A Roma il 1° di dicembre si è svolto un importante Convegno per il mezzo secolo di vita della Consociatio (l’associazione internazionale di diritto canonico), sodalizio che riunisce canonisti di tutto il mondo. Il Ticino è stato rappresentato all'evento dal professor Arturo Cattaneo docente alla Facoltà di teologia di Lugano (FTL) e a dalla professoressa Gabi Eisenring, che, dopo lo scomparso canonista e vescovo ticinese Eugenio Corecco (1931-1995), è la seconda svizzera ad essere membro del Consiglio Direttivo della Consociatio. La signora Eisenring è decana della FTL. Un evento quello di Roma che se è rivolto agli esperti della materia, non manca comunque di attualità e di interesse anche fuori dall'ambito dei canonisti, visto che la Chiesa è chiamata a riflettere sulla sinodalità e ad applicarla nel concreto, quindi anche con un ripensamento di strutture e realtà normate canonicamente. Interessante, in tal senso, è stato il messaggio di papa Francesco trasmesso al Convegno, con cui il Pontefice ha caldamente auspicato un diritto canonico più pastorale e missionario. Di questo e di altro ne parliamo con il professor Cattaneo, che al convegno romano ha tenuto una relazione. Intervista di Cristina Vonzun per Catholica.
Prof. Cattaneo, lei ha partecipato a Roma al Convegno per i 50 anni dell'associazione internazionale di canonisti, presieduta negli anni ottanta da mons. Corecco. Si è riferito in modo particolare al suo pensiero canonistico. In che misura continua ad essere importante ed attuale?
A partire dall’epoca del Vaticano II e poi della riforma del Codice nella scienza del diritto canonico c’è stata una accresciuta attenzione alla sua specificità ecclesiale e, quindi, alla sua teologicità. Ciò è stato promosso soprattutto da Klaus Mörsdorf e dai suoi discepoli Aymans, Corecco e Rouco Varela, oltre che dal magistero pontificio. Fra i canonisti ci sono comunque molti che provengono dagli studi di giurisprudenza ed è comprensibile che preferiscano sottolineare maggiormente la giuridicità della canonistica. Uno scontro fra le due tendenze avvenne quando Corecco propose di considerare la legge canonica non come una ordinatio rationis (espressione con cui san Tommaso d’Aquino definì la legge) ma come una ordinatio fidei. Nel mio intervento ho fatto notare che nell’ambito ecclesiale il termine «rationis» acquista una nuova dimensione in virtù del diritto divino positivo e quindi della fede. Sembra perciò corretto e necessario parlare di una ordinatio rationis fide illuminata, o – come ha fatto Corecco in modo sintetico – di una ordinatio fidei. Va infatti tenuto presente che la fede non solo non si contrappone alla ragione ma la presuppone. L’attualità dell’impulso dato da Corecco ai canonisti la si percepisce quando Papa Francesco nel suo messaggio esorta «a rimanere saldi a ciò che è alla base del Diritto canonico, la Rivelazione nella sua duplice espressione della Parola di Dio e della Tradizione viva».
Il Papa nel suo messaggio al Convegno ha insistito molto su una rilettura pastorale e missionaria del diritto canonico. Cosa vuole dire? Ci state lavorando e come?
È ben noto quanto Papa Francesco sia impegnato nel promuovere la missione della Chiesa e quindi della pastorale. Di conseguenza, afferma nel suo messaggio, «tutte le dimensioni e strutture ecclesiali debbono operare una conversione pastorale e missionaria». Perciò – continua il Papa – «anche il Diritto canonico è investito di questo mandato che il Maestro ha dato alla sua Chiesa, quindi è necessario che sia più pastorale e missionario». Tale esigenza era già stata avvertita e promossa dal Vaticano II e venne in buona parte recepita dal nuovo CIC. Ora Papa Francesco ci sprona a continuare in questa direzione. Egli ha anche osservato che «farsi pastorale non significa che le norme vadano messe da parte e ci si orienti come si vuole», ma che esse facilitino l’incontro con Gesù misericordioso che esorta a non peccare più. Pertanto, anche quando viene applicata una sanzione severa, si offrirà l’aiuto e il sostegno spirituale indispensabili, perché nel pentimento si possa incontrare il volto misericordioso del Padre. Il CIC ha sottolineato il carattere medicinale delle censure, ma penso che ciò potrebbe essere ulteriormente sviluppato.
Un altro aspetto del messaggio del Papa è l'accento sulla misericordia. Quest’ultima non è però in contrasto con la legge e con le sanzioni? Qual è il senso di questo accento papale?
Non lo è affatto, poiché l’amore e la misericordia presuppongono la giustizia. Una misericordia senza giustizia sarebbe una falsa misericordia o, come dice san Tommaso d’Aquino: «La misericordia senza giustizia è madre della dissoluzione, la giustizia senza misericordia è crudeltà». Il senso di questo accento posto dal Papa penso sia per ricordarci che non è la legge – per quanto sia giusta e necessaria – che cambia il cuore e la vita dell’uomo, ma sono soprattutto l’amore e la misericordia di Dio manifestatisi in Gesù.
Al Sinodo dei vescovi si è parlato di strutture ecclesiali che potrebbero essere modificate in vista di una maggiore partecipazione. Pensiamo ad istanze come la decentralizzazione, eventuali nuovi ministeri, ecc. Ora, qual è il principio che permette al diritto canonico di "mutare" per seguire questa evoluzione senza tradire i principi stabiliti da Cristo e formulati dal magistero della Chiesa?
Certamente Cristo ha stabilito alcuni principi strutturali per la sua Chiesa e il magistero li ha precisati. Rimangono tuttavia ampi spazi di manovra: molte strutture ecclesiali possono essere ampiamente modificate e nuove introdotte, come del resto è successo nel corso dei secoli. Ciò è non solo possibile ma spesso conveniente o necessario, poiché la Chiesa deve tener conto delle mutate circostanze sociali. A tale scopo – ha affermato il Papa – occorre «saper tradurre il volere di Cristo per la Chiesa, che come tale deve rimanere nel tempo, in forme che favoriscano il compimento della missione ricevuta dal suo Fondatore».
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