[751] ed in febbraio visitava il Collegio Gallio di Como in occasione della festa liturgica di san Gerolamo Emiliani[752]. In marzo salutava i partecipanti all’assemblea generale della Conferenza delle Istituzioni di educazione e delle scuole cattoliche in Svizzera, in visita a diverse scuole cattoliche del Ticino e partecipava alla giornata di preghiera della Fondazione Medjugorie per l’infanzia[753]. Il 13 marzo incontrava una delegazione di Albanesi, musulmani, cattolici e ortodossi[754]. In aprile partecipava a Milano alla cerimonia di consegna del premio Paolo VI al teologo protestante Oscar Cullmann, una delle amicizie più significative dell’ultimo scorcio della sua vita[755]. In maggio partecipava ad un incontro sull’insegnamento religioso scolastico e, pochi giorni dopo, inaugurava l’Istituto della Meccanica e dei Materiali a Grancia, benedicendo gli stabili[756]. In luglio accoglieva in curia l’ambasciatore della Romania, in visita privata[757]; in agosto veniva l’ambasciatore a Roma[758]. Nel mese di ottobre, il 29, tra i tanti impegni trovava il tempo per presiedere la veglia di preghiera del Family Fest organizzato a Giubiasco dal locale Gruppo Giovani[759]. Il giorno precedente aveva incontrato il Consiglio direttivo dell’Associazione delle Confraternite e Fraternità della Diocesi[760]. In novembre riceveva in visita privata il console britannico, accompagnato dalla consorte[761].
Un campo di impegno al quale Corecco rimase fedele fu quello dell’esercito (con il grado di capitano egli era cappellano militare)[762]. Da professore prestò sempre servizio, anche accettando sostituzioni (quella di don Tognetti ad esempio), da vescovo non mancò di visitare regolarmente il suo Battaglione di fanteria di montagna 30[763]. Le ragioni di questo attaccamento sono forse da cercare nel valore che l’esperienza del servizio militare poteva assumere nella vita di un giovane, togliendolo dal suo ambiente e ponendolo a confronto con altre condizioni, talvolta difficili, ma che potevano rivelarsi un’opportunità per aprirsi alla ricerca del senso della vita. Già negli anni ’60, quando si esprimeva sulla formazione dei chierici, guardava alla scuola-reclute come ad un utile momento di verifica della vocazione. Nel novembre del 1987, scriveva a un presbitero, che doveva avergli espresso l’intenzione di non prestare più la sua opera come cappellano:
«Tenendo conto della tua esperienza militare personale non intendo insistere. Le ragioni addotte, per contro, le sento astratte e ideologiche, sia perché non è vero che si serve prima l’esercito e poi le persone, sia perché non è vero neppure che l’attività pastorale in loco sia diversa dall’attività pastorale di qualsiasi altro prete che svolge una funzione in diocesi, anche se insegnasse in un collegio o fosse in curia. Niente è di diritto divino, non lo è l’esercito non lo è la forma istituzionalizzata del ministero, sia esso parrocchiale o no. Di diritto divino c’è solo il diritto di tutti a ricevere l’annuncio cristiano. Ti auguro buon lavoro nel Signore»[764].
