Venticinque anni fa, il 1. marzo, mercoledì delle Ceneri, verso le 15, si spegneva Eugenio Corecco, 62 anni, Vescovo di Lugano da nove. Nato ad Airolo da genitori leventinesi, era cresciuto a Chiasso. A dodici anni entrava in seminario, realizzando un desiderio. Il vescovo monsignor Jelmini gli permetteva di studiare teologia a Roma, alla Gregoriana e lo consacrava prete nel 1955, per inviarlo come parroco a Prato Leventina, apparentemente indifferente ai suoi studi romani ed alle sue doti intellettuali. Sarà il confessore e direttore spirituale di Corecco a convincere il Vescovo a fargli proseguire gli studi, in una direzione però funzionale alle necessità della Diocesi: o matematica o diritto canonico. Corecco scelse il diritto. Non sentiva particolare propensione, ma il desiderio di servire la sua Chiesa e la sua curiosità intellettuale bastarono, perché questa materia diventasse sua, fino a farne la base di una carriera accademica e scientifica brillante, fino a divenire uno dei canonisti di fiducia di Giovanni Paolo II, chiamato nella ristretta commissione per l’ultima revisione del Codice di diritto canonico del 1983. Ma Corecco fu soprattutto un prete. La parrocchia di Prato Leventina non era stata troppo piccola per lui. Coinvolto nella vita universitaria, accettò di occuparsi degli studenti. Erano gli anni Sessanta, soffiavano i venti della contestazione e del Concilio, una stagione difficile, ma ricca di promesse, desiderosa di lasciarsi alle spalle i formalismi per trovare una vita e una fede più vere. Alla ricerca di una proposta chiara per i suoi studenti, Corecco incontrava don Luigi Giussani (1920-2005), il prete milanese che stava rinnovando Gioventù studentesca (una sezione dell’Azione cattolica), proponendo un cammino che iniziava dalle domande sul senso della vita, sul senso religioso insito in ogni uomo, fino a scoprirne la risposta in Cristo, presente e vivo nella comunità cristiana, cioè nella Chiesa. Un cammino profondamente personale e profondamente comunitario. Corecco lo farà suo e lo proporrà agli studenti, universitari e liceali, implicandosi con loro in un’amicizia personale, di una fedeltà e generosità sconcertanti.
Ma egli così viveva la Chiesa. Quella entità, che studiava dal punto di vista giuridico, facendo tesoro dell’insegnamento del suo professore di Monaco Klaus Mörsdorf e portandone più a fondo le intuizioni, non era un tema astratto. I suoi colleghi assistenti saranno i primi con i quali instaurerà quel rapporto di amicizia ecclesiale, di ricerca teologica nella massima libertà e nella massima fedeltà al mistero della Chiesa, che sarà la cifra del suo lavoro scientifico e della sua capacità di collaborare con tutti, superando gli schieramenti di parte.
Giovanni Paolo II lo volle Vescovo di Lugano nel 1986. Per lui accettare significava rimettersi totalmente a disposizione. Da vescovo non abbandonò né l’impegno scientifico, né l’insegnamento accademico, tuttavia si dedicò senza risparmio alla sua Diocesi, con l’impegnativo programma di rianimare la fede: «Siate forti nella fede», la fede non come partito, parte da cui stare, ma fondamento e criterio della vita. Il suo metodo pastorale era mettersi al servizio di quello che c’era: valorizzò l’AC, le Confraternite, le Associazioni, fece spazio ai movimenti, agli ordini religiosi vecchi e nuovi. Propose ai preti una più intensa vita comunionale, declinata nel modo di affrontare le difficili condizioni finanziarie della Diocesi, la scarsità delle vocazioni. Prese decisioni coraggiose, come quella di cambiare la direzione del Giornale del Popolo, di chiedere le dimissioni dei parroci, di fondare un Liceo (in tempi di magra), di aprire un Istituto accademico di teologia, promosso rapidamente a Facoltà di teologia (1992), quando in Ticino solo si parlava di università e quando la sua salute cominciava ad essere compromessa. Le sue opere più sentite - AC ragazzi e Facoltà - sono nate e cresciute insieme con la sofferenza fisica, insieme con la consapevolezza che «il tempo si fa breve». Il tempo ultimo fu quello della scoperta che «la tua Grazia vale più della vita», dell’accettazione e dell’offerta di sé, espressa nel condividere con tutti il suo cammino.
Antonietta Moretti