Con questo numero il Bollettino compie un salto di qualità. A tutti apparirà subito come una perla luminosa l’antologia raccolta da Padre Mauro Lepori, abate di Hauterive, e tratta dalle lettere del Vescovo Eugenio sulla vita contemplativa.
In altre occasioni abbiamo già avuto modo di dire come per don Eugenio scrivere a giovani, ad amici e anche a persone del mondo della scienza e della cultura, non fosse un fatto accidentale e, men che meno, formale. Egli ha saputo resistere alla tentazione, propria di molti oggi, di privilegiare, nella comunicazione, i mezzi più facili come il contatto diretto o il telefono. La comunicazione scritta, quando è pensata, non solo dura, ma è più potentemente espressiva. Non è raro trovarne conferma in questa bella antologia di lettere ai contemplativi e alle contemplative: più volte don Eugenio giustifica il suo ritardo nel rispondere proprio per il fatto di aver voluto, a partire dal bisogno di comunicare con verità, approfondire i termini dello scambio con l’interlocutore. È la ragione per cui queste lettere non rivelano solo il tratto personale e pastorale di don Eugenio, ma rappresentano un aiuto concreto e efficace per capire il significato e il valore della vita contemplativa nella Chiesa.
Paradossalmente proprio questa perla preziosa getta una nuova luce anche su tutta la prima parte del Bollettino che ripropone scritti legati alla partecipazione di Sua Eccellenza Corecco alla VII Assemblea ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla vocazione e missione del laico. Rileggere questi testi mi ha fatto ritornare a quell’intenso mese di vita comune che potemmo trascorrere insieme nell’Aula del Sinodo, dal momento che anch’io vi prendevo parte come perito.
Qui emerge uno degli apporti più significativi che don Eugenio, come Vescovo e come teologo, ha saputo dare alla Chiesa. Mi riferisco al riconoscimento del posto che il fedele laico deve avere nella comunità cristiana e alla novità che i movimenti, sorti da un carisma donato dallo Spirito, possono portare in essa. Si tratta della sua insistenza per una comprensione positiva del concetto di secolarità, in 3 modo tale che il laico possa essere definito in quanto tale e non a partire dal non essere presbitero o religioso (una definizione che aveva ancora peso nel Vaticano II). Ma lascio l’approfondimento del tema alla rilettura della lunga intervista al mensile 30Giorni e, soprattutto, alle fresche Lettere dal Sinodo indirizzate ai ticinesi dalle colonne del giornale della Diocesi.
Vale, invece, la pena sottolineare un elemento che mostra la forza pastorale, oltre che di teologo, propria di don Eugenio. Mi riferisco alla sua elaborazione circa la capitale questione della costituzione della Chiesa. Essa poggia, per lui, necessariamente su due componenti coessenziali: quella dell’istituzione da una parte e quella della dimensione carismatica dall’altra. Sono così poste le premesse per capire una preziosa affermazione fatta da Giovanni Paolo II nel 1981: la Chiesa stessa è movimento. Un’affermazione che, dopo la proclamazione della Christifideles laici, forse non ha ancora trovato un adeguato sviluppo. Rappresenta invece, probabilmente, una strada maestra perché la Chiesa sia realmente capace di far trasparire il volto di Cristo all’umanità assetata e, nello stesso tempo mortalmente distratta, di oggi.
In questo numero del Bollettino non mancano altri contributi preziosi: starà a voi scoprirli uno dopo l’altro. Grazie a quanti lo hanno curato per noi! Il Bollettino alimenta l’utilità della nostra amicizia che da queste pagine può essere avviata verso quella maturità che sa vivere l’abbraccio della comunione con i santi. Ciò ci consentirà di trattenere nel modo giusto la memoria del carissimo don Eugenio, come efficace richiamo all’urgenza del cambiamento. Cambiamento, di cui è stata luminoso esempio ramatissima mamma Margherita; la sua testimonianza riempie il nostro cuore di gratitudine.
Angelo Scola, Vescovo emerito di Grosseto Rettore della Pontificia Università Lateranense Città del Vaticano, 1 dicembre 1997