L’intensa attività di Corecco fu ben lontana dell’essere presenzialismo a tutti costi, perché, quello che divenne evidente nell’ultimo scorcio della sua vita, quando venne interpellato ripetutamente per parlare di sé e della sua fede nell’esperienza di sofferenza e malattia, era presente da sempre, nel suo modo non astrattamente intellettuale di affrontare le questioni, nel suo non soffocare con la competenza scientifica o con l’autorità del ruolo il desiderio di incontrare le persone e di lasciarsi incontrare da loro. Avrebbe scritto Giuseppe Buffi, all’indomani della morte di Corecco[765]: «L’uomo mi è venuto incontro, a poco a poco, non dai territori dei comuni – pur se talvolta divergenti – interessi di lavoro, non da quelli della sua funzione, bensì dai quartieri, misteriosi e bui, della malattia […]. C’era una grandezza nell’umiltà di non nascondere l’uomo, di offrirlo come motivo di speranza (non necessariamente religiosa) e di riscatto. Di questa umiltà sono infinitamente grato a Monsignor Corecco. Di più non voglio dire, perché oltre a non tradire i suoi non vorrei neppure fare dei miei sentimenti un motivo di vetrina. Ero e sono rimasto agnostico. Nei miei rapporti con Lui non ho fatto nessun patto con il Vescovo […]. Una sola cosa rimpiango. Di non aver mai avuto il coraggio, a lui come uomo, di accarezzargli una mano». Come acutamente coglieva Buffi, la circostanza della malattia non aveva inventato nulla, aveva rivelato l’uomo. Dopo la puntata di Controluce, muovendosi però su di un altro piano, anche Giovanni Bonalumi, professore all’Università di Basilea, scriveva a Corecco: «non è certo la malattia che l’ha ricolpita, che insidia la sua salute, il motivo della larga, larghissima simpatia che lei è riuscito a suscitare sia presso i fedeli, sia presso i laici più o meno agnostici qui nel nostro, comune paese. È la chiarezza, la fermezza con la quale propugna alcuni principi base della nostra religione. È cogliere il cuore della gente attraverso l’apparato della ragione e delle ragioni. Il sacerdote è stato troppo a lungo visto, alle nostre latitudini, solo come l’uomo… delle “raccomandazioni” (e cioè dei consigli) o degli ammonimenti. L’uomo d’oggi – di sempre – ha bisogno d’altro pane. E lei ha saputo darglielo. Ho seguito la trasmissione alla TV. E lei è stato ammirevole in tutte le risposte e proposte di discorso che ha fornito. Penso che molti cattolici – in ugual misura, sani e malati – hanno trovato nelle sue parole un grande conforto. Permetta che le esprima il mio grazie e quello dei miei familiari. E che Dio l’assista, le ridia, con i mezzi umani di oggi, una piena salute. Per lavorare appieno nella Sua vigna. Questo il mio voto: e anche la mia preghiera»[766]. E Pietro Martinelli, con il quale aveva condiviso tanti appuntamenti ufficiali: «purtroppo non ho potuto assistere alla sua intervista alla televisione, ma quello che ho letto mi porta ad ammirare ancora di più la sua coerenza, trasparenza e coraggio. Virtù che già avevo avuto occasione di ammirare nel passato […]»[767]. Per molti fu la caduta di un tenace pregiudizio a proposito della sua persona, ma anche del clero e della Chiesa in generale[768]; talvolta l’inizio di un’esperienza di fede[769]. Nessuna occasione, per formale che potesse sembrare, per Corecco si era esaurita a questo livello, ma sempre era stata vissuta come occasione di rapporto personale, come proposta di verità di sé. All’inizio della malattia, l’onorevole Massimo Pini, consigliere nazionale e sindaco di Biasca, gli aveva inviato un telegramma di auguri, scritto al termine di una lunghissima giornata di lavoro («è appena scoccata mezzanotte e bevo il caffè»), un messaggio, in cui parlava anche di sé, del suo lavoro con toni scherzosi, ma di un’ironia un po’ amara. Corecco gli rispondeva, a stretto giro di posta: «percepisco un punto di stanchezza psicologica ed affettiva nel tuo telegramma. Anch’io soprattutto nei primi anni di episcopato ho vissuto di tanto in tanto questi momenti. Mi sono sempre detto che ciò che conta [non] è il consenso ad ogni costo bensì il fatto di avere chiarezza interiore su quello che siamo chiamati a compiere. Semmai l’impresa più difficile è quella di scoprire di volta in volta la stella polare e di lasciarsi guidare. Capita che sia nascosta da banchi di nuvole, che passano. A ritrovarla ci aiuta l’istinto profondo che con il tempo ci siamo costituiti dentro di noi per la verità […]. Ti aiuti la tua tenacia vallerana e la tua proverbiale passione per la gente»[770]. E, sempre nel 1992, Roberto Prandin: «La sera del 24 [dicembre] ero di ritorno da Todi, dove la sera precedente avevo diretto un concerto di Natale, all’altezza di Bologna mi sono casualmente sintonizzato sul canale della RSI. Desidererei esprimerle i miei migliori ringraziamenti per avermi tenuto compagnia fino a viaggio ultimato: erano ormai quasi le 22. Mi ha particolarmente colpito la totale assenza di retorica e di enfasi: il suo racconto era di una linearità impareggiabile, reale […]. Mi sono permesso di scriverle queste righe perché ritengo che Lei mi abbia fatto un bel regalo di Natale, sicuramente tra quelli che non si scordano anche con il passare degli anni»[771].
