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Amici Corecco

Rapporto UZH sugli abusi nella Chiesa Cattolica in Svizzera. Don Pontinelli difende la memoria di Mons. Corecco dalle accuse infondate

Nel vortice di sospetti e insinuazioni che hanno fatto seguito alla pubblicazione del rapporto dell’Università di Zurigo sugli abusi nella Chiesa Cattolica in Svizzera, una voce si alza chiara: quella di don Matteo Pontinelli. La sua testimonianza ristabilisce la verità sul Vescovo Eugenio, uomo profondamente integro.

Nelle 136 pagine del rapporto dell’Università di Zurigo reso pubblico il 12 settembre 2023, si denuncia la situazione problematica degli archivi ecclesiastici, in particolare nella Diocesi di Lugano. La mancanza di inventari sistematici, l’organizzazione sommaria dei documenti e soprattutto l’assenza di tracciabilità nella distruzione di alcuni atti sollevano dubbi sulla trasparenza del passato. Lo studio fa emergere in particolare una distruzione di documenti d'archivio sui casi di abuso compiuta dal vescovo Giuseppe Torti.

Tra le varie fonti citate, una in particolare ha scatenato polemiche: una lettera di un vicario generale dell’epoca in cui si afferma che il vescovo Eugenio Corecco diede ordine di “bruciare quanto era nei suoi cassetti riguardante i sacerdoti”. Su questa base è stato affermato che la sopracitata “purificazione” degli archivi diocesani sarebbe stata iniziata dal vescovo Corecco e completata dal suo successore mons. Torti. Tale illazione è stata ampiamente accolta dalla stampa nei giorni seguenti la pubblicazione dell’inchiesta dell’Università di Zurigo con giudizi gravi e affermazioni non supportate da prove documentate.

Ma la testimonianza diretta di chi visse quei momenti smentisce categoricamente queste illazioni. Don Matteo Pontinelli, stretto collaboratore del vescovo Corecco fino alla sua morte nel 1995, risponde con fermezza alle domande poste dalle ricercatrici zurighesi: “Mai mons. Corecco mi ha dato ordini di distruggere della corrispondenza riguardante esplicitamente sacerdoti, e men che meno riguardanti il delicato tema in questione”, scrive don Pontinelli. E aggiunge con decisione:
“Lo affermo con assoluta certezza, impegnando il mio onore e quello del compianto vescovo”.

Secondo la sua testimonianza, Corecco custodiva molta corrispondenza personale, composta da lettere di cortesia, richieste di preghiere o consigli spirituali. Nei suoi ultimi giorni, si discusse su come gestire questo materiale, ma senza alcuna direttiva precisa e, soprattutto, senza che si parlasse di documenti su casi di abuso. “Mi aveva dato alcuni criteri circa l'interesse – io oggi direi ‘pubblico’ – delle cose da tenere e la riservatezza di altre da eliminare”, spiega don Pontinelli.
“Ma sono praticamente certo di non aver mai letto, e men che meno distrutto, qualcosa riguardante il drammatico tema in oggetto”. Anche sul metodo, don Pontinelli chiarisce ogni dubbio: “Lavoravo da solo ma parlavo ogni giorno con Mons. Torti dicendo cosa stavo facendo. Nel dubbio, credo di aver anche chiesto il suo parere”.

Di fronte a una testimonianza così chiara viene spontaneo chiedersi come sia stato possibile dare maggiore peso a ricordi incerti e parziali, riportati in una lettera del vicario generale scritta nel 1997, quando egli non si trovava nemmeno a Lugano e che ammette apertamente di non aver mai avuto a che fare con l’archivio e di non comprendere “perché lo fecero”. Le informazioni che riferisce sono ipotesi sentite da altri, senza indicare da chi. La differenza è evidente: da una parte chi parla per supposizioni, senza esperienza diretta; dall’altra don Matteo, che afferma ciò che ha fatto personalmente, avendo lavorato a stretto contatto con il vescovo Corecco.

