Immaginate un giovane sacerdote, nutrito dagli ideali del Vangelo. E’ stato provvidenziale per il mio debutto sacerdotale un entusiasmo inziale, uno slancio profetico, quasi come il Concilio, i suoi documenti, ma ancora più la sua atmosfera, lo era stato per la generazione precedente alla mia… Ecco l’incontro con il vescovo di Lugano Eugenio Corecco fu l’incontro con qualcuno che non riposava sulle glorie di una chiesa del passato, ma era capace di farti sentire parte di una chiesa già allora “in uscita”, perché protesa all’evangelizzazione e non ripiegata su se stessa. Quel inizio fu ricco di stimoli intellettuali e pratici, ma anche di imprevedibilità…
Torno indietro al mio ultimo anno di studi teologici: Vallese, Bourg st. Pierre, il vescovo voleva trascorrere con i seminaristi una vacanza comunitaria di tre giorni sulla neve. Quell’occasione fu il mio apprendistato di conoscenza di lui. Già la sua proposta aveva suscitato in tutti noi curiosità e punti interrogativi. Chissà – diceva Corecco - qualcuno avrebbe potuto imparare persino a sciare … avrebbe così potuto organizzare un bel campo invernale per tutti i giovani che gli sarebbero stati affidati! Devo dire che alcuni miei compagni avevano raggiunto l’obiettivo minimo di imparare a scendere a spazzaneve, mentre io, per lo meno, non mi ero infortunato nei ripetuti fallimenti!
Uscita la mattina presto, rientro il pomeriggio, santa messa, poi la sera momenti goliardici a raccontarci i tentativi spassosi sulla neve ed altro, in una rustica salle à manger dell’ostello dei padri del Grand Saint Bernard, mentre il vescovo Eugenio si tratteneva per i colloqui personali attesi da noi con trepidazione.
Ricordo però anche il momento conclusivo dell’incontro: al vescovo Eugenio piaceva terminare gli incontri con un’assemblea in cui ci si orientasse comunitariamente verso dei punti da raggiungere. E li avevamo tutti raggiunti. Tutti, meno uno, perché si scatenò una accesa discussione riguardante il tragitto del ritorno sul quale il vescovo fece più di una proposta. Ma c’era chi non voleva sentire ragioni: si doveva per forza tornare via Svizzera, Berna-Lucerna, tanto per intendersi, e lì vidi il vescovo ritirare pacificamente le sue ragionevoli proposte. Una grande lezione che si ripeté anche in altre occasioni.
Nel viaggio di ritorno in auto con lui, e questo è il vero ricordo personale di Bourg saint Pierre, il vescovo Eugenio mi parlò con tanto calore e convincimento, dicendomi che avrebbe anticipato la mia ordinazione diaconale in primavera di quell’anno ’88. Mi spiegò: aveva bisogno di me a Lucino come assistente dell’internato dei ragazzi del Liceo Diocesano. Mi vedeva adatto a ciò e mi disse il perché. Ma soprattutto ricordo benissimo la sua visione sul nascente liceo (era iniziato da pochi mesi) che mi descrisse come il fulcro di una nuova generazione di giovani nella chiesa, se avrebbe saputo essere ciò che doveva.
Più tardi ci fu anche su di me l’impatto pastorale di due suoi slogan: “non la pastorale delle cose ma la pastorale delle persone”, “meno messe e più catechesi”. Piano piano li ho assunti e oggi fanno parte del mio bagaglio come parroco, e di tanti, penso. Non erano concetti astratti, teorie, nascevano dalla sua esperienza, riflessa, e si proiettavano in avanti, verso comunità intessute di rapporti vivi, perché certo per lui il destino del nostro agire nella chiesa era proteso alla vittoria finale, che sarà sempre di Gesù. Senza dubbio.
don Maurizio Silini