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[700] Per qualche esempio: il 16 ottobre 1986 ha in agenda un’intervista alla TSI sui teologi laici e di nuovo il 24 ottobre sull’«intercomunione», mentre il 21 novembre incontra Salvatore Maria Fares per una partecipazione alla trasmissione Millevoci sulla Rete 1; il 27 novembre rilascia un’importante intervista alla rivista 30 Giorni (ACorecco, Agenda 1986), pubblicata nel gennaio del 1987 (ristampata in Bollettino Amici 2/II [dicembre 1997] 1024); il 5 dicembre è intervistato da Michele Fazioli per TSI (ACorecco Lugano, Agenda 1986); anche il 24 gennaio 1987 è prevista un’intervista; lo stesso il 12 febbraio e di nuovo il 25 febbraio è in programma un appuntamento con Marco Blaser, direttore della RSI; ed ancora il 13 aprile con Salvatore Maria Fares; il 15 giugno interviene alla trasmissione
[701] quotidiano» ed il 16 è alla RSR con Urs Gfeller, sulla figura ed il compito del vescovo; il 22 settembre è sulla SRG con Gradwohl; il 3 ottobre rilascia un’intervista alla RSI con Carmen Pronini; il 10 dicembre è di nuovo al microfono di Fares con Carlo Luigi Caimi, di «Sì alla vita» (ACorecco Lugano, Agenda 1987); il 28 dicembre di nuovo alla RSI con Nicola Franzoni; il 14 gennaio 1988, dopo la trasmissione RSI è in programma il battesimo del figlio di Salvatore Maria Fares; il 21 gennaio rilascia un’intervista a Laurence Mermoud di Hebdo; di nuovo risponde alle domande di Salvatore Maria Fares ai microfoni della RSI-Rete1 (cfr. Monitore ecclesiastico [1988] 23: 25 gennaio); ed anche il 5 luglio; l’11 novembre 1988 è a Parigi e rilascia un’intervista a Radio Notre Dame (ACorecco Lugano, Agenda 1988); il 13 gennaio 1989 ha appuntamento con il giornalista Bruno Bergomi della TSI (ACorecco Lugano, Agenda 1989); è alla RTSI la mattina del 3 aprile ed il pomeriggio del 7 aprile incontra Marco Blaser, direttore della TSI; il 17 aprile incontra Adele Viviani della RSI sul tema delle donne e del sacerdozio; il 2 maggio incontra Claudio Mésoniat e Robi Ronza per preparare l’intervento alla trasmissione Teleopinioni; la registrazione è il 7 maggio e ancora prende contatto con Fares e Claudio Mésoniat il 17 ottobre; ed il 19 mattina è alla RSI; il 24 ottobre incontra insieme a Mésoniat Leandro Manfrini, regista della TSI; 14 novembre, incontra Marco Blaser; il 15 dicembre registra una puntata della trasmissione «Il Vangelo di domani»; il 27 ed il 28 dicembre interviene alla TSI in favore della colletta della Catena della Solidarietà (ACorecco Lugano, Agenda 1989); 11 febbraio 1990, partecipa ad una trasmissione per DRS (cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 12 marzo 1990, ringraziamenti ed osservazioni critiche di Erwin Koller, redattore-capo; cfr. anche ibid. : 28 febbraio 1990 e 22 marzo 1990, il carteggio con una credente riformata; ed ancora: 26 febbraio 1990 e 22 marzo 1990, altro carteggio con un’altra signora); il 28 agosto si incontra con Wagner della TSR; il 6 settembre rilascia un’intervista a Patrice Favre ed il 10 settembre a Flavio Maspoli; ed ancora il 12 settembre a Maria Eisele della DRS; il 14 settembre alla RSI sulla posa della prima pietra a Locarno (Zandonelli); anche