In un tempo in cui la trasparenza è giustamente richiesta a tutte le istituzioni, è fondamentale distinguere tra il diritto alla verità e il pericolo della calunnia. La testimonianza di don Matteo Pontinelli è un atto di giustizia non solo verso la figura di mons. Corecco, ma anche verso la storia della diocesi di Lugano. Nel dibattito aperto dal rapporto UZH, è doveroso ascoltare le voci autentiche, quelle che hanno conosciuto i fatti, che li hanno vissuti. E agire con prudenza, evitando che il bisogno di fare luce degeneri in ombre nuove.

 

Corrispondenza tra la ricercatrice dell’Università di Zurigo e don Matteo Pontinelli

EMAIL DELLA RICERCATRICE DEL 8 apr 2023

Buongiorno rev. Pontinelli,

le scrivo in veste di collaboratrice scientifica dell'Università di Zurigo, incaricata del progetto di indagine sugli abusi sessuali nella Chiesa cattolica dagli anni Cinquanta ad oggi. Questa ricerca preliminare si propone di identificare tutti quei fondi d'archivio utili all'esame del tema e, nelle nostre indagini, ci siamo concentrati anche sugli archivi presenti nello stabile della Diocesi.

Nel corso delle nostre ricerche abbiamo reperito un documento degli anni Novanta in cui si afferma che il vescovo Corecco le avrebbe "dato ordine di bruciare quanto era nei suoi cassetti riguardante i sacerdoti", ciò che lei apparentemente avrebbe fatto.

A seguito di alcuni scambi con l'attuale Cancelliere Cavallini e Mons. De Raemy è emersa l'opportunità di porre direttamente a lei alcune domande e, nello specifico:

• Corrisponde al vero l'affermazione secondo cui si sarebbe occupato di selezionare o distruggere i documenti sopramenzionati riguardanti alcuni sacerdoti su ordine del vescovo Corecco?

• Se sì, quale era lo scopo della distruzione di queste carte? Quale era la natura di questi documenti? Può quantificare il numero o l'entità delle carte distrutte? Ne è stata tenuta traccia (art. 489.2 CIC), ad esempio attraverso un elenco? Se sì, è possibile reperirlo e dove?

Le siamo inoltre grati per ogni ulteriore dettaglio che potrà fornirci sulla vicenda. Ringraziandola con anticipo per il supporto che vorrà offrire alle nostre ricerche, restiamo volentieri a sua disposizione per ogni ed eventuale ulteriore informazione.

 

RISPOSTA DI DON MATTEO PONTINELLI DEL 13 aprile 2023

Buongiorno Signora.

Mons. De Raemy mi aveva in effetti avvisato che sarei stato contattato sul tema. Leggendo quanto lei mi scrive rimango però stupito di quanto le è stato riportato. Ovviamente è passato molto tempo: mons. Corecco è deceduto il 1 marzo 1995 e io ho lavorato con mons. Torti, successivo Amministratore, fin verso il mese di luglio (salvo errore di qualche settimana) dello stesso anno.

Comunque posso affermare con assoluta certezza e impegnando il mio onore (e quello del compianto vescovo), che mai mons. Corecco mi ha dato ordini di distruggere della corrispondenza riguardante esplicitamente sacerdoti, e men che meno riguardanti il delicato tema in questione.

Mons. Corecco conservava in effetti molta corrispondenza personale - ricevuta - di varia natura (di cortesia, richieste di consigli, di preghiere per situazioni difficili, direzione spirituale...) e nelle settimane precedenti la morte avevamo talvolta parlato di cosa farne poi visto che il tempo si faceva breve; mi aveva dato alcuni criteri circa l'interesse, io oggi direi "pubblico", delle cose da tenere e la riservatezza di altre cose da eliminare ma senza preoccuparsi troppo di questo. Sinceramente non ricordo bene i dettagli, ma sono praticamente certo di non aver mai letto e men che meno distrutto qualcosa riguardante il drammatico tema in oggetto. Aggiungo due precisazioni: lavoravo da solo ma vivendo in curia parlavo ogni giorno con Mons.Torti dicendo cosa stavo facendo; nel dubbio credo di aver anche chiesto il suo parere, anche se egli riteneva questo un compito che dovevo concludere io . Ma soprattutto mi par di ricordare che la corrispondenza riguardante i sacerdoti era tenuta comunque altro luogo e il responsabile credo fosse il Cancelliere Mons. Bonanomi.

Questo è quanto in coscienza mi sento di ribadire. Rimango comunque a disposizione se necessario.

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