il 30 settembre di mattina è alla RSI; ed il 31 ottobre di nuovo per un bilancio del Sinodo; il 6 novembre partecipa a TTT; 16 dicembre 1991 di nuovo una puntata del «Vangelo di domani» (ACorecco Lugano, Agenda 1991); nel 1991 rilascia un’intervista alla TSI nell’ambito della trasmissione «Il quotidiano» (cfr. Monitore ecclesiastico [1991] 259: 10 maggio); l’anno seguente partecipa negli studi RSI di Comano alla trasmissione «5x5» (cfr. Monitore ecclesiastico [1992] 176: 12 marzo); il 9 marzo 1992 incontra Michele Fazioli e Marco Blaser per preparare questa trasmissione dedicata ad una rievocazione del Concilio; il 26 e 27 maggio è alla RSI con Navarro Valls; il 7 settembre incontra Alba Felicioni della RSI; ed è alla TSI il 28 settembre (per l’IATL); 26 novembre 1992: ancora il «Vangelo di domani» (trasmesso il 7 dicembre) (cfr. ACorecco Lugano, Agenda 1992: dove non figura la lunga intervista per Gazebo); prove per una trasmissione TSI sono in programma il 23 gennaio 1993; incontra Salvatore Maria Fares il 12 febbraio 1993; rilascia un’intervista alla RSI il 5 marzo; il 6 luglio 1993 partecipa a Millevoci alla RSI; l’8 ottobre 1993 registra in curia per la TSI (trasmissione il 12 ottobre?); il 13 ottobre 1993: partecipa a di nuovo a Millevoci; il 16 novembre 1993, ancora una registrazione TSI; il 25 novembre è alla TSI con Chiericati (ACorecco Lugano, Agenda 1993); il 22 gennaio 1994: Controluce con Michele Fazioli; 25 gennaio registrazione TV a S. Giuseppe; 27 gennaio di nuovo prova alla TSI e 3 febbraio registrazione; 9 maggio 1994: incontro con un giornalista RSI; 20 maggio 1994 incontra Fares della RSI (ACorecco Lugano, Agenda 1994); il 16 gennaio 1995 incontra ancora Clara Lanek (ACorecco Lugano, Agenda 1995). 701 ACorecco Lugano, Agenda 1986: 15 ottobre, concerto per Unitas (Ciechi); Agen-
[702] 1987: 9 gennaio, cena con la corale di Bioggio; 10 settembre, prima dello spettacolo di un giovane amico; 9 novembre, concerto alla clinica S. Anna; ACorecco Lugano, Agenda 1988: 24 gennaio, concerto in Cattedrale con canti del Romanos Ensemble; il 27 novembre 1988 partecipa a Giornico alla festa «Sardegna-Ticino», organizzata dal Circolo emigrati sardi «Coghinas» di Bodio (cfr. Monitore ecclesiastico [1988] 423); il 14 giugno 1988 assiste al balletto con Liliana Cosi al Palacongressi di Lugano, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 22 giugno 1988, cortese ringraziamento di Liliana Cosi; ACorecco Lugano, Agenda 1989: 4 luglio, concerto a Magadino; 13 settembre, concerto al Palacongressi; il 29 novembre, concerto; ACorecco Lugano, Agenda 1990: 13 febbraio, concerto; ed anche l’8 agosto a Claro; il 13 dicembre 1990 è prevista la partita di hochey ad Ambrì; ACorecco Lugano, Agenda 1991: 18 novembre al circo Knie; ACorecco Lugano, Agenda 1992: di nuovo il 21 novembre il circo Knie; 8 dicembre: concerto della Civica Filarmonica al Palacongressi; ACorecco Lugano, Agenda 1993: 9 gennaio, film JFK; 26 settembre: concorso ippico Cornaredo; 26 novembre: concerto a Bellinzona. Nei primi anni di episcopato non mancò di visitare almeno la giuria ecumenica del Festival di Locarno, cfr. Monitore ecclesiastico (1988) 358: dal 9 al 12 agosto; ibid. (1989) 405: 9 agosto; ibid. (1990) 294: 7-8 agosto; nel 1991 era in Polonia; nel 1992 in agosto era ancora convalescente e nel 1993 era imminente la partenza per Denver.702 L’incontro ufficiale con il Consiglio di Stato del cantone sarà il 30 settembre 1986 (cfr. Monitore ecclesiastico [1986] 395); la visita sarà restituita nel 1988 (cfr. Monitore ecclesiastico [1988] 23: 27 gennaio, al Vescovo viene offerta una simbolica medaglia in oro); con il Municipio di Lugano si incontra il 16 ottobre 1986 (cfr. ACorecco Lugano,
[703] 1986); nel febbraio del 1987 incontra ufficialmente il sindaco ed i municipali di Locarno (cfr. Monitore ecclesiastico [1987] 59); in maggio è ricevuto ufficialmente dalla Municipalità di Cureggia (4 maggio 1987, ibid. , 227) e dalla Municipalità di Chiasso (11 maggio: ibid. , 227); il 14 giugno la Cresima è l’occasione per incontrare le autorità di Novazzano e di Genestrerio (ACorecco Lugano, Agenda 1987); il 23 agosto 1987 è ricevuto ufficialmente a Prato-Leventina, dove iniziò la sua attività pastorale e dove dedica il nuovo altare di Dalpe ( ibid. , 300); la visita ufficiale a Campione d’Italia è il 27 settembre 1987, in occasione della festa della Madonna dei Ghirli ( ibid. , 302); il 10 aprile, in occasione della Cresima, è ricevuto dal Municipio di Arzo (ACorecco Lugano, Agenda 1988); il 22 ottobre 1988, in occasione della Cresima, è ricevuto ufficialmente a Mendrisio (cfr. Monitore ecclesiastico [1988] 394); il 12 dicembre 1988 è il Municipio di Lugano che fa visita al vescovo ( ibid. , 460); nel 1989 l’amministrazione della Cresima a Rancate è l’occasione per il ricevimento ufficiale da parte del comune (cfr. Monitore ecclesiastico [1989] 628: 12 novembre); nel 1992 è ricevuto ufficialmente a Bissone in occasione della Cresima (cfr. Monitore ecclesiastico [1992] 286: 31 maggio).703 A questo proposito intervenne il 24 gennaio 1992, al Palazzo dei Congressi di Lugano all’incontro sugli orientamenti universitari del cantone promosso dal Dipartimento della Pubblica Educazione (cfr. Monitore ecclesiastico [1992] 26), in occasione del Dies academicus il 14 gennaio 1993 (cfr. Monitore ecclesiastico [1993] 702) ed ancora nel dicembre di quell’anno (cfr. ibid. , 1287: 3-4 dicembre), nonché durante la tavola rotonda dell’autunno 1994.
[704] Cfr. ad esempio la partecipazione al dibattito Stato e pluralismo sociale, il caso dei rapporti Stato-Chiese: nuove realtà, con S. Gilardoni, A. Lepori, A. Righetti, su invito di Coscienza svizzera (al Liceo cantonale di Lugano, cfr. Monitore ecclesiastico [1988] 23).
[705] Monitore ecclesiastico (1989) 175: il 4 febbraio 1989 giornata di studio sull’insegnamento religioso nelle scuole, promossa dal CPD; nel 1993 accoglie la conferenza delle Istituzioni di educazione delle scuole cattoliche in vista ad istituzioni cattoliche ticinesi, cfr. Monitore ecclesiastico (1993) 853: 6 marzo; lo stesso anno tiene una conferenza a Giubiasco sul tema dell’insegnamento religioso nelle scuole, cfr. ibid. , 947: 5 maggio. La lettera pastorale della Quaresima del 1993 era dedicata all’insegnamento religioso e fu oggetto di lode sia da parte di mons. Haas che da parte di Javier Echevarría.
[706] Di particolare rilievo l’intervento all’Hotel Splendide nell’ambito di Ticino 2000, un ciclo di incontri organizzato dal Rotary Club Lugano, cfr. Giornale del Popolo, 12 aprile 1990, inserto; nel 1993 interveniva a Zurigo invitato dall’Associazione Studenti Ticinesi a Zurigo e dalla locale Pro Ticino su Modernità e religione (cfr. Monitore ecclesiastico [1993] 703: 25 gennaio 1993). Queste riflessioni apriranno una polemica con la rivista Dialoghi, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione.
[707] Il 4 novembre 1994, al rientro da Roma dove aveva partecipato al convegno sulla famiglia, cfr. Monitore ecclesiastico (1994) 671; per il testo v. ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 21; ma cfr. anche ibid. , Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: 10 novem-
[708] 1994, «Grazie Sig. Stefanini per l’ospitalità dell’altra sera. Mi sono sentito a mio agio e spero sia stato utile. Le allego il testo che non vorrei fosse pubblicato, perché non amo mai impegnarmi con pubblicazioni su argomenti di cui non sono specialista, inoltre dovrei fare un appunto critico. Spero di incontrarla di nuovo e le auguro ogni bene».708 Monitore ecclesiastico (1987) 126; ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1991-1993: gennaio 1991, il ringraziamento di Flavio Cotti.
[709] Monitore ecclesiastico (1987) 199: 24 aprile.
[710] Ibid. , 227.
[711] Ibid. , 301: 3 settembre 1987.
[712] Ibid. , 395: 2 dicembre.
[713] ACorecco Lugano, Agenda 1988: dal 23 al 25 settembre; Monitore ecclesiastico (1988) 393; per questa iniziativa, che voleva dare spazio alla componente laicale non sufficientemente ascoltata al Sinodo romano, cfr. Dialoghi di riflessione cristiana 101/XXI (aprile-maggio 1988) 1s.: il lancio dell’iniziativa; ibid. 103/XXI (settembre-ottobre 1988) 3-6: cronaca e giudizio sull’iniziativa; Corecco avrebbe incontrato la redazione della rivista ancora il 18 novembre 1988, nel pieno della polemica a proposito della nomina di mons. Haas a vescovo di Coira (cfr. ACorecco Lugano, Agenda 1988); ed ancora nel 1990 (cfr. Monitore ecclesiastico [1990] 477: 18 novembre).
[714] Monitore ecclesiastico (1988) 422: 10 novembre.
[715] Ibid. , 460: 4 dicembre.
[716] Monitore ecclesiastico (1989) 226: 17 marzo; l’appuntamento sarà rinnovato, cfr.
[717] ecclesiastico (1992) 284: 8 maggio.717 Monitore ecclesiastico (1989) 254: 12-14 aprile.
[718] Ibid.
[719] Ibid. , 449: 24 settembre.
[720] Ibid. , 628: 5 novembre; per questa associazione cfr. e catt.ch/tag/ fde-e-luce/ (consultato il 12 febbraio 2020); cfr. anche ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 6 febbraio 1988, il cordiale ringraziamento di Rilli Tadini; per una testimonianza su questa esperienza cristiana e la sua sinergia con AC giovani, cfr. ibid. , 1991-1993: 6 dicembre 1993, lettera di un giovane studente.
[721] Ibid. : rispettivamente il 12 ed il 16 novembre.
[722] ACorecco Lugano, Agenda 1989: 12 dicembre.
[723] Monitore ecclesiastico (1990) 67: 19 febbraio.
[724] Ibid. , 192: 8 aprile, presso Casa Florida.
[725] Ibid. , 142.
[726] Cfr. ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 28: Réflections de Son Excellence Mgr. Eugenio Corecco, Evêque de Lugano, pour un groupe de parlementaires des Chambres fédérales, Berne 14.3.1990.
[727] Ibid. , 191.
[728] Cfr. Monitore ecclesiastico (1990) 191s.; su questo tema cfr. E. Corecco, La Chiesa luogo di cultura. La Chiesa e le sue università , in Il nuovo Areopago 7 (1988) 23-39; Id., Die Kirche ubd ihren Universitäten , in M. Seybold (hrsg.), Fragen un der Kirche und an der Kirche , Heichstätt-Wien 1988, 179-198.
[729] Monitore ecclesiastico (1990) 192.
[730] Ibid. , 216: incontra il presidente William L. Folz, accompagnato da una delegazione del Serra Club Lugano; per gli scopi del Serra Club, cfr. https://www.serraclubitalia. it/scopi-e-finalita-del-serra/ (consultato 27 gennaio 2020); per i precedenti incontri con rappresentanti di questa associazione, v. ACorecco Lugano, Agenda 1987: riporta incontri il 24 giugno ed 24 settembre; 1988: un incontro, presente don Bonetti, il 18 giugno; 1989:
[731] con S. Messa del 10 giugno 1989 avviene la costituzione ufficiale del Serra Club Lugano, cfr. Monitore ecclesiastico (1989) 335 e 431s.: struttura organizzativa.731 Monitore ecclesiastico (1990) 217.
[732] Ibid. , 216s.: 21-24 maggio.
[733] Monitore ecclesiastico (1991) 189: 19-20 aprile.
[734] Ibid. , 306.
[735] Ibid. , 307: 13 giugno.
[736] Ibid. , 307: 22 giugno.
[737] Ibid. , 381: 14 settembre.
[738] Ibid. , 426: 11 ottobre.
[739] Ibid. , 427; per precedenti contatti con Francesco Cossiga, cfr. ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documenti 1985-1990: 16 febbraio 1986, messaggio di Cossiga a Corecco, con il quale esprime il desiderio di incontrarlo di persona.
[740] Monitore ecclesiastico (1991) 480: 19 novembre; per questa fondazione cfr. https://
[741] 14 febbraio 2020).741 Monitore ecclesiastico (1991) 481.
[742] Ibid. , 564: 5 dicembre, cfr. anche ACorecco Lugano, Conferenze; e per l’impostazione educativa di Corecco, cfr. E. W. Volonté, Educatore del suo popolo , in Bollettino Amici 10/XVIII (dicembre 2014) 25-32, 30: «Il problema fondamentale, cui è confrontata la Chiesa contemporanea e con essa tutti noi cristiani, chierici e laici, non è infatti in primo luogo quello di rendere plausibile al mondo la morale cristiana, ma quello di possedere ancora la forza culturale e il coraggio di annunciare agli uomini del nostro tempo l’unicità della salvezza di Cristo».
[743] ACorecco Lugano, Agenda 1992.
[744] Monitore ecclesiastico (1992) 27.
[745] Ibid. , 239; cfr. E. Corecco, Cultura moderna e rievangelizzazione in Svizzera , in La Chiesa in Europa e la nuova evangelizzazione. Corso di aggiornamento per i missionari e i collaboratori pastorali in Svizzera (27-30 aprile 1992) , Novara 1992, 9-21.
[746] A Lisbona teneva una lezione dal titolo Il Presbiterio: elemento che qualifica l’identità ecclesiologica del presbitero , cfr. ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 17.
[747] ACorecco Lugano, Agenda 1992; cfr. anche Monitore ecclesiastico (1992) 284s.
[748] ACorecco Lugano, Agenda 1992 e cortese comunicazione di don William Volonté, Lugano (7 febbraio 2020).
[749] ACorecco Lugano, Agenda 1992: 5-7 maggio, forse a seguito del convegno di Bari dell’anno precedente (cortese ipotesi di don William Volonté, Lugano), interveniva sul tema: The value of disciplinary norm with regard to salvation in the latin tradition , cfr. ACorecco Lugano, Scat. 5, nr. 19.
[750] ACorecco Lugano, Agenda 1992.
[751] Monitore ecclesiastico (1993) 703: 25 gennaio; per una relazione sulla conferenza, cfr. ibid. , 705s.
[752] Ibid. , 740: 6 febbraio.
[753] Ibid. , 853: 4 e 6 marzo.
[754] Ibid. , 854: l’incontro avveniva in curia.
[755] Ibid. , 899: 2 aprile; per Oscar Cullmann ed il suo carteggio con Corecco iniziato nel febbraio del 1988, cfr. M. Balestra, Epistolario , in Bollettino Amici 7/XI (settembre 2007) 15-33; Oscar Cullmann sarà anche uno degli ultimi visitatori di Corecco, cfr. ACorecco Lugano, Agenda 1995: 31 gennaio.
[756] Monitore ecclesiastico (1993) 947: rispettivamente il 5 a Giubiasco ed il 7 maggio a Grancia.
[757] ACorecco Lugano, Agenda 1993: 2 luglio.
[758] Ibid. : 7 agosto.
[759] Monitore ecclesiastico (1993) 1154s.
[760] Ibid. ; l’Associazione era stata eretta il 29 settembre 1990 (cfr. Monitore ecclesiastico [1990] 391); gli appuntamenti di questo intenso mese di ottobre includono alcune Cresime: a Giubiasco il 10, a Viganello il 17, a Bellinzona il 23, a Minusio il 24, a Cevio il 31.
[761] ACorecco Lugano, Agenda 1993: 18 novembre.
[762] ACorecco Lugano, Personali: il libretto militare di Eugenio Corecco.
[763] Monitore ecclesiastico (1991) 307: 19 giugno 1991, Corecco partecipa alla commemorazione ufficiale dell’80° del Battaglione di fanteria di montagna 30; ma ACorecco Lugano, Agenda 1991 indica incontri anche il 6 giugno e il 4 settembre; Monitore ecclesiastico (1993) 1154: 5 ottobre 1993, mons. Vescovo è ricevuto dallo Stato Maggiore del Battaglione a Taverne; Monitore ecclesiastico (1994) 66: 2 febbraio, mons. Vescovo
[764] lo SM del Battaglione di stanza a Pollegio durante il Corso di ripetizione annuale; ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: 2 febbraio 1994: lo SM bat fat mont 30 ringrazia: «Eccellenza, la ringraziamo per il suo “ritorno” al Rgt, presenza sempre gradita e piena di significati. Le auguriamo ogni bene, particolarmente per la sua salute, e le assicuriamo la nostra vicinanza nell’amicizia. Continui a “seminare” nei cuori della nostra gente; il suo esempio ci accompagni e ci aiuti tutti. Da tutto lo SM rgt con tanta cordialità».764 ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1985-1990: 6 novembre 1987, a don Giuseppe.
[765] Cfr. Giornale del Popolo, 3 marzo 1995, 2: «L’uomo mi è venuto incontro, a poco a poco, non dai territori dei comuni – pur se talvolta divergenti – interessi di lavoro, non da quelli della sua funzione, bensì dai quartieri, misteriosi e bui, della malattia […]. È stato a una conferenza che abbiamo tenuto insieme a Lugano (c’era anche un terzo relatore il sindaco di Lugano Giorgio Giudici) sul problema universitario. Il suo male si era ormai chiaramente e completamente manifestato. Sapeva di non avere scampo. Me ne parlò a tavola. Mi raccontò di aver avuto inizialmente un moto di ribellione (“Mi sono persino chiesto se valeva la pena di nascere per morire così”) e d’essersi anche convinto che “lassù”
[766] tutte le cose che ci sono da ascoltare, non avrebbero sicuramente potuto dare udienza ai problemi di un “semplice vescovo”. Disse proprio così “semplice vescovo”. Non era più spaventato. Non aveva più paura, ma la sua non era certo rassegnazione. Era un sentimento molto più profondo. Era speranza? Ma perché, mi sono più volte successivamente chiesto, aveva parlato proprio a me, in quei termini, con quelle parole, con tanta “confidenza” perché non mi aveva nascosto usando il paravento del Vescovo l’uomo […]».766 ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1994-1.3.1995: 24 gennaio
[767] Ibid. : 24 gennaio 1994.
[768] Ibid. : 11 febbraio 1992, lettera di una catechista; 4 giugno 1994 e 6 luglio 1994, lettere di due giovani; 8 agosto 1994, lettera di una signora.
[769] Ibid. : 17 giugno 1994, lettera di un giovane.
[770] ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 1991-1993: 14 ottobre
[771] telegramma; 16 ottobre 1992, risposta di Corecco.771 Così un messaggio di Robert M. Prandin, del 28 dicembre 1992 riferito alla trasmissione Gazebo, in ACorecco Lugano, Corrispondenza e Documentazione 